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Autore: kurojulia_    13/12/2019    0 recensioni
«Me ne stavo lì, in piedi... e poi mi dissi: ma che stavo facendo? Per me, era tutto finito. Quindi... che stavo facendo? Perché provavo a fare qualcosa? Perché continuavo, testardamente, a cercare una soluzione per... salvarmi? Mi coprii il viso con le mani. Volevo piangere, ma non una sola lacrima varcava i miei occhi. “Non fermarti”. Così udii alle mie spalle. Una voce, femminile, dolce, vellutata. Quando la sentii, iniziai a piangere senza nemmeno rendermene conto. Mi voltai di scatto, ma qualcosa mi spinse e caddi oltre la porta, in quel buio senza fondo. L'ultima cosa che vidi fu un bagliore dorato».
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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11.



Quello, per Yuki, fu un secondo davvero strano. Non c'erano dubbi.

Era stato strano perché si era sentita all'apice, leggera come una piuma, in uno sfondo cristallino... e poi si era ritrovata a picco, uguale ad un macigno di otto tonnellate, e le era sembrato di veder calare la notte – ma non una notte alleata, non una compagna. Ed era tutto successo in un insignificante secondo. Il brevissimo tempo per girarsi di spalle e vedere il volto di lui piegarsi in una smorfia di dolore – solo per poi sparire dal suo campo visivo.

 

«Ta... », ma la voce le morì in gola e i suoni scomparvero. Tetsuya, che gli stava accanto, era scattato per prendere l'amico al volo, impedendogli di finire a terra. Non l'aveva fatto cadere, non come a lei era sembrato di vedere. Tetsuya lo stringeva, scuotendolo, mentre il capo di Takeshi ciondolava sulla spalla del vampiro. Si rendeva conto che il vampiro stava chiamando l'umano solo perché le sue labbra si muovevano.

«L'avevo detto che non stava bene!», sentì esclamare Sayumi – finalmente i suoni riacquistarono i loro colori.

La vide avvicinarsi immediatamente, con un ampio passo. Gli sollevò i capelli dalla fronte e ci poggiò sopra la mano. «Ma non è febbre... come pensavo... ».

«Takeshi!». Yuki scattò, gli corse contro. Quasi lo strappò dalla presa del vampiro, prendendogli il viso fra le mani, ispezionandolo come se fosse stato trafitto a morte. Era totalmente incosciente. Le palpebre erano calate sugli occhi, il respiro flebile, il corpo abbandonato come un guscio vuoto.

Cos'era successo e com'era successo – le domande che le vorticavano in testa le davano la nausea.

«Che cos'ha? Si è affaticato?», urlò, verso i due amici. «Oppure ha qualche malattia?!».

«Yuki-chan, calmati!».

«Dobbiamo tornare indietro. Portiamolo subito da un dottore».

«Lo porterò io, lascia che– ».

«Yu, non mi sembri nelle condizioni», Tetsuya sopprimette un ringhio a stento. Il suo sguardo era atterrito. «Fa fare a me».

 

Nuovamente, Yuki percepì le sue corde vocali rintanarsi. Poteva solo fissare Tetsuya mentre si piegava sulle gambe e spostava Takeshi sulla propria schiena. Infine, si rimise in piedi, reggendo il moro da sotto le ginocchia. In fretta e furia, tornarono indietro sui loro passi.
Era chiaro che quella situazione era nuova a tutti; di solito era Yuki quella che si feriva o che, nelle peggiori delle ipotesi, moriva.
Takeshi stava bene, era in salute, in forma, come i giovani uomini dovrebbero essere.

Ma quella volta, no. Per loro era tutto nuovo. Si sentivano smarriti come dei bambini e preoccupati come degli adulti.

 


Rientrarono nel paese correndo a perdifiato. Si infilarono in una strada laterale, che portava fino al centro della piccola cittadina. Sayumi si apprestò alla porta di vetro del medico curante – a qualcosa era servito il giro di ricerche del giorno prima –, quasi lanciandocisi addosso, spalancandola senza troppe cerimonie e spaventando i pazienti. Tenne la porta aperta per far passare gli altri e poi travolse lo studio del dottore come un ariete.

Il dottore lasciò cadere un plico di fogli, con gli occhi spalancati. «Signorina, cosa DIAVOLO pensa di– ».

«Aiuti il mio amico! È svenuto all'improvviso e non abbiamo idea di cosa abbia... la prego, lo aiuti, e poi ce ne andremo subito!».

 

 

 

 

***

 

 

 


Il dottore, un uomo sulla cinquantina, indossava spessi occhiali da vista sugli occhi talmente chiari da sembrar trasparenti. I capelli radi si arruffavano e scarmigliavano ogni volta che si chinava, ma lo sguardo era attento e ci metteva molta cura in tutto quello che faceva. Sotto al lungo camice, bianco e lindo, aveva una camicia a righe azzurre e pantaloni marrone scuro.
Dopo che aveva ascoltato le spiegazioni in merito a quell'arrivo assurdo, il dottore aveva detto a Tetsuya di portare il suo amico nella stanza a destra.

Tetsuya aveva eseguito subito. Oltre la porta che gli era stata indicata, c'era una nuova stanza, molto più ampia. Aveva lasciato Takeshi sul lettino e si era assicurato che respirasse.

C'erano otto letti in tutto, tutti vuoti. Non esistevano ospedali, lì, per cui quel dottore era l'unica fonte di salvezza dei cittadini umani. L'ospedale più vicino era quello di Shizuoka.

 

Il dottore si chiuse la porta dell'ufficio alle spalle. «Allora», esordì, con voce limpida. Il suo sguardo ricadde sul trio. Ai suoi occhi erano parecchio strani. Molto belli, ma parecchio strani. Si mise a sedere alla sua scrivania, intrecciando le dita ruvide sulla superficie di vetro. «Prima di tutto, il vostro amico sta abbastanza bene. Gli ho attaccato una flebo di liquidi, quindi a breve si sveglierà. Il suo battito cardiaco è regolare. In ogni caso, anche dopo il suo risveglio, deve riposare e restare a letto per qualche ora».

I ragazzi quasi caddero dalle sedie per il sollievo. Erano seduti di fronte al dottore, nel piccolo studio. Nel lasso di tempo in cui il dottore aveva visitato Takeshi, loro erano rimasti lì ad aspettare, mentre sudavano freddo, e si innervosivano sempre più.

«Da come eravate entrati, pensavo fosse in pericolo di vita».

«Mi dispiace moltissimo», si affrettò Sayumi. «Ecco, penso che ci siamo spaventati... non era mai successa una cosa del genere, per cui noi non... ».

«Non sapevate cosa fare. Lo capisco».

Yuki osservò l'uomo tra le ciglia. «Quindi, per quale motivo è svenuto?».

«Ho detto che sta abbastanza bene, ma dovrebbe stare meglio. Normalmente gli svenimenti vengono causati da forti picchi di stress o perdite improvvise di sangue, ma... non mi sembra che questi siano il vostro caso».

I ragazzi si guardarono. «Ultimamente non ha sofferto nessuna delle due», rispose Tetsuya.

«Infatti, le avevo escluse. Tuttavia, a primo acchito, si nota subito una forte disidratazione. Immagino che si sentessi anche debole. Con ogni probabilità, stava soffrendo di nausea già da un po'».

«Una cosa del genere... », mormorò il vampiro.

«I motivi possono essere moltissimi... sta' a voi darmi informazioni sul suo stile di vita».

 

Anche se sapevano che Takeshi aveva una vita abbastanza tranquilla, con la sua routine e le sue semplici attività – e che quindi difficilmente aveva a che vedere con il suo svenimento – i ragazzi parlarono di come viveva, di cosa faceva. Anche il dottore si vide d'accordo.
C'era ancora qualche opzione da tenere in conto quindi, per arrivare fino in fondo alla faccenda, avrebbero eseguito degli esami del sangue. Il dottore invitò il trio ad entrare nella stanza accanto, dove si trovava quella sorta di pronto soccorso, dove Takeshi stava ancora riposando.

Dato che non c'era nessun altro paziente, la stanza era quasi completamente all'oscuro. C'erano letti sulla parete a sinistra e altri su quella a destra. Accanto ad ognuno vi era un'asta reggiflebo con ruote, un piccolo comodino asettico. Infine, in vari punti, si trovava qualche macchinario, qualche kit del pronto soccorso, un carrello fornito di medicine, guanti di lattice, confezioni di siringhe.

Non dovettero cercare allungo. Takeshi era steso, con i suoi vestiti, sotto le coperte all'ultimo letto sulla sinistra. La sua giacca era appoggiata ai piedi del letto. Quando Yuki lo vide, sentì un vuoto nello stomaco. Sembrava addormentato, serenamente, ma quella flebo che si collegava al suo braccio la diceva diversamente.

I ragazzi si avvicinarono. Non si trovavano sedie, per cui rimasero in piedi.

C'era un silenzio quasi opprimente. L'unico suono che si riusciva ad udire era il ticchettio dell'orologio sopra la porta.

 

«Come vi sembra?», fu Sayumi a rompere quell'omertà. Sussurrando, piano, come se si stesse nascondendo da qualche mostro.

«Pallido», determinò Tetsuya.

Yuki sospirò.

Sayumi guardò di fronte a sé, verso i visi contratti di Yuki e Tetsuya. Strinse le labbra e inarcò le sopracciglia. «Sentite, con quelle facce non faremo stare meglio nessuno. Di sicuro Takeshi non ne sarebbe felice», sentenziò, cercando di tenere ancora la voce bassa. «e non lo farà stare meglio».

«Lo so», ribatté Tetsuya, senza guardarla. «Lo so perfettamente».

«Beh, e allora... ».

«Ma non riusciamo a rasserenarci», fu l'aggiunta della mezzosangue. Si tormentava l'orlo della gonna. Fissava, insistente, il viso assopito del suo fidanzato. Sembrava ridicola quell'eccessiva preoccupazione? Forse.

Sayumi aspettò qualche istante. Per lei era lo stesso. Non riusciva a calmarsi. Ma non poteva farsi prendere dall'ansia, non avrebbe aiutato nessuno.
La sua attenzione venne rapita per un attimo dal fascio di luce dorata che arrivava dallo studio del dottore. «Va tutto bene», mormorò – più che altro a se stessa. «Sta bene».

«Se solo capissimo la ragione dietro... », adesso, Tetsuya era frustrato. La voce era leggermente più fredda, un sibilo. «... allora potremmo aiutarlo».

Yuki lo osservò con la coda dell'occhio, per poi chiudere le palpebre. Si avvicinò al bordo del letto, all'altezza dei fianchi del ragazzo, e vi sedette, molto piano. Tetsuya aveva detto giusto, era pallido. Il suo bell'incarnato rosato era sparito. Tuttavia, i tratti del suo viso – così belli, così dolci – erano distesi e apparentemente rilassati.
Senza che nemmeno se ne rendesse conto, gli stava accarezzando la guancia. Poi le dita spostarono le lunghe e arruffate ciocche castane, sfiorando le ciglia degli occhi chiusi.

E fu lì che un movimento, piccolo, appena impercettibile – smosse le palpebre del bruno.

«Take... ?», era stato così minuscolo che forse se lo era immaginato. Yuki scostò la mano, mentre Tetsuya e Sayumi cercavano di vedere. L'albina sospirò, di nuovo. «Scusate, pensavo fosse– ».

 

A quel punto, Takeshi spalancò gli occhi. La sua bocca si schiuse leggermente.

Yuki sussultò sul letto e si chinò appena su di lui. «Ehy, è tutto okay, va tutto bene... ».

Takeshi sembrava in un mondo a parte, vitreo e lontano. Mentre Yuki gli parlava, lui avvicinava entrambe le sue mani al petto. Le dita gli tremavano e il pallore della sua pelle vorticò ad un violaceo scuro, come un grande livido. Le spalle si irrigidirono e il viso si contrasse in una smorfia sofferente. Poi, un verso di dolore squarciò il silenzio, levandosi fino ad un urlo, soppresso a stento.
Yuki scattò in piedi. Gli prese il viso fra le mani, chiamando il suo nome, chiedendogli cosa gli stava succedendo. Sayumi corse nello studio a chiamare il dottore, mentre Tetsuya cercava di bloccargli il braccio della flebo. Ma si muoveva talmente tanto, in spasmi frenetici, che era quasi impossibile.

«Take, ti prego, stai fermo!», lo pregava il vampiro. «Ma da dove diamine gli arriva questa forza?!».

L'albina cercava di guardarlo in viso, e di rassicurarlo – ma la sofferenza sul suo viso sembrava immensa. Yuki gli passò una mano sulla fronte, asciugandogli via il sudore dalla pelle e dai capelli. Le corde vocali del ragazzo vibravano, le urla e gli spasmi non accennavano a cessare. Lei lo guardava mentre contraeva la mandibola e tentava di chiudere la bocca, per cessare tutto quel fracasso. «Ti prego, svieni, ti prego, svieni, svieni... », lo ripeteva come un mantra, usando tutto il suo potere del soggiogamento. Ma non funzionava. Non funzionava! «Dov'è quel dannato dottore?!».

«Lui non può fare niente!», Tetsuya premette entrambe i palmi, sull'avambraccio e sul bicipite, e finalmente riuscì a metterlo giù. «Il petto! Continua a cercare di toccarselo!».

«Il petto... », Yuki iniziò allora a tastargli lo sterno, ma a pelle non sentiva assolutamente nulla. Allora afferrò il tessuto sullo scollo della maglietta, ci affondò le unghie e con un solo gesto la lacerò in due, scoprendo i pettorali e le clavicole.

«Che diavolo... », esclamò Tetsuya.


Yuki premette le dita, appena sotto le clavicole di Takeshi. C'era... qualcosa. Un cerchio? No... «Una spirale?», sibilò.

Tetsuya era a bocca aperta. «Cos'è quella roba?».

«Cos'hai fatto... », al suono della sua voce, Yuki e Tetsuya sollevarono le teste di scatto, sperando di non trovare altro dolore in Takeshi. Il bruno, che aveva sbarrato lo sguardo, richiuse lentamente le palpebre, cacciando un profondo respiro stremato.

Finalmente, si era fermato.

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Yuki toccò la superficie dell'acqua con la punta dell'indice, immergendolo nell'impalpabile schiuma bianca. L'acqua era più che calda, decisamente. Si allontanò dalla vasca di un passetto e si rivolse allo specchio sopra al lavandino. Aveva la sclera un po' arrossata, dato che aveva pianto. Ora che ci pensava, era passato molto tempo dall'ultima volta che aveva versato delle lacrime. Non pensava che l'avrebbe fatto in una situazione assurda come quella.
I capelli si erano scarmigliati, durante tutto quel trambusto. Adesso che erano così corti, poi, si scompigliavano molto facilmente – si passò le dita fra i capelli, dalla radice, tirandoli indietro il più possibile.

Aveva bisogno di un bel bagno. Takeshi stava dormendo nel letto, e per il momento non accennava a risvegliarsi. Mentre Sayumi e Tetsuya si sistemavano – di nuovo – nella stanza d'albergo accanto alla loro, l'albina ne approfittava per sciacquare via le ansie.

Liberatasi degli indumenti, scavalcò il bordo della vasca, ed immerse prima la gamba sinistra e poi la destra. Lentamente, sprofondò nell'acqua fino alle spalle.

Si lasciò scivolare, appoggiando la schiena alla superficie fredda della vasca, mentre i capelli bianchi galleggiavano nell'acqua.

 

Continuava a pensare a quel segno.

Piccolo, a forma di spirale, di un colore rosato, molto simile a quello della carnagione di Takeshi. Come una cicatrice. Ma se lo toccava, la pelle era liscia e perfetta. E sembrava che al tocco lui non provasse nulla.

Spazzò via un ammasso di schiuma con il ginocchio, e corrugò la fronte. Aveva capito, se non altro, che non era una malattia. Che il dottore non poteva fare proprio niente.

Quando Sayumi era tornata con l'uomo e aveva visitato Takeshi, aveva proclamato di non aver mai visto niente di simile. Forse era un batterio. O qualcosa del genere. Ma ancora, a quel punto sorgeva un altro dubbio: la forza esplosiva e la resistenza al soggiogamento.
Magari, Takeshi aveva trovato tutta quella forza per l'adrenalina, per il dolore; d'altronde, si narra che un uomo, in preda all'adrenalina, sia stato in grado di sollevare un automobile a mani nude. Ma, in ogni caso, Yuki non era certa che quell'ipotesi fosse corretta. Può un essere umano cacciare una tale forza? Al punto da respingere quella di un vampiro? E com'era possibile che il soggiogamento non avesse avuto nessun effetto su di lui?

Non a caso i cacciatori combattevano armati. Non a caso, ancora, i cacciatori dovevano allenarsi giorno e notte. Perché la forza delle creature era ineguagliabile.

Se Tetsuya era riuscito a domarlo a stento, qualcosa poteva significare.

Infine, la frase che gli era uscita dalle labbra. «Cos'hai fatto... », ripeté l'albina, mentre le ciocche bianche si attaccavano alle guance.

Chi aveva fatto cosa? E cosa era stato fatto? Poteva includere una persona, qualcuno che si era avvicinato a Takeshi. Di vampiri e demoni il mondo era pieno. Di esseri pericolosi.

 

Irata, la mezzosangue si morse le labbra. Sperava solo che lui non dovesse soffrire ancora. Non in quel modo, per lo meno.

A quel punto, sentì bussare alla porta. Yuki si voltò verso sinistra. Seguì un silenzio strano, per un paio di istanti.

«Yuki?».

«Take!», esclamò l'albina. Si alzò subito in piedi, creando maree e piccole onde di schiuma. «Non devi stare alzato, aspetta, sto arrivando a... ».

«Posso entrare?».

Yuki si bloccò. «Ora? In bagno?».

«Sì, vorrei vederti», poi Takeshi si rese conto della frase e si corresse. «Intendo dire, ho dormito tutto il giorno, quindi... ».

La mezzosangue ritornò al sicuro dentro l'acqua del suo bagno. «Entra», mormorò, schiacciando le ginocchia contro il seno.

 

La porta si aprì. Se una mano gli serviva per ruotare il pomello, l'altra era indispensabile per sorreggersi. Takeshi era sull'uscio, appoggiato con l'avambraccio. Indossava il pantalone grigio scuro della tuta e una maglietta bianca a mezze maniche. Anche se era pallido, imperlato di sudore e con i capelli completamente nel caos, per lei, che lo guardava dal bordo della vasca da bagno, restava un sogno ad occhi aperti. «Ciao», bisbigliò, con dolcezza.

«Ehy... », era così sollevata. Aveva temuto che, la prossima volta che si sarebbero rivisti, lui fosse stato ancora preda di quelle atroci sofferenze. Una rotonda goccia d'acqua scivolò sulla punta del naso dell'albina, mentre lei cercava le parole giuste. «Non restare lì, vieni».

Anche se si sentiva in imbarazzo, non voleva che lui restasse in piedi lì, in un punto così distante.

«Beh... d'accordo». Takeshi oltrepassò l'uscio e richiuse la porta. Appoggiandosi a qualsiasi mobile e supporto, raggiunse la vasca da bagno, in fondo al piccolo bagno. Si lasciò scivolare sullo scalino, pian piano, posando il braccio e la tempia sul bordo della vasca. «Tutto okay?».

La mezzosangue corrugò la fronte. «Stai scherzando? Questa sarebbe la mia domanda».

Takeshi sollevò la testa leggermente, per guardarla in viso, anche se parecchio storto. «Allora ti rispondo: sto bene».

«Takeshi, ascolta un po'», l'albina si dimenticò che dal collo in giù non indossava nulla. Qualsiasi imbarazzo venne spazzato via da sentimenti ben più importanti. «L'ultima volta che hai detto di stare bene sei svenuto. Dopo di ché, hai avuto degli strani e agghiaccianti spasmi e sei stato malissimo».

«Quello non– ».

«Eri talmente debole che hai dormito tutto il giorno, svegliandoti solo ora», Yuki si guardò intorno, frenetica. «Che ore sono? Le 19?».

«Yuki, dai, senti», non sapeva come dirgli quello che stava provando. Ma lei aveva ragione. Tirò su la schiena e si sporse verso di lei. «mi dispiace. Mi dispiace di averti fatta preoccupare tanto. Davvero».

La mezzosangue fissò la parete di fronte, le piastrelle color sabbia che adornavano quel grazioso bagno. Si morse forte le labbra, avvertendo un pizzicore agli occhi. «Ero così preoccupata», sussurrò, la voce tremula. «pensavo che saresti morto».

Lui sorrise. «Per così poco?».

«Forse non te lo ricordi. Sembravi posseduto».

«Wow, questo sì che è sexy».

«Eri bello anche mentre strepitavi e ti agitavi».

«Ah. Quindi sono bello, per te».

Yuki si girò dall'altra parte. «Stupido mentecatto».

Takeshi, a quel punto, si mise a ridere – baciandola sulla spalla. «Ti amo».

 

 

 

 

***

 

 

 

«Qual è il piano?».



Yuki si passò l'unghia del pollice sulle labbra. Guardò in direzione di Sayumi, osservando la sua espressione seria.

Già, qual era il piano? Di solito aveva sempre qualche piano; ne aveva avuto uno quando casa sua era stata invasa, quella fatidica sera, ne aveva avuto uno per sfuggire dalle grinfie di Alyon quando l'aveva rapita. Quasi sorrise, ripensando a come erano più o meno falliti. D'altro canto, erano sempre stati ideati per uscire da una circostanza al meglio possibile – all'ultimo istante, con il sangue alla testa.
Nella piccola sala da pranzo dell'albergo, Yuki, Tetsuya e Sayumi stavano consumando la colazione, mentre Takeshi era ancora nel mondo dei sogni; avevano cercato il tavolo più in disparte, si erano seduti con croissant e tè caldo e avevano iniziato a mangiare. Il croissant di Yuki era ancora nel piattino di ceramica.

«Voglio dire, non possiamo certo tornarcene a casa come se nulla fosse», riprese Sayumi. «Anche se il viaggio non è lungo, rischiamo che vada a finire come ieri mattina».

Ovviamente aveva ragione. Tetsuya girava il cucchiaino dentro la sua tazza verde. Osservava il colore ambrato della sua bevanda.

«Non ho un piano».

«Beh... è giusto».

«Però so cosa voglio fare».

Tetsuya sollevò le sopracciglia, lentamente. «E cioè?».

«Voglio capire cosa esattamente lo sta indebolendo».

 

Nessuno rispose né obiettò. Si sentivano le voci appannate delle altre persone. In fondo alla sala si ergeva una lunga tavolata bianca colma di cibarie. Yuki appoggiò la guancia sulla mano. Quell'atmosfera le ricordava molto la gita a Kyoto.

«Chiaramente quello che gli è successo non è umano», disse Sayumi – poi schiacciò la bocca, riformulando la frase. «Non è normale. Non è una malattia. Né un semplice malore».

«E allora che cos'è?», domandò il vampiro.

«È ciò che dobbiamo scop... », Yuki si bloccò. «Ora che ci penso, Takeshi ha cominciato ad essere diverso l'altro ieri, la sera al locale. Vi ricordate?».

«Sembrava che qualcuno gli avesse rimescolato il cervello».

Tetsuya annuì, serafico. «Giustappunto», concordò. «Appariva intontito e po' spaesato. Tuttavia, era abbastanza in forma».

Yuki si strofinò il mento con le nocche. Tutti i sintomi si erano presentati la mattina dopo. Assomigliavano ad un post-sbornia. Peccato che un post-sbornia non si sviluppava in spasmi e dolori acuti e benché meno in disegni strani incisi sulla pelle. Tra tutte le stranezze che aveva visto nel bruno, quella era senz'altro la più allarmante.
Intanto, gli altri due continuavano a parlare, esponendo teorie, pensieri, riflessioni. Yuki aveva fatto un passo indietro, sprofondando in una bolla – se quella spirale aveva un significato, quale avrebbe potuto essere? Era spuntata su di lui naturalmente, come una voglia? Oppure – nel peggiore dei casi – ce l'aveva messa qualcuno?

Era pericolosa?

«Yu?».

L'albina spostò lo sguardo. «Cosa?».

Tetsuya respirò dalle narici, incastrano le braccia al petto. «Ci stai ascoltando?».

«No».

«Ci ho fatto caso».

«Tetsuya stava dicendo di andare a cercare tua madre», aggiunse in fretta Sayumi. «perché lei è stata l'ultima persona con cui ha parlato Takeshi prima di stare male».

«Che vuol dire?», sbottò la mezzosangue. «Intendete che mia madre possa aver fatto qualcosa?».

Di fronte alla domanda suscettibile, il vampiro si alzò, scostando rumorosamente la sedia. A giudicare dalla sua espressione, era un fascio di nervi. Doveva essere preoccupato marcio per l'amico. «Potrebbe aver visto qualcosa. Cerchiamola, punto e basta».

 

 

 

 

 

 

NOTA:
Salve!
Siamo al capitolo 11! WOW! Capitolo 11 vuol dire anche problemi, in realtà.

Infatti, come potete vedere, il caro Takeshi sta un tantino soffrendo per... beh, robe. Robe che scoprirete più in là.

In ogni caso, vi scrivo questa nota per ringraziarvi di continuare a seguire Vampire Devil. Mi rende sempre felice sapere che qualcuno ha interesse in questa storia.

Inoltre, come accade ormai annualmente, mancherò per un po' di tempo, più o meno fino al 5-6 Gennaio! Quindi la pubblicazione dei prossimi capitoli balza direttamente a quel periodo.

Detto questo, spero che la storia fin qui vi sia piaciuta, e ci rivediamo a Gennaio! Buone feste~

P.s.
Salve! È passata una vergognosa quantità di tempo dall'ultima volta che ho aggiornato Vampire Devil e di questo me ne scuso. Purtroppo non so quando sarò in grado di aggiornare con tempi regolari, forse metà o fine Febbraio; il mio computer ha cessato di vivere qualche settimana di tempo e solo adesso sono riuscita ad affacciarmi qui. </3 
In ogni caso, scrivo questo per avvertire chiunque fosse interessato a VD. Spero di tornare al più presto! Bye!
   
 
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