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Autore: theastwind    15/12/2019    1 recensioni
E' una storia d'amore e d'avventura tra Nami e... il Rosso.
Ambientata nel lasso temporale collocato prima che la ciurma entri nel Grande Blu.
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Shanks il rosso
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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28 - La  Morgue

“Capooooooo!!” – Teschio, quando ci si metteva, urlava da far accapponare la pelle.

“Cazzo ti urli, Teschio? – sbottò Shanks, precipitandosi fuori dal quadro e correndo sul ponte – Ma perché mi devi far venire un infarto ogni volta?”

“Scusa… - gli urlò la vedetta – c’è un veliero a Sud…” – cercava di scorgere meglio tra la foschia impossibile.

“E allora? Sono le altre navi che devono tremare… non noi… e invece io mi terrorizzo ogni volta che n’avvisti una: mi fai venire i brividi con le tue urla… Sono complessato dagli arrembaggi!!” – e tutti a ridere.

Teschio fissava nel cannocchiale.

“Il fatto è che questa volta è davvero un bastimento di merci… - e aggiunse, cambiando tono – è davvero delle Indie Occidentali…” 

Shanks distolse lo sguardo da Teschio e lo rivolse al suo fumoso vice che ricambiò con un’espressione assorta. Come al solito s’erano capiti al volo. Si rivolse di nuovo a Teschio: 

“Dammi la distanza!”

Ma Teschio fissava con insistenza nel cannocchiale. All’improvviso esplose un larghissimo sorriso e si girò verso il suo capitano ridendo come una iena: 

“…Non è sola… capo… È una flotta!”

Sulla nave esplose un boato di urla e risate: pirati gasatissimi per quello che poteva essere il colpaccio di una vita…

Ma il silenzio era il protagonista assoluto tra il capitano e il suo braccio destro che si scambiarono una nuova, significativa occhiata.

 

“Nami!! – bussò Lucky alla porta della sua cabina facendola saltare dal letto spaventata dal suo tono esagitato – Nami! Sei sveglia?”

“Entra pure Lucky…”

Il signore dei cosciotti entrò tutto trafelato:

“Ciao, piccola! Il capo ci vuole tutti in sala pranzo tra cinque minuti… muoviti a salire: è urgente!”

“Che succede?” – dalla cabina si sentiva la grande mobilitazione che regnava sulla nave.

“Una flotta… - Lucky era davvero gasato – una flotta in avvicinamento!”

“UNA FLOTTA?” 

 

“Ci siamo tutti?” – chiese il capitano entrando fra due ali di ciurma in trepida attesa, riunita nel grande salone comune che fungeva da sala pranzo e riunioni.

“Sì…” – fumò Ben.

“Chissà quanti tesori porteranno quelle cinque bagnarole…” - Rosetta sbavava e si lisciava le mani mentre il capitano raggiungeva il suo posto e si preparava a parlare.

“Dobbiamo tenerci pure un altro galeone per portarci via tutto quello che ruberemo… hi, hi, hi…” – e tutti a sghignazzare troppo felici di ripulire la Compagnia delle Indie Occidentali, vera e propria società di ladroni e delinquenti con l’autorizzazione del Governo.

Shanks portò con se una grande mappa della zona, ma non l’aprì. 

“Capo… Siamo pronti per l’arrembaggio!” – esordì Ascia tutto contento mentre un boato di urla e incitazioni esplodeva dal ventre della nave, da quel salone, faceva venire i brividi a Nami e smuoveva il mantello di Shanks.

“Ragazzi… – sapeva che stava per dare loro una pessima notizia, ma proprio non poteva farne a meno – noi… non andremo all’arrembaggio di quelle navi… Anzi… dobbiamo virare di 45 gradi a tribordo.”

Il silenzio assoluto accompagnò quella rivelazione che sconvolse, ma rincuorò, anche Nami.

“Ma perché?” – Lucky era l’unico ancora in grado di parlare e Ben, che sapeva già tutto, fumava in silenzio. 

“Vedete… il veliero che ha visto Teschio è il primo di cinque enormi bastimenti, galeoni con ciascuno non meno di trecento marinai che battono la bandiera della Compagnia delle Indie Occidentali…”

“E allora? Mica abbiamo paura? – Yassop non si trattenne più – ti ricordi quella volta al largo di Marakaibo? Non abbiamo affrontato ben mille marinai senza problemi?”

Nessuno riusciva a capire la reticenza del capitano. Senza la sua autorizzazione il legno pirata non si poteva muovere, ma le regole della filibusteria erano chiarissime: andare all’arrembaggio era un diritto di tutto l’equipaggio… al capitano competeva dirigere l’attacco, gestire la strategia e dare gli ordini, ma di fronte ai bottini i pirati erano tutti uguali.

Non poteva decidere per tutti… mai nessuno di loro aveva mai messo in discussione la sua autorità e la saggezza delle sue decisioni: Shanks era coraggioso e tra loro esisteva un’armonia perfetta, ma… adesso era come se stesse rinunciando a prendere il tesoro di Gold Roger!

Rinunciare ad un arrembaggio di quei livelli non era da lui.

“Ma capo…” – avevano tutti le spalle a terra per la delusione.

Lui li guadò uno per uno: avrebbe fatto volentieri a meno di scendere nei particolari, ma i suoi uomini, i suoi amici, esigevano una spiegazione. 

“Ragazzi… Mi dispiace…”

Ii suoi lo fissavano in un silenzio fortemente deluso.

Lui sospirò, scambiò una nuova occhiata con Ben e si decise:

“Il fatto è che… ho il sospetto che non siano affatto navi mercantili…”

Quella rivelazione sparse un silenzio preoccupato fra i suoi.

“Cosa te lo fa pensare?” – Lucky, che aveva già fiutato la puzza di bruciato, lo conosceva da troppo tempo per pensare si trattasse di vigliaccheria.

“Perché la rotta che stanno seguendo non è da linea mercantile…”

“Ma una rotta è una rotta!” – Rosetta, al pari degli altri, non capiva.

“Non tutte le rotte sono uguali… Non nella Morgue.” – interloquì Nami, cominciando a capirci qualcosa.

Shanks la guardò con sgomento e i loro occhi s’incontrarono: non erano ancora riusciti a parlarsi dalla sera prima in cui lei gli aveva chiaramente detto che l’amava e l’aveva reso il Re dei Pirati in un attimo. L’incontro dei loro occhi li fece tremare mentre la perplessità era ancora la grande protagonista della scena fra il resto dell’equipaggio.

“La Morgue?” – Duca, come gli altri era il ritratto della curiosità.

E lei riprese a spiegare:

“Le navi commerciali non attraversano questo tratto di mare: qui di rotte mercantili non se ne trovano perché è il nido, il rifugio dei filibustieri dei mari dell’Est… - e continuò, spiegando – le compagnie lo sanno e si tengono alla larga!” 

“Questo mare è dei pirati – continuò Shanks guardando quella fantastica navigatrice che ne sapeva una più del diavolo – e quindi è frequentato solo da pirati, marinai e cacciatori di taglie. Quella flotta non è di semplici navi mercantili… è uno specchio per allodole!”

“E chi sono allora?” – la domanda serpeggiava nel gruppo.

“La marina sta già iniziando la grande mobilitazione per la festa di Midwest Town…” – suggerì, sperando abboccassero.

Ma gli altri lo guardavano perplessi: la ricostruzione di Shanks era credibile, ma qualcosa non tornava.

“E passano di qua? – intervenne Duca, folgorato da un pensiero – perché passano di qua con tutti i pirati che ci sono? Se li cercano i guai?”

Quella era la domanda a cui Shanks non avrebbe voluto rispondere e infatti tentennò un po’. Stava per dire qualcosa quando Rosetta lo prevenne:

“Buttalo a mare questo brodetto che puzza! – era uno dei famosi proverbi di Rosetta che non mancava di suscitare risate anche in quelle circostanze – non ci stai dicendo la verità o tutta la verità… Perché mai la marina, come dice Duca, per organizzare una festa passa per il covo dei suoi nemici? Con tutti i pirati che ci sono… Lo fanno apposta per farsi passare la stitichezza con la diarrea che gli facciamo venire per la paura!” – e tutti a ridere per quel fantastico Rosetta.

“Forse non passano di qui per caso… e forse non sono marines!” – lapidario come sempre, Piombo vide tutti i suoi compagni di navigazione girarsi verso di lui che però, fissava Shanks il quale ricambiava assorto il suo sguardo.

“Che vuoi dire?” – ad Ascia tremò la voce per quello che, insieme agli altri, aveva intuito. 

Tutti i filibustieri furono folgorati dallo stesso pensiero nello stesso istante e si voltarono a guardare il capitano con un’aria sconvolta.

“Per mille lische di pesce-cane…” – Rosetta, come gli altri, aveva il mento per terra dallo stupore.

Shanks li guardava di rimando con la faccia di chi è stato colto in castagna.

“Sì, sono cacciatori di taglie e… stanno cercando me.”

 

“Francis…”

“Eccomi, capo!”

“Vai a dire a Nami che tra mezz’ora si sbarca!”

“Ok.”

Affacciato al parapetto di prua, guardava la ripida e profonda insenatura di Cool Island che si avvicinava e diventava sempre più grande. 

Molti pensieri gli ronzavano in testa: aveva dovuto cambiare rotta per evitare di finire fra le mani di ben 1500 cacciatori di taglie che stavano battendo in lungo e in largo la zona per beccarlo.

Mihawk gliel’aveva detto che li aveva addosso, ma non credeva si sarebbero fatti vivi tanto presto.

Represse un fremito di rabbia: stava giocando a rimpiattino con dei mercenari della peggior specie come un mozzo alle prime esperienze, stava fuggendo e… non poteva fare diversamente.

“Devo ritrovare Rufy… - si diceva per placare il suo orgoglio ferito – e… devo proteggere Nami.” – e il cuore gli esplose.

Nami…

Non riusciva ancora a credere a quello che gli aveva detto solo la sera prima, il suo bacio emozionato, i suoi occhi lucidi, le sue guance grassocce e rosse.

Sorrise tutto contento e si accorse, con grande stupore, che il nervosismo gli era passato in un istante: non gliene fregava poi granché dell’orgoglio di filibustiere ferito. 

Lei non doveva correre pericoli, di nessun genere.

Era la sola cosa che gli interessava.

 

Rimase a fissare la maniglia della porta per molto tempo con il cuore in gola.

Sentiva i passi dei pirati sul ponte che lasciavano il Vento dell’Est per sbarcare sull’isola in cui il capitano aveva deciso di attraccare all’ultimo momento. Nami aveva consultato le mappe della zona e ne aveva dedotto che Shanks era un autentico stratega.

Quell’isola era eccezionale: offriva un’insenatura ampia e profonda, con la vegetazione alta e rigogliosa e un’entrata molto stretta. Nessuno li avrebbe trovati lì e se anche fosse stato, l’imboccatura era talmente stretta da consentire il passaggio di un galeone alla volta. Quella flotta avrebbe dovuto entrare in fila indiana permettendo a Shanks di affondarle una alla volta e non affrontarle tutte insieme.

Comunque non era certo per le qualità di generale di Shanks che adesso lei tentennava a scendere: non le aveva rivolto la parola per tutto il giorno e tremava all’idea di restare da sola con lui.

Si pentiva da morire di avergli detto quelle cose la sera prima e ora non sapeva come comportarsi, che fare, che dire; si sentiva ancora più vulnerabile del solito, più fragile. Lui avrebbe potuto approfittarne.

“Forse… devo far finta di nulla… - pensava con il batticuore – io gli ho detto solo che è una cosa bellissima, mica gli ho detto “ti amo”!!?? – cercava di convincersene – e poi… insomma, non l’ho baciato… cioè… sì, ma sulla guancia…” – ma chissà perché non riusciva a tranquillizzarsi.

Un forte bussare alla porta interruppe i suoi tormenti.

“Avanti…” – mormorò con una voce improbabile: aveva riconosciuto il modo di bussare del suo amore e il cuore le partì in testa coda; quando lo vide farsi avanti, passando dalla penombra alla luce della sua cabina e i lineamenti di lui farsi nitidi e definiti, fu colta dai brividi e dalle vertigini. Sentiva le ginocchia instabili, il sangue bruciarle nelle vene, la gola seccarsi all’istante e gli occhi gonfi e lucidi: sapeva di avere l’espressione di una triglia andata a male e questo la rese ancora più nervosa.

Era tesa come la corda di un violino.

“Ciao…” – mormorò e subito si pentì di aver parlato perché aveva una voce indecente.

“Ciao…” - lui non se la passava meglio. Stava per saltarle addosso: era talmente bella con gli occhi lucidi, le guance rosse, le mani e la voce tremanti che gli girava la testa. Cercò di riprendersi visto che nessuno dei due era il ritratto della loquacità:

“Beh… perché non scendi? Ti sei affezionata alla cabina?”

Lei sorrise, ma non riuscì a dire nulla: qualsiasi cosa avesse detto, sarebbe stata sovrastata dai battiti del suo cuore.

Non sapeva se avviarsi verso la porta: lui era piazzato davanti all’entrata e non era sicura di riuscire a sopportare una distanza inferiore ai due metri da lui senza svenire.

Shanks rimase a guardarla incantato per un po’ e tutto contento del suo dolce imbarazzo; poi si girò e in silenzio si diresse verso la porta, precedendola.

“Comunque vedi di sbrigarti a scendere – riprese più lucido – ho bisogno che mi aiuti a fare una cosa…”

“Certo! Che cosa?” – Nami fu subito a disposizione. Qualsiasi cosa per lui.

Shanks si fermò proprio sotto il telaio della porta, si girò a guardarla di nuovo e disse serissimo:

“Ti devi mettere davanti all’imboccatura dell’insenatura per ostruire il passaggio alla flotta…” – ma non riuscì a proseguire perché scoppiò a ridere come un invasato.

Nami ci mise due secondi di più a precipitare dal mondo incantato in cui era finita, credeva, con l’uomo più fantastico del mondo: la sua espressione stordita portò Shanks ad un passo dall’embolia.

“Che idiota… - mormorò senza rabbia, ma con lo stesso tono di chi scopre una grande verità – che idiota… - non ancora riusciva a crederci, ma si ricollegò immediatamente al presente, vedendolo soffocare dalle risate – STUPIDO CAPRONE!!” – gli urlò in testa e se ne andò tutta infuriata.

 

“Allora ragazzi… che mi dite?” – chiese il capitano ai suoi che erano tornati dal giro di perlustrazione che aveva ordinato prima di sbarcare.

“C’è un piccolo villaggio a dieci minuti da qui, verso Nord.” – rispose Ascia.

“Marines, cacciatori di taglie, mercenari, pirati?” - elencò Shanks ridendo.

“Nada. – riprese Ascia – solo contadini e pescatori che stanno mettendo su una festicciola di paese…”

“Grande! Andiamo anche noi! – s’entusiasmò il capitano sotto gli occhi innamorati, ma ancora incazzati, di Nami – troviamo un’osteria e ci godiamo la festa. Domattina salpiamo presto.”

Tutti contenti, si avviarono trotterellando alla festa di paese.

   
 
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