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Autore: Hilda Polaris    16/12/2019    0 recensioni
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"Quello che sta succedendo è sbagliato.
Tutto, dal principio (...). É sbagliato che Noah mi abbia spinta dritta nelle grinfie del fantasma vagante di una specie di stregone, il quale mi dice una verità ogni cento bugie, ha tranquillamente dichiarato di odiarmi e sembra divertirsi ad osservarmi mentre incappo nelle trappole che mi tende o verso cui mi precipita mentre gli do retta... Cosa che sono obbligata a fare, dal momento che ho bisogno di una guida che conosca ogni meandro e passaggio del castello, per poterne alfine fuggire. Noah mi ha assicurato che posso fidarmi di lui, ma non c'è momento in cui non mi penta di averlo ascoltato.
Vai a fidarti dei Maghi!"
Genere: Angst, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- WRONG -

***

 

Quello che sta succedendo è sbagliato.
Tutto, dal principio.
É sbagliato che questo dannato castello abbia attorno a sé una barriera che mi impedisce di uscirne.
É sbagliato che un altrettanto dannato demone con manie di protagonismo abbia creato tale barriera dopo aver conquistato il regno, imprigionato me e la mia famiglia e riempito il castello di immonde creature come ghouls, trolls e golem per ...sollazzarsi, credo. O, quale che sia il motivo, non mi interessa.
É sbagliato che qualunque maledetta stanza di questo posto debba per forza essere aperta con ogni sorta di trucchi, trucchetti o incantesimi, anziché avere un'apertura normale con una normale serratura. E che in ogni stanza l'andamento del tempo cambi e si relativizzi.
É sbagliato che io mi sia ritrovata completamente sola e sia stata portata a fidarmi di totali sconosciuti della cui affidabilità non ho certezze… Soprattutto perché ho perso la memoria. É stata una conseguenza, penso, dell'impatto causato dalla breccia provocata da Lancelot. Non so perché sia successo né cosa l'abbia causato, ma non ho tempo di preoccuparmene adesso.
É infine sbagliato che Noah mi abbia spinta dritta nelle grinfie del fantasma vagante di una specie di stregone, il quale mi dice una verità ogni cento bugie, ha tranquillamente dichiarato di odiarmi e sembra divertirsi ad osservarmi mentre incappo nelle trappole che mi tende o verso cui mi precipita mentre gli do retta... Cosa che sono obbligata a fare, dal momento che ho bisogno di una guida che conosca ogni meandro e passaggio del castello, per poterne alfine fuggire. Noah mi ha assicurato che posso fidarmi di lui, ma non c'è momento in cui non mi penta di averlo ascoltato.

Vai a fidarti dei Maghi!


Ed è infine è sbagliato che io mi trovi qui, in questo momento, in questa stanza.

***


Fatico a tenere a bada i nervi mentre Jordan svolazza intorno a me inneggiando a quanto sia bello il suo corpo.
Jordan è il fantasma di cui parlavo. Quello simpatico come uno strumento di tortura.
Qui davanti a me, pallido, steso su una specie di altare di pietra, giace il suo corpo: è, stranamente, e abbastanza inquietantemente direi, intatto e non corrotto, anche se la vita lo ha abbandonato molte centinaia di anni fa. Almeno stando a quello che il suo “possessore” dice; e, di ciò che Jordan dice, occorre filtrarne la maggior parte. Sono infatti ancora indecisa se credere o no a quello che lui proclama essere il tragico motivo per cui il suo spirito vaga senza pace nel castello da secoli, ovvero la sua morte violenta e l'impunità del suo assassino.
Il quale assassino, secondo ciò che vien fuori da quelle labbra sottili e mendaci, sarei io.

Ora son qui che osservo la mia ...vittima, almeno per distrarmi dalle lamentele del suo incorporeo ma fastidioso padrone; nulla ha intaccato i suoi lineamenti, anche se i suoi abiti sono consunti dal tempo e la sua pelle è diafana. I suoi capelli sono ancora del colore del vino.
“Sembri addormentato”, mi sfugge.
Jordan interrompe la sua insopportabile litania e si ferma, fluttuando davanti a me.
Oh, bene, almeno un effetto l’ho ottenuto: ha smesso di svolazzare.
Ma non di lamentarsi.
“...E invece sono proprio morto. Per merito tuo, peraltro.”
Si inchina davanti a me con affettazione e un sorrisetto che vorrei istantaneamente schiaffeggiare via. C'è una volta in cui questa creatura si sforzi di non essere sarcastica e sgradevole?
La sua risatina risuona in modo strano nella piccola stanza, amplificando l'eco che già normalmente segue la sua voce. All'inizio mi spaventava, ma adesso mi ci sono abituata: la voce di questo fantasma ha un'eco. Il motivo per cui sia così, o per cui io riesca a vedere la sua figura evanescente e sentire le troppe cose che ha da dire, servirebbe un mago per comprenderlo. Ma Noah non è mai nei paraggi quando serve.
Sbuffo.
“Grazie ancora per avermelo ricordato.”
“Oh, figurati, mia carissima. Allora...” E così dicendo, Jordan fa un rapido, elegante giro attorno all'altare e atterra in piedi al mio fianco senza produrre il minimo rumore, “...Ti è venuto in mente qualcosa?”
Trovo persin buffo il mio guardare in alto verso di lui, dato che in buona sostanza sto guardando il nulla; o meglio, l'interessante muro di pietra grigiastra dietro la sua trasparenza di essere incorporeo alla cui spalla arrivo a malapena. Scuoto la testa. Siamo arrivati fin qui allo scopo di facilitare il recupero dei miei ricordi perduti legati alla mia vita precedente alla Breccia nel Castello, e dunque al suo presupposto omicidio.
Io, perché fatico a credere di aver ucciso una persona fino a impregnarmi gli abiti del suo sangue, e voglio ricordare per discolparmi.

Lui, perché, dice, apprendendo da me i dettagli del suo assassinio potrà meglio decidere come punirmi in modo conveniente.

E poi, finalmente, la sua anima troverà pace.
Purtroppo non ha funzionato. Io non ho ricordato nulla, e, adesso che ci penso, non ho neanche tutta questa voglia di ricordare come potrei aver avuto la meglio su un tizio alto e pesante ben più di me rendendolo il cadavere che è adesso. Di sicuro, se questa creatura è stata così insopportabile anche da viva, non stento a credere che ci fosse gente smaniosa di farla fuori.
“Uhm... Se a te non è balenato nessun ricordo di come potresti avermi crudelmente ucciso,” Riflette Jordan, accarezzandosi il mento con due dita, come suol fare, “dovrò farmi venire io in mente il prossimo modo per uccidere te; ma sarà casuale e non mirato e questo mi indisporrà. A me piace fare le cose per bene, sai.”.
Sorride allo sguardo fantasmicida che gli lancio in rimando.
“Ehi, adesso piantala, d’accordo? La tua storia fa acqua da tutte le parti! Che motivo dovrei aver avuto per volerti uccidere e addirittura lasciarti insepolto? E com'è possibile che un corpo morto da così tanto tempo si conservi così?” Sbotto a voce un po' troppo alta, puntando il dito verso il suo corpo. Non devo alterarmi. Se perdo la calma, Jordan vince.
“Mmh... da ciò che so sei stata proprio tu a trattare il mio povero, bellissimo corpo in modo tale che si conservasse, perché ne volevi fare un trofeo a memoria delle tue nefandezze!”
La risata che mi sfugge è sincera e potente. Gli occhi dorati da gatto di Jordan diventano due fessure; forse lo vede come un segno di scarso rispetto nei riguardi della sua morte? Sinceramente a me non potrebbe importare di meno. Ne ho abbastanza!
“Oh, ma certo! Chi se non io, grande maga o gran dottore ben nota agli ambienti del regno, potrebbe aver imbalsamato un cadavere da me ucciso per scopi ornamentali? Chi, se non io, nella mia immane perfidia, potrebbe aver deciso di addobbarsi il salotto con un morto che, più che morto, sembra un ubriaco addormentato in attesa di smaltire la sbornia di stupidaggini che quotidianamente propina al mondo?!”
Stavolta è lui che fulmina me con uno sguardo.
Non distoglierò gli occhi, Jordan lo Stregone, Jordan il Ladro Fantasma, Jordan il Mentitore; non dopo tutte le volte che hai tentato di uccidermi, non dopo che hai dichiarato di detestarmi e di desiderare la mia sofferenza.
Ti aspettavi fosse che mi prostrassi ai tuoi piedi chiedendo perdono?
Per un attimo penso che mi stia per colpire. Anche volendo, però, mi passerebbe attraverso. Dovrei preoccuparmi più delle sue ritorsioni mediante incantesimi che della violenza fisica.

 

Invece, molto più da lui, mi sfida: “Toccami.”
L'astio che voglio scagliargli contro come un'incudine si dissolve nello stupore più totale.
Prego?!
“Se ti sembro solo ubriaco o addormentato, se non credi che io sia morto, allora tocca il mio corpo.”
Il suo corpo? Che orrore! Io non ho mai toccato un cadavere.
L'uso che ha fatto della prima persona singolare mi aveva stranita per qualche attimo.
Perché, poi?
Tuttavia non ho nessuna intenzione di non raccogliere la sfida. Gli lancio un breve sguardo che gli comunichi che non mi spaventa la sua richiesta. Se fosse stato possibile uccidere con gli occhi, io e Jordan ci saremmo scambiati tale cortesia almeno cinquanta volte a vicenda.
Mi approssimo con cautela al corpo e avvicino una mano al suo naso. Nessun respiro. Sfioro con le dita una delle sue guance pallide. Ha una pelle che sembra di porcellana. Gelida, bianca e perfetta. Il mio sfioramento diventa una carezza: sto mostrando rispetto ad un morto, forse? In realtà il corpo di Jordan meriterebbe piuttosto di essere preso a sberle. Accarezzo con la mente, per un attimo, l'invitante idea che uno schiaffo al corpo di Jordan possa avere effetti dolorosi anche sul suo fantasma. Poi mi concentro di nuovo sulla mia mano.
“Hai una bella pelle”, dico, prima di rendermi conto che questa forse non è la cosa migliore da dire davanti ad un morto per portare rispetto, prima di capire che sto solo riflettendo ad alta voce.
Jordan guarda davanti fisso a sé, in basso: forse il suo corpo, forse la mia mano, e ribatte: “Ho sempre avuto un'alimentazione impeccabile”. Non riesco a capire se mi stia prendendo in giro come fa di solito, dato che il suo tono è stranamente monocorde. Le mie dita passano dal viso al collo del suo corpo, dopo aver parzialmente tracciato, con un movimento automatico, il contorno di una mandibola squadrata, maschile come dovrebbe essere. Mi soffermo immediatamente al di sotto, nel tentativo, che so ormai essere inutile, di avvertire una pulsazione che non esiste. Eppure trattengo il fiato, come se da un momento all'altro mi aspettassi che il cuore riprenda vita.
C'è una pruriginosa, piccola nota di delusione nel retro dei miei pensieri.
Jordan sembra più serio del previsto, e la sua voce è un po' meno ferma del previsto quando mi interrompe.
“Non pensi che sia abbastanza? Non ti sembro abbastanza morto?”
Non lo ascolto. Invece continuo a tenere la mano sul suo collo. Perché?
La pulsazione non c'è, e questo mi è ormai chiaro. Ma il contatto con la sua pelle è molto meno spiacevole di quanto mi aspettassi.
“Voglio sentire il cuore.”
“Ma che...?!” Le parole di Jordan gli muoiono in bocca, e il suo sguardo si concentra sulla mia mano che si muove, lenta, sul collo del suo corpo, sfiora le clavicole, e si ferma sul suo petto.
Rispetto a tutti gli strati di vestiario che indossa la sua versione ectoplasmica, il corpo che posso toccare indossa solo una sottile camicia bianca e un gilet, la cui tensione sul torace lascia indovinare la forma del petto. Può un morto conservare il turgore dei muscoli umani? L'imbalsamatore ha fatto un lavoro sopraffino. Lo ringrazio mentalmente e mentalmente poi lo maledico, perché, ora lo avverto, la situazione si sta facendo piuttosto ...strana. Muovo con delicatezza la mano sul lato sinistro del petto, dove dovrebbe essere il cuore. Nessun battito, com'è ovvio. Ma la mia mano è adesso interamente appoggiata. E, quel che è peggio, io non ho alcuna voglia di levarla di lì. Mi sembra insieme strano, inquietante e assurdamente affascinante stupirmi della consistenza del primo pettorale maschile che tocco nella mia intera vita, che però è il petto di un morto.
Rabbrividisco, ma non voglio classificare questo brivido.
Jordan interrompe ancora una volta il flusso dei miei pensieri, sibilando e scandendo le parole.
“Ehi! Ora basta.”
“Sei... Eri piuttosto muscoloso, Jordan.”
Ma cosa ho detto?
Lo guardo, d'istinto. Mi sento una bambina colta con le mani nella torta della nonna.
I suoi occhi si inchiodano d'improvviso ai miei, sopracciglia aggrottate: “Il mio stile di vita passato richiedeva allenamento; ho compiuto numerose fughe acrobatiche. Lo sai che ero un avventuriero. Ti serve sapere altro?”, conclude con malcelata ironia, alzando un sopracciglio.
Touchée. Non so se sentirmi colpevole, costernata, stupita o...
Come mi sto sentendo?
Perché non stacco la mano?
Il mio non è più rispetto e questo genere di curiosità è chiaramente non più accademica. Ma ciò che più mi dà conferma della situazione bizzarra è la reazione di Jordan: ha le pupille dilatate e i pugni serrati. Non guarda me, se non per un attimo. I suoi occhi sono fissi sulla mia mano che si muove, lenta, sul “suo” petto, seguendola con lo sguardo e accompagnando quello sguardo con quello che, se fosse vivo, potrebbe chiamarsi respiro affannoso.
Un attimo: cosa sta succedendo qui?
“Ancora un po'...” Sussurro, con voce troppo roca per i miei gusti. Mi pento subito dopo della mia affermazione ma osservo con uno strano, solleticante brivido gli occhi di Jordan spalancarsi ancora di più e il suo inesistente respiro fermarsi. Sostengo il suo sguardo mentre la mia mano ancora si muove su di “lui”. Un mio dito si incastra nella camicia e fa saltare un bottone all'improvviso: per qualche interminabile istante parte della mia mano è a contatto direttamente con la sua pelle. La sensazione mi provoca un turbamento che dovrebbe orripilarmi, ma non lo fa. Jordan deglutisce a vuoto, i suoi occhi ancora fissi su di me, ardenti, ed è in quel momento che entrambi capiamo cosa sta accadendo: io sto immaginando di toccare lui, e lui sta immaginando lo stesso. E l'unica cosa che stabilisce un indiretto contatto concreto tra queste due immaginazioni morbose è il suo cadavere. Io non voglio accarezzare il petto di un cadavere, naturalmente. Voglio accarezzare il petto di Jordan. Voglio accarezzare ogni parte di Jordan, a dire il vero. Questa consapevolezza mi travolge e mi porta a staccare la mano di colpo, indietreggiando. Sono affannata, sconvolta e, quel che è peggio... Il mio corpo ha reagito. Un rapido scambio di sguardi con Jordan mi conferma che lui è nella mia stessa situazione.
Brancolo nel buio, non so cosa fare. Indietreggio ancora e nascondo la mano dietro la schiena. Ecco, il modo perfetto affinché Jordan capisca che io ho capito, e che i nostri turbamenti sono identici. Ecco, nel caso avessi voluto nascondere le mie sensazioni, beh... Mi sono fatta smascherare da sola.
“Io...”
Cosa potrei dire? Voglio davvero giustificarmi o negare l'evidenza?
...Io sono attratta fisicamente da un fantasma?
...Io ho provato piacere nel toccare il corpo di un morto?
Non c'è nessuna frase che andrebbe bene in questo momento. Nessuna. É terribilmente angosciante e sbagliato. Come tutto, dal principio. Ho un moto di colpa e nausea, assurdamente mischiati con lo sconvolgimento dovuto alla comprensione che proprio Jordan e io, che ci uccideremmo volentieri a vicenda, a quanto pare proviamo desiderio l'uno per l'altra. Vittima per assassino; torturata per torturatore. É orribile a dirsi, ma è uno sconvolgimento piacevole, che resta sordo dentro, nel profondo, e si fa brivido, e ancora desiderio. E brucia.


No. Devo calmarmi.
Jordan fa due passi indietro, poi mi volta le spalle. I suoi pugni guantati di nero sono ancora serrati.
“Per oggi è abbastanza. Andiamo via.”.
Lo seguo senza una parola, quasi senza respirare.

***


Qualche ora di imbarazzato silenzio reciproco dopo, sono stesa sul mio letto illuminato da una notte di luna quasi piena. Non riesco a prendere sonno e non me ne stupisco. Mi avvolgo nelle coperte quasi per proteggermi dalle sensazioni che ho provato, come se le sentissi aleggiare beffarde intorno a me. L'immagine che evoco nella mente è talmente realistica che mi tiro le coperte su fino alla fronte e questo mi distrae da altre immagini che sto cercando disperatamente di non ricordare: il corpo di Jordan, la sensazione della sua pelle e dei muscoli del suo petto sotto la mia mano, lo sguardo di fiamma del suo fantasma su di me e il brivido che avevo provato nel sentirmi desiderata da chi, poco prima, aveva affermato di volermi torturare ed uccidere.
Non va bene per niente, Celestia.
Dovresti inorridire come farebbe chiunque ascolti questo racconto da te. Invece sei ad un passo dal desiderare di addormentarti per consentire al tuo inconscio di unire sensazioni visive e tattili e dare vita a sogni assolutamente da non incoraggiare.
Emetto un lamento soffocato da sotto le coperte e mi agito. Sfogo sul letto la mia rabbia verso me stessa preferendo non identificare quella rabbia con un sottofondo di desideri frustrati.
Ma le coperte che mi avvolgono sono fin troppo calde e le getto via con un ringhio e un nuovo galoppare di gambe.
Mi rigiro su un fianco sbuffando ad occhi serrati. Persino la luce bluastra della notte mi ferisce passando attraverso le palpebre; sono di certo girata dal lato della finestra.
Apro gli occhi... E caccio un urlo, facendo letteralmente un salto all'indietro.
Steso accanto a me, sul mio letto, c'è Jordan.

Non va bene, Celestia. Questo non va assolutamente bene.

Non dorme, naturalmente. É adagiato con le braccia incrociate dietro la testa sul cuscino accanto al mio, che, come il materasso sotto di lui, non avverte il suo peso. Eppure i suoi capelli sono sparsi tutto intorno come se vi fossero effettivamente appoggiati, in un ondeggiare rosso scuro. La luce della luna attraversa il suo corpo conferendogli una specie di sottotono luminescente azzurrino e rendendolo ancora più “fantasmatico”.
Mentre io finisco di filato nel panico più nero, lui sembra rilassato come a trovarsi nel posto dove dorme tutte le sere. Al mio grido si volta verso di me con espressione quasi seccata e si porta il dito alle labbra: “Quanto sei rumorosa! Sto cercando di pensare.”
Ed ecco di nuovo la voglia di sbattergli la testa contro il muro.
Ora che ci penso non è così irreale l'ipotesi che io l'abbia veramente fatto fuori, ai tempi.
“Che accidenti ci fai qui?! Sparisci!” Gli ringhio addosso.
“Perché?”
Persino genuino stupore, nei suoi occhi.
“Perché questa è la mia stanza, io a differenza tua ho bisogno di dormire, e...”
Alza il suo solito sopracciglio: “Ma se stavi grugnendo e ti stavi agitando sotto le lenzuola come un animale in gabbia!”
“...E di sicuro non ti voglio nel mio letto!” Concludo, ignorando la sua frase ma facendo di tutto per rendere assertiva la mia.
“Ma dai, cosa pensi potrei farti?” sbuffa Jordan, e così dicendo allunga una mano verso di me, fingendo di pizzicarmi il naso e passandomi attraverso, come sempre. Mi ritraggo, rendendo la distanza tra noi due più rassicurante. Quell'eco che avverto nella sua voce è forse frustrazione? Sospira: “Sono solo una povera anima inquieta e sono completamente innocuo.”
Mi sforzo di scoraggiare qualsiasi interpretazione collaterale delle sue parole, ripetendo a me stessa che quello che sto provando non è rimpianto all'idea di non poter essere toccata da lui.
“Potresti tentare di uccidermi nel sonno, povera anima inquieta; non è quello che desideri di più? Ebbene, io non ho nessuna voglia di facilitarti le cose.”
“Ma se non l'ho fatto finora...! Non voglio privare me stesso della soddisfazione di sentirti urlare mentre mi prendo la tua vita, o di vedere il terrore nei tuoi occhi. Ti voglio sveglia e consapevole, bambolina.”
Mi aspetto il solito ghigno sarcastico e a tratti crudele.
Invece mi fa l'occhiolino.

Non va bene, Celestia; non starai mica arrossendo, adesso? Ha appena detto che vuole ucciderti! Di nuovo!

Mi rigiro di fretta per correre ai ripari e gli volto le spalle sbuffando e bofonchiando un “Sei un idiota” abbastanza forte perché lui lo capisca. Lo sento ridacchiare.

Vorrei fosse vivo al puro scopo di dargli un calcio negli stinchi e di fargli abbastanza male.
Dopo qualche secondo vedo un suo braccio incorporeo passare sulla mia spalla: “In realtà ti ho cercato per mostrarti questo” dice la sua voce dietro di me, mentre le sue lunghe dita tracciano un rettangolo nell'aria davanti al mio viso, illuminate dall'interno da una sorta di luce sfrigolante che va a completare la forma dell'oggetto che si rivela essere una pergamena: è il potere magico di Jordan lo Stregone, che anche da morto riesce a materializzare oggetti concreti.
C'è solo da immaginare cosa quest'uomo fosse in grado di fare da vivo.
Prendo la pergamena al volo. É una mappa.
“Trattasi di un antico tracciato di tutti i percorsi segreti che si snodano nei sotterranei del castello” La sua voce alle mie spalle è più vicina di prima e sto facendo assai fatica a non pensarci: “Se li decifriamo nel giusto modo, potremmo, con l'aiuto del mio potere, arrivare non visti da Astaroth. Lui ha conquistato questo posto molto di recente rispetto alla sua fondazione e dubito che si sia affannato a cercare passaggi in quelle che ritiene umide e maleodoranti cantine.”
Mentre il mio sguardo scorre veloce sulla mappa, con la coda dell'occhio scorgo, in basso, la mano di Jordan ancora poggiata sul letto all'altezza della mia vita. Non faccio in tempo a realizzare di essere circondata da un suo braccio che sento la sua voce, stavolta, direttamente nel mio orecchio: “Non ho una magnanimità senza confini a permetterti di vendicarti del demone, prima di giustiziarti?”
La mia immaginazione mi gioca un brutto scherzo dandomi l'impressione di un inesistente respiro caldo vicino al collo, e conseguente brivido: se Jordan avesse un corpo fisico, in questo momento sarebbe quasi del tutto a contatto con la mia schiena e i miei fianchi.
Sono di nuovo sconvolta da una sensazione insopportabile di panico misto a calore. Stavolta il mio, che mi sale al viso e mi fa arrossire ancora. Faccio per rigirarmi di colpo atteggiando il braccio ad un'inutile gomitata che colpisce l'aria, e mi ritrovo nuovamente stesa sulla schiena.
Il movimento fa anche ritrovare Jordan, che essendo un fantasma non ne subisce influenze e resta dunque fermo, esattamente sopra di me: il suo petto è poggiato sul mio, i gomiti sono puntati sul materasso ai due lati della mia testa, e i suoi fianchi sono sui miei, con le sue gambe che, in un moto spontaneo anche se non sentiamo l'uno la consistenza dell'altra, si allargano accanto al mio bacino.
Naturalmente io non posso avvertire il peso di una creatura senza peso, né sentirne il profumo, né il calore. Tuttavia la vista e l'immaginazione sono di nuovo lì a tormentarmi con sensazioni confuse.
“Togliti di dosso” Gli sibilo, “Subito.”
Lui non si muove di un millimetro. Non che mi aspettassi qualcosa di diverso. Zittisco il mio subconscio che mi suggerisce il verbo “sperassi”.
Lo stregone non si sposta, ma sospira: “Ancora con questa storia? Sei tu che ti sei girata sulla schiena!”
“E tu dovresti badare allo spazio personale!”
“Che noia! Quante volte devo ricordarti che sono incorporeo? Non sarò un pericolo per la tua illibatezza.”
Arrossisco. Maledetto. Potessi, lo graffierei fino a farlo sanguinare.
“Di che parli?”
Jordan mi guarda dall’alto in basso, poi scuote la testa accennando ad una risatina esasperata.
“Diciamo che noi fantasmi abbiamo un intuito piuttosto sviluppato.” E continuando a ridacchiare si solleva sulle mani per allontanarsi. Per un momento il suo bacino resta poggiato sul mio grembo.
Il mio corpo urla la mancata sensazione di contatto che dovrebbe provare se Jordan fosse stato vivo e reale. Poi urla per la sua assenza, dato che Jordan si solleva completamente a mezz’aria, sbuffa, e scompare lasciando una scia di piccoli baluginii dorati.
Sgrido mentalmente quella parte di me stessa che avrebbe voluto ancora Jordan presente, possibilmente vicino, e magari anche sopra di me.
Divorerei il cuscino per la rabbia.
Ma perché ha dovuto accadermi tutto questo?
Perché non Lancelot, perché non il giovane cavaliere biondo, galante, coraggioso e soprattutto vivo? Sarebbe il sogno di ogni donna. Non dovrei preoccuparmi di temere i suoi sgarbi, i suoi dispetti, il suo continuo attentare alla mia vita. E non dovrei neanche preoccuparmi di ritrovarmelo addosso la notte, quand’anche lo sperassi.
In un possibile, meraviglioso mondo alternativo, io e Lancelot staremmo scappando insieme verso la salvezza, lui a spada sguainata contro i ghoul, e io con l’unica preoccupazione di tenermi le sottane per correre più veloce.
Invece no.

Lancelot è disperso e occupato a cercare anche lui la Breccia nel Castello, questo maniero/trappola che ci vincola a sé in modi e per motivi che non comprendiamo ancora. E Lancelot non ha lasciato dentro me nessuna traccia, se non la speranza d’un possibile alleato nella fuga.

Mi sfianca dover provare tutte queste sensazioni contrastanti. Dovrei essere ad una finestra, a casa mia, circondata dai miei cari, a sfogliare margherite per qualche prode eroe dall’armatura scintillante e i modi gentili. Invece sono in un castello conquistato da un demone, mi ci sono risvegliata dopo un inspiegabile sonno di secoli, e a quanto pare il mondo che conoscevo è stato distrutto. Probabilmente c’è stata una battaglia quando Astaroth ha preso il controllo del territorio, e i miei genitori sono stati uccisi. Così anche i miei amici. Non ho nessuno, non so più se la mia casa esista ancora. L’unico cavaliere in armatura scintillante è un poveraccio che condivide la mia sorte ed ha quasi perso il senno nel cercare di liberarsene.
E io son qui, sola, senza poteri magici né la capacità di brandire una spada, con Noah che appare e scompare ma che sembra disinteressarsi delle vicende come tutti i maghi. Con Roy dallo sguardo dolce, muto, mellifluo, che sembra ogni tanto preoccuparsi di me ma in quanto servitore di Astaroth non mi risulterebbe affidabile neanche nel sonno.
E con Jordan. La mia unica compagnia in questo destino infausto. Mi hanno lasciato in balia di Jordan. Del fantasma psicopatico, vendicativo e sexy dell’uomo che ho ucciso.
Lo stregone cattivo, non il buon cavaliere. Lo stregone fantasma che vuole uccidermi.
E di cui io mi sto…?
Talmente devastante è questa improvvisa presa di coscienza, che sono spaventata e addirittura disgustata da me stessa. Cos’ho che non va? Non dovrebbe andare così.

Penso parole che non riesco a dire, e dopo minuti di afasia non riesco a far altro che liberare un urlo lungo, terribile, e poi chiudere gli occhi, sfinita, fino al mattino.

Ti temo e mi disgusti, Jordan.

E tuttavia, io ti amo.

 

 

 

  
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