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Autore: Ofeliet    17/12/2019    1 recensioni
Tutto sommato quando viene trasferito all'ambasciata di Roma Ludwig si scopre a non protestare in alcuna maniera, e dopo una settimana ha già il biglietto aereo in mano. Una nuova vita lontano da casa in un condominio forse un po' troppo fuori dalle righe, un ambiente completamente diverso, tutto stravolgeva i suoi piani.
Ma, nonostante tutto, si era innamorato.
{ GerIta | HumanAU }
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Feliciano non apre bocca, e sembra non voler dire niente.
« So che- »
« No, non lo sai. » il suo tono è gelido, ed è la prima volta che lo percepisce in quella maniera. « Non capisco perché ne stai parlando. »
Nemmeno lui sa il perché. In realtà non ha tutta la situazione chiara davanti a sé, e forse Feliciano ha i suoi motivi per non voler accettare quel lavoro, e lui in effetti non è nessuno per metterci bocca in qualche modo.
« Penso che se Kiku stia insistendo sulla questione, questa sia importante. » Feliciano assottiglia gli occhi, ma non replica. « Certo non so il motivo per cui sei così mal disposto, ma credo che servirebbe almeno una spiegazione. »
L’uomo accanto a lui sospira, gli appare improvvisamente più stanco o almeno più abbattuto.
« Vuoi sapere perché? » il suo tono è piatto, improvvisamente tranquillo. Non sembra nemmeno voler attendere una sua risposta. « Ho davanti probabilmente l’occasione più grande della mia vita. E non dovrei tergiversarci sopra, eppure lo sto facendo. »
« Cosa intendi? »
« Mi hanno offerto la restaurazione degli affreschi di palazzo Borromeo. » lui non capisce, e si trova a guardarlo confuso.
« Dovresti accettare una simile possibilità, non fartela sfuggire. » l’uomo di fronte a lui sembra improvvisamente farsi di cristallo. Feliciano trema, stringe le mani nei pugni e si alza in piedi. I suoi occhi si riempiono di lacrime, anche se cerca di scacciarle con una certa foga. Non capisce perché sia così, non trova una spiegazione.
« É la tua ultima parola? » gli chiede, la voce tremante. Lui non sa cosa dire, non sa quale sia la risposta migliore da dare in una simile situazione.
«Credo che sia la cosa migliore per la tua carriera. » replica, e a quelle parole le lacrime prendono a scorrere sulle guance dell’altro uomo. Si sente improvvisamente in colpa, perché ha causato quelle lacrime anche se non ne conosce la ragione. Si tende verso Feliciano, ma questo indietreggia di un passo, togliendosi dalla sua vicinanza. Ludwig lo osserva asciugarsi le lacrime, e desidera toccarlo, per quanto sa che Feliciano non glielo permetterebbe.
« Quindi ti va bene che io vada a Milano. » qualcosa in lui si ferma.
« Cosa intendi? »
« Il mio lavoro, Ludwig. É a Milano. Dovrei iniziarlo a settembre. » qualcosa in lui vacilla. Rimaneva convinto del fatto che Feliciano doveva accettare l’opportunità, fare un passo avanti nella sua carriera, ma l’improvvisa distanza che si sarebbe creata tra di loro sarebbe stata come una voragine. Non sapeva a quale lato di sé dare ragione, quello razionale o quello innamorato. Si percepisce a boccheggiare, non trovando niente da dire, e Feliciano assottiglia il proprio sguardo, voltandogli le spalle e andandosene.
Lui rimane seduto lì, a fissare il vuoto.
Non aveva idea di quale fosse la cosa più giusta da fare. Non poteva avere entrambe le cose, ma non voleva nemmeno che tutto finisse in quella maniera. Non aveva idea se doveva incoraggiare Feliciano o chiedergli di rimanere. Rimanere, poi.
Certo avevano una relazione, ma non aveva un ego talmente smisurato da chiedere all’altro di lasciar perdere una tale opportunità per lui. No, non avrebbe mai avuto il coraggio di farlo anche se lo avesse desiderato con tutto se stesso.

« É da un po’ di giorni che non vedo Feliciano. » dice Gilbert durante la cena. Lui lo guarda di traverso, ma non riesce ad ottenere alcun effetto sul fratello. « Avete litigato? » lui rimane silente in cerca delle parole giuste.
« Più o meno. »
« Certo che se litigate già adesso la vedo dura per il futuro. » lui lancia un’altra occhiata al fratello, ma nuovamente niente sembra fare alcun effetto su di lui. « Gli hai almeno chiesto scusa? »
« Non credo di aver detto qualcosa che necessita di scuse. »
« Io non ci credo che la tua relazione sia durata quattro anni. » replica Gilbert. « Bisogna sempre chiedere scusa, sono le basi! »
« Gilbert, tu a livello di relazioni sei peggio di me, non voglio le tue lezioni a riguardo. » l’altro si acciglia, guardandolo.
« Non c’è alcun bisogno di essere così cattivo, West. » lui sospira, tentando di sciogliere la tensione che albergava nel suo corpo.
« Scusami, sono un po’ nervoso. »
« No, ora sono profondamente offeso e l’unico modo per farti perdonare è cedermi la tua fetta di dolce la prossima volta che ne mangiamo uno. » Ludwig sorride, contento che almeno il fratello non l’avesse presa troppo a cuore. « Comunque credo che tu e Feliciano dovreste parlarne, è un peccato che lasciate naufragare una rapporto così. Rimanete almeno amici, così io avrò una possibilità con lui. O con il fratello, mi va bene uguale. » lui gli scocca un’occhiata confusa e divertita insieme, ma Gilbert poi ride per celebrarsi e lascia cadere completamente la cosa.
Di certo avrebbe dovuto parlarne con Feliciano, ma questi sembrava non volerlo vedere. Non gli dava torto, era stato lui stesso a sacrificare il loro eventuale rapporto in favore del lavoro. Aveva tutta la ragione di essere arrabbiato con lui, ma più passavano le ore e più trovava soffocante il silenzio che percepiva dall’altro. Desiderava tornare a parlare con lui, a trascorrere il tempo insieme, a passare le giornate a fare niente come prima. Non sapeva se poteva ancora chiedergli una cosa simile oppure se Feliciano considerasse il loro rapporto come completamente chiuso.
« Non credo vorrà vedermi più. » dice all’improvviso, cogliendo l’attenzione di Gilbert. L’uomo lo guarda, abbassando anche la testa per guardarlo meglio.
« Ora non esagerare West. »
« Sono serio. » Gilbert rimane in silenzio, e anche lui non sa cosa aggiungere.
« Io scherzavo, prima, non ci proverei mai con lui. » Ludwig si percepisce a sorridere in maniera amara. « La situazione è davvero così grave o sei nuovamente tu che ti stai facendo condizionare dalla situazione? »
« Non lo so. » ammette. Gilbert gli appoggia una mano sulla spalla.
« Prima finiamo di cenare e poi ne parliamo. » gli dice, finendo in fretta il proprio piatto e lavando tutto alla velocità della luce. Gilbert sapeva essere un fratello maturo e premuroso, quando ne aveva voglia. Ludwig si fa spingere fino al divano, si fa mettere in mano un cuscino e guarda il fratello sedersi accanto, in attesa.
« Non so da dove iniziare. »
« Partiamo dal fatto che Feliciano è arrabbiato con te, e per me ha pure ragione ad esserlo. » lui inarca un sopracciglio, chiedendosi da quale parte stia Gilbert, ma lascia perdere.
« Ha ricevuto una proposta di lavoro, a Milano, e io gli ho detto che dovrebbe accettarla. »
« Spero tu l’abbia detto prima di sapere dove andasse. »
« Anche. »
« Che cosa significa “anche”, West? » lui fa una pausa, abbassando lo sguardo.
« Che l’ho ripetuto anche una volta saputo il luogo. » Gilbert si batte la fronte con la mano.
« West! » esclama. « Ma cosa ti diceva il cervello! Non bisogna mai, mai, mettere il lavoro davanti alla relazione. Sono le basi. » lui gli lancia un’occhiata confusa.
« Ma è un’ottima esperienza per la sua carriera. »
« Ma fanculo la carriera, West. Voi due avete una relazione da quanto, due settimane? Se hai una reazione significa solo due cose. » Gilbert fa una pausa ad effetto e lui si trova a sporgersi in attesa. « Che sei completamente indifferente al vostro rapporto o sei così fiducioso di esso che pensi possa funzionare anche a distanza. E vi frequentate davvero poco perché la seconda regga, quindi ovviamente lui ha pensato alla prima. »
« Ma non è così. »
« Ah no? Insomma, West, sii realista. Che intenzioni avevi per voi due? » non ha una risposta a tale domanda. Certo Feliciano gli piaceva, e c’era sempre il retrogusto della loro infanzia, ma si conoscevano davvero da così poco da non avere alcuna certezza. Voleva che lui avesse pieno successo e soddisfazione nella sua vita lavorativa, e avrebbe fatto di tutto per aiutarlo in qualche modo, ma che sicurezza aveva nel pensare che un loro rapporto potesse durare, e chiedersi quanto a lungo sarebbe rimasto. Non aveva alcuna risposta da dare alla domanda di Feliciano. Non voleva che se ne andasse lontano ma sapeva che era necessario.
Gilbert lo guarda. « Prima trova una risposta a questa domanda, West. E poi agisci di conseguenza. » lui abbozza un sorriso. « Questo è il massimo dell’aiuto che potrò darti, dato che la settimana prossima torno a casa. »
« Cosa? »
« Non te l’ho detto? »
« Non mi dici mai quando te ne vai, Gilbert. »
« Ora lo sai. » risponde lui, sorridendo alla solita maniera. Non voleva che Gilbert se ne andasse, ma sapeva di non poterlo costringere a rimanere in qualche modo. Sarebbe rimasto nuovamente da solo. « Ma non sentirti triste, perché anche se andrà male il tuo meraviglioso fratello ti farà vivere il miglior oktoberfest dell’ultimo decennio. »
Ludwig si scopre a sorridere, e annuisce.

Alla fine Gilbert era riuscito a convincere la coppia del piano di sopra ad organizzare una serata prima che partisse. Non riusciva a spiegarsi il perché il fratello, nonostante andasse d’accordo con tutt’altra gente, insistesse ad avere la loro compagnia. Le sue beghe con Elizaveta erano al pari di una leggenda, eppure ogni anno Gilbert non rinunciava a farle perdere la pazienza almeno una volta. Quest’anno sperava fosse diverso.
In effetti la donna aveva accettato di organizzare una cena per quattro – “Volevo dire cinque ma i tuoi rapporti sono più tesi dei nervi di quello che sta al piano di sotto West” – e li aveva addirittura invitati in casa propria. Aveva pensato che Gilbert le avesse detto che fosse prossimo alla morte per ricevere un simile trattamento.
Nonostante questo erano arrivati a metà serata relativamente tranquilli e piuttosto sbronzi, sempre lode alla madre di Roderich che mandava loro birra germanica.
« E quindi gli ho detto, suonerò quello che mi pare! » esclama Roderich. Lui non aveva ascoltato la discussione, la sua mente era divagata sul lavoro, ma cercava almeno di fingersi presente.
« Ben detto, io avrei anche lanciato in aria lo spartito per rafforzare il concetto! » esclama Gilbert. Roderich alza il braccio, puntando l’indice nella sua direzione.
« Giusto, la prossima volta farò proprio così. »
« Roderich no. » aggiunge Elizaveta, che si era completamente rilassata sul divano. L’atmosfera era completamente diversa da quando era stato lì con Feliciano. La sua mente tornava sempre all’altro uomo, anche se cercava di non pensarci più del dovuto. C’era un teso silenzio tra di loro, e lui non riusciva a spezzarlo in alcuna maniera. Non si sentiva completamente nel torto, non c’era alcuna malizia o cattiveria nelle sue parole.
« E invece ti dico che questo qui ha delle ottime idee. » aggiunge Roderich. « Inizierò a portarmelo alle prove. »
L’idea di Gilbert nel bel mezzo di un ambiente classico come un concerto era un’immagine paragonabile a quella di un elefante in una cristalleria. Un disastro annunciato.
« Non vedo l’ora! » esclama Gilbert, scattando in piedi e scatenando l’ilarità di Elizaveta.
« Sì, certo, voi due insieme. » aggiunge, tenendosi la pancia mentre cercava di non far traboccare la birra dal proprio bicchiere. « Se proprio devo mandare qualcuno insieme a Roderich probabilmente chiederei a Feliciano. »
Lui si irrigidisce, cercando di non darlo troppo a vedere. « A proposito, Ludwig, come sta? » lui chiude gli occhi, cercando di metabolizzare la domanda. Non ne ha la più pallida idea. Non glielo ha chiesto, e Feliciano sicuramente non glielo avrebbe detto.
« Feliciano sta benissimo! » esclama quindi Gilbert, tornando a sedersi. « Anche se mi ferisce che preferisci lui a me. »
« Chiunque è preferibile a te, Gilbert. » dice la donna.
« Sei cattiva! » esclama l’uomo, portandosi la mano al cuore con fare tragico. Tutti ridono, e Ludwig è grato che l’attenzione sia scivolata via da lui. Non sa nemmeno se può dire di avere ancora una relazione con Feliciano, a questo punto.
La serata termina in maniera calma, e per fortuna l’argomento di Feliciano non viene più ripreso. Ludwig cerca di aiutare Elizaveta a rimettere in ordine, ma lei lo liquida con un gesto, rimandando la cosa al giorno successivo. Gilbert sembra essere meno ubriaco di lui, mentre si percepisce dondolare sulle proprie gambe, confuso dal loro movimento. Sente la donna salutarli entrambi, e una volta fuori dall’appartamento davanti a loro si stagliano le scale. Bere così tanto non gli è sembrata una buona idea.
Gilbert lo precede, mentre lui si siede sugli scalini, massaggiandosi una tempia.
« West? »
« Prendi le chiavi e vai avanti, quando la testa smette di girarmi ti raggiungo. »
« Ok, ti lascio la porta aperta. » la sua mente continua a girare, piena di pensieri e di alcol. Non doveva bere così tanto, ne era consapevole, ma per una volta ne sentiva davvero il bisogno. Non sapeva dire se beveva per pensare a Feliciano o per dimenticarlo, ma era certo che qualsiasi fosse il caso il suo metodo non stava funzionando. Non ha idea di quanto rimanga seduto lì, ma finalmente il cerchio alla testa si allenta, permettendogli di tornare in piedi e a tentare di scendere le scale. Il suo percorso è tortuoso, ma scalino dopo scalino riesce finalmente a portarsi fino al proprio piano.
Una volta messo piede sulla superficie liscia, però, sente dei passi venire nell’altra direzione. Il suo cuore spera si tratti di Francis, o di Antonio che in realtà non se n’era mai andato, in una simile situazione avrebbe persino preferito avere a che fare con un Romolo tornato tra i viventi. Invece si sbagliava, e si trova davanti entrambi i fratelli. Non riesce ad alzare lo sguardo, tiene una mano sul muro per non cadere, ma non riesce ad accennare nemmeno un saluto.
« Se ora sviene io non lo porto dentro. » dice uno, è la voce di Lovino. Lui alza lo sguardo, notando che Gilbert gli ha lasciato la porta aperta. Non sono molti passi, eppure nota anche un paio di scarpe farsi più vicine.
« Ludwig, tutto bene? » era Feliciano, ovviamente era lui. « Sei ubriaco? »
« Un po’. » ammette, sentendo le sue mani sul viso. Feliciano gli prende il volto, costringendolo a guardarlo negli occhi.
« Gilbert dov’è? »
« Dentro. » Feliciano sospira, togliendo le mani, e lui non fa in tempo ad afferrarle per tenerle vicine a sé. Ora che lo ha così vicino, ammette pienamente a se stesso che Feliciano gli manca. Non l’ha visto per diversi giorni e abitava a un passo di distanza, l’idea di saperlo lontano migliaia di kilometri non era per niente sopportabile. Avrebbe dovuto dirglielo, ma la sua bocca sembrava impastata.
« Entra in casa Lovino, cinque minuti e ti raggiungo. » l’altro uomo emette un verso di fastidio, ma non replica e Ludwig sente una porta chiudersi. Feliciano è ancora davanti a lui, lo prende per i fianchi e lo guida gentilmente dentro casa. Lui si lascia condurre improvvisamente docile.
Gilbert era crollato sul divano. Dovrebbe portargli una coperta, ma non riesce ad esprimere la sua intenzione. Sente nuovamente le mani di Feliciano su di sé, si sente spingere gentilmente verso la camera da letto. Si gira febbrilmente in direzione del fratello, ma non riesce a parlare.
« Porterò una coperta a Gilbert, dopo. » dice allora Feliciano, che sembrava aver intuito la sua apprensione. « Ma ora bisogna pensare a te, Ludwig. » si trova a dargli ragione, e si fa sistemare sul letto. Il viso di Feliciano è nella penombra, non riesce a vederlo, ma allunga ugualmente una mano per cercare di toccarlo. Stranamente riesce nel suo intento. La pelle del suo viso è più fresca della propria. La mano di Feliciano è sulla sua.
« Ludwig? »
Vorrebbe dirgli di rimanere. Dirgli che vorrebbe che lui rimanesse, che non se ne andasse, che la loro relazione aveva molto più valore del lavoro, ma ogni suono nella sua gola rimane incastrato, e non riesce ad uscire. Si butta all’indietro, frustrato, e si sente la morbidezza del letto sotto di sé. Il sonno lo afferra subito dopo.

« Sei sicuro di aver preso tutto? »
« Sì, West, l’ho fatto. » lui alza gli occhi al cielo, sicuro che una volta tornato a casa avrebbe trovato qualcosa che apparteneva a Gilbert che avrebbe dovuto mettere in valigia quando sarebbe tornato in ottobre.
Alla fine era arrivato il giorno della partenza di Gilbert. Per quanto ne sapeva aveva speso l’ultima sera da Francis, collegati con Antonio, come ormai erano soliti fare da tre anni. La mattina poi era andato a trovare i due fratelli della porta accanto, e nonostante le reticenze di Lovino nel vederlo lì, era rimasto dentro piuttosto a lungo.
Quando era tornato dentro aveva un’aria piuttosto seria, ma non gli aveva riferito niente di particolare, e insieme avevano preso la via dell’aeroporto. Era un miracolo che, per una volta, Gilbert fosse riuscito a prenotare un volo in un orario che non li avrebbe costretti a dormire sulle panchine di Fiumicino.
« Non dovresti essere così ansioso, abbraccerò i nostri cani anche per conto tuo. » lui si scopre a sorridere, dando una pacca sulla spalla del fratello.
« Ci conto. » Gilbert allora lo abbraccia, stringendolo forte a sé.
« Ho fatto il possibile per te, West. Ora tocca a te. »
« Cosa intendi dire? » il fratello non gli risponde, prendendo invece la via del gate, salutandolo. Lui rimane lì fermo, e solo dopo essersi assicurato che il fratello ha passato i controlli senza alcun intoppo prende la via di casa. Ora che anche Gilbert era partito, il silenzio sarebbe stato molto più pressante.
Con calma riprende la strada di casa, anche se controvoglia. Gli sembra improvvisamente vuota e per niente accogliente. Una volta dentro fa le scale a fatica, come se ai suoi piedi ci fossero macigni. Davanti alla porta rimane immobile per qualche momento, prima di prendere le chiavi. Ogni volta che il fratello ripartiva si sentiva invaso di nostalgia.
« Ludwig? »
Si volta di scatto, trovando Feliciano davanti a sé.
« Ciao. »
« Ciao. » nuovamente il silenzio, non crede di riuscire a sopportarlo a lungo. « Possiamo parlare? » con un cenno lui lo spinge a proseguire, ma Feliciano abbassa lo sguardo. « Preferirei farlo in un luogo più tranquillo. »
Lui annuisce, aprendo quindi la porta di casa ed entrando. Aveva una vaga idea di cosa Feliciano volesse dirgli, e più i secondi passavano più lo temeva. Era deteriorante. Una volta chiusa la porta dietro di sé era come se un macigno si fosse piazzato tra le sue costole. Feliciano non si siede sul divano come fa suo solito, ma rimane accanto alla porta, come se fosse pronto a fuggire alla prima occasione. Lui sente la gola secca, deglutisce a fatica, e rimane in attesa. Non voleva essere lui quello che poneva fine a tutto.
Osserva Feliciano tergiversare, spostare il suo corpo da una gamba all’altra, probabilmente in cerca delle parole più giuste. Non sembrava averne.
« Non voglio prendere il tuo tempo più di quanto io non abbia già fatto. » gli dice, e lui annuisce, guardandolo negli occhi. « Io ho accettato il lavoro a Milano. »
Ogni parola che dice si conficca nella sua mente, ogni lettera è come un ago che gli procura dolore. « Capisco. » in realtà non lo capiva, ma non trovava niente di giusto da dirgli. Non c’era niente che poteva dirgli, ora che la decisione era stata presa. Non poteva fare più niente.
« Mi prenderà probabilmente fino a dicembre. » aggiunge quindi Feliciano. « Non so cosa farò dopo, ma non credo tornerò qui a Roma. »
Avrebbe voluto dirgli di non aggiungere altro, ma voleva comunque che Feliciano gli parlasse di nuovo, anche solo per ferirlo. « In realtà non so nemmeno perché ti sto dicendo questo. Forse ti renderà felice. »
Non lo rendeva felice, nemmeno un po’. Voleva stringerlo a sé e non lasciarlo partire, e il non poterlo fare lo faceva in tanti piccoli pezzi. Feliciano stava disegnando con la sua stessa mano una voragine insormontabile tra di loro, e lui non stava facendo niente per fermarlo.
« Spero… » si ferma, un lungo sospiro esce dai suoi polmoni. « Spero tu riesca ad esserne soddisfatto. »
« Non credo lo sarò. » Feliciano fa una pausa, passandosi una mano sul viso. « Io ero disposto a rinunciare a questa opportunità, ma ti ringrazio per avermi dato una spinta nella giusta direzione. »
« Non devi ringraziare me. » Feliciano emette una lieve risata, con un tono più amaro del solito.
« Perché? Io ero disposto a rinunciare per stare con te. Io volevo stare con te, anche se significava perdere l’occasione di una vita. »
Una simile dichiarazione lo colpisce, lasciandolo senza fiato. « Feliciano, ascolta- »
« No, ti ho già ascoltato Ludwig. » lo ferma l’altro, avvicinandosi. « Avrei preferito che la mia partenza fosse più felice, ma credo dovrò accontentarmi di questo. »
A grandi passi Feliciano sia avvicina, prendendogli il viso e alzandosi in punta di piedi. Il bacio che si scambiano è sinceramente disperato. Lui lo prende per i fianchi, stringendolo a sé nella speranza di non farlo più andare via. Lo sa che non può. Può solo baciare le labbra di Feliciano, in un ultimo bacio disperato, salato e amaro.
Feliciano allora si stacca, lo guarda negli occhi. Sembra essere in attesa di qualcosa, ma lui non sa cosa dire e probabilmente l’altro non sa cosa vuole ricevere. Gli si avvicina di nuovo, tenendogli in viso e appoggiando la propria fronte contro la sua. Ludwig percepisce il suo profumo, accarezza piano la curva dei suoi fianchi, cerca di imprimere nella sua mente ogni dettaglio dell’altro. Non sa se ne avrà ancora l’occasione.
Lentamente Feliciano si stacca, e lui lo lascia andare. Non si dicono più niente, e lui lo osserva aprire la porta e andarsene. Non può fare niente per fermare lui o le proprie lacrime.
Era una relazione da considerare finita.
Ne era consapevole.
Forse un giorno, in futuro, ci avrebbe ripensato e alla sua mente sarebbero riaffiorati i ricordi felici del tempo passato insieme. Lo avrebbe ricordato come un amore estivo, una figura che lentamente sarebbe stata sbiadita e idealizzata. Un giorno non avrebbe avuto desiderio di piangere nel pensarci, nel reprimere il desiderio di correre da Feliciano e gettarsi alle sue ginocchia, chiedendogli di non partire.
Ma lui lo sapeva. Non era nessuno, non poteva di certo pretendere chissà che cosa. Feliciano era una persona libera, da lui e da chiunque altro. Rinchiuderlo in una gabbia, anche se d’amore, non gli avrebbe fatto bene.
Anche se lui lo amava, o forse non aveva mai smesso di amarlo da quel pomeriggio assolato di vent’anni prima. Non lo sapeva, l’unica certezza che aveva era che Feliciano non era più con lui e non ci poteva fare più niente. Le loro strade sembravano essere destinate a essere separate, non importava quanto tentasse di riunirle.
Con una certa stanchezza si passa una mano sul viso, cercando di asciugare le ultime lacrime che solcavano il suo viso. Lui amava Feliciano, ma ormai sembrava essere troppo tardi per dirglielo.

   
 
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