Scritta
per il Winter Contest – All I Want is… indetto
dalla
pagina facebook Axis Powers Hetalia - Italian Fans.
Titolo:
Di pasticcini, torte e rametti di vischio
Prompt:
prompt 12 “tema libero”
Personaggi:
-principali:
Abel Jansen/Paesi Bassi, Carlos Fernandez Carriedo/Portogallo;
-secondari:
Elizabeta Hédérvary/Ungheria;
-menzionati:
Lovino Vargas/Sud Italia, Feliciano
Vargas/Nord Italia, Antonio Fernandez Carriedo/Spagna, Francis
Bonnefoy/Francia,
Toris Laurinatis/Lituania, Mathias Kohler/Danimarca, Ludwig
Beilschmidt/Germania,
Gilbert Beilschmidt/Prussia
-accennati:
Arthur Kirkland/Inghilterra, Lukas
Bondevik/Norvegia
Coppia:
NedPort, accennate GerIta, FrUk e DenNor
Note:
questa volta ho deciso di
cambiare totalmente coppia, cimentandomi con due personaggi poco
popolari nel
fandom di APH. Piccola nota: essendo personaggi che compaiono poco, non
si ha
un carattere definito dei due, io inserisco lo stesso l’OOC,
però avverto.
Buona
lettura.
DI
PASTICCINI, TORTE E RAMETTI
DI VISCHIO
Era la
mattina del 23 dicembre e, quel giorno, la famosa pasticceria
fiorentina La
Divina Commedia era piena zeppa di clienti, che per cercare
all'ultimo il
dolce per il cenone, chi per un vassoio di paste per festeggiare sul
posto di
lavoro. Abel, ragazzo olandese di ventisette anni, di fronte a tutta
quella
folla, sbuffò, conscio del grande lavoro che lo attendeva
fino all'orario di
chiusura. Tuttavia, ringraziò mentalmente il distributore di
numeri all'entrata
del negozio: l'idea era venuta a Elizabeta, la ragazza ungherese del
banco
caffetteria, quando, un paio di anni prima, si erano resi conto che,
con la
mole di gente che si presentava nel negozio, ea difficile gestire le
cose.
Abel si era
ritrovato a lavorare lì cinque anni prima quando, appena
arrivato in Italia, si
era messo in cerca di un lavoro per pagare la stanza che aveva
prenotato in un
ostello. Quindi, con un italiano un po' sbilenco, aveva trovato lavoro
nella
pasticceria, che aveva scoperto tra l'altro appartenere ad un vecchio
amico di
sua sorella, un certo Feliciano che, a detta di sua sorella Belle, era
una
delle “persone migliori di questo mondo”.
Così si ritrovò a lavorare come
cameriere insieme a Toris, lituano del banco gelateria, Lovino,
fratello
maggiore di Feliciano che si occupava della parte economica (che
parlava più in
napoletano che in fiorentino, vista la sua grande permanenza nel
Meridione) e
Antonio, Francis e Mathias, rispettivamente uno spagnolo, un francese e
un
danese che si occupavano della preparazione dei dolci e che avevano in
comune
il fatto di essere fidanzati con tre scorbutici, il primo con Lovino,
il secondo
con un inglese dalle sopracciglia spropositate e il terzo con un
norvegese
platinato. Come si fossero ritrovate così tante persone di
nazionalità diverse
a lavorare insieme era un mistero per la maggior parte dei clienti,
anche se a
loro andava bene così: come venivano definiti, erano un
“gruppo insolito, ma
efficace”. Abel si ricordava ancora la prima impressione che
aveva avuto della
pasticceria: il grande bancone Pasticceria al centro, che dava mostra
di paste
e dolci di ogni tipo; sulla destra, il banco Gelateria esibiva fiero il
grande
assortimento di gusti, passando da quelli più semplici, come
fragola o
cioccolato, a quelli più complessi come la zuppa inglese; a
sinistra, il banco
Caffetteria era pieno di biscotti, brioches e fette di torta; e ancora
le
pareti azzurro cielo, con su dipinte alcune delle scene più
famose del poema
dantesco (che Abel aveva scoperto essere stato Feliciano a dipingerle)
e le
terzine più significative, i colori dei tre banconi che
richiamavano le tre
cantiche (rosso per la pasticceria, blu per la gelateria e bianco per
la
caffetteria). Nonostante il suo giudizio iniziale, si era ritrovato a
cambiare
la sua opinione. Alla fine, aveva finito per adorare quel posto e la
gente che
ci lavorava, anche se non avrebbe mai avuto il coraggio per ammetterlo.
Abel si
voltò ad osservare i suoi clienti: Toris stava servendo un
paio di bambini che,
con le mani incollate al vetro (a quella vista storse il naso, visto
che
toccava a lui pulire quella sera), elencavano i gusti al ragazzo;
Feliciano
aiutava un paio di vecchiette arzille a scegliere il vassoio dei dolci
per il
pranzo di famiglia, mentre Lovino cercava di non perdere la pazienza
con un
paio di americani, che sembravano non capire la differenza tra un
Babà e un
Bacio di Dama. Infine, vide lui: Carlos Fernandez
Carriedo, fratello
maggiore di Antonio che aveva vissuto in Portogallo tanto da prenderne
l'accento, stava servendo un gruppo di ragazzine, che ridacchiavano non
appena
il moro sorrideva loro. Difronte a quella scena, sbuffò:
aveva conosciuto
Carlos il suo primo giorno di lavoro. Prendendolo subito in simpatia e
informatosi sulla sua situazione, lo spagnolo/portoghese si era offerto
di
ospitarlo, sostenendo che fosse meglio che vivere in uno squallido
ostello.
Tuttavia, la convivenza non si era rivelata delle migliori: Abel aveva
subito
odiato le tendenze del moro a fare casino o a lasciare i suoi vestiti e
le sue
cose in disordine. Lui era abituato alla pace e alla
tranquillità, alla casa in
ordine, al silenzio quasi disumano. I primi mesi si erano rivelati un
incubo
per entrambi, per poi migliorare andando avanti con la convivenza,
mettendo
regole e paletti che entrambi seguivano e che permettevano la pace.
Tuttavia,
le cose cambiarono due mesi dopo tornati da una serata abbastanza
“movimentata”
insieme ad Antonio, Francis e Mathias, Abel si era ritrovato a
trascinare un Carlos
visibilmente ubriaco fradicio su per le scale del condominio dove
abitavano.
Una volta entrati nel loro appartamento, il finto spagnolo gli era
saltato
addosso per poi baciarlo: Abel era rimasto fermo a realizzare la cosa
ma, non
appena aveva sentito le mani del moro sulla sua cintura, aveva fatto di
tutto per
allontanarlo, finché l’altro non aveva ceduto
addormentandosi sul divano. Il
giorno dopo, Carlos si era completamente dimenticato
dell’accaduto e Abel non
aveva la minima intenzione di ricordarglielo, ancora troppo
imbarazzato. Con il
passare dei giorni, Abel aveva cercato di non pensare a ciò
che era successo,
senza però riuscirci: si era accorto di cercare sempre
Carlos con lo sguardo,
di aspettarlo con ansia la sera quando il moro rimaneva a fare la
chiusura al
lavoro, oppure di arrossire non appena l’altro gli sorrideva.
Preso dai suoi
tormenti interiori, aveva cercato aiuto nella persona che gli sembrava
più
adatta: Elizabeta. Sfortunatamente per lui, quando ne aveva parlato con
lei, l’ungherese
era scoppiata a ridere e, di fronte all’espressione stizzita
dell’olandese, aveva
riso ancora di più.
“Non devi farne una
tragedia, ti sei solo innamorato!” aveva
risposto la ragazza. Ma Abel eccome se era preoccupato: non si era mai
innamorato,
aveva avuto qualche storiella ogni tanto, ma mai una relazione seria.
Aveva cercato
di ignorare quello che Elizabeta gli aveva detto ma, andando avanti,
quella
sensazione che provava ogni volta che il suo sguardo incrociava quello
di Carlos
era cresciuta senza che lui potesse farci niente.
Un leggero
colpo sul braccio lo distolse dai suoi pensieri. Si girò
verso Elizabeta, che
lo guardava ridacchiando.
-Se continui a guardarlo
così tanto lo sciupi.- disse lei e
Abel arrossì furiosamente, tornando poi a lavorare a sguardo
basso, cercando di
non fissare ancora Carlos.
Dopo otto ore
di urla, chiasso e una quasi rissa scoppiata tra Lovino e un signore
che aveva
osato dire che “i dolci italiani non sono poi così
buoni”, Abel si ritrovò da
solo a fare le ultime pulizie al negozio. Feliciano, che di solito si
fermava
ad aiutare fino all’ultimo, era dovuto scappare, in quanto
Ludwig, il suo
ragazzo e il fratello Gilbert stavano arrivando dalla Germania per il
pranzo
della Viglia che avrebbero fatto tutti insieme il giorno dopo.
Così, Abel rimase
a pulire il negozio da solo: non aveva la minima voglia di ritornare a
casa da
Carlos, che di sicuro lo avrebbe accolto con un sorriso e un caloroso
abbraccio,
quindi cercò il più possibile di sistemare
lentamente. Verso le dieci e mezza,
tre ore dopo la chiusura, l’olandese decise che era arrivato
il momento di
tornare a casa: probabilmente, notando l’ora tarda, Carlos
aveva già mangiato
ed era andato a letto, lasciando al biondo
l’opportunità di non incontrarlo.
Tuttavia, il destino ovviamente aveva altri piani per Abel.
Uscito dal negozio,
stava per chiudere la porta, quando si sentì prendere per il
braccio sinistro e
tirare indietro. Alzò il braccio destro per tirare un pugno
al suo assalitore,
ma si fermò in tempo appena si rese conto di chi aveva di
fronte: Carlos lo
osservava sorridendo, lo sguardo carico di dolcezza e le guance rosse
per il
freddo.
-Per tutti i mulini, sei
impazzito?! Potevo colpirti e farti
male!- a quella frase, il sorriso di Carlos si allargò
ancora di più.
-Ti conosco e so che non lo
avresti mai fatto.- il tono serio
del moro lo fece arrossire. Notò che l’altro
ragazzo gli era estremamente
vicino e, istintivamente, indietreggiò.
Sfortunatamente, non aveva fatto conto della porta dietro
di lui.
-Che diavolo ci fai qui?-
domandò e sperò che l’altro non
notasse il tremolio nella sua voce.
-Ero preoccupato, non tornavi
più a casa e avevo paura ti
fosse successo qualcosa…- nel vedere il sorriso di Carlos
sparire pian piano,
Abel si sentì un po’ in colpa, in quanto non si
aspettava che lo spagnolo
reagisse così.-
-Oh guarda, il vischio!- alle
parole del moro, l’olandese
alzò lo sguardo, riconoscendo il rametto che Elizabeta aveva
voluto appendere
alla porta di ingresso. Cercò di dire qualcosa ma, non
appena abbassò la testa,
Carlos lo spinse contro la parete e lo baciò: per i primi
secondi, Abel cercò
di realizzare quello che stava succedendo, ma in seguito ripose al
bacio: era
passionale ed impetuoso, le lingue che si intrecciavano come in una
danza e
mani che cercavano di toccare il più possibile. Dopo quelle
che sembravano ore,
i due si separarono ansimando. Il primo a parlare fu Carlos.
-Però, è
da quella volta che cercavo di rifarlo.- Abel stava
ancora cercando di riprendere fiato ma, capendo quello che aveva appena
detto l’altro,
alzò lo sguardo scioccato.
-Tu ti ricordi cosa è
successo quella sera?!- davanti alla
faccia scandalizzata del biondo, Carlos iniziò a ridere.
-Cosa pensavi, che fossi
veramente ubriaco? Era solo un modo
per baciarti, però non ne hai più parlato dopo e
quindi pensavo che…- Carlos
non finì nemmeno la frase: Abel gli era saltato addosso,
questa volta
baciandolo con più passione. Nel farlo, finirono entrambi a
terra, Abel addosso
a Carlos.
-Sei un idiota per non avermelo
detto prima!- disse il biondo
sorridendo.
-E tu sei un idiota per non
averci provato prima!- entrambi
scoppiarono a ridere, per poi alzarsi da terra e togliersi la neve di
dosso.
Finito di ridere, Carlos si avvicinò ad Abel, mettendogli le
braccia attorno al
collo.
-Eu te amo*.- a quelle parole,
l’ olandese sorrise, poggiando
le mani sui fianchi dell’altro.
-Ik han ook van jou*.-