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Autore: Piu_Volto_Che_Maschera    17/12/2019    0 recensioni
Angoscia. E’ questa la prima sensazione che sento quando apro gli occhi, quella mattina. Perchè? Perché è il giorno della mietitura. Mi ricordo che non devo essere sorteggiata, qui nel Distretto Due. Per mia sorella. La mia dolce sorellona, lei era la mia metà. Piango, fa male ricordarla. L’anno scorso mia sorella maggiore è stata sorteggiata. Ricordo quello che ho sentito, dopo che quella maledetta voce ha urlato “Clove Smith”. Ho pensato, scappa. Sei in tempo. Ma non poteva, purtroppo. Era ormai circondata dagli strateghi.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clove
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mi risvegliai in una stanza dove si sentiva il BIP tipico degli ospedali.
No, dai, non potevo essere svenuta davvero.
E invece sì.
Poi mi ricordai del cadavere di Clove e cominciai a muovermi in modo agitato, cercando di strapparmi dal viso la mascherina dell’ossigeno.
Subito un’infermiera accorse, cercando di calmarmi.
“Non muoverti, è pericoloso. Hai avuto solo uno svenimento a causa del livello troppo alto di adrenalina nel tuo sangue”.
Mi calmai, cominciando a sperare che Cato non sapesse niente di quel che era successo. Non mi avrebbe più aiutato a sopravvivere nell’arena e anche l’ultima scintilla di speranza sarebbe scomparsa.
Dopo circa cinque minuti dal mio risveglio, l’infermiera mi levò dal viso la mascherina e finalmente riuscii a parlare.
“Per quanto sono rimasta svenuta?” - chiesi subito alla donna che, senza nemmeno voltarsi, rispose “Circa tre ore”. Scattai seduta sul letto - “TRE ORE?!”.
Lei si voltò, intimandomi di restare sdraiata e così feci, per evitare discussioni. “A proposito, il tuo compagno di Distretto è venuto a chiedermi come stavi e mi ha chiesto di informarti che dovresti raggiungerlo, una volta che ti sarai sentita meglio.”
A queste parole non persi tempo, mi alzai dal letto e corsi letteralmente fuori dalla porta, senza che l’infermiera, impegnata con delle provette, se ne accorgesse.

***

Sapevo di trovarmi ancora nel Scarystars, quindi imboccai le scale e mi diressi al secondo piano.
Poi però mi bloccai, controllando l’ora: come temevo. Era l’ora di cena. Sarebbero stati seduti a mangiare tutti e tre, che figura. Cosa avrei detto? Cosa avrei fatto?
Beh, di certo non potevo starmene lì impalata davanti alla porta, quindi in un colpo la varcai, imboccai il corridoio, feci un respiro profondo, e girai l’angolo spaventata.
Appena entrai si scatenò l’inferno.
Ronalda urlò che ero una maleducata.
Kevin si alzò preoccupato e cercò di avvicinarsi ma Cato lo bloccò e con un gesto della mano zittì tutti in sala.
Con le mani in tasca si alzò e si diresse verso di me.
Kevin si mise in mezzo ma Cato lo spinse via con rabbia, facendolo cadere a terra. Di riflesso corsi verso di lui ma Cato mi avvinghiò al braccio.
“Fermo, Cato, non vorrai metterti nei guai.”
Era stata Ronalda a parlare, ma lui non sembrava volerla ascoltare. Mi stava facendo male al braccio. “DOVE CAZZO SEI STATA?” chiese con rabbia.
Dovevano averlo sentito in tutto il grattacielo.
Decisi di non mentire, sarebbe stato peggio. Dissi tutta la verità, del cadavere e dello svenimento.
“Che sciocchezza” - disse Cato, quando ebbi finito di raccontare il tutto.
“Sta dicendo la verità.” intervenne il mio compagno di Distretto, che nel frattempo si era alzato e si stava spolverando la giacca.
Cato lo guardò come si guarda uno stupido. “Non è possibile che ci fosse un cadavere nella sua stanza, Kevin. Credevo fossi abbastanza grande da saperlo.”
Per tutta risposta, Kevin lo guardò con sufficienza. “Non ho detto che ci fosse. Se l’è immaginato, l’infermiera ha detto che un eccessivo livello di adrenalina nel sangue può causare allucinazioni”.
Il mentore sembrava disperato. Mi guardò. “Adrenalina?? Cos’è, avevi paur..”- non lo lasciai finire, con uno scatto mi ero liberata del suo braccio e ora lo guardavo con le braccia incrociate, sfidandolo. “Scusi, signor Mentore, ma mi pare più che giustificato aver paura quando si sa che da qui a pochi giorni si dovrà o uccidere o esser morti. Forse l’anno scorso non era così anche per te?” Lui si era stupito di quello che avevo detto, ma poi sembrò tornare lucido. “Io non avevo paura, ragazzina. Infatti ho vinto, come puoi vedere. Ricorda che è la paura che ti frega nell’Arena. Non farti prendere dal panico e rimani lucida. E tutta la rabbia che hai usato con me stamattina, usala contro i tuoi avversari. Respingi la paura, fatti invadere dalla rabbia. E’ questo che mi ha fatto sopravvivere.”- alla fine si diresse verso il suo posto.
Io ero ancora in piedi con la bocca spalancata. Ma perché poi mi dava consigli, adesso?!
“Beh?” - disse poi - “Non mangi? Sarai affamata, non hai nemmeno pranzato” – aggiunse, alzando un sopracciglio.
Senza fiatare mi sedetti al mio posto e, in silenzio, iniziai a mangiare.
“Prima di andare vi darò alcuni consigli”- disse il mentore, con calma - “Kevin abbiamo notato prima che sei bravo nel combattimento corpo a corpo, non è così?”
Cosa?? Cos’era successo? Si erano picchiati?!
“Ma vi siete picchiati?”- chiesi con sorpresa.
Cato si limitò ad annuire, per poi tornare a rivolgere la sua attenzione a Kevin. “La tattica che posso consigliarti è di stendere il tuo avversario… e poi di infilzarlo con qualcosa. Meglio ancora se lo cogli di sorpresa, hai capito?”- il ragazzo annuii convinto.
“Riguardo a te...”- disse poi, puntando gli occhi nei miei - “…sarà più difficile. Ovviamente scordati il combattimento corpo a corpo, moriresti in un secondo. Ah, stai lontana dal bagno di sangue. Non sopravvivresti, lì, fidati. Sei una furia, ma gli altri tributi ti sottovaluteranno, data la tua età… come avevamo fatto noi l’anno scorso con la bambina dell’11, per intenderci... “- annuii- “Se fossi stato nell’arena quest’anno, probabilmente ti avrei uccisa per prima, per levarti dai piedi. Quindi, l’unico consiglio che ti posso dare è quello di scappare dal bagno di sangue e, soprattutto di trovarti degli alleati. E’ fondamentale. Capito? Ma su questo non dovresti aver problemi, tutto dipende da quelli dell’1 e dal ragazzo qua presente. Se questi tre ti accettano nella loro alleanza, sei a posto. Per il resto discutiamo domani nella lezione individuale. Personalmente ti avrei fatto fuori, ma, diciamolo, non tutti sono come me, modestamente.” - detto questo si alzò e uscii dalla sala. Lo stesso fece Ronalda e stavo per dirigermi anche io nella mia stanza, ma Kevin mi fermò.
“Senti, per me va bene se entri nell’alleanza, il problema sono i ragazzi dell’1. Non li ho ancora visti, ma si sono offerti, quindi saranno assetati di sangue. E…”- lo interruppi, sconvolta da tutto - “Perché sei tanto gentile con me, eh? Tanto c’è un solo vincitore, alla fine. Anche se rimaniamo noi due, dovrai uccidermi.”
“Non posso farlo.”
Come no? l’avrebbe dovuto fare per forza se voleva vivere.
“L’ho promesso.”
Ero confusa, come sempre ormai. “Scusa? A chi l’avresti promesso?” - trasse un profondo respiro prima di rispondere. “Al mio migliore amico… a Jhonny”.
Iniziai a vagare per la stanza andando avanti e indietro, pensando.
Perché Jhonny? Caspita!
Alla fine mi fermai e lo guardai. “Non sei obbligato a mantenere la promessa. Tu pensa a salvarti la pelle, sono abbastanza grande da badare a me stessa.” – lui annuii in silenzio.
Aveva capito, e questo mi bastava.
Mi recai nella mia stanza, lasciandolo solo per la seconda volta quel giorno.
 
***

Non mi era mai piaciuto essere guardata con compassione. Non ero il tipo di ragazza che si faceva compatire. Nella vita bisogna essere forti, qualunque cosa succeda. So che Clove sarebbe d’accordo con me.
Sorrisi gelida al soffitto della stanza: chissà cosa avrebbe detto, se solo avesse saputo che sua sorella sarebbe dovuta andare ad essere uccisa, o, ancora peggio, obbligata a uccidere.
Avrebbe detto che era una cosa troppo grande per una ragazzina. E forse avrebbe avuto ragione.
Perchè io non ero pronta, nessuno lo era. Perchè non si è mai pronti a uccidere. A togliere delle vite. A Capitol sembrava cosa da tutti i giorni.
Il problema è che io vedo diavoli travestiti da angeli.
Vedo umani, ma non umanità.
Per un attimo mi chiesi se anche un tempo era così. Il mio bisnonno mi raccontava sempre di come era una volta. Lui veniva da un Paese chiamato Italia che, dopo la catastrofe, era finito sommerso dagli oceani. L’unico a essersi salvato era l’antico Nord America, che era l’attuale Panem.
Ecco perché mi aveva dato un nome italiano, Giada. Era il nome di sua madre, diceva.
Che ricordi… ricordi che spariranno, una volta morta.
Dicono che non c’è niente dopo la morte.
Una volta invece qualcuno credeva nell’Aldilà, un posto dove andavano le persone dopo la morte. Tutt’ora spero che ci sia.
Perché se è così, la morte non mi sembra più tanto brutta.
Mi appare solo come un passaggio.
Se è così, magari mi sarà concesso di rivedere Clove.
Speranza.
E’ questo che mi serviva. A dir la verità, non sapevo se avrei avuto il coraggio di uccidere, una volta nei giochi. Ma anche se avessi voluto, mi dissi, non ce l’avrei fatta. Se solo fossi stata più grande e più forte, forse ce l’avrei fatta.
Ma a quale prezzo; non mi rimaneva nessuno; sarei stata tormentata dai sensi di colpa tutta la vita. Forse era meglio lasciar vincere qualcuno che aveva uno scopo per cui vivere. Qualcuno da riabbracciare. Io non avevo nessuno. Mia sorella era tutto. C’era Jhonny, certo, e gli volevo un mondo di bene, ma... non potevo vivere con loro in eterno.
Avranno tirato un sospiro di sollievo quando mi sorteggiarono.
Se morivo, era meglio per tutti.
Avevo paura del dolore ma…sarebbe passato subito. Potevo provare dolore, ero pronta, se significava lasciar libere persone.
E se mi fossi lanciata dalla piattaforma prima del conto della rovescia? Le mine mi avrebbero fatto saltare in aria, e in un baleno tutto sarebbe finito.
Forse era la scelta migliore, in fondo.

***

Guardai l’orologio sul mio polso. Le 23:00. Ero stata a pensare per quasi un’ora, dovevo andare a dormire, anche se sapevo già che non avrei chiuso occhio.
Dopo una veloce doccia, mi infilai il pigiama, e mi sigillai letteralmente dentro le coperte.
Che bello se avessi potuto starmene lì all’infinito, cullata dal dolce tepore del sonno, a non pensare a niente.
Ma non potevo.
Perchè il mio destino era un altro.
Da quando ero stata sorteggiata, erano due le cose che sarei potuta diventare: o ragazzina impaurita o assassina.
Non avevo molta scelta.
 
   
 
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