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Autore: EleWar    18/12/2019    9 recensioni
Oh, finalmente un matrimonio! Ma chi saranno gli sposi? Un promesso sposo si perde per strada, una sposa aspetta già da tempo, come andrà a finire? Altra storiella senza pensieri...
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Miki, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Ragazze e ragazzi (se mai ci sono che leggono :-D ) eccomi tornata con un altro capitolo sgangherato! Sono contenta che questa storiella vi faccia ridere e sorridere, spero che anche questo capitolo vi faccia lo stesso effetto.
Vi lovvo
Eleonora

 
 
Cap.3 Ancora incomprensioni
 
Percorsero affiancati il vialetto tranquillo del cimitero e, trovata la tomba che cercavano, Kaori si inginocchiò e depose quell’enorme mazzo di fiori sul vaso che vi aveva lasciato.
Ryo rimase in piedi poco distante, dietro di lei, le mani sprofondate nelle tasche.
“Eccomi qui fratellone, sono venuta trovarti con Ryo” esordì Kaori, che aveva l’abitudine di parlare con Hideyuki, raccontandogli della sua vita, dei casi, di lei e Ryo; a volte le chiacchiere erano futili e riguardavano il tempo, l’economia o la politica, altre volte erano problemi più seri; e mai una volta il socio si era permesso d’interferire, o peggio prenderla in giro per quello che diceva.
In un certo senso quello era un momento tutto suo, personale, a cui lui aveva comunque la fortuna di poter assistere.
Solo quando era da sola, faceva al fratello le confessioni più intime, a bassa voce, esprimendo così i suoi dubbi, le speranze e i timori.
Quando era lì in compagnia del partner, solitamente aveva un tono allegro e spensierato, e questo l’aiutava a provare un po’ meno quella terribile mancanza che sentiva; era come se avesse il suo amato Maki lì di fronte ed era consolante.
La presenza silenziosa di Ryo, poi, la rassicurava.
Stava giusto dicendo:
“… e poi Ryo si è presentato con questo magnifico mazzo di fiori, ed io ho pensato che avesse speso una fortuna…”
L’uomo, sentendola pronunciare il suo nome, si fece attento ai discorsi di Kaori.
Lei proseguì:
“… è stato gentile non credi? Be’, lui sarà quel che sarà, ma a te ha sempre voluto bene.”
E con quell’ultima frase, la ragazza si ritirò su in piedi, mentre lui fece un passo verso di lei.
“Veramente… Kaori… ascolta… veramente quei fiori erano per te” riuscì finalmente a dire il grande sweeper.
Lei, a quelle parole, si voltò verso di lui con uno sguardo così dolce, che a Ryo mancò la terra sotto i piedi.
Allora aveva capito?
C’era riuscito?
Poteva scorgere così tanto amore in quegli occhioni nocciola, che ne rimase affascinato.
Ora erano uno di fronte all’altra, e lo sweeper era così intimorito, come non lo era mai stato nella sua lunga carriera di combattente; davanti alla socia era sempre totalmente indifeso.
Si chiese:
Ed ora?”.
Lei continuava a sorridergli, e più lo guardava, più lui si sentiva perso; infine la ragazza si decise a parlare:
“Oh Ryo, sei sempre il solito burlone! Per un attimo ci avevo creduto.” ridacchiò; poi gli andò incontro, e prendendolo a braccetto gli disse:
“Su andiamo” e voltandosi verso la lapide: “A presto fratellone” e mosse i primi passi verso l’uscita, con il socio sotto braccio; bastò una leggera pressione perché lui la seguisse, nonostante fosse rimasto totalmente spiazzato dal suo comportamento; riuscì a balbettare:
“Kaori, ma io… ma io…”
Allora lei, abbassando lo sguardo, con un sussurro disse:
“L’ho capito che hai fatto apposta. Quella battuta l’hai detta di proposito per farmi ridere e sdrammatizzare, perché sai quanto mi costi venire qui…”
Ryo stava per ribattere che no, era serio, e che lei non aveva capito proprio un bel niente, quando si accorse della sua tristezza trattenuta a stento, e della dolcezza che traspariva dalle sue parole, che, seppur nate da un equivoco, rivelavano tanto di lei e dei suoi sentimenti; lui non riuscì ad aggiungere nient’altro.
Richiuse la bocca e sorrise.
Lei si strinse di più a lui, e il socio pensò che in quel momento fosse felice: sì, felice di poter stare accanto ad una donna fantastica come lei, e che prima o poi sarebbe riuscito a dichiararsi.
 
 
Mentre raggiungevano la macchina, così profondamente assorti in un silenzio complice e appagante, ad un tratto Ryo si accorse che, dando il braccio alla socia, questo era finito pericolosamente a contatto con un seno della ragazza.
Ne percepiva la morbidezza e la consistenza, e il movimento delle braccia ne accentuava il contatto.
Come attirato da una forza irresistibile, si voltò verso di lei, e, abbassando lo sguardo nella sua scollatura, si prese tutto il tempo per sbirciare: la camicetta sbottonata lasciava intravedere appena il pizzo del reggiseno, e quel leggero ballonzolare delle…
Santi numi!
Kaori aveva un seno così pieno e invitante!
All’improvviso fu preso dai sudori freddi: dannazione, perché finiva sempre per pensare a certe cose, anche in un momento come quello?
Come adesso che stavano romanticamente passeggiando?
Deglutì a fatica mentre uno strano calore si espandeva nel suo corpo; dai sudori freddi, passò a quelli caldi, e avrebbe tanto voluto allontanarsi da lei, per nascondere il suo disagio, ma allo stesso tempo non voleva interrompere quel contatto così sublime.
Aaaahhhhrgggg” protestò dentro di sé, frustrato “non devo farmi accorgere da lei, se no cosa andrà mai a pensare, mi darà del maiale, dell’insensibile…
Però anche qualcun altro stava gradendo quell’insolita vicinanza, tanto che ai piani bassi Ryo percepì un ben noto movimento tellurico.
Non adesso, non adesso” prese a ripetersi, poi, indirizzando il suo pensiero a ciò che così scomodamente non trovava posto nel cavallo dei suoi pantaloni, disse:
Ehi, ragazzo! Stai calmo, hai visto stamattina che non ha funzionato? Non è così che capirà che la amo!
Cercò di distrarsi il più possibile, e immaginò Umibozu in bikini; quasi gli venne un conato di vomito, ma funzionò, perché il trambusto al piano di sotto cessò di botto e Ryo poté tirare mentalmente un sospiro di sollievo.
Finalmente, di nuovo completamente a suo agio, sciolse dolcemente il braccio da quello della ragazza per aprire lo sportello della macchina, e le sorrise, anche se dentro di sé si rammaricò di quel distacco; continuò a sentire il suo calore ancora per un bel pezzo, anche dopo, quando stava già guidando, e si beò di quella sensazione finché durò.
 
Kaori, ignara di tutta la lotta che si stava svolgendo dentro la testa e soprattutto dentro il cuore del socio, si voltò a guardarlo: era come sempre sicuro alla guida, rilassato e con un accenno di sorriso.
Oh, se avesse saputo che era tutto merito suo!
In ogni caso, vedendo che al suo amato Ryo era tornato il buon umore, sorrise fra sé contenta.
 
Avevano deciso di andare dalla cliente e fare un giro di ricognizione, per accertarsi della situazione.
Magari l’indomani sarebbero entrati in azione.
Si godettero quel breve tragitto, alternando brevi silenzi a chiacchiere e battute leggere, e ben presto furono a destinazione.
 
 
Passarono il resto del pomeriggio in giro per la città a raccogliere informazioni su quel bulletto che terrorizzava la donna; poi si diressero a casa sua per conoscerla e per farsi raccontare da lei come stavano le cose.
Stabilirono un piano d’azione, ma non ci fu nemmeno bisogno di metterlo in pratica perché, poco prima di lasciare l’abitazione della cliente, si trovarono faccia a faccia con quel criminale da strapazzo.
Egli, ignorando chi si fosse trovato dinanzi, si fece incontro a Ryo intimandogli di sloggiare, e si permise pure di fare degli apprezzamenti pesanti sulla bella Kaori.
Lo sventurato aveva toppato su tutta la linea e firmato la sua disfatta appena aveva aperto bocca.
Nonostante fosse attorniato da una banda sgangherata di tirapiedi, lo sweeper riuscì a metterli fuori combattimento in meno di cinque minuti e usando la pistola il minimo indispensabile, giusto per spaventarli un po’.
Già alla vista della prima bomba a mano che la sweeper aveva estratto dalla sua graziosa borsetta, metà dei criminali se l’era data a gambe.
Rimasto solo, il capo banda si era subito inginocchiato a mani giunte e pregava di essere risparmiato.
Quello spettacolo dei più deplorevoli non commosse affatto il duo, tanto che Ryo, con voce ferma e decisa gli disse:
“Non sai contro chi ti sei messo! Noi siamo City Hunter e se ti ribeccheremo in giro, qui o altrove, non saremo così accomodanti come adesso. Ricordalo. Ed ora…” e già il tipo, strisciando, si era allontanato dai due, “Sparisci!” gli ordinò perentorio lo sweeper.
Il teppistello scappò a gambe levate e non si fece rivedere mai più.
Kaori, guardando il socio e facendo l’atto di pulirsi le mani da un’ipotetica polvere, gli disse:
“Be’, è andata bene, no? Meglio del previsto!”
“È proprio il caso di dirlo: molto rumore per nulla.” e rinfoderò la pistola con aria annoiata.
 
A quel punto fece capolino la cliente, che per tutto il tempo era rimasta rintanata in casa, ma da cui aveva seguito tutta l’azione da dietro la tenda della finestra, e disse ai due:
“Grazie, ragazzi!!! Mi avete liberato da quel tiranno. Ve ne sarò per sempre grata.”
“Signora Soseki, d’ora in poi potrà dormire sonni tranquilli. Quel Natsume non si rifarà vivo tanto facilmente; vedrà che si spargerà la voce che lei è una protetta di City Hunter, e nessuno le darà più noia alcuna.” le rispose Ryo.
“Sono commossa… Prego, vogliate entrate. Vi rilascerò il compenso pattuito e poi… sarei profondamente onorata di avervi a cena da me, vi prego.” e si produsse in un profondo inchino.
I due soci si guardarono e si strinsero nelle spalle: pensandoci avevano saltato anche il pranzo!
 
Tornarono a casa che era già sera inoltrata e Kaori, al calduccio della macchina, sazia di una bella cena gustosa e stanca per la giornata, si appisolò.
Il socio, ancora una volta, approfittò di quel momento per ammirarla di nascosto.
Un ciuffo di capelli le era scivolato sopra l’occhio e Ryo fu tentato di rimetterlo al suo posto; facendo attenzione a non svegliarla, allungò la mano con cautela, e con un lieve movimento riuscì nel suo intento, ma proprio mentre ritraeva la mano, quello tornò impertinente a coprirle l’occhio.
L’uomo sorrise divertito; quel ciuffo era come la sua Kaori: ribelle e testardo, ma anche lieve e soffice, e faceva venir voglia di accarezzarlo.
Provò come una scossa lungo il braccio, come se lo avesse toccato di nuovo.
Si stupì delle sensazioni che provava per quella piccola grande donna, che aveva stravolto la sua vita più di sette anni prima, entrando nella sua casa e nel suo cuore.
 
Occuparsi di quel caso lo aveva costretto a mettere da parte il suo proposito di dichiararsi, ma erano stati fortunati che tutto si fosse risolto alla svelta.
Una volta tornati nel loro appartamento, sarebbe tornato all’attacco.
Non sapeva ancora come, ma qualcosa si sarebbe inventato.
E con questa risoluzione guidò deciso verso il palazzo di mattoni.
 
Arrivarono di sotto nel garage, e quando Ryo spense la macchina, Kaori si ridestò.
Si voltò a guardarlo con gli occhi ancora socchiusi e trasognati, regalandogli un sorriso sornione e beato; evidentemente quel pisolino le aveva giovato.
Lui la trovò irresistibilmente dolce e avrebbe voluto stringerla fra le braccia e coccolarsela un po’; sentì quel desiderio scorrergli lungo le braccia e si spaventò dall’intensità dell’emozione.
Era abituato a ben altro tipo di desideri con le donne, i contatti che bramava di avere con loro erano invariabilmente carnali e sessuali, e avrebbero dovuto procurargli soddisfazione e appagamento immediato… invece con lei era tutto così meravigliosamente diverso!
La forza che lo spingeva verso di lei era… era cosa?
Era quello, l’amore?
Quel bisogno di proteggere e accogliere l’altra, di prendersene cura, di assicurarsi che nulla di male le potesse accadere?
E soprattutto senza chiedere niente in cambio?
Difendere faceva parte del suo lavoro, lo faceva in continuazione per tutte le clienti, lo faceva anche con la socia perché l’aveva promesso a suo fratello; però, non era la stessa cosa.
Si perse per un attimo in questi pensieri e non si rese conto che la guardava con tenerezza, e che non distoglieva gli occhi come al solito, per non farsi scoprire.
Prepotente tornò il bisogno di dichiararsi, doveva farlo, era diventata la sua priorità ormai!
Pensò che lì, nell’atmosfera intima della loro macchina, sarebbe stato perfetto, magari le avrebbe preso la mano e le avrebbe detto, finalmente: “Vuoi sposarmi?”. Ryo, per un attimo, distolse lo sguardo e voltò la testa dall’altra parte, poiché aveva necessità di raccogliere i suoi pensieri. Soprattutto avrebbe dovuto scegliere le parole adatte: quella giornata non ne aveva detta una giusta!
Fu invaso da una strana smania, mista a disagio; si sentì improvvisamente insicuro – di nuovo! – ma era troppo deciso ad andare fino in fondo alla questione: lui voleva dirle che l’amava e che voleva sposarla, stop!
 
Quando fu sufficientemente sicuro di sé, si girò di scatto verso di lei, dicendo:
“Kaori…” e già allungava la mano per prendere quella della ragazza, che fino a poco prima era abbandonata mollemente sulle ginocchia, ma… ma dov’era la mano di Kaori?
E tutto il resto del corpo?
Tre secondi dopo realizzò che lei era già scesa e lui non se n’era nemmeno accorto; lo sweeper si ritrovò a tastare il vellutino del sedile con il palmo aperto, ma soprattutto, tanta era stata la veemenza del suo slancio, che perse l’equilibrio e, non trovando un appiglio di nessun tipo, finì a faccia in giù sul tappetino davanti al sedile.
Per andare a fondo, ci era andato per davvero, decisamente!
Iniziò a gemere con il naso schiacciato sul fondo dell’auto; veramente non gliene andava una dritta quel giorno!!!
Sembrava proprio che tutto il mondo si fosse messo contro il suo proposito di ricambiare i sentimenti della socia, lo stesso mondo che, fino a ieri, lo tartassava perché non si decideva mai!
 
La ragazza, che nel frattempo si era allontanata dalla Mini, si voltò sicura di essere seguita da Ryo; non trovandolo era tornata indietro. Quando lo vide, scompostamente incastrato nell’abitacolo, a testa in giù e con le gambe all’aria, gli si avvicinò, e aprendo lo sportello gli chiese con voce piatta:
“Ryo, tutto bene? Cosa stai facendo?”
Lui ridacchiò imbarazzato:
“Niente, niente, mi era caduto l’accendino… sai com’è!”
“Mmm, ok… Io ti aspetto di sopra, penso che prima di andare a dormire mi farò una doccia…”
“Sì, sì, cara vai pure.”
 
Appena la ragazza scomparve dietro la porta, si ritirò su in un lampo; si spolverò i vestiti, si passò una mano fra i capelli e si diede un contegno: era o non era il più grande seduttore del Giappone? Lo Stallone di Shinjuku?
Che storia era quella, che non riusciva a conquistare la sua Kaori?
Sfoderò il suo più bel sorriso da playboy, quello che faceva innamorare tutte le clienti e, ficcatosi una mano in tasca, prese a salire mollemente le scale, scalino dopo scalino, con andatura dinoccolata.
Poi ad un tratto si bloccò e si chiese:
Ma chi deve vedermi quaggiù? Sono da solo!
Fu preso dall’ansia.
E si mise a correre come un forsennato, saltando i gradini a due a due.
 
Entrò nell’appartamento come una furia e lì, in piedi sull’arco della porta spalancata, gonfiando i polmoni e pronto a dire: “Kaoritiamovuoisposarmi?”, rimase con l’inspirazione a metà, quando trovò la socia, seduta al tavolino del soggiorno, che singhiozzava sconsolata con la testa appoggiata alle braccia.
Ryo si sgonfiò come un palloncino bucato, e si accartocciò su sé stesso.
Però, un secondo dopo, appena lui realizzò che la sua amata stava soffrendo per qualcosa, le fu subito accanto e, preoccupato, le chiese:
“Ma Kaori, cosa è successo? Perché piangi così?”
Lei, alzando il viso inondato di lacrime, lo guardò con i suoi occhioni lucidi, e mugugnando qualcosa, gli indicò un cartoncino ed una busta, lì accanto a lei, sul piano del tavolo.
Dapprima lo sweeper non capì, poi, afferrando la missiva, bagnata zuppa di lacrime, cercò di vedere di cosa si trattasse, e constatò che era una semplice partecipazione di matrimonio.
Guardò interrogativamente la sua compagna, e poi il cartoncino molliccio che stringeva con due dita, quasi disgustato.
E visto che la ragazza continuava a soffocare i singhiozzi nelle braccia, si decise a chiedere:
“Allora?”
“Allora?” scattò quella, rianimata all’improvviso, con uno sguardo di fuoco.
“Sì, allora? Mi vuoi dire perché piangi? Non è mica morto nessuno!”
“E invece sì! La mia giovinezza è morta!”
 
Ryo alzò gli occhi al cielo:
Ecco, ci risiamo”, si disse.
Quando Kaori partiva con questa solfa non la si fermava più; mentalmente si preparò a sorbirsi quel buon quarto d’ora di lamentazioni e isterismi, a cui non poteva ribattere in nessun modo, né farla ragionare, perché invariabilmente, qualsiasi cosa avesse detto, sarebbe stata quella sbagliata.
E non poteva nemmeno alzarsi da lì e filarsela, che avrebbe attirato su di sé i peggiori insulti della ragazza, accusandolo di essere un insensibile, uno zotico e via dicendo.
Provò ad assecondarla, per capire quantomeno cosa fosse accaduto stavolta di così tanto grave; le chiese timidamente:
“Kaori, cara, saresti così gentile da spiegarmi cosa sta succedendo?”
La ragazza, stupita da quel tono suadente, smise all’istante di piangere, e lo fissò in volto per capire se la stesse prendendo in giro o meno; accertatasi che era serio, rispose:
“È una partecipazione di matrimonio… di Suzuko Kaneda! Ti rendi conto?”
Ryo stava per chiederle chi fosse la tipa appena nominata, se fosse una bella donna appetibile, e già fantasticava sul fatto che se Kaori fosse andata al matrimonio, lui le avrebbe fatto da accompagnatore, e magari se ci fossero state tante altre pollastrelle, lì, lui… stop!
Si riscosse.
Ma cosa andava a pensare?
Un secondo prima era deciso a chiederle di sposarlo, e adesso stava tornando in modalità maniaco?
Inoltre in quelle condizioni, lei non avrebbe di certo apprezzato la pur minima battuta.
Si ricompose mentalmente.
Se voleva essere il suo compagno per la vita, doveva fin da subito cambiare atteggiamento ed essere più comprensivo e meno maiale.
La guardò senza dire niente, ma le fece un cenno del capo invitandola a proseguire.
Lei riprese:
“Era una mia compagna del liceo, antipatica che non ti dico, non aveva amici per il suo brutto carattere, spasimanti nemmeno a parlarne, e soprattutto non era nemmeno bella… ed ora… ed ora…. si sposaaaaaaaaaaaa!” e giù a piangere e disperarsi.
Ryo non capiva bene quale fosse il problema, così poco avvezzo alle dinamiche femminili, ma si sforzò di ragionarci su e, soprattutto, non emise un fiato, che in certi casi è sempre la miglior cosa: mai sbilanciarsi, la regola d’oro è “nel dubbio astieniti”.
Poco dopo la ragazza si calmò, e rialzando di nuovo il viso verso il socio, lo guardò con un misto di tristezza e rassegnazione, e a lui si strinse il cuore; non sapeva spiegarsi il perché, ma si sentì improvvisamente in colpa.
Istintivamente allungò una mano a sfiorare il braccio ripiegato della socia e lei, fissandolo negli occhi disse:
“Si sposano tutte, Ryo. Tutte, tranne me…”
Colpito e affondato!
L’uomo trasalì.
Ecco scoperchiato il vaso di Pandora, ecco spiegata la crisi causata da un’insulsa partecipazione di nozze.
Ryo deglutì a fatica e la fronte s’imperlò di finissime goccioline di sudore, ma allo stesso tempo fu preso da un’illuminazione improvvisa.
Quello era il momento adatto per dichiararsi, l’unico momento veramente adatto: o adesso o mai più.
Si sporse verso di lei, che gli sedeva davanti, e le prese entrambe le mani, le strinse dolcemente e poi, guardandola intensamente negli occhi, le disse:
“Kaori… ti sposo io.”
 
Silenzio.
 
Si sentiva solo il ticchettio dell’orologio a muro.
Rimasero senza parlare per quella che parve un’eternità.
Si guardavano senza tradire emozione alcuna; solo alla ragazza, all’inizio, si erano dilatate le pupille per la sorpresa, ma poi non aveva emesso un fiato.
Mano nella mano si fissavano, attraverso il tavolo.
Poi, all’improvviso, Kaori ritrasse le mani bruscamente, e visibilmente alterata gli gridò:
“Non dire cose che non pensi!”
E tiratasi su in piedi di scatto, fece per scappare di sopra, in camera sua. Ma Ryo fu più svelto, e per una volta non rimase lì impietrito come un bietolone: le corse dietro dicendole:
“Kaori, aspetta!” e l’afferrò per i fianchi.
Lei si voltò istantaneamente e, fulminandolo con lo sguardo, gli disse con profondo dolore:
“Quanto ti divertirai ancora a prendermi in giro?”
Poi abbassò gli occhi sulle mani del socio, ancora appoggiate sulla sua vita, e ritirandoli su, con espressione truce, aggiunse:
“Ed ora mi dirai che sono pure ingrassata, vero???” e con uno strattone si divincolò dalla sua presa, e corse di sopra.
 
Lo sweeper era rimasto basito, annientato.
Aveva perso la sua battaglia; proprio non gli riusciva di farle capire che era serio, che era veramente innamorato di lei, che voleva solo amarla.
Tutto quello che aveva costruito per tenerla alla larga da lui, gli si stava rivoltando contro, gli crollava addosso.
Ora provava sulla sua pelle le terribili conseguenze di anni e anni di prese in giro, insinuazioni, ironie, pesante sarcasmo, indifferenza e disinteresse.
Come poteva pretendere che, da un giorno all’altro, lei potesse credere alle sue parole d’amore, quando fino a poco prima le aveva negato anche il più elementare complimento, una qualsiasi coccola, un gesto carino e gentile?
Frustrato, si passò una mano tra i capelli.
Che io sia dannato!” sbuffò “non immaginavo che sarebbe stato così difficile… sono stato veramente un emerito stronzo per troppo tempo, ed ora…
Sospirò pesantemente, poi decise di scendere al poligono per scaricare la tensione, sparando un po’.
 
   
 
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