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Autore: lucrezia_colombo    19/12/2019    1 recensioni
Le gocce di sudore gli scendevano sulla fronte e prontamente si tolse gli occhiali per asciugarsi il volto. A Tokyo faceva incredibilmente caldo e Kuroo, dopo tutte quelle settimane passate a infastidirlo tramite messaggio, si era ovviamente dimenticato di avvertirlo. Sbuffò infastidito. Quello stupido “gatto”.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Tsukishima, Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Tetsurou Kuroo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: la vicenda si svolge durante la seconda trasferta (volume 10 del manga, nell'anime seconda stagione episodio 7), il Karasuno è a Tokyo, più precisamente al liceo Shinzen, dove appunto viene organizzata la seconda trasferta. Ci sono piccolissimi accenni di Bokuaka (più precisamente Bokuto e Akaashi sono semplicemente compagni di pallavolo e si conoscono come le loro tasche e ovviamente Akaashi è la madre fra i due che deve tenere sott'occhio anche Kuroo e Tsukishima). Inoltre Tsukishima e Akaashi hanno creato un legame particolare, o meglio, Tsukishima porta molto rispetto per Akaashi e lo considera un suo caro amico, cosa di cui quest'ultimo è estremamente felice e che certamente contraccambia. Niente penso di aver finito, buona lettura! :)


Kei Tsukishima è sempre stato un ragazzo serio e riservato, poco incline a condividere i suoi pensieri a meno che questi non fossero insulti o frasi sarcastiche per deridere gli altri.
Tetsuro Kuroo è estroverso e provocante e possiede una mente particolarmente calcolatrice, non per nulla è il capitano del Nekoma. E quando si piazza in testa qualcosa, difficilmente ci rinuncia, specialmente se ha sembianze umane, 188 cm di altezza, capelli biondi e occhiali neri.



Le gocce di sudore gli scendevano sulla fronte e prontamente si tolse gli occhiali per asciugarsi il volto. A Tokyo faceva incredibilmente caldo e Kuroo, dopo tutte quelle settimane passate a infastidirlo tramite messaggio, si era ovviamente dimenticato di avvertirlo. Sbuffò infastidito. Quello stupido “gatto”.
Gli piaceva Kuroo, erano amici (forse anche più che semplici amici secondo Yamaguchi), lo aveva aiutato con la pallavolo e il suo "debole" muro a lettura, però detestava quando faceva apposta ad infastidirlo solo per vederlo più nervoso del solito. Kuroo diceva di farlo perché quando qualcosa lo infastidiva si applicava di più, ma Kei sapeva che era un bugiardo e che lo faceva solamente per puro divertimento.
“Oya Tsukki, sei già stanco?” lo pungolò il moro, avvicinandosi a lui in pochi passi e porgendogli la sua borraccia.
Taukishima l’afferrò con prepotenza, lanciò un’occhiataccia al centrale del Nekoma e prese un sorso abbondante dalla borraccia.
“Lo sai che così è come un bacio indiretto?” Tsukishima alzò gli occhi al cielo. Proprio fastidioso.
“Mi piacerebbe poter essere infantile come te Kuro-san, peccato non aver tempo per tali bambinate.” lo provocò il biondo, ovviamente fallendo: non era per nulla facile provocare Kuroo, anzi quasi impossibile.
“Oi Kuro-san, lascialo in pace.” lo invitò Akaashi e Tsukishima, sapendo il fastidio che avrebbe causato al centrale, lo ringraziò accompagnando il nome del alzatore con un “senpai”.
“Oi Tsukki, perché non chiami anche anche me e Kurokun “senpai”? Anche noi siamo più grandi di te!” si lamentò Bokuto con trasporto.
“Dovrei? Siete pure bassi...” domandò alzando gli occhi con aria canzonatoria e superiore.
Akaashi cercò di trattenere le risate mentre vedeva i due capitani impallidire: nonostante fossero entrambi molto alti, Tsukishima li superava di qualche centimetro e ciò non faceva che indisporli. Ovviamente anche lo stesso Tsukishima ne era a conoscenza e non mancava di farglielo notare ogni qualvolta ne avesse l’occasione.
“Tsukishima dovresti imparare ad essere un pochino più gentile. Avrai pochi amici così.” lo riprese paziente Akaashi.
Nonostante i pochi allenamenti col centrale del Karasuno, era riuscito comunque a instaurare un buon rapporto col biondo ed era anche l’unico che quest’ultimo fra loro tre trattava con rispetto. Inizialmente lo aveva stupito, non pensava che uno come Tsukishima potesse considerarlo un suo senpai, ma in seguito lo stupore si era trasformato in gratitudine e successivamente in affetto.
“Ho te e Yamaguchi.” Ancora una volta Akaashi rimase stupito dal biondo, sentnedosi il cuore riempirsi di gioia, ma dovette trattenersi dal ridere ancora una volta non appena girò il volto verso gli altri due giocatori e notò le loro espressioni offese.
“Però non ci saremo sempre, no? Io vivo a Tokyo e sono più grande di te di un anno, mentre Yamaguchi rimarrà con te solo fino al terzo anno, poi forse sceglierete università diverse e dovrete allontanarvi. Dovresti provare a sforzarti a fare amicizia con le persone, Kuroo e Bokuto non sono così male come sembrano.” lo incitò, sperando che le sue parole potessero avere un qualche effetto su di lui. Tsukishima era una brava persona, solo che non apprezzava mostrare i suoi sentimenti e si fidava poco degli altri, però era simpatico. Avrebbe potuto avere tanti amici se solo si fosse impegnato un pochino di più.
“Oi Tsukki, non parli un po’ troppo per avere un muro debole nonostante la tua altezza?” parlò nuovamente il moro con un sorriso malandrino, riferendosi ancora alla questione "altezza". Anche Tsukishima aveva i suoi punti deboli e l’efficacia del suo muro era uno di questi.
“Allora sarà meglio che io vada ad allenarmi da solo.” sbuffò il biondo irritato.
“Hey hey Tsukki, hai perso la scommessa e hai bloccato solo 17 delle mie 30 schiacciate, non sei neanche arrivato a 20.” ghignò Bokuto e Akaashi annuì al compagno di squadra: toccava a loro due, Tsukishima e Kuroo, mettere la palestra 3 in ordine.
“Bene. Allora muovetevi ad uscire.” e si mosse imbronciato verso il ripostiglio per prendere gli spazzoloni.
Kuroo lanciò un occhiolino a Bokuto, il quale a sua volta alzò il pollice e in quel momento Akaashi comprese che se il capitano del Nekoma aveva giocato decisamente male quel giorno e assicurandosi di alzare l’umore di Bokuto a mille, c’era sicuramente un motivo e questo molto probabilmente era biondo, alto e particolarmente sarcastico.
“Bokuto-san, cosa vi siete detti tu e Kuroo prima di iniziare l’allenamento?” Bokuto impallidì e Akaashi lo vide sforzarsi di non parlare, ma sapeva che dopo poco avrebbe ceduto, dicendogli tutto per filo e per segno.
“Io e Kuroo... stavamo, stavamo parlando di...” lo vide cercare disperatamente una scusa plausibile, tutto impanicato.
“Di cosa?” Bokuto parve avere un’illuminazione.
“Di fiori!” rispose convinto l’asso del Fukurodani guardando verso i campi, sicuro di aver fatto un ottimo lavoro e di aver messo in salvo le intenzioni dell’amico.
“Ah si? Come mai?”
“Kuroo vuole darsi al giardinaggio.” annuì Bokuto.
“Ma non era allergico al polline?” chiese Akaashi confuso e vide l’altro impallidire nuovamente e tentennare: era fatta, a breve gli avrebbe rivelato ogni cosa. Avevano passato così tanto tempo insieme che ormai sapeva perfettamente come comportarsi con lui nelle varie occasioni: come incitarlo e tirarlo su di morale, come tenerlo buono e calmo e soprattutto riusciva a capire quando mentiva e come farsi dire ciò che voleva. Non gli piaceva molto carpirgli le informazioni raggirandolo (era pur sempre un sempliciotto), la maggior parte delle volte aspettava che venisse lui a parlagli, ma certe volte era meglio intervenire e questa era una di quelle volte.
“Va bene, sto mentendo!”
“Perché dici così Bokuto-san?” il moro volle girare il coltello nella piaga, costringendo l’altro a rivelargli tutto ciò che sapesse, così nel caso da correre in soccorso del povero Tsukishima.
“Kuroo mi ha chiesto di fare questa scommessa e di puntare quasi sempre su di lui nelle schiacciate, così da lasciarmi vincere e perdere la scommessa, per passare del tempo solo con Tsukki. Chissà cosa avrà in mente quel gattaccio...” Bokuto assunse la solita espressione confusa e Akaashi poté giurare di vedere le rotelle dell'altro girare nel tentativo di trovare una risposta, ma il gufo era tremendamente ingenuo e non ci sarebbe arrivato finché Kuroo stesso non gli avesse dichiarato apertamente le sue intenzioni.
Kuroo la sapeva lunga. Povero Tsukishima, l’avrebbe tormentato fino alla morte pur di ottenere ciò che voleva e l’alzatore del Fukurodani aveva una mezza idea dei pensieri che potevano passare per la mente del moro. Si affrettò dunque a raggiungere la mensa col compagno di squadra, dispiaciuto per il triste destino che aspettava il primino.
Dall’altro lato della palestra intanto Tsukishima stava facendo appello a tutta la sua forza per non uccidere l’altro centrale: Kuroo gli girava intorno, lo prendeva dentro, non vedeva gli oggetti sotto il suo naso e gli lanciava le cose addosso fingendo fossero tutti incidenti. Kuroo era così: cercava l’attenzione degli altri provocandoli, come se fosse un piccolo bambino nel corpo di un gigante di quasi due metri. Spesso Kei lo definiva infantile, ma a lui non importava, voleva solo che lo guardasse e fin tanto che la sua tecnica funzionava non aveva intenzione di cambiare metodo di approccio, soprattutto quando funzionava alla perfezione.
“Sei un po’ lento, Tsukki, non hai finito di sistemare neanche metà palestra.” lo pungolò il moro, sdraiato comodamente su un materasso e Tsukishima si incamminò verso di lui furioso.
“Ci credo, sono l’unico a sistemare! Se mi aiutassi al posto che renderti inutile al mondo magari faremmo più in fretta e potremmo andare a cenare, ma tu ovviamente devi stare lì a fare il figo su quello stupido materassino!” gli urlò contro gettandogli addosso tutta la frustrazione accumulata in quelle ultime settimane e nell’ultimo allenamento giocato contro i due del Fukurodani.
“Pensi che io sia figo?” lo canzonò con aria divertita Kuroo e Tsukishima, fuori di sé, si avvicinò ancora di più pronto a tirargli seriamente qualcosa addosso ma il moro allungò rapido lo spazzolone alla sua destra verso i piedi del biondo, facendolo inciampare. Kei perse ovviamente l’equilibrio e vide già i suoi occhiali rompersi e la faccia a terra, ma quando aprì gli occhi trovò una maglietta nera sotto di lui: era caduto sul petto di Kuroo, decisamente più comodo del pavimento in legno della palestra.
“Sospettavo di piacerti, ma non pensavo al punto da saltarmi addosso.” Kuroo sussurrò le parole a pochi centimetri dal viso di Tsukishima.
Quest’ultimo arrossì all’istante e facendo pressione sugli addominali di Kuroo, cosa che lo imbarazzò maggiormente (in particolare quando notò quanto fossero scolpiti), cercò di allontanarsi dal capitano del Nekoma. Ma Kuroo aveva diverse intenzioni e lo trascinò nuovamente giù, questa volta ancora più vicino, le labbra solo a qualche centimetro l’uno dall’altro. Non aveva intenzione di lasciarlo scappare come faceva sempre in ogni situazione che reputasse anche solo un poco difficile.
“Ti senti imbarazzato Kei?” Erano poche le volte in cui utilizzava il suo nome e principalmente lo usava per provocarlo, non doveva cedere.
“Si e ti sarei grati se mi lasciassi andare, sei scomodo.”
“Così mi ferisci.” finse con tristezza il moro.
“Ben ti sta.” ribadì l’altro con asprezza.
Kuroo gli prese il mento, deciso a non cedere. Era da qualche tempo che Tsukishima abitava i suoi pensieri e solo di recente si era accorto di provocargli a sua volta qualche effetto. Sospettando di non essergli indifferente si era deciso a far smuovere le cose da sé, se avesse aspettato l’altro sarebbe morto nell’attesa. Tsukishima non era il tipo di persona che mostrava affetta, era più che altro riservato e dava l’impressione di essere apatico, ma sentiva (e sperava) che anche qualcuno come lui sapesse provare delle emozioni. Così si era accordato con Bokuto, sicuro che avrebbe ottenuto quel che voleva, ma si era sbagliato: non si aspettava sarebbe stato facile, ma Tsukishima, cocciuto com’era nel voler lasciare le cose invariate, gli stava rendendo tutto molto più complicato del previsto.
“Lasciati andare.” sussurrò con dolcezza e vide il volto del ragazzo star per cedere, tentato dalle sue parole seducenti.
Il moro approfittò di quel momento di debolezza e si avvicinò ancora di più all’altro, unendo finalmente le loro labbra.
Tsukishima rimase inizialmente confuso, non sapeva che fare o come comportarsi. Sentiva mille emozioni attraversargli lo stomaco e risalire il corpo e trafiggergli il cuore, irrompendogli infine nella testa e urlandogli altrettante mille cose diverse. Non sapeva che fare, come comportarsi, come agire. Era confuso, non sapeva quale informazione seguire, non era in grado di prendere una decisione immediata. Lui, che aveva sempre affrontato qualsiasi cosa con calma studiando la situazione, non riusciva a muoversi e si trovò nel panico totale. Non era il luogo più appropriato per baciarsi con qualcuno, lo sapeva, era un luogo pubblico, eppure sentiva comunque il brivido del pericolo, la paura di essere scoperti e sgridati scorrergli nelle vene. Sentiva il corpo imporsi per continuare, ordinandogli di lasciarsi andare e lasciarsi abbandonare. Inimmaginabile per lui che aveva sempre faticato per avere tutto sotto controllo. Era in fibrillazione, lo sentiva, ma era giusto provare quei sentimenti? Non si era mai fatto domande sulla sua sessualità, aveva trovato qualche ragazza carina, aveva già dato il suo primo bacio, ma quella era una situazione totalmente diversa e lo capiva, percepiva la tensione sessuale vibrare fra i loro corpi e nell’aria. Ma ne valeva la pena esporsi così tanto per lui, Tsukishima, che non aveva mai assunto una posizione decisa in vita sua? Si concentrò per una volta sulle emozioni e le sensazioni che stava provando. Si, ne valeva decisamente la pena.
Poi Kuroo si staccò: forse si era sbagliato e si era immaginato che Tsukishima potesse ricambiare, ma subito il biondo si gettò sulle sue labbra, bisognoso di più contatto e il bacio si tramutò da qualcosa di dolce, casto e premuroso, quasi timoroso, in qualcosa di più impetuoso, come un acquazzone in piena estate.
Tsukishima sentiva il respiro spezzarsi, la mente che si svuotava dalle mille domande che precedentemente la abitavano. Kuroo d’altra parte era sorpreso: era sicuro si sarebbe alzato e l’avrebbe guardato male, ignorandolo per il resto del ritiro, ma invece lo aveva ricambiato. Decise di non soffermarsi troppo sul perché avesse deciso di dargli una possibilità e di concentrarsi sul ragazzo sopra di lui.
Dopo qualche minuto si staccarono nuovamente, entrambi imbarazzati dei propri gesti e timorosi del giudizio dell’altro. Kei si fece coraggio e prese parola.
“Devo dedurre di piacerti?” Chiese titubante. Se per altri poteva sembrare ovvio, per lui che faticava con le emozioni tutto ciò che non aveva nulla a che fare con dati scientifici e matematici era di estrema dubbiosità, materia completamente sconosciuta ai suoi occhi.
Kuroo rise sinceramente e Tsukishima temette di aver parlato troppo.
“Mi piaci molto Kei.” aggiunse subito dopo il moro e l’altro si rilassò, ma ecco che subito tornò quel suo lato sarcastico e critico per cui Kuroo impazziva, letteralmente.
“Forse dovresti provare a essere più chiaro e meno fastidioso.” si alzò dal moro e piazzandosi davanti a lui, gli allungò una mano e Kuroo si affrettò ad afferrarla sorridendo.
“Si, forse dovrei.”



Well well well, hello bitches! Alloora che dire, è la mia prima ff su questi due o comunque sul mondo Haikyuu (che sono felice di aver inaugurato con la KurooTsukki), quindi abbiate pietà di me hahah.
Ebbene sappiate che ho intenzione di scriverne altre perchè la quinta liceo non fa altro che portarmi alla disperazione e questo è l'unico modo per non gettarmi dalla finestra situata esattamente affianco al mio banco lol.
Spero vi sia piaciuta la storia e se avete voglia lasciatemi una recensione, a me farà piacere avere un vostro riscontro :)
-lus
   
 
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