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Autore: Ciuffettina    20/12/2019    3 recensioni
Come scoprire che Giobbe era davvero retto e giusto come tutti dicevano e non lo faceva per interesse? Ma con tre Prove!
Genere: Angst, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gabriel, Lucifero, Metatron, Michael, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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- Questa storia fa parte della serie 'Il dietro le quinte della Bibbia'
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Gabriel, come al solito, aveva deciso di strafogarsi di fichi per sfogare il suo malumore che non sapeva bene dove indirizzare. Da una parte era rimasto basito dall’assoluta mancanza di empatia e solidarietà da parte dei tre cosiddetti amici di Giobbe, dall’altra era deluso da Lucy che, ancora una volta, aveva deciso di fare la cosa sbagliata. “Ma quando imparerò che devo smetterla di sperare che tutto possa tornare come prima?
«Ehilà Gabe!» disse Lucifer, comparendogli davanti. «Non dirmi che ora mi tieni il broncio per uno stupido umano?»
«Più che arrabbiato, sono deluso da te» rispose Gabriel. «Ti rendi conto che se continui a comportarti così, nostro Padre non potrà mai farti tornare in Paradiso. L’avevo tanto sperato…» disse poi con voce più sommessa.
«Certo che può, non è onnipotente?» esclamò Lucifer con derisione. «Può fare tutto quello che vuole! Basterebbe una Sua parola e ritornerei in Paradiso con tutti gli onori e tutti quei pennuti dovrebbero ricominciare a rispettarmi come facevano all’inizio dei tempi, invece di chiamarmi “Satana” e a fissarmi con orrore come se avessi commesso chissà quale delitto. Ho una notiziona per tutti voi: il Diluvio Universale, le Piaghe d’Egitto e la peste a Gerusalemme non sono opera mia, quindi chi mai potrà aver sterminato tutti quegli umani, eh? Qualcuno di molto più crudele di me, immagino».
«Smettila di parlare così!» esclamò Gabriel spaventato. «Già ti ha bruciato le ali, vuoi suscitare ancora la Sua collera?»
«Cosa c’è? Sei preoccupato per me, fratellino?» gli domandò Lucifer cercando di sembrare ironico ma il tono era decisamente affettuoso.
«Certo che sì, stupido testone che non sei altro!» Si alzò sulle punte e lo abbracciò. «Mi hai sempre aiutato e difeso quando Michael e Raphael mi rimproveravano, lo sai che ti voglio bene e non voglio che ti succeda qualcos’altro di brutto…»
Lucifer ricambiò l’abbraccio, non l’avrebbe mai ammesso ma gli era mancato il suo dolce fratellino. «Ehi Gabe, chissà che cosa direbbero Michael e Raphael se ci vedessero in questo momento?»
«Direbbero: “Gli arcangeli non si abbracciano fra di loro”» rispose Gabriel divertito e imitando la voce austera di Michael.
«Già e soprattutto direbbero: “Un arcangelo fedele al Signore non se la fa col Diavolo”» aggiunse Lucifer, imitando invece quella piena di sussiego di Raphael e staccandosi dal fratellino.
«Ma perché non lasci perdere quella stupida scommessa e non dai ragione a Papà, così puoi tornare in Paradiso con noi?» gli domandò Gabriel.
«No! È una questione di principio!» rispose Lucifer, incrociando le braccia e facendo il broncio.
Gabriel ridacchiò leggermente.
«Che cos’è che ti diverte tanto?» gli domandò l’altro incuriosito.
«Sai… molti umani ti considerano l’esatta antitesi di nostro Padre, invece voi due siete più simili di quello che potrebbero immaginare… Tanto per cominciare siete testardi uguale… e pignoli… Se solo ti persuadessi che gli umani non sono poi così male…»
«Dici? Ti sei perso lo spettacolo di quel verme che si vantava oltre ogni dire. “Liberavo il povero che gridava in cerca di aiuto”» continuò con la voce in falsetto, «e l’orfano che non aveva alcuno che l’aiutasse. La benedizione del moribondo scendeva su di me e facevo esultare il cuore della vedova. Avevo indossato la giustizia ed essa mi rivestiva; la mia equità mi faceva da mantello e turbante. Ero occhi per il cieco e piedi per lo zoppo.” Praticamente sosteneva che, se non fosse stato per lui, nessuno li avrebbe aiutati, nemmeno Paparino. Sbaglio ma voi che ancora Gli date retta, non condannate la superbia?»
«In effetti, sì… Giobbe non dovrebbe vantarsi del bene che ha compiuto ma forse l’ha fatto per difendersi visto che quel trio, a parte aver mangiato il Frutto Proibito, lo sta accusando di ogni nefandezza».
«E fanno bene! Dai, fratellino, andiamo a scoprire se quel verme sta ancora vantandosi di essere l’unico deus ex machina del circondario» lo esortò Lucifer.
Gabriel si ficcò qualche fico nelle pieghe della tunica e seguì il fratello.

«Dici che aiutavi i poveri, le vedove e gli orfani» stava strillando nel frattempo Elifaz, «ma questa tua malattia dimostra tutto il contrario! Li opprimevi, altro che aiutarli!»
«Ma non è vero!» si difese Giobbe. «Fino a quando mi tormenterete e mi opprimerete con le vostre parole? Sono dieci volte che m’insultate e mi maltrattate senza pudore. Abbiate pietà almeno voi, amici miei... Perché vi accanite contro di me? È poi vero che io abbia mancato e che persista nel mio errore? Sono innocente? Non lo so più neppure io, detesto la mia vita! Ma perché Dio tratta male me, che mi sono sempre comportato correttamente, e non punisce piuttosto i malvagi che invece prosperano? Almeno allontanasse da me la Sua verga…»
«Oooh» esalò Lucifer compiaciuto, «ha appena detto che Paparino è ingiusto, non è un’ingiuria questa? A parte che io lo sto ripetendo da secoli».
«Semplicemente non capisce perché debba subire un castigo divino, visto che si ritiene un Giusto» rispose Metatron con astio e scrivendo nervosamente sul suo papiro.
«Un Giusto?» si stizzì Lucifer. «Come quei tre bei campioni? Lo sapete perché Giobbe è loro amico? Oh avanti, la risposta è ovvia ma avete paura a dirlo. Perché il vostro preziosissimo umano è esattamente come loro. Uno convinto che basti seguire tutte quelle regole assurde per non essere colpiti nemmeno da un raffreddore e che chi sta nell’indigenza non è un vero devoto, ma ora ha imparato che neppure lui è immune alle avversità» sghignazzò.
Giobbe guardò verso il Cielo. «Ti prego, non condannarmi! Dimmi perché mi sei avversario. È forse bene per Te opprimermi, disprezzare l’opera delle Tue mani? Perché devi scrutare la mia colpa e frugare il mio peccato, pur sapendo che sono innocente? Le Tue mani mi hanno plasmato e vorresti ora distruggermi? Sono stanco della mia vita! Perché mi hai fatto nascere? Almeno fossi morto subito! Se ho peccato, che cosa Ti ho fatto? Rispondimi! Perché mi hai fatto il Tuo bersaglio? Perché non perdoni le mie trasgressioni e non passi sopra la mia iniquità? Presto giacerò nella polvere…»
«Oh, magari fosse così…» sospirò Lucifer.
«Sei stanco di me? Allora uccidimi e facciamola finita!» gridò alla fine Giobbe esasperato.
Allora si fece avanti Elihu, figlio di BaRachel il Buzita, della tribù di Ram e disse: «Giovane io sono e voi già canuti siete; per questo ho esitato, per rispetto, a manifestare a voi il mio sapere, ma ora ascoltatemi; anch’io lo esporrò. Ho atteso le vostre parole, ho teso l’orecchio ai vostri argomenti ma nessuno ha potuto convincere Giobbe. Voglio anch’io dire la mia parte, anch’io esporrò il mio parere; mi sento infatti pieno di parole, mi preme lo spirito che è dentro di me. Dentro di me c’è come un vino senza sfogo, come un vino nuovo che squarcia gli otri. Parlerò e mi sfogherò, aprirò le labbra e risponderò. Non guarderò in faccia ad alcuno, non adulerò nessuno, perché non so adulare. Ascolta dunque, Giobbe, i miei discorsi, a ogni mia parola porgi l’orecchio. Ecco, apro la bocca, parla la mia lingua entro il mio palato. Il mio cuore dirà sagge parole e le mie labbra parleranno chiaramente. Attendi, Giobbe, ascoltami, taci ed io parlerò: ma se hai qualcosa da dire, rispondimi, parla, perché vorrei darti ragione; se no, tu ascoltami ed io t’insegnerò la sapienza. Ascoltate, saggi, le mie parole e voi, sapienti, porgetemi l’orecchio, perché esso distingue le parole, come il palato assapora i cibi…»
«Ma quando arriva al dunque questa scimmia parlante?» sbuffò Lucifer. «Mi vien voglia di farlo soffocare con la sua stessa saliva… anzi no… con un bel vino giovane, uno di quelli che squarcia gli otri» ridacchiò.
«Ma non puoi, mi hai fatto una promessa, ricordi?» gli disse Gabriel gentilmente.
«Sei tu che non ricordi: la promessa vale soltanto per i tre amici di quel verme, non per quell’impiccione che si è aggregato, quindi…» Alzò le dita, pronto a farle schioccare.
«Lucy! No!» lo supplicò Gabriel, afferrandogli il polso. «Ammetto che è veramente noioso e prolisso ma, per favore, non farlo».
«D’accordo, fratellino, però vado a farmi un giro, altrimenti non rispondo più di me». Volò via.
Quanto mai ho fermato Lucy!” pensò Gabriel dopo un po’, annoiato a morte dalla prolissità di Elihu il cui succo del discorso era: Dio non può, mai e per nessuna ragione al mondo agire ingiustamente.
In quel momento si sentì chiamare in Cielo.
   
 
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