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Autore: WhiteLight Girl    21/12/2019    2 recensioni
Fanfiction Crossover tra le varie serie di Digimon, in questa prima parte Tamers e Frontier, nella prossima Adventure.
Qualcosa si muove nell'acqua, non è un mistero che sia parte del problema, perché quando Izumi esce dall'ascensore l'acqua scorre sul corridoio davanti a lei e fino ai piedi dei suoi amici. Cosa ci fa quell'acqua putrida nell'ascensore del centro commerciale 109 di Shibuya? Da dove viene? Izumi probabilmente lo sa, ma non è in grado di rispondere a questa domanda.
Personaggi: Takato, Ruki (Rika), Henry, Ryo, Zoe (Izumi), Takuya, Koushi, Kouichi, Junpei (JP), Tomoki (Tommy), Guilmon, Renamon, Terriermon, MonoDramon...
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Senza fiato


Dopo aver impedito ad Izumi di avvicinarsi a Takuya, i dottori e Yamaki spinsero da parte lei e Junpei sotto gli occhi spalancati di Jenrya. Il ragazzo non capiva, fino a poco prima sembrava che tutto potesse andare per il meglio, invece aveva sentito le urla di Tomoki ed era accorso trovandosi davanti quella scena.

Takuya aveva i capelli in disordine, la camicia sgualcita ed il viso arrossato, solo a guardarlo si percepiva il suo nervosismo, gli altri erano più che altro sbigottiti, le bocche spalancate dallo stupore.

Izumi non sbatteva gli occhi, ma teneva le palpebre socchiuse e si protendeva verso chiunque le fosse accanto, se avesse spalancato la bocca sarebbe potuta sembrare uno zombie pronto a mordere un sopravvissuto.

«Richiudeteli da qualche parte; una camera o uno stanzino, non importa. Immobilizzateli.» disse Yamaki ai medici.

Loro li trascinarono fuori, Jenrya non potè fare a meno di restare immobile a guardare la scena, incapace di reagire, pensare o dire qualunque cosa. Takuya e gli altri sembravano essere più o meno nelle stesse condizioni.

Quando rimasero da soli in camera nessuno parlò; qualcuno aveva acceso la luce, ma Jenrya se ne accorse solo in quel momento.

«Cos’è andato storto?» domandò Tomoki.

Kouji strizzò gli occhi. «Avevi detto che stava bene, quello non è stare bene... è folle!» esclamò.

Takuya si riscosse, ebbe un sussulto, scosse la testa come per riprendersi e li guardò tutti a turno. Aveva ancora gli occhi fissi, strabuzzati, persi in chissà quale pensiero confuso, o forse alla ricerca degli ultimi pensieri perduti. Era evidente che non sapesse cosa dire.

Jenrya ripensò alla domanda fatta da Tomoki, sentiva ancora i passi dei dottori, di Yamaki e dei ragazzi che percorrevano il corridoio. Non aveva idea di dove li stessero portando, non gli veniva in mente una sola stanza di Hypnos che fosse adatta a quella situazione, né riusciva a capire come mai ora anche Junpei si comportasse in modo strano.

Sentiva le rotelle che giravano nella propria testa, ma era come se fossero inceppate e stridessero scivolando le une contro le altre; non riusciva neanche a capire cosa pensare.

Forse, pensò, Ryou avrebbe intuito qualcosa in più di lui e, per quanto gli dispiacesse, non aveva scelta che svegliarlo per consultarlo.

Fece un cenno ai suoi nuovi amici, loro esitarono un istante prima di decidersi a seguirlo fuori dalla porta.

A volte Yamaki permetteva ai ragazzi di usare una delle sale riunioni per chiacchierare o per organizzare le gite nel Digital World, una volta Jenrya aveva dimenticato un blocco di post-it sul tavolo e lui sperava che fosse ancora lì. Li trovò nel cassetto, li poggiò sul tavolo ed inviò un sms a Takato e Ruki per chiedere loro di raggiungerlo. Si domandò per un istante se contattare anche Hirokazu, Kenta e Juri, ma era certo che se fossero stati ancora nei paraggi si sarebbero presentati lì già da un bel pezzo.

Non aspettò che gli altri li raggiungessero per di prendere la penna in mano, iniziò subito a scrivere tutto ciò che sapeva.

Mentre Izumi dormiva aveva avuto modo di farsi raccontare da Takuya ciò che era successo, il ragazzo aveva parlato di un ascensore, di acqua corrente e di un bacio che c’era stato tra Izumi e l’altro ragazzo che aveva perso il controllo. Non aveva visto cosa fosse successo con Junpei, ma aveva ancora in mente il modo in cui la ragazza si protendeva verso Takuya o chiunque altro per raggiungerli. Si chiese se il suo intento fosse davvero quello di morderli, oppure se volesse semplicemente fare ciò che aveva già fatto a Kouichi. Forse li aveva sedotti o incantati con un bacio ed in qualche modo ora erano entrambi in suo potere, ma questo non spiegava il perché si fosse risvegliata all’improvviso per poi tornare ad essere la posseduta che era stata prima. Cosa poteva aver influito su questo?

Scrisse le parole chiave sui post-it e li dispose sul tavolo davanti a sé, poi rimase ad osservarle assieme agli altri.

«”Fuori controllo”, “Bacio”, “Acqua”, “Settori distrutti”, “ascensore”.» lesse Tomoki distrattamente. Aveva le occhiaie piuttosto marcate, per essere così giovane; Junpei si chiese da quanto tempo lui e gli altri non avessero fatto una buon sonno e stava quasi per domandarglielo, quando Takato spalancò la porta e si precipitò nella stanza incespicando e quasi ruzzolando a terra.

«Juri... L’incidente... Il lago...» ansimò, cercando di prendere fiato.

Rimase chino verso il pavimento, le mani sui gomiti e le gote arrossate per la corsa.

Jenrya e gli altri rimasero in attesa, dandogli tempo, ma lui scosse il capo e sollevò un dito, cercando di dire quello che doveva al più presto.

«Juri ha qualcosa che non va,» riuscì a dire dopo una manciata di secondi. «È andata al parco ed è sparita nel laghetto.»

Jenrya inarcò le sopracciglia, notò i pantaloni e le scarpe bagnate dell’amico ed intuì che Takato probabilmente si era buttato in acqua subito dopo di lei.

«Sta bene?» domandò.

Takato sollevò le braccia in un gesto teatrale. «Una parete d’acqua l’ha trascinata via!» esclamò.

Jenrya dischiuse le labbra, avrebbe voluto scusarsi per la propria insensibilità, ma la fatica dell’ultimo giorno e mezzo trascorso a cercare, combattere e camminare lo stava raggiungendo, quindi si limitò a tendere il braccio verso il post-it con sopra scritta la parola “acqua” ed a metterlo in cima a tutti gli altri.

«La ritroveremo.» disse a Takato con sicurezza. Non era il momento di perdere l’ottimismo.


In un altro momento, con una situazione simile e meno gente assonnata, i ragazzi avrebbero passato la notte ad Hypnos, invece andarono a casa, anche se controvoglia, in modo da lasciare la maggior parte dei letti ai loro ospiti. Rimase solo Ryou.

Il giorno dopo, Jenrya, Takato e Ruki si incontrarono nell’atrio subito dopo aver fatto colazione, avevano dormito profondamente per tutta la notte nonostante le preoccupazioni e non trovarono nessuno ad aspettarli. Kenta ed Hirokazu entrarono dalla porta poco dopo, freschi come rose e con un leggero accenno di un sorriso. Jenrya si chiese se qualcuno avesse pensato di informarli di ciò che era accaduto a Juri, ma lo sguardo perso di Takato gli fece capire che lui non ci aveva pensato e Ruki era tanto pensierosa da non aver fatto neanche caso all’arrivo degli amici.

Jenrya premette due dita alla base del naso. Certo, aveva dormito tutta la notte, ma sembrava non essere bastato e questo gli stava provocando un lieve mal di testa appena dietro l’orecchio destro.

Reika gli andò incontro, dalla sua espressione vuota non si riusciva ad intuire se portasse buone o cattive notizie, per cui quando li vide e si fermò le bastò un cenno perché tutti e cinque si affrettassero a seguirla dentro l’ascensore.

«Si sono svegliati.» disse loro quando le porte si furono chiuse dietro di loro.

L’ascensore partì con uno scatto che fece tremare le gambe a Jenrya, che non poté fare a meno di domandarsi se, a questo punto, non fosse meglio iniziare ad usare le scale.

Trovarono Ryou già in piedi, con MonoDramon al suo fianco, che fissava pensieroso le due teche in cui erano stati rinchiusi Izumi e Junpei.

«Credo che sia la luce del sole.» gli disse l’amico appena gli si avvicinò.

Qualcuno aveva attaccato dei vecchi giornali alle finestre per impedire alla luce di entrare, ma Izumi e Junpei ancora evitavano di voltarsi verso esse.

«Pensateci.» disse ancora Ryou alzandosi in piedi «Compaiono al tramonto e spariscono all’alba, loro non sopportano la luce, poi c’è quella cosa nel corpo della ragazza.»

Izumi ebbe un sussulto, Jenrya la guardò e la vide sbiancare, Tomoki si intromise e colpì Ryou ad un braccio.

«Non glielo avevamo ancora detto.» disse.

Ryou chinò il capo. «Ah, mi dispiace, non lo sapevo.» disse. Poi abbassò la voce. «Ma credo che sarebbe meglio controllare che non ce ne sia una anche nel corpo dell’altro ragazzo.»

Jenrya guardò Junpei, stava seduto sul fondo della teca e dava la schiena al vetro, sembrava smarrito e stanco, ma tutto sommato tranquillo. Invece Izumi iniziava ad agitarsi, batté due volte sul vetro per richiamare la loro attenzione ed alzò la voce per farsi sentire.

«Ragazzi, di cosa stavate parlando?» domandò.

Kouji, che era appena oltre il vetro, distolse lo sguardo, invece Takuya le si avvicinò e le sorrise. «Risolveremo tutto, te lo prometto.» le disse. E lei parve crederci, oppure sforzarsi di provare a farlo, perché sorrise e tornò a sedere.

«Vado a parlare con Yamaki per fare un’altra tac.» concluse, allontanandosi per uscire dalla stanza.


***

Juri aveva freddo, i vestiti bagnati le stavano appiccicati al corpo e le provocavano i brividi più intensi che l’avessero mai scossa. Aprì gli occhi e non vide nulla; restare a fissare quella oscurità, immobile ed annichilita dalla paura fu l’unica cosa che riuscì a fare. L’acqua le lambiva i fianchi, gelida e scrosciante, e quando gli occhi si abituarono riuscì a scorgere l’intreccio di rami che la circondava. Era in una buca, tutto attorno a lei ricordava un ammasso di radici, ma non c’erano alberi e la luminescenza di quelle sorte di artiglli attorcigliati le faceva pensare che non si trattasse di un tipo di pianta a lei familiare. Guardò in alto; non c’era uscita, era come se quella cosa che non era un albero avesse voluto intrappolarla richiudendosi sopra di lei.

Sfiorò con le dita ciò che aveva attorno, scoprendo che irradiava calore e che, poco a poco, esso aumentava assieme alla luminescenza emanata.

Il silenzio fu interrotto dal suono di una serie di strappi provenienti dall’esterno, il cuore le balzò in gola, nel sentirli. Qualcuno là fuori ansimava, forse a causa della fatica, ma lei non sapeva dire chi o cosa fosse né cosa volesse. Guardò in alto, sperando che Takato o Ruki fossero già arrivati da lei per portarla via, ma anche se i rumori continuarono a lungo sembrava che il suo possibile soccorritore non arrivasse mai.

L’ennesimo strappo, il cui suono la raggiunse più forte degli altri, le fece realizzare che non c’era nessuno sopra di lei. Il rumore veniva da dietro di lei e quando si girò poté vedere la mano che spuntava da alcuni viticci. Quando il ragazzo riuscì ad aprirsi un varco e Juri poté finalmente vederlo ebbe un tremito; non era Takato.

«Ti tiro fuori.» le disse lui.

Aveva il viso sporco di fango ed i capelli umidi, l’espressione tesa. Juri esitò.

«Andiamo, siamo nella stessa situazione, non ti farò del male.» insisté lui. «Mi chiamo Kouichi Kimura.»

Juri si fece forza e tese la mano verso di lui.

   
 
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