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Autore: LeapOfFaith1489    22/12/2019    1 recensioni
Per Anathema Bennet-Fell, figlia di un vicario e di una strega ripudiata, essere sotto la custodia di Aziraphale e degli Arcangeli è alle volte francamente frustrante. Soprattutto quando i suoi padrini si mettono in testa di accasarla con Newton Pulsifer, il ricco giovanotto che si è appena trasferito a Netherfield, per adempiere a chissà quale Piano Divino.
La situazione si complica quando Newt si rivela essere sotto la protezione dello scontroso Mr Crowley, un demone in incognito tra gli umani. Gabriel e gli altri ne sono consapevoli, e Anathema si fa sospettosa. Qualcosa non torna. Da quando i demoni collaborano con gli angeli?
Senza contare che Aziraphale e Mr Crowley sembrano aver iniziato da subito una guerra privata, fatta di costanti punzecchiamenti e discussioni infinite, segno di una totale incompatibilità e profonda antipatia reciproca...
Oppure, l'angelo e il demone stanno flirtando spudoratamente davanti all'intera società dell'Herfordshire e ai rappresentanti di Inferno e Paradiso.
Il che è ancora più preoccupante, alla luce del Piano Divino...
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Anatema Device, Aziraphale/Azraphel, Crowley, Newton Pulsifer
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Orgoglio e Presagi - Pride and Omens
A Pride&Prejudice-verse fanfic
 
Prologo – La freccia e il cerchio
 
L'eterno è un cerchio, e le vite umane a confronto non sono altro che frecce che vi passano attraverso. Alcune per caso; altre, perché hai deciso di lasciarti colpire, forse miscalcolando la traiettoria, forse sottovalutando il danno.
Che sarà mai, dopo tutto? Cinquanta, sessant’anni: un battito di ciglia, una carezza. Tra una manciata di secoli avrò dimenticato la piega di quel sorriso, il suono di quella risata. La mia mente non può contenere tutti i suoni del mondo mentre scivolo dentro le infinite casalle del tempo. Per proseguire nel mio compito, devo lasciarli andare.
Credevo di essere forte nella mia immortalità.
Ero solo un’illuso.
Non sapevo che ciò che ti tocca cambia la tua pelle, né che certi dardi sono fatti per attraversarti e lasciare un vuoto dietro di sé. Non importa che siano passati, perduti sul campo di battaglia – lapidi di legno e metallo senza nome né memoria: ti hanno messo dentro la loro traccia, ormai. L’intero che eri una volta è spezzato, la cicatrice è qui per restare.
Ridicolo, non è vero? L’umano è morto e sepolto, il suo ruolo nel piano ineffabile è stato giocato fino all’ultima carta. Eppure, tu lo porti ancora con te, e a volte il ricordo fa le tue ali più pesanti e il tuo cuore più lento.
Il breve tocco di quella vita leggera ti ha cambiato per sempre.
Cambiare. Possiamo farlo davvero?
Gli angeli sono come soli fermi in se stessi, non abbiamo bisogno di luce né di calore. Il nostro compito è emanare, non ricevere. Nasciamo perfetti – ma no, perdonate l'errore, la perfezione non appartiene che a Lei. Potrei dire piuttosto che nasciamo adatti, pronti ad adempiere al nostro scopo nell’economia del cosmo.  
Gabriel troverebbe di che obiettare anche su questo. Non sono mai stato adeguato, ai suoi occhi. Mai abbastanza integerrimo, abbastanza puro, abbastanza forte. Aziraphale, il Principato sempre in difetto di quell’oncia di Grazia che tutti gli altri angeli possiedono da sempre. Eppure, anche la mia vita è eterna. Anche io sono una forma ripiegata su se stessa; la mia solitudine è quella di tutti gli altri angeli.
Almeno, lo era.
Fino a che non ho lasciato che una linea retta attraversasse la mia vita.
 
*
 
Putrefazione. La emanano i vicoli, il rigetto delle fogne, il fango dentro cui annegano cani morti e piedi luridi di bambini.
Così tanti bambini, in questi bassifondi di una Londra che cresce incontrollata. Hanno le facce sporche, gli occhi giallastri, la pelle troppo tirata su zigomi che dovrebbero essere pieni. Tendono le mani verso Aziraphale, gli tirano il cappotto, chiedono una moneta. L’angelo ne produce una per ognuno, materializzandole tra le dita; poi, manda via i monelli di strada con un piccolo miracolo che li aiuti a dimenticare la presenza dei due angeli tra loro. La moneta? Trovata nelle fogne. Emersa sulla riva del Tamigi. Scivolata dalla tasca di un signore distratto. La mente umana adora inventare storie ed è rapida a sopperirne di plausibili. Nessuno sospetterà la verità.
Questo angelo, biondo e paffuto e scialbo, è facile da dimenticare. Al contrario delle monete che elargisce, o dell’essere che cammina pochi passi davanti a lui.
Tecnicamente, anche il collega di Aziraphale è un angelo; in realtà, la faccenda è più complicata di così. Sovrapposizione di dipartimenti, esternalizzazione delle mansioni aziendali. Aziraphale sa che non sarebbe saggio indagare sui cavilli di questa insolita collaborazione, e segue docile il lungo tabarro nero che oscilla sulle spalle strette. Per quanto sia indimenticabile, anche il suo compagno passa inosservato. Sotto il cappuccio cupo nessuno ha il coraggio di guardare. I ragazzini scappano via veloci al suo passaggio, il pugno stretto intorno alle monete come se ne andasse della loro vita.
In un certo senso, hanno tutte le ragioni di pensarlo.
“È uno spreco.”
La voce dell’angelo in nero dovrebbe suonare attutita, proiettata in avanti lungo la strada sudicia; eppure, Aziraphale la sente risuonare tutta intorno a sé, grottesca e distorta.
“Come, prego? “
“Non ne vale la pena. La tua moneta li farà sopravvivere soltanto una manciata di giorni di più. A cosa serve conquistare tempo in una vita così miserevole?”
Aziraphale tortura il bordo cilindro color crema, rigirandolo tra le mani prima di decidersi a calcarlo di nuovo sui ricci candidi. D’istinto, questo tono saccente gli fa storcere il naso, ma sa che deve mantenere una patina di cortesia professionale. Non può permettersi di scatenare una faida tra uffici.
“Questi umani, Azrael,” risponde con impettita solennità, “Non sono come noi. Per loro, un giorno può fare tutta la differenza del mondo.”
L'essere nel tabarro nero si ferma. Aziraphale nota un sussulto nelle sue spalle. Ci sono eque possibilità che il movimento sia stato prodotto uno scrollio, un sospiro, o una risata.
Oh, be’. Sarebbe un’impresa degna di nota, aver fatto ridere la Morte.
“Stai cercando di spiegarmi la natura degli uomini, Principato?”
A posteriori, suggerire quanto effimera sia la vita mortale a colui che è da sempre incaricato di falciarla possiede una certa nota di arroganza, Aziraphale lo riconosce. Tuttavia, non è il tipo d’angelo da rimangiarsi le parole. Ne apprezza troppo il peso per ammettere di averle usate, per una volta, a completo sproposito.
“Che cosa siamo venuti a fare qui?” chiede invece. “Credo di avere il diritto di saperlo, a questo punto.”
In quasi seimila anni da quando Adamo ed Eva sono stati cacciati dal Paradiso Terrestre, nessuno degli incarichi dell’ex Guardiano del Cancello Orientale ha mai coinciso con quelli dell’Angelo della Morte. Gabriel non ha voluto consegnargli alcun dettaglio, sostenendo che Azrael gli avrebbe mostrato le specifiche del lavoro sul campo. Camminano da ore, e ancora la Morte non ha degnato Aziraphale di mezza spiegazione. Questo Principato è stanco di essere trattato come un’appendice fastidiosa. Vuole la verità. Ne ha diritto, per dindirindina.
L'essere in nero si volta. I suoi occhi, orbite vuote in un teschio rinsecchito, ghiacciano tutta la Grazia nelle vene di Aziraphale.
“Io sono qui per raccogliere, come sempre. Questa volta, raccoglierai anche tu.”  
“Io..." il Principato boccheggia. “Ecco, non è il mio dipartimento, deve esserci stato un disguido burocratico. Forse dovrei conferire con la sede centrale prima di...”
“Casa Bennet. Siamo arrivati.”
Aziraphale guarda la porta che hanno di fronte. È socchiusa. Dall’interno provengono oscurità e sottile odore di putrefazione. La Morte scivola nella casa senza spostare la porta di un soffio. Il Principato esita sulla soglia.
“Non capisco, Azrael! Il mio compito non può...”
Dall’angolo di buio escono due sbuffi di fumo bianco; senz’altro, le anime raccolte dalla Morte. Aziraphale non riesce a trattenere una reazione istintiva, e salta indietro quando le figure incorporee, auspicabilmente scortate verso il punto di controllo di Raphael prima di essere redirette verso il Paradiso, sono seguite dalla ben più terrena figura di un ratto.
“Per tutto ciò che è santo!” L’angelo si aggrappa di nuovo alle falde del cappello, usandolo per tenere ancora più lontana la bestia che, a sua discolpa, sta proseguendo il proprio cammino ignorandolo completamente. “Non possono costringermi a cambiare mansione senza prima consultarmi, devo parlare con la sede centrale, Gabriel non ha l’autorità per assegnarmi...”
Il cilindro cade nel fango, quando dalla casa emerge il pianto di un neonato.
 
*
 
Cosa che diventa un cerchio, quando una linea retta lo spezza a metà?
Non ne sono sicuro, ma so che la mia forma è cambiata per sempre il giorno in cui, per la prima volta, ho preso tra le braccia la bambina.
Non ho deciso io di chiamarla Anathema. Dopo tutto, pur con qualsiasi altro battesimo, la freccia che mi avrebbe cambiato per sempre era già stata scoccata.
Ho sentito il suo uncino nel momento in cui ho portato quel peso leggero contro il petto, e il suo piccolo orecchio si è poggiato sul cuore di questo mio involucro umano. È stato il battito a placarla? Forse ha sentito l’amore divino. Eppure, ancora si dimenava per il freddo e la fame, e io non ho trovato nessun rimedio migliore.
Ho cantato per lei.
 
Lavender’s blue, dilly dilly, lavender’s green,
When I am king, dilly dilly, you shall be queen:
Who told you so, dilly dilly, who told you so?
‘Twas mine own heart, dilly dilly, that told me so.
 
Ho cantato per lei molte altre volte, negli anni a venire, contando all’indietro i giorni che avremmo potuto trascorrere insieme. Anathema, la ragazza rubata alla morte, e il suo angelo custode, un padrino goffo che fa del suo meglio e sa che quel meglio non sarà mai abbastanza. Lei ha vent’anni, adesso: due battiti di ciglia per me. Tra tre battiti berremo insieme un infuso di fronte al camino, e nelle sere d’inverno massaggerò le sue mani doloranti. Altri due, e dovrà appoggiarsi al mio braccio con tutto il suo peso se vorrà camminare. Altri tre battiti, e…
Le vite mortali possono spezzare il cerchio, e costringerlo a conoscere i propri confini. A volte sono ponti verso altri cerchi, altre stelle solitarie.
Se solo trovassi il coraggio di superare questo orgoglio immortale.
Se solo sapessi quali presagi seguire.
   
 
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