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Autore: reggina    22/12/2019    1 recensioni
Non è tutto oro quello che luccica. All’apparenza i Ross vivono una vita da sogno ma, sotto la superficie perfetta, in realtà non c’è dialogo ma solo incomprensioni e muto rancore.
Nell’arco di un pomeriggio tutto si sgretola. Julian e la sua famiglia si ritroveranno con una realtà tutta da reinventare.
Alla paura iniziale si sostituirà, poco alla volta, la meraviglia di ritrovare dentro di sé le risorse per fare il mestiere più difficile del mondo: il genitore.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jun Misugi/Julian Ross, Yayoi Aoba/Amy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È la stagione dei tifoni in Giappone.

Oggi è una giornata umida e orribile, con raffiche di vento così forti che sembra possano spazzare via ogni cosa.

Julian è così nervoso che gli tremano le mani e non riesce ad allacciarsi bene le stringhe del camice dell’ospedale, perché si sono perse da qualche parte sulla schiena.

“Aspetta. Ci penso io!”

La mamma lega i lacci con la stessa facilità con cui tirerebbe su la zip di un vestito elegante.

La stanza trasuda intimità e distacco al tempo stesso.

Andy ha sempre avuto una manualità straordinaria. Lo ha appena sfiorato eppure quel contatto è stato così vivo e vibrante che brucia sulla pelle di Julian.

“Grazie!”

È un momento di coinvolgimento emotivo totale che spiazza entrambi e la mano di Andy si contrae prima di ritirarsi da suo figlio.

“Ti ricordi quando mi hai insegnato come allacciarmi le scarpe?”

C’è una strana nota nella voce di Julian: un misto di nostalgia e dolcezza con cui contrastare la tensione.

Il coniglietto ha due orecchie. Gira intorno all’albero. E va nella sua tana. ” Recitano insieme come in uno sketch del passato, condividendo un ricordo dolce come zucchero filato.

Julian chiude un attimo gli occhi per riordinare le idee, cerca di controllare il respiro e di restare calmo.

Poi, con la brutalità dei sinceri, un po' kamikaze di verità e un po' bambino, dà voce alle sue emozioni.

“Ho paura!”


Mamma, ho paura !

Quante volte gliel’ha detto il suo Julian, da piccino!

Stavolta però non sono difronte al cattivo di un cartone animato, nel mezzo della lettura di una fiaba, al centro delle ombre che danzano di sera.

Suo figlio non ha paura soltanto che il futuro potrebbe essere diverso da quello che sogna.

È un ragazzino spogliato del suo essere riconoscibile ed entrato nell’anonimato dell’ospedale.

Ospite d’onore nel salotto di una casa sconosciuta, circondato da formichine laboriose infagottate di cuffiette e mascherine, che toccano, pungono, agganciano flebo, accarezzano, montano aggeggi vagamente inquietanti .

“Lo so che hai paura. E va bene che tu ne abbia e non abbia paura di dirlo. Va bene che tu non ti senta obbligato all’invincibilità, al coraggio imposto e alla forza a tutti i costi. Non vergognarti, non sentirti fragile. Non sentirti stupido, piccolo o sbagliato Julian.

Hai paura perché senza paura non si sta al mondo.”

Si siede sul letto accanto a lui e questa donna poco avvezza al calore delle carezze riscopre il conforto in un’abitudine persa, un gesto che travalica ogni lingua e cultura: cinge suo figlio in un abbraccio nel quale entra adulto e si stacca di nuovo bambino .

“Stavolta però possiamo avere paura insieme. Possiamo provare a conviverci o a sconfiggerla. Se mi lascia provare io ci sarò, ti amerò e ti abbraccerò quando ne avrai più bisogno.”

Una lacrima dispettosa si ferma in una piccola ruga ai lati degli occhi di Andy mentre le sue mani cercano di asciugare i tristi pensieri di Julian come un timido raggio di sole.


Amy resta in equilibrio precario sulla porta, vergognandosi come una ladra perché ha interrotto quell’intenso momento madre-figlio.

Sembra una fata del nord Europa così minuta, con i capelli ramati, le lentiggini e una gonna scozzese.

“Vieni avanti, tesoro!”

La invita la mamma di Julian, con un gesto aggraziato come una Regina che concede un permesso.

Poi recupera in fretta la borsa, decisa a concedere ai ragazzi un momento solo loro.

“Io vado a prendermi un caffè e a cercare tuo padre. Ti lascio in buone mani, Julian!”

Pudore e rossore fanno rima, soprattutto nel linguaggio universale del cuore .

Amy si sistema una ciocca ramata dietro l’orecchio per darsi un tono e si avvicina al letto sul quale è seduto Julian. Lo stupore sul suo viso dimostra che non si aspettava tanta intraprendenza; le sorride con timidezza: sembra pazzesco ma è intimidito dalla situazione.

“Sei nervoso per l’operazione?”

Si siede sul materasso rigido d’ospedale, vicino a lui come un angelo custode. È nervosa e parla a raffica non dando al ragazzo il tempo di una risposta.

“Domanda idiota, vero?! Ho una cosa per te!”

Un peluche a forma di gattino. Un maneki-Neko nero che si dice porti buona salute .

La sua zampa sinistra alzata fa sorridere Julian che sistema con cura il prezioso regalo sul cabinet.

“Non che tu abbia bisogno di portafortuna…”

“Manager smettila di parlare! Apprezzo davvero il fatto che tu non mi abbia lasciato solo oggi.”

Lei è spiazzata. Ha mascherato il suo disagio con un’esuberanza che non le appartiene ma lo smarrimento dura solo un attimo.

“Non sei solo Capitano. C’è un’intera squadra qui a fare il tifo per te: affacciati alla finestra!”

Nello spiazzo dell’ospedale un fazzoletto colorato di maglie gialle come il sole, come l’estate, come un limone profumato. L’energia della Mambo. <è> È Stephen, come il peggiore dei capo ultras a dare il la per uno spettacolo insolito in un luogo di quiete e tranquillità.

I compagni lo accompagnano con un breve coro da stadio, di incoraggiamento.

C’è solo un Capitano.

Combattiamo insieme a lui.

Julian uno di noi…Uno di noi.

Julian uno di noi .

L’emozione è palpabile ma il caparbio Ross tira indietro la testa, raddrizza le spalle e saluta i suoi compagni come un leader, come un uomo.


Forte di tutto quel sostegno, il momento di entrare davvero nell’anonimato, di diventare fantasma adesso gli fa un po' meno paura. Entra in sala-operatoria con un sorriso e con il “Fai il bravo” sussurratogli da suo padre che ancora gli risuona nelle orecchie.

   
 
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