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Autore: steffirah    24/12/2019    1 recensioni
A causa del lavoro del padre Sakura verrà ospitata a casa di una sua cugina, in una cittadina dal nome mai sentito prima, nell'estremo nord del Paese. Qui farà nuovi incontri, alcuni dei quali andranno oltre la sua stessa comprensione, mettendo a dura prova le sue più grandi paure. Le affronterà con coraggio o le lascerà vincere?
Una storia d'amore e di sangue, di destino e legami, avvolta nel gelo di un cielo plumbeo, cinta dalle braccia di una foresta, cullata dalla voce di un lupo.
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eriol Hiiragizawa, Sakura, Sakura Kinomoto, Syaoran Li, Tomoyo Daidouji | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Magia del Natale


 

Alla fine quel giorno ritornammo in quella che scoprii essere la camera di Syaoran-kun: era piuttosto sobria, ordinata e quasi spoglia, con un letto futon in bambù posto contro una parete color mandorla, sul quale c’erano pochi cuscini larghi foderati con un tessuto che sembrava ricamato a mano, un armadio relativamente piccolo in un angolo – se comparato a quello di Meiling-chan –, un cassettone di antica fattura quasi celato verso il muro, libri e quaderni su una scrivania e diversi fogli con matita, gomma e penna ben impilati accanto al letto, in prossimità di una lampada piuttosto lunga, di forma rettangolare, in legno e fogli di carta di riso. Senza farmi notare vi diedi una sbirciatina e mi accorsi che fossero degli spartiti, su cui erano tracciate note musicali a me quasi totalmente ignote – ad eccezione di ciò che dovevo studiare.
Gli chiesi quindi se stesse componendo qualcosa di nuovo e lui rispose che ci stava lavorando su già da un po’ di tempo, lasciandomi stupefatta. A quel punto mi fu inevitabile domandargli come mai, tra tanti strumenti, avesse scelto proprio il pianoforte. Lui mi spiegò che sua madre sapeva suonarlo e che quando da bambino si trasformava lei cercava di placarlo e alleviare il suo dolore con una musica pacificante; di conseguenza, aveva deciso di imparare per ricambiare ciò che lei aveva fatto per lui, per tutti quei mesi, tutti quegli anni.
Era commovente vedere che avessero un legame così forte, così intriso d’amore, sebbene a volte ne parlasse come se lei fosse una donna fredda e rigida. In cambio gli raccontai che anche mio fratello da piccolo aveva imparato a suonarlo da mia madre, sebbene lui avesse poi smesso, e a differenza sua non aveva mai realizzato alcuna composizione.
Dato che eravamo entrati in argomento, nella via di ritorno verso villa Daidouji continuai a parlargli della mamma, o almeno di quel che sapevo, chiedendogli di fare altrettanto con sua madre, anche perché mi aveva incuriosita parecchio scoprire che le erano state insegnate cerimonie tradizionali. Ero avida di sapere ormai, desiderosa di ascoltare e immaginare come avesse potuto vivere in Cina, come fosse cresciuta, quale fosse stato il suo vissuto e come sarebbe stato se fossero rimasti lì. Come sarebbe cresciuto lui, che tipo di esperienze avrebbe fatto, come sarebbe diventato.
Syaoran-kun, ovviamente, non poteva mettersi nei panni di sua madre per sapere le cose nel dettaglio, ma quel poco che riuscì a dirmi mi bastava per figurarmela. La vedevo che cresceva con le sue sorelle e i suoi fratelli, imparando ogni arte necessaria a poter divenire la donna ideale. La vedevo che imparava che non doveva essere un mostro, che doveva ammaliare, soggiogare, affascinare le sue vittime, le quali avrebbero dovuto essere esclusivamente persone con un eccesso di Yin. Per quel che avevo capito, la malvagità degli altri doveva riempire il loro corpo, il loro cuore, avendo essi una natura buona, Yang. Quel concetto mi portò a chiedergli se ciò valesse per tutti nel suo clan, ma Syaoran-kun mi spiegò che col tempo si erano create due ramificazioni distinte della stirpe e che si cercava di fonderle nuovamente insieme tramite il matrimonio affinché vi potesse essere un ritrovamento di equilibrio, sebbene la prole continuasse a mostrare una tendenza verso l’uno o verso l’altro.
Il precedente marito di Yelan-san, cioè il padre delle sorelle di Syaoran-kun, apparteneva pertanto alla linea “Yin” della famiglia. La madre aveva accettato in silenzio il matrimonio, sebbene non provasse nulla più che un semplice affetto e devozione per il coniuge, ma si riprese molto dopo la nascita delle figlie, anche perché dovette darsi molto da fare per tenere a bada la loro vivacità. Erano i suoi raggi di luce in una vita tenebrosa che le era stata imposta, finché poi non conobbe il padre di Syaoran-kun: entrambi si innamorarono perdutamente l’uno dell’altra.
Come già m’aveva detto, una volta che fu scoperta la loro relazione illecita ci fu uno scandalo e “ovviamente” vennero entrambi puniti per aver portato disonore in una delle famiglie più eccellenti e influenti di tutta la Cina, macchiandone il nome. Ne venne fatta una questione di Stato, ma per me non era ovvio per niente. Anzi, mi sembrava del tutto eccessivo. Tuttavia sapevo che quello era il passato e che, per quanto lo desiderassi, non si poteva fare nulla per cambiarlo.



Da quando Syaoran-kun mi aveva aperto un’altra porta per rendermi partecipe della sua vita erano trascorsi diversi giorni e, finalmente, si era giunti al Natale.
Come ogni anno, ero stata intrepida per tutta la settimana che lo precedeva. Un giorno, dopo scuola – quando nessuno di noi doveva rimanere per i club –, insieme a Chiharu-chan e gli altri andai in un negozietto in paese che vendeva molti articoli da regalo realizzati a mano. Erano tutti adorabili e alla fine decisi di donare a tutti un fiocco di neve, un alberello, una renna, un bastoncino di zucchero, un Babbo Natale o un angelo scolpiti nel legno, dipinti con colori caldi e solari in maniera molto verosimile, con un laccetto sulla sommità che permetteva di appenderli. Li presi per tutti coloro che conoscevo, quindi i miei amici, i membri della mia famiglia qui – ad eccezione di Tomoyo-chan, cui regalai un pendente per cellulare col ciondolo di una macchina fotografica rossa decorata con stelle di Natale – e la famiglia di Syaoran-kun, sentendo però che anche lui, come mia cugina, meritasse un regalo speciale. Ci pensai a lungo, a fondo, perché desideravo che in qualche modo, indirettamente, capisse quel che provavo per lui. Desideravo che fosse chiaro quanto fosse importante per me.
Alla fine ebbi un’idea geniale: acquistai sempre in quel negozio una boccetta grande quanto il mio pollice, un tappo di sughero e due fialette di brillantini dorati e argentati. La notte della Vigilia versai nella bottiglietta i brillanti, mescolandoli, e mentre ve li facevo scorrere dentro mi riempii di pensieri positivi: la mia gioia, la mia serenità, la mia speranza, la mia fiducia. Era tutto ciò che desideravo donargli. Feci sì che potessero mischiarsi perfettamente prima di richiuderli, aggiungendovi un fiocchetto rosato, all’interno della cui piega trascrissi qualcosa che speravo potesse strappargli un sorriso. Ecco, quello sarebbe stato il miglior regalo che lui potesse mai farmi.
Naturalmente, a casa Daidouji il Natale veniva celebrato in due modi: seguendo le tradizioni inglesi e quelle giapponesi. Alle seconde ero più accostumata, per cui mangiammo il pollo fritto (seppure non quello del KFC) e una torta di Natale con panna e fragole – a dir poco deliziosa –, accompagnati da tipiche canzoni natalizie, come “Jingle Bells”.
Ciò che rappresentò invece una novità fu, in primis, l’apparizione di un abete vero in giardino, affiancato da scatoloni pieni di addobbi. Piuttosto che affidarlo ai servitori chiedemmo loro solo di aiutarci mentre ce ne occupavamo noi stessi, avvolgendo l’albero con festoni, nastri, luci e perline, appendendo palle di natale, orsacchiotti, omini che sembravano fatti in marzapane, campanelle, fiocchetti e caramelle, mettendo sulla punta una grossa stella in cristallo. Al di sotto vi ponemmo i doni impacchettati, ma io misi da parte quello per Tomoyo-chan e Syaoran-kun, non tanto perché fossero diversi, quanto perché volevo consegnarglieli in privato. Riempimmo poi sia il giardino che tutta la casa con luci colorate e fiocchetti rossi e dorati.
La sera di Natale trovammo pertanto la tavola imbandita anche di tacchino ripieno di mirtilli, purè di patate, pudding e dolci con frutta candita o marzapane, decorati con agrifoglio, di cui ogni portata era divisa da ghirlande e spesse candele rosse. Ringraziai il fatto che ci fossero anche i nostri amici umani e Sonomi-san, altrimenti non ce l’avrei mai fatta a mangiare tutto quel ben di dio da sola. Quest’ultima, inoltre, non aveva badato a spese nell’abbellire la sua dimora, rendendola estremamente luminosa. E tale luce emisi anche io per tutto il periodo, sentendomi finalmente al centro del mio elemento: nell’aria si respiravano amore, serenità e gaiezza, era una stagione in cui ci si sentiva più buoni e si dimostrava il proprio affetto agli altri, vivendo in armonia.
Difatti quella sera, quando ci ritrovammo tutti insieme, umani e vampiri, non ci fu alcuna tensione, alcuna parete a dividerci: era come se ci conoscessimo da una vita. Persino Yelan-san mise da parte per qualche ora il suo stoicismo, lasciandosi travolgere dalla giovialità di mia zia.
Mangiammo quindi con allegria, sebbene i vampiri presenti cercassero di limitare al massimo le loro dosi, spesso persino fingendo, ma fortunatamente nessuno parve accorgersene. Ciò fu favorito anche dal fatto che eravamo un po’ tutti distratti dalle loro parole, mentre ci raccontavano delle usanze natalizie in Cina: anche lì si faceva l’albero, abbellendolo però con candeline, lanterne e ornamenti di carta colorati, e si mangiavano delle polpette di riso glutinoso, chiamate “tangyuan” o una cosa del genere. Fuutie-san disse anche che i taoisti usavano celebrare riti per poter ottenere il favore delle divinità ed evocare i fantasmi, dettaglio dinanzi al quale io rabbrividii da capo a piedi, mentre Naoko-chan si riempì di entusiasmo, volendone sapere di più. Alla fine Shiefa-san e Fanren-san chiarirono che “evocare i fantasmi” fosse solo un’iperbole per dire che, semplicemente, venivano venerati gli antenati, cosa che mi fece ritrovare un minimo di conforto.
Dopo mangiato noi adolescenti uscimmo a giocare a nascondino in giardino, proposta che partì da Meiling-chan, immediatamente approvata da Chiharu-chan; così ci dividemmo, lasciando contare Syaoran-kun e Yamazaki-kun, mentre noi ragazze ci nascondevamo. Eriol-kun preferì restare ad osservarci accanto a Tomoyo-chan, la quale, stando comodamente seduta su un dondolo sotto il portico, guidava un drone nel cielo per poterci fare delle riprese dall’alto. Non cambiava mai.
Mentre cercavo un buon posto isolato in cui acquattarmi rievocai il momento in cui mia cugina era entrata in camera mia quel pomeriggio, portandomi il pacchetto col suo regalo: ossia, il vestitino rosso acceso che stavo indossando. Era molto carino e natalizio, sulla stoffa vi erano tinti a mano degli agrifogli – non dubitavo neppure per un istante che non l’avesse fatto lei stessa –, aveva la gonna a campana che se giravo su me stessa si alzava tutta e lo scollo a barca bianco, con piccoli cristalli argentei. A quel punto le avevo dato anche il mio e quando lo aveva scartato si era mostrata contentissima, abbracciandomi gioiosa, correndo poi subito a mostrarlo a Eriol-kun.
Sorrisi tra me, lieta d’averla resa felice con poco, e mi venne un’idea. Considerando che Syaoran-kun era uno dei “cercatori” supposi che fosse meglio mascherare il mio odore come potevo, quindi corsi silenziosamente verso una zona lasciata in ombra del roseto, accucciandomi tra i cespugli, strofinando il viso e il collo contro le rose. Avevano un profumo soave e continuavo a chiedermi come potessero essere ancora in fiore in quell’arida stagione. Che c’entrasse la magia?
I miei ragionamenti furono interrotti dal non sentire più i ragazzi contare. Tenni i sensi all’erta, cercando di avvertire anche il minimo spostamento, ma dopo neppure due minuti mi vidi comparire Syaoran-kun davanti, sbucando dal nulla.
Soffocai un grido di spavento, portandomi la mano alla bocca, e lui sorrise beffardo, cantilenando sottovoce: «Trovata.»
Gonfiai le guance, lanciandogli in faccia un po’ di neve, sibilando: «Imbroglione.»
Mi guardò sbalordito. «Guarda che non è stato facile.» A questo mi sentii un po’ vittoriosa.
Pur restando inginocchiato si allungò verso di me, arrivando col naso contro il mio viso.
«Hai tentato di camuffarti.» Ecco, l’aveva capito subito. Tremai, percependo il suo freddo respiro così vicino. Mi sentii tutti i peli rizzarsi, con la pelle d’oca, mentre lui inclinava di poco la testa accanto al mio mento, inalando il mio odore. Dischiuse le labbra, pronunciando in tono basso: «Ma non serve a molto, Sakura. Io ti ritroverei sempre, ovunque.»
Mi sentivo sempre più confusa. Mi mancava il fiato, mi mancava il pensiero, mi mancava il cuore. Mi sembrava di morire e, nella frazione di un secondo, vidi le luci di Natale attorcigliate attorno alla struttura del roseto come se fossero grossi fari colorati visti in lontananza, che non facevano che allargarsi e fondersi in diversi vortici, frullandomi il cervello.
Mi ritrovai a terra, senza neppure sapere come, con Syaoran-kun affacciato su di me a fissarmi costernato.
«Che è successo?»
Era quello che volevo sapere anche io. Avevo avuto un mancamento? Ero svenuta?
Mi sentii andare a fuoco, i battiti del mio cuore accelerarono, forse andando a mille all’ora. Lo spinsi lievemente di lato, tornando seduta, portandomi una mano sul petto, tentando di tornare a respirare normalmente. Non potevo emozionarmi così. Non era corretto.
Mi alzai un po’ traballando, sostenendomi alla struttura, e solo allora ricordai il mio ruolo nel gioco, per cui corsi verso la tana; ovviamente Syaoran-kun mi superò, arrivando prima. Pertanto fui “catturata” e mi rincuorai nel vedere che c’era già Chiharu-chan, seduta sul legno del porticato.
La affiancai, sollevata, e lei mi cozzò col gomito, con fare allusivo.
«Ma guarda, sei stata la prima che ha trovato.»
Mi strinsi nelle spalle, non sapendo che dirle. Non potevo certo rivelarle che c’erano dietro questioni di sangue.
Attendemmo che tutti venissero trovati e, come al solito, Meiling-chan e Feimei-chan litigarono con Syaoran-kun insistendo di essere arrivate prima di lui. Dato che Yamazaki-kun favoreggiò il suo compagno d’armi, noi ragazze ci schierammo con loro, e tale rivalità diede vita, in maniera del tutto imprevista, a una battaglia di palle di neve. Anche quando fummo tutti fradici fino al midollo noi ragazze continuammo a rotolare nella neve, creandovi angeli col corpo aprendo e chiudendo le braccia e le gambe, per poi costruire dei pupazzi.
Verso la mezzanotte ci scambiammo i regali e fui contenta di vedere che tutti si erano messi in società, così un solo regalo poteva restituirmi mille ricordi.
I miei compagni di classe mi regalarono un quadretto d’ossidiana con fiocchi di neve fatti di cristalli, i membri della famiglia Li mi donarono una piccola palla di vetro con neve con all’interno quella che mi sembrava una pagoda cinese avvolta da un dragone rosso, Sonomi-san mi prese una collana con un fiore di ciliegio e da Eriol-kun ricevetti un bracciale simile a quello che diedi loro, ma con una goccia di smeraldo. Sapevo bene cosa indicava: simbolo di speranza, crescita, rinnovamento, rendeva chiari i pensieri e faceva sì che si potessero raggiungere con maggiore forza i propri scopi, senza arrendersi. Tra le tante cose, indicava anche un amore incondizionato ed era legato alla capacità di prevedere il futuro. Non potevo aspettarmi di meno da Eriol-kun.
Ringraziai tutti di cuore, erano doni stupendi, e mi sentii più leggera nel vedere che anch’essi sembravano aver apprezzato i miei, per quanto fossero abbastanza simili e si differenziassero in poco.
Attesi che ci salutammo, dandoci la buonanotte, prima di chiedere a Syaoran-kun di restare un altro po’ per potergli consegnare il suo regalo in privato.
Andammo quindi a sederci sulla panchina sotto il traliccio con le rose rampicanti e mi assicurai che non ci fosse più nessuno nel giardino, prima di scavare nelle mie tasche e porgergli il sacchetto contenente il mio regalo.
Lo vidi stupirsi al di sotto di tutte quelle luci natalizie.
«È soltanto un pensiero» bofonchiai umilmente, dentro di me pregando che lo apprezzasse.
Quando lo aprì i suoi occhi scintillarono, quasi rubando il luccichio contenuto nella boccetta. Prima che potesse aprire bocca gli mostrai l’interno del fiocchetto e lui lo voltò di poco, leggendo.
Chinai il capo, torturandomi le mani per il nervosismo, sperando di non aver esagerato. “Le tue stelle” era ciò che avevo scritto, e il motivo per cui lo avevo fatto era semplice: seppure a portata d’occhio, lui non aveva quasi mai la possibilità di ammirarle.
«Ho voluto rubare la polvere delle stelle e donartela, nella speranza che possa realizzare i tuoi desideri» sussurrai debolmente, tenendo lo sguardo fisso sulle mie dita strette tra di loro. «Lo so che non è vera, non è che ci siano state realmente delle stelle cadenti, basta che fingi -»
Mi zittì, posandomi due dita sulla bocca. Non mi mossi di un centimetro mentre si avvicinava cauto, posandomi per un microscopico istante le sue gelide labbra sulla gota sinistra, lasciandovi un leggerissimo bacio. Un istante che mi parve lunghissimo, in cui mi sentii precipitare in un dirupo senza fondo.
«Sakura… È il miglior regalo che tu avessi mai potuto farmi» mormorò accorato, allontanandosi, lasciandomi pietrificata, scossa, emozionata, in tumulto, col respiro bloccato in petto.
Mi prese poi le mani, sciogliendole da quell’intreccio, ponendo al centro di queste un pacchetto. Deglutii, non aspettandomelo, già con le lacrime agli occhi. Aprii la scatola dopo aver sciolto il fiocco e qui trovai un acchiappasogni con al centro la luna, e tutt’attorno le piume erano sormontate da piccole stelline. Non potevo crederci. Ci eravamo fatti un regalo simile.
Posò l’indice sulla luna, spiegando: «Questo sono io, e con ciò spero di poter riuscire a proteggerti anche a distanza. La trama di fili sono le mie speranze, i miei desideri, il mio augurio che tu possa fare sempre dolci sogni, catturando i tuoi incubi, intrappolandoli per farli dissolvere. Così potrai sentirti leggera e sempre serena» concluse, puntando alle piume.
«E le stelle?» domandai in tono roco, trattenendo a stento le lacrime. Mi stavo commuovendo.
Lo sentii sorridere quando rispose, indicandole una alla volta: «Quelle rappresentano te. Te che sei rimasta al mio fianco, senza sparire, anche dopo aver scoperto i lati oscuri di me. Te che hai perseverato e mi hai avvolto nella tua luce, anche quando io cercavo di allontanarmi per restare in ombra. Te che mi hai letto nel cuore, andando oltre la bestia che sono, accettando il mio vero io. Te che sei entrata nel mio mondo, spalancandomi le porte verso il tuo, facendomi capire che sì, è possibile convivere, comunicare, volersi bene e amarsi, perché non contano nulla le nostre differenze. Anzi, tu probabilmente neppure le vedi» ridacchiò, finalmente riconoscendolo.
Lasciò l’ultima stella, posando le dita sul mio mento, voltandomi verso di sé. E allora mi accorsi che i suoi occhi erano meravigliosi, più luminosi e splendenti di tutte le luci che ci circondavano.
«Sakura, meriteresti tutta la gioia, l’amore, la luce, le bellezze e la felicità di questo mondo. E so che forse non sarò molto bravo a darti tutto questo, alcune cose in particolare potrebbero essere impossibili per uno come me, ma voglio provarci. Voglio fare un tentativo e vederti sorridere.»
Trattenni un singhiozzo, non riuscendo a credere alle mie orecchie. Poteva mai essere vero?
«Mi hai detto di voler cercare la mia felicità, ma non è difficile trovarla: perché la fonte della mia felicità è il tuo sorriso.»
Non lo lasciai proseguire, sommersa da un fiume di lacrime e dolci emozioni. Mi gettai tra le sue braccia, smettendo di riflettere, piangendo contro la sua spalla. Non avevo mai ricevuto parole simili in vita mia. Così belle, così gentili, così piene di affetto.
«Sono felice, Syaoran-kun! Sono felice! Non sono mai stata così felice!» continuai a ripetere, sperando che lo capisse.
Lo stesso valeva per me: la sua felicità era tutto ciò che poteva assicurarmi felicità. La sua presenza bastava per sentirmi viva, forte e invincibile. La sua vicinanza era ciò che mi scomponeva, per poi ricompormi e farmi fiorire. Ed io amavo tutto ciò. Amavo lui, amavo i suoi pensieri, amavo i suoi gesti, amavo il suo essere, amavo le sue luci, amavo le sue ombre. Amavo il fatto che abbattesse le barriere e mi mostrasse le sue debolezze, come adesso che le sue braccia tremavano lievemente mentre mi cingevano, timorose forse di stringermi troppo, senza capire che invece io non ne avevo abbastanza. Non ne avevo mai abbastanza. Mi strinsi di più a lui, approfittando di quel momento nostro, e solo quando mi calmai avvertii le sue braccia rilassarsi contro la mia schiena.
«Anche io sono felice» sussurrò allora accanto al mio orecchio.
Al suono di quelle parole sorrisi verso il cielo invisibile, avendo trovato un universo d’amore qui, sulla Terra. Quella doveva essere la grande magia del Natale.










 
Angolino autrice:
Buona vigilia a tutti! E già che ci sto, vi auguro anche buon Natale e buon anno!
Spero che questo capitolo sia un buon regalo e che stiate trascorrendo delle splendide vacanze.
All'anno nuovo!
Steffirah
  
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