Ad Althea Clara Douglas, la
più bella
fra le Muse e la più dolce fra le Ninfe.
Il
16 giugno 1887 era un giovedì uggioso, in cui il sole faceva
capolino fra le
piccole nuvole sparse per il cielo. Il vento era leggero e fresco, che
birichino, scompigliava i capelli ai giovani rampolli e alzava le
austere gonne
delle giovani fanciulle. Era quasi insolito ritrovare giornate simili
nella
vecchia Londra. Il suo cielo era ormai infetto di quel veleno oscuro
che
proveniva da lontano e infangava l’azzurro. Nessuno ci faceva
più caso, tutti
lo sapevano, tutti guardavano, ma il fumo restava lì,
sospeso fra la terra e il
cielo, indeciso fra il dissolversi e l’addensarsi.
Dedalus
tossì più volte, cercando di mascherare il tutto
con un grazioso fazzoletto di
seta. Sarebbe stato sconveniente farsi soccorrere per così
poco, ma sentì la
gola bruciare così forte e le narici infuocate di fumo che
non riuscì più a
trattenersi.
«Maledette...»
mormorò cercando di controllarsi, ma gli attacchi di tosse
continuarono per diversi
secondi, incessanti.
Pochi
istanti necessari per far apparire Cadance sulla porta del giardino con
un’espressione trafelata e preoccupata. «Signorino,
vi sentite bene?» Mugugnò
indistintamente cercando di sedersi meglio sulla piccola sedia di
legno. «Signorino,
non dovreste stare fuori così a lungo, la vostra salute ne
risente.» La guardò
con disprezzo, nonostante stesse seduto lei se ne accorse e
abbassò il viso
impaurita. «Sono ordini di vostro padre signorino, non vi
rammaricate con me,
ve ne prego.»
La
osservò in silenzio per poi ripensare a suo padre e ai suoi
dannati ordini«Se
crede che io sia malato mi rinchiuda in un ospedale, sicuramente
vivrebbe
meglio di me in qualunque caso.»
Tossì
di nuovo, senza riuscire a nascondere più nulla.
«Portami dentro Cadance,
questo vapore mi soffoca.» La ragazza annuì
prontamente, ponendosi dietro il
ragazzo e spingendo delicatamente la sedia a rotelle. Dedalus
osservò la
piccola sala da the dove la cameriera lo aveva portato e si rese conto
di come
fosse stata lucidata in ogni singola parte. Le piccole vetrate erano
splendenti, i rari pezzi di porcellana erano stati puliti, i
meravigliosi vasi
indiani lustrati e i tappeti profumavano di incenso. Tutto
ciò lasció il
ragazzo dubbioso su chi potesse essere il possibile ospite che suo
padre stava
incontrando. Albert Hamilton non era un uomo amante della compagnia, se
non di
quella dei suoi familiari e tendeva a chiudere in sé tutte
le sue
problematiche. Da quando sua moglie era morta il signor Hamilton
evitava i
contatti con altri uomini e si dedicava esclusivamente alla sua
professione
medica.
Dedalus
sospirò al ricordo di sua madre e cercò di
scacciarlo dalla sua mente con altri
pensieri. «Il vostro the, signorino.» Non prestò nemmeno
attenzione, quando la
ragazza con un piccolo inchino si congedò, ma
posò lo sguardo sul vassoio e
sulle piccole tazzine di ceramica smaltata. Corrugò la
fronte, due tazzine?
Perché?
Improvvisamente
vide due piccole mani profumate coprirgli gli occhi e una voce
sbarazzina
sussurrare «Indovina chi sono, Dedalus?» Il giovane
rise coprendo con le sue
mani quelle della voce e accarezzandole. «Di sicuro qualcuno di molto
molto
impertinente, Althea.» Spostò le piccole dita dai
suoi occhi alla sua bocca e
le baciò delicatamente mentre la risata cristallina della
fanciulla
riecheggiava nella stanza. Althea lasciò le mani del ragazzo
spostandosi di
fronte e a lui, dove potette ammirarla nel suo elaborato vestito blu.
La
crinolettes azzurra e blu scendeva abbracciandole il fondoschiena e
scivolando
repentinamente fino a terra, lasciando all’osservatore il
compito di
individuare le forme della giovane donna. Il tutto non si poteva certo
affermare per la parte superiore del vestito. Il corsetto le stringeva
in vita
quasi impedendole di respirare, mostrando i morbidi fianchi ed
esaltando il
piccolo seno. Le braccia ricoperte da vaporose maniche che si
restringevano al
polso, lasciando nudi gli avambracci. La fluente e riccia chioma rossa
era
raccolta in una piccola cuffietta azzurra decorata da piccoli e
semplici fiori
di campo bianchi.
La
osservò inchinarsi con impertinenza di fronte a lui e
pronunciare un burlesco «Buon
pomeriggio, Sir Hamilton.» Dedalus rise accennando un piccolo
saluto con il
capo «Lady Douglas, è sempre un piacere
incontrarla, la prego si sieda a
prendere un buon the con me.»
Althea
rise e si sedette vicino a lui, liberandosi della cuffia mentre il
ragazzo la
fissava sornione con la tazzina in grembo. «Non
c’è bisogno di nascondere le
risate, sir Hamilton, quella cuffia è a dir poco orrenda, ma
lei sa bene che
mia nonna non transige sulle regole.» disse per poi prendere
il the.
«Non
ne dubito Lady Douglas, ma non trovo corretto che lei porti questi
costumi
corrotti in casa mia, il suo fidanzato non ne sarebbe affatto
felice.»
La
giovane sbuffò guardando di traverso il ragazzo
«Devi sempre mettere in mezzo
Edward?»
Dedalus
versò lo zucchero nel the bollente «Non ho ancora
detto niente di Edward, anche
se so perfettamente che è il tuo pensiero fisso da mesi
ormai.»
Le
parole gli morirono in gola.
Tacquero
entrambi, ben consapevoli di ciò che sarebbe accaduto di
lì a pochi giorni.
Edward era il facoltoso e ricco rampollo della famiglia Lennox. Alto,
moro,
istruito, abbastanza piacente da poter fare arrossire una dama con il
suo
sorriso. Libertino e amante del vino, ben conosciuto per il suo amore
verso le
donne e le buone annate, non altrettanto ben conosciuto per il suo
carattere.
Poco incline all’ascolto, prepotente e ben poco socievole con
chi non lo
desideri. La sua famiglia aveva già da tempo ipotizzato una
possibile unione
con i Douglas, famiglia ricca di possedimenti inglesi, ma senza
commerci nelle
colonie. Il padre di Althea non aveva visto occasione migliore per
inaugurare
un mercato fruttifero che poi avrebbe portato avanti il suo
primogenito, e chi
se non la sua primogenita poteva essere la sposa ideale per questo
giovane? Nel
giro di pochi giorni il contratto era stato stipulato e il matrimonio
fissato
per il ventisette giugno.
La
ragazza cercava di tenersi il più lontano possibile dal
promesso sposo,
conoscendo la sua fama, e cercando spesso rifugio presso il suo caro
amico
Dedalus.
Lui
e Althea si conoscevano fin dalla tenera età. Le loro madri
erano state grandi
amiche e sino all’ultimo avevano tentato di creare una
possibile unione fra i
due, ma Charles Douglas si era sempre opposto. Non avrebbe accettato un
impotente e un malato in casa sua, con il rischio di generare figli
simili a
lui e gravare sulla salute della figlia. Nonostante ciò
aveva convenuto a una
possibile amicizia fra i due che non avrebbe mai ostacolato.
Dopo
diversi secondi imbarazzanti Dedalus cercò di spezzare il
silenzio «Allora...Come mai da queste parti...?» la ragazza tacque,
avvicinandosi il the in
grembo, sentiva gli occhi grigi di lui osservarla curioso e
alzò timidamente il
capo «Sono venuta a salutarti, domani... Domani
dovrò partire per Bristol,
Edward vuole celebrare lì la cerimonia.»
Grigio
e blu in contrasto. I loro occhi si incontrarono, parlandosi molto di
più di
quanto avrebbero potuto le bocche. «Capisco... Immagino...
Sì, immagino di non
potervi raggiungere, non riuscirei a fare in tempo i
bagagli.» La vide
abbassare di nuovo il capo e una strana risata nacque in lui. Come se
non lo
avesse capito da tempo.
Fra
i due non era mai scorso buon sangue, avevano idee differenti su
diversi
argomenti, ma soprattutto entrambi desideravano la stessa cosa. Se
Edward era un
cacciatore incallito di donne, Dedalus aveva baciato la pelle di una
sola e non
ne avrebbe desiderata altra. Un giovane stratega e un poeta innamorato,
per
giunta infermo. Cosa potrebbe mai donare lui a una giovane fanciulla se
non le
sue poesie? Ma dei versi possono durare a lungo prima che la fiamma
diventi
troppo impetuosa?
Si
sporse verso di lei prendendo le mani fra le sue e baciandole.
«Ti auguro ogni
bene Althea, davvero. Mi... Mi rincresce non poter essere con te quel
giorno,
ma farò in modo che il mio regalo ti sia
recapitato.» guardò le sue labbra
tremare e i suoi occhi azzurri riempirsi di lacrime, e lui, impotente
le
osservava scendere. «Baciami Dedalus.»Tacque abbassando lo
sguardo e chiudendo
gli occhi«Spero... Spero che quel giorno ci sia il sole,
cosicché tu possa
risplendere...» sentì le sue mani fredde
sussultare e la sua voce sottile
colpirlo al cuore«Baciami Dedalus... Ti
prego.»
«No
Althea, non posso... Non chiedermelo.» La sua voce si fece
improvvisamente dura
al pensiero di Edward e di ciò che avrebbe potuto farle.
«Si... Si noterebbe.
Usciresti con i capelli in disordine e le labbra turgide...»
«Non importa.»
«A me sì invece.» esclamò lui con forza. «Secondo te lui non se ne accorge, Althea? Edward sarà pure uno sciocco, ma non uno sprovveduto. Sa... Sa riconoscere i segni dell’amore quando li vede.» Sospirò trattenendo le lacrime « E non sopporterà oltre.»
Le
fece voltare il viso, scoprendo un evidente segno rosso sul suo collo
che lo
lasciò stupito e amareggiato. «Althea...»
«Ha
cercato di baciarmi... Ma non gliel’ho lasciato fare...»disse coprendo con
vergogna il segno di quelle labbra ingorde e indesiderate.
Cercò di sporgersi
il più possibile per accarezzare quel punto macchiato da
quell’uomo, ma non ci
riuscì. Maledette le sue gambe e maledetto il suo corpo.
È destinato a perdere
la donna che ama per colpa loro, come può non odiarle? Come
può dover sempre
ottenere aiuto dagli altri? Come può avvicinarsi alla donna
che ama solo se
quest’ultima è ben disposta ad aiutarlo?
Perché non può prendere anche lui quei
baci con tanta facilità?
Percepisce
le sue mani fresche accarezzargli il viso malinconico e la sua fronte
aderire
alla sua. Come può non amare i suoi occhi tristi e inondati
di lacrime? Potrà
vivere senza di loro? Potrà vivere sapendo che lei
è stata violata da un altro
uomo? Potrà vivere sapendo che non sarà mai sua?
«Baciami
Althea.»
Lei
obbedì.
Althea Clara Douglas
sposò Edward
William Lennox il 27 giugno
Il 17 marzo 1888 Althea Douglas
diede
alla luce un bambino biondo che venne battezzato con il nome del padre.
Dedalus James Hamilton visse in
compagnia della sorridente Cadance fino alla sua morte, avvenuta il 3
luglio
Althea Clara Douglas
morì il 14 dicembre
1897 dopo il suo nono parto ad appena ventotto anni.