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Autore: aeru_    24/12/2019    1 recensioni
[Eren✘Armin]
[Attack On Titan AU]
Dal testo: “Niente mi può impedire di raggiungere i miei obiettivi: qualsiasi siano gli ostacoli, qualunque sia il prezzo da pagare, non importa con che mezzo, niente può fermarmi dal realizzare me stessa e i miei sogni.
Sembrerò machiavellica, e non biasimo certo chi mi considera tale, ma sono dell'idea che solo con questa filosofia si possa impedire alla vita di prenderti a pesci in faccia. Di questo, anni fa ne ero più che convinta.”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Mikasa Ackerman
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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     Niente mi può impedire di raggiungere i miei obiettivi: qualsiasi siano gli ostacoli, qualunque sia il prezzo da pagare, non importa con che mezzo, niente può fermarmi dal realizzare me stessa e i miei sogni.

Sembrerò machiavellica, e non biasimo certo chi mi considera tale, ma sono dell'idea che solo con questa filosofia si possa impedire alla vita di prenderti a pesci in faccia. Di questo, anni fa ne ero più che convinta.

 

     «Armin, hai saputo di Marco?»

 

     «Marco? Perché? Che è successo?»

 

     Si sa, i desideri di un cuore giovane sono come una tanica di benzina che infiamma con maggiore violenza l'animo già in subbuglio di un giovane adolescente. Soprattutto quello di una ragazza che, quando c'è in gioco l'amore, è capace di tirare fuori  il suo terribile e più recondito lato oscuro e infido: un lato che magari lei stessa non sa nemmeno di celare nel suo profondo.

 

     «Davvero non sai niente? Stamattina, durante la ricreazione, si è dichiarato a Jean.»

 

     «D-Dichiarato...? A—»

 

     «A Jean, sì. A quanto pare, è gay...»

 

     Davanti ai miei occhi non vedevo altro che un ostacolo, un impedimento alla realizzazione del mio sogno: il coronamento di un amore sbocciato tanti anni addietro e a cui anelavo disperatamente da tempo. 

Armin Arlert non era mio amico, ma gli facevo credere il contrario: gli regalavo sorrisi affettuosi e affezione, gli offrivo la mia amicizia e supporto, ma non si trattava che di un pietoso e subdolo teatrino, il cui fine era solo ed esclusivamente uno.

 

     «Disgustoso, non trovi? Essere omosessuali, dico.»

 

     «B-Beh... Penso che alla fine ognuno abbia i suoi gusti—»

 

     «Io non sarei mai amica di un gay. Che schifo... Ma lo sai come fanno sesso? Che orrore!»

 

     Mentivo, chiaramente. Non ho mai avuto niente contro gli omosessuali: a dire la verità, mi erano del tutto indifferenti. Tuttavia, non potevo fare altrimenti. Sapevo bene quello che stavo facendo, e avevo ben chiaro il risultato che avrebbe portato quella conversazione. 

Armin era un ragazzo molto solo. Non aveva amici, e difficilmente riusciva a relazionarsi con i nostri compagni di classe, talmente era timido e riservato. Io stessa, pur essendo sua compagna di classe, non avevo mai fatto caso alla sua presenza, e probabilmente, se le cose fossero andate diversamente, avrebbe potuto continuare ad essere così.

 

     «Tu non sei gay, vero? Armin?»

 

      «E-Eh?! Io... Ehm... N-No.»

 

     «Ne sei sicuro?»

 

    Era un pomeriggio come tanti, agli sgoccioli dell'ultimo anno di liceo. Quel giorno ero andata a casa sua, per studiare insieme e prepararci alle ultime interrogazioni del semestre. In camera sua, sorseggiando un succo di frutta fresco, mi guardava fisso con quei suoi grandi occhi turchesi, il visetto tondo e grazioso contratto in una smorfia spaventata. Incapace di parlare, si era limitato ad annuire con convinzione, seppure la concitazione trasparisse chiara e palese dal suo sguardo.

 

     «Sai, dopo che Marco gli ha confessato i suoi sentimenti, Jean era quasi sul punto di pestarlo di botte. Se non fosse stato per Eren e Reiner, che sono riusciti a tenerlo a bada, le cose sarebbero finite molto male.»

 

     «...»

 

     «Erano migliori amici. Che peccato.»

 

     «G-Già...»

 

     «E tu? Cosa avresti fatto al posto di Jean?» 

 

     Mi avvicinai a lui, allungai una mano per passare delicatamente le dita fra le ciocche della sua frangia bionda, che cadeva tutta disordinata su quella fronte contratta e un po' umidiccia di sudore. 

Gli sorrisi, imbarazzandolo al punto da farlo arrossire da capo a piedi, e proseguii sistemandogli nel frattempo il colletto della camicia: «Tu cosa faresti se un ragazzo ti dichiarasse il suo amore?»

 

     Indietreggiò di getto, deglutendo a fatica un groppo che gli era rimasto incastrato in gola. Abbassò lo sguardo puntandolo sul pavimento in parquet della sua accogliente e ordinata camera da letto. Gli ci volle qualche secondo prima di darmi una risposta, solo dopo aver liberato una risatina imbarazzata quanto isterica.

 

     «Io taglierei i ponti,» sbuffai facendo spallucce. «Preferirei non averci più niente a che fare. E tu?»

 

     «Io... I-Io lo rifiuterei. Insomma, i-io non...» borbottava, continuava ad incespicare e a mangiarsi le parole. «Non lo so. Penso... Penso che anche io taglierei i ponti.»

 

     «Ah, davvero? Mi fa piacere saperti d'accordo con me!»

 

     Gli diedi una poderosa pacca sulla spalla, soddisfatta della sua risposta. Mi misi a ridere contenta e spensierata, per poi riprendere in mano il libro di biologia e continuare quindi lo studio dal quale ci eravamo presi una breve pausa. Constatato il suo sollievo nel vedere la mia reazione, feci come se niente fosse. Non avevo bisogno di dire altro: ormai, ero ben consapevole di aver ottenuto ciò che volevo.

 

     «Mikasa, tu... Sarai sempre mia amica, vero?»

 

    «Che domande, Armin! Ma certo che lo sarò! Avrei qualche motivo per non esserlo?»

 

     Si era fatto piccolo piccolo tutto d'un colpo, accucciato sul suo letto, le ginocchia portate al petto e una parte del viso nascosta dietro di esse. Non sosteneva il mio sguardo, e direi sia stato meglio così: non sono certa dell'espressione che macchiava il mio viso in quel momento, ma lo sforzo che feci per simulare l'ennesimo sorriso confortante fu davvero immane, tanta era l'isteria e l'impazienza che cercavo con tutta me stessa di trattenere.

 

     «Io ho solo te ed Eren, lo sai... Vi voglio bene, non vorrei mai perdervi. Per niente al mondo.»

 

     Mi presi qualche istante. Gli carezzai delicatamente il capo dorato, per poi avvolgerlo con dolcezza fra le braccia: «Non preoccuparti,» gli sussurrai. «Staremo sempre insieme.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

     Io ed Eren eravamo amici dai tempi delle medie. Lo conobbi grazie alle nostre madri, vecchie amiche ritrovatesi per puro caso dopo tanti anni al supermercato. 

Era diventata una consuetudine per me andare a casa Jeager, e mi piaceva molto stare lì.

Fui attratta da lui sin dal primo momento: si trattò di amore a prima vista, ed è per questo che feci di tutto per avvicinarmici e diventargli amica. Quando poi mi disse avrebbe frequentato il mio stesso liceo, persi la testa: è per forza un segno del destino, mi ero detta.

 

     Prima di iniziare le superiori, avevo Eren tutto per me. Ero io la persona che gli stava più vicina, la sua amica speciale, compagna di avventure e divertimenti. Ero la sua migliore amica e, col tempo, ero convinta che prima o poi il nostro rapporto sarebbe andato incontro ad un'evoluzione felice: era solo questione di tempo... Se solo non fosse stato per Armin Arlert.

 

     Quando entrò nelle nostre vite, tutto prese ad andare per il verso sbagliato.

 

     L'anno in cui iniziammo il liceo, si era trasferito nel condominio di Eren: me lo presentò uno dei tanti pomeriggi in cui ero andata a trovarlo. Inizialmente, non è che mi importasse granché di quel biondino, anche se fin da subito fui turbata e infastidita dal suo arrivo, quasi il mio sesto senso stesse già lanciandomi dei segnali di allerta. Mi sforzai di non darci peso, pensando che, vista la sua indole solitaria e timida, se anche Eren si fosse deciso a farci amicizia, si sarebbe presto stufato e che, in ogni caso, sarei sempre e comunque rimasta per lui più importante di chiunque altro.

 

     Ma mi sbagliai.

 

     Più i mesi passavano, più mi accorgevo di venire messa da parte, e nel frattempo l'amicizia tra i due si faceva di giorno in giorno sempre più forte e stretta. 

Eren non aveva più tempo per me. Aveva sempre da fare con Armin, che presto capii essere un vero e proprio asociale: al di fuori di me ed Eren, non frequentava nessun altro.

 

      Stufa di essere tagliata fuori da ogni sua iniziativa, pensai che avvicinandomi ad Armin avrei potuto forzare ad entrambi la mia presenza e magari sentirmi meno distante da Eren: a costo di avere quel biondino tra i piedi per poter tornare a stare con lui, avrei fatto qualsiasi cosa. Così anche io divenni sua amica, e riuscii inaspettatamente a costruire un'amicizia forte tanto quanto quella che aveva con Eren, al punto che era sempre Armin a rendermi partecipe dei loro programmi. Tuttavia, per quanto Eren cercasse di non darlo a vedere, era chiaro preferisse stare con Armin. A quel punto, fu lampante il fatto che, oramai, ero diventata la numero due. 

 

     Non potevo sopportarlo.  

 

     Il tempo passava, e mentre la loro amicizia si faceva sempre più intima, nel mio cuore continuavo a coltivare invidia e odio per quel ragazzino che mi aveva usurpato del posto che ero riuscita a guadagnarmi nel cuore di Eren. Tentai di organizzare delle uscite sola con lui, nella speranza di potermi riavvicinare e, magari, trovare anche l'occasione per dichiaragli finalmente il mio amore, ma anche quando non era presente, Armin continuava a frapporsi fra me ed Eren.

 

     «Ti va di andare in questo bar? Ho sentito dire che qui fanno delle brioches fantastiche!»

 

     «Cavolo, se sono fantastiche! Ma non ci sei mai venuta? Io e Armin ci andiamo spessissimo: mangiamo delle bombe al cioccolato che sono la fine del mondo!»

 

     «Ah...»

 

     Era oltremodo frustrante. 

Eren non faceva altro che parlare di quel biondino: i suoi pensieri erano costantemente rivolti ad Armin, e nemmeno nelle volte in cui uscivamo da soli insieme riusciva togliersi di bocca quel dannato nome. 

Giunta in quinta superiore, disperata, pensai fosse arrivato il momento di giocare la mia ultima carta. Credetti che dichiarandogli il mio amore, le cose sarebbero cambiate in qualche modo, e sicuramente per un verso positivo: nonostante l'evidenza, insistevo a illudermi di essere per lui speciale più di chiunque altro, anche più di Armin.

 

     «Eren, ho bisogno che adesso tu mi dia ascolto...»

 

     «Aspetta, Mikasa. Scusami, ma anche io devo parlarti: è molto importante.»

 

     «A-Ah... Davvero?»

 

     «Devo confessarti una cosa...»

 

     Nella mia testa, mi ero già proiettata il finale perfetto: si sarebbe dichiarato lui prima di me, io sarei scoppiata in lacrime per la gioia e avremmo concluso la scena con un dolce e appassionato bacio. Forse, è proprio perché mi ero costruita quel roseo e affascinante castello in aria che in seguito la delusione è stata poi incommensurabile.

 

     «Mikasa, io...»

 

     «...?»

 

     «E-Ecco... Mi piace Armin.»

 

     Il pavimento sotto i miei piedi parve dissolversi, ed io iniziare un'inesorabile discesa in un baratro senza fine. Bastarono quelle parole a farmi sprofondare all'istante. Ero allibita. Mi caddero le braccia, rimasi a fissarlo con occhi vuoti, che in pochi istanti presero a riempirsi di tante lacrime amare. Lacrime che sforzai con tutta me stessa di trattenere.

 

     «Ti piace... Come amico?»

 

     «N-No, Mikasa. Mi piace in quel senso. Insomma... Penso di essermi innamorato.»

 

    «A-Ah...» Abbassai lo sguardo, il volto sconcertato e la voce strozzata e flebile quanto un sussurro. «Quindi, tu sei... Sei gay?»

 

     «Non lo so. Può essere. Insomma, io sento solo che mi piace, ed è così da tre anni, ormai.»

 

     «...»

 

    «Mikasa, tu sei la mia migliore amica: sai quanto io mi fidi di te e quanto ti voglia bene... Avevo davvero tanto bisogno di parlartene.»

 

     Il suo grugno perennemente imbronciato, quel giorno, era disteso e acceso da un intenso rossore. Non reggeva il mio sguardo: i suoi occhi smeraldini puntavano fissi il pavimento, il capo schiacciato da un imbarazzo che non riusciva proprio a reggere. Era la prima volta che lo vedevo in quello stato. E il fatto di non essere la causa di quel comportamento, non faceva che aumentare il dolore della stretta che mi soffocava il cuore.

 

     «C-Capisco...» 

 

     «Ora ti faccio schifo, non è vero? Sai, lo capirei. Devo essere fuori di test—»

 

     «No!»

 

     Mi avventai su di lui, lo abbracciai con impeto cogliendolo di sorpresa. La gola mi bruciava, così come il petto, mentre gli occhi traboccanti di lacrime pregavano per svuotarsi all'istante. Trattenni il pianto e i singhiozzi, stringendo Eren a me con tutta la mia forza.

 

     «Non è affatto così, Eren! Non potresti mai farmi schifo! Io ti... Ti voglio bene, e continuerò sempre a volertene!» Parlavo con voce strozzata e lieve, minacciavo di scoppiare in lacrime a momenti. «A me non importa niente di chi tu sia innamorato, io ti sosterrò! Qualsiasi cosa succeda, ti resterò accanto e starò sempre dalla tua parte!»

 

     Le sue braccia forti e un po' tremanti mi avvolsero a loro volta, spingendo il mio cuore a fare una capriola. Mi strinse forte, il suo viso sprofondato nell'incavo nel mio collo, scaldato dal suo respiro caldo e tremulo quanto la fiamma di una candela. «Grazie, Mikasa» sussurrò con dolcezza. «Sei un'amica fantastica.»

 

     Se da un lato il mio cuore era divorato dal dolore e dall'amara disillusione, dall'altro sentivo i morsi della rabbia più folle iniziare a divorarmelo pezzo dopo pezzo: presto, questa inghiottì anche la tristezza, e mi ritrovai a vedere solo rosso. 

 

    Fu proprio lì che capii esattamente che cosa dovevo fare.

 

    Quella volta, Eren mi disse di volersi dichiarare ad Armin. L'avrebbe fatto l'ultimo giorno di scuola, prima della maturità. 

Io gli assicurai che avrei fatto il tifo per lui, sforzandomi con tutte le mie forze di piegare le labbra in un sorriso confortante. 

Mancava solo un mese alla fine dell'anno. Avevo ancora tempo... Tempo per far tornare tutto come prima, e magari volgere la situazione a mio favore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

     Quando ebbi quella conversazione con Armin, a casa sua, sapevo già che Eren aveva intenzione di dichiararglisi: nessuna delle parole pronunciate in quella stanza era stata abbandonata al caso. 

 

     Mancava solo una settimana al termine della scuola, ed io continuai ad attenderne con grande pazienza l'ultimo giorno. Ogni qualvolta Eren mi contattasse o scrivesse per sfogare la sua ansia e la frustrazione, mi impegnavo a dargli tutto il sostegno e il coraggio di cui aveva bisogno: «E ricordati,» gli dicevo sempre, «non importa cosa accadrà, io ti starò sempre accanto.»

 

     Aveva dato appuntamento ad Armin nel parco del loro quartiere, subito dopo la scuola. Nonostante la curiosità fosse ormai incontenibile e la tentazione molto forte, decisi di trattenermi dal raggiungerli per assistere in segreto al tutto. 

Attesi paziente fino a sera col cuore in preda ad una maratona sfrenata. Controllavo ossessivamente il cellulare ogni due minuti, sperando sempre di trovare la notifica di un messaggio di Eren. Tuttavia, per un suo segno di vita dovetti attendere fino alla mattina seguente: mi chiamò per chiedermi di poter venire a casa mia quello stesso pomeriggio. Aveva una voce grave, incolore come mai l'avevo sentita prima d'allora. 

Quando si presentò da me, non potei non fare caso ai suoi occhi rossi e gonfi, come agli aloni violacei da cui erano circondati. Aveva uno sguardo vuoto, il volto scuro e abbattuto.

 

     «Gliel'ho detto,» biascicò infine.

 

     «Davvero?»

 

     «Credeva lo stessi prendendo in giro.» ridacchiò. «Mi ha detto di non essere gay, e giustamente di non potermi ricambiare.»

 

     Una lacrima solcò il suo viso. Tirò su col naso, sforzando un'espressione fredda e impassibile. Gli presi la mano, la strinsi con affetto cercando il suo sguardo afflitto.

 

     «E ha aggiunto che adesso, stando così le cose, si sente a disagio a continuare la nostra amicizia. Probabilmente, non vorrà più avere niente a che fare con me.»

 

     «...»

 

     «Lo sapevo.» borbottò stropicciandosi rapido gli occhi umidi. «Sapevo che sarebbe andata così. Figuriamoci. Sono io quello strano, lo so benissimo...»

 

     «Eren, tu non—»

 

     «Ma allora... Perché cazzo continuo a piangere?!»

 

     Quando la sua voce venne spezzata dal pianto, il mio corpo agì di sua spontanea volontà: lo abbracciai forte, abbandonandomi ad un pianto lungo e disperato. 

 

     «Io non ti lascerei mai così, Eren! Mai! Io ci sarò sempre, te l'ho detto! Io... I-Io ti amo!» I miei sentimenti traboccarono finalmente dal mio cuore, ormai saturo di essi e incapace di riuscire a trattenerli. «Io non ti vado bene, Eren? Non ti piaccio neanche un po'?»

 

     Lo strinsi a me con più impeto, strusciando il viso sul suo petto caldo e accogliente, mentre lui rimaneva inerme, rigido e impietrito. 

 

     «Ti consolerò, e non ti abbandonerò mai! Sarò tutto ciò che vorrai: un'amica, una compagna, una parente... Qualsiasi cosa, tutto! Sarò la spalla su cui potrai appoggiarti, il sostegno di cui avrai bisogno ogni volta che vorrai!»

 

     «M-Mikasa—»

 

     «Posso renderti felice, Eren! Posso farlo, davvero! Devi solo darmi una possibilità... Una sola...»

 

     Preda alla disperazione e ai singhiozzi che non riuscivo a soffocare, mi accoccolai con più forza al suo petto: trattenevo il fiato, cercavo di ritrovare la calma e di ricompormi, ma niente valeva i miei sforzi. Continuai così, a piagnucolare come una bambina, finché il tocco dolce della mano di Eren non si posò sul mio capo, spingendomi ad alzare lo sguardo umido di lacrime.

 

     Mi asciugò il viso, passando poi una mano fra le ciocche corvine della mia frangia. Non disse una parola, solo mi abbracciò: mi strinse a sé, carezzandomi la schiena di tanto in tanto, e lasciando affondare il volto nell'incavo del mio collo. Ricambiai la stretta, strinsi e tirai la stoffa della sua maglia, stringendo i denti per non cedere di nuovo ai singhiozzi. 

 

     «Grazie, Mikasa...»

 

     Quelle due parole mi convinsero del fatto che non avevo niente di cui pentirmi per ciò che avevo fatto. E tutto quello che sarebbe accaduto di lì a qualche mese, non fece altro che ribadirlo con più convinzione.

Quel giorno assaporai finalmente la vittoria, l'impagabile e tanto agognato sapore di un sogno diventato finalmente realtà. 

 

     Da quel giorno, Armin non si fece più sentire da Eren, e viceversa. Io non lo cercai mai più: concluso il liceo, lo cancellai definitivamente dalla mia vita.

 

     Col fatto che Eren ed io ci trasferimmo fuori città per l'università, non avemmo nemmeno più occasione di vederlo. 

Non parlammo mai più di lui, soprattutto Eren, né ci dimostrammo intenzionati a sapere che fine avesse fatto finite le superiori. 

Avevo ottenuto ciò che volevo: la loro amicizia era stata distrutta e Armin Arlert non si sarebbe mai più messo in mezzo fra me e il mio amore.

 

     Eren ed io tornammo ad essere il duo che era nato durante gli anni delle medie e, ben presto, quell'evoluzione in cui avevo tanto sperato da bambina finalmente si concretizzò: poco dopo la nostra prima sessione di esami, verso i primi di Marzo, io ed Eren ci mettemmo insieme.

 

     Da allora sono passati quasi due anni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

     Manca poco alla laurea. 

Eren viene spesso a trovarmi al mio appartamento: dietro la scusa di studiare e darci una mano l'un l'altra con la tesi, recuperiamo il tempo che gli impegni quotidiani ci portano via per stare un po' insieme.

Tra qualche mese festeggiamo il nostro secondo anniversario. Con l'occasione vorrei tanto proporgli di trasferirci insieme, visto che frequenteremo la stessa magistrale. 

 

     In questi ultimi tempi, le cose fra noi sono andate particolarmente bene: è un ragazzo tanto premuroso, sebbene sia spesso goffo e un po' brusco; gli piace viziarmi e si preoccupa sempre per me. Certo, mai più di quanto io mi preoccupi per lui.

 

     «Come va il raffreddore?»

 

     «Sta passando... ETCIÙ

 

     «Come no... Devi coprirti meglio, hai capito? Vieni, ti preparo un po' di latte e miele.»

 

     «Ma ti sembro un poppante, Mikasa? Dai, è solo un raffreddore.»

 

     Mi piace prendermi cura di lui. Mi fa pensare al futuro, magari non troppo lontano, quando forse vivremo insieme sotto lo stesso tetto: lui sarà un impiegato che tornerà a casa la sera dopo una lunga giornata di lavoro, ed io una brava moglie ad aspettarlo con la cena pronta, insieme ai bambini... No, non penso di fantasticare troppo: ora come ora, non è poi così impossibile la realizzazione di questo scenario — e in ogni caso sono pronta ad impegnarmi a fondo affinché sia così!

 

     Dopotutto, stiamo bene insieme. Molto più di quanto avessi potuto sperare. Insomma, le cose fra noi funzionano. Chiaro poi, come in ogni relazione normale che si rispetti, i bisticci non mancano di certo. Anche se negli ultimi tempi capita sempre più spesso: siamo entrambi piuttosto stressati, visti gli impegni universitari e la laurea che incombe. Niente di cui mi preoccupi, in ogni caso.

 

     Ora più che mai, mi sento felice. Presto potrò considerarmi a un passo dalla mia completa realizzazione: con un buon titolo di studio e al fianco del ragazzo che ho sempre amato, mancano solo un buon lavoro, una casa e il matrimonio. 

Ho lavorato sodo per arrivare a tutto questo: è stato un cammino lungo e impervio, costellato da ostacoli e scelte difficili da prendere. La fine è pressoché vicina, talmente tanto che posso riuscire ad intravederla, e proprio per questo non sono pronta a rinunciare a nessuna delle conquiste fatte finora, come non posso permettermi di fermarmi adesso. Andrò avanti sicura e a testa alta, supererò le difficoltà e mi sbarazzerò di chi vorrà mettersi sulla mia strada. Io avrò il mio lieto fine, costi quel che costi: niente mi farà tornare indietro.

 

     Eppure, se fino a due settimane fa ero fermamente convinta di questa filosofia che ha sempre guidato ogni mia decisione nella mia vita, un evento inaspettato, un vero e proprio fulmine a ciel sereno, ha per un attimo scosso la rosea realtà che con questa condotta ho faticosamente costruito. Per la prima volta dopo tanti anni, sono stata colta da un'angoscia che non avrei mai più voluto assaporare, e che ero convinta di essermene sbarazzata per sempre.

 

     «Oggi ho visto Armin.»

 

     Quella sera, Eren era rimasto assente tutto il tempo, assorto in chissà che pensieri. Quando trovai il coraggio di domandargli se fosse successo qualcosa, mi disse di aver beccato Armin per strada. Mi è bastato sentirgli pronunciare quel nome per sentirmi subito lo stomaco venire stretto da una morsa ferrea, talmente forte da mozzarmi il fiato per un attimo.

 

     «Ah... E gli hai parlato?»

 

     «No. Non mi ha proprio visto.»

 

     «Mh. Meglio così.»

 

     «Già...»

 

     Io mi sono sempre fidata di Eren. Lui adesso sta con me, ed è una persona fin troppo leale e fedele per farmi un torto: non mi lascerebbe mai per qualcun altro, neanche se si tratta di Armin. Ma se ne sono così convinta, perché mi sento così? Soffocata e oppressa da questo irreprensibile turbamento ogni volta che mi torna in mente l'espressione afflitta di Eren di quella sera, la stessa di quando mi disse essere stato rifiutato da Armin.

 

     «Non vuoi restare da me, stanotte?» Poco fa, poco prima che se ne andasse, ho cercato di trattenerlo. «Ormai si è fatto tardi, e io ho voglia di stare ancora con te...»

 

     «Non posso, Mika. Domani mattina devo svegliarmi presto e andare a lavoro. Ritornerò la sera, e resto da te fino a domenica. Che ne dici?»

 

     Mi ha dato un affettuoso bacio sulla fronte, regalandomi uno dei suoi sorrisi più premurosi e dolci, e se ne è andato lasciandomi così. Insoddisfatta e triste me ne sono tornata allora in camera. 

 

     Butto un occhio sull'ora, constatando che sono le ventuno passate. Cerco di tirarmi su all'idea che domani potrò rivedere Eren, pensando che intanto potrei iniziare ad organizzare qualcosa di carino per sollevargli il morale. Mi dirigo verso il letto per afferrare il pigiama e cambiarmi, quando un portafoglio poggiato sulla scrivania attira subito la mia attenzione: quello sbadato se l'è scordato qui. Sorrido compiaciuta, felice di aver trovato una scusa per corrergli dietro e vederlo ancora un altro po'.

 

     Afferro un giubbotto e corro a capofitto fuori dall'appartamento: dovrei riuscire a fare in tempo. Con l'occasione, potrei accompagnarlo fino alla fermata del bus per aspettare un po’ con lui, e guadagnare così altri dieci minuti insieme. Voglio stargli vicino, so che ne ha bisogno: dopo essersi imbattuto in quel fantasma del passato, anche lui è rimasto turbato quanto me. Passerà, ma dobbiamo stare l'uno accanto all'altra affinché questo accada quanto prima.

 

     Corro a perdifiato per la strada, sperando di non aver fatto troppo tardi, svolto l'angolo e... Rimango pietrificata di fronte alla scena che mi si para davanti. A bocca aperta, sconcertata, indietreggio rapida rifugiandomi nell'ombra, lontana dalla vista di due occhi azzurri che, davvero, speravo non avrei mai più rivisto in vita mia. 

 

     A poco meno di dieci metri di distanza, vedo Eren ed Armin guardarsi senza emettere un solo suono, i volti gravi e alteri. Non si sono accorti di me, ora incapace di muovere un solo passo, tenuta immobilizzata da due zavorre sulle gambe che mi costringono a rimanere nascosta dagli sguardi di entrambi.

 

     «Quindi vi siete messi insieme?» La voce di Armin esce atona e fredda, e alla sua domanda posso vedere Eren trasalire di colpo. «E io che pensavo si sarebbe allontanata anche da te, dopo quello che è successo.»

 

     Eren rimane in silenzio. Abbassa il volto, incapace di emettere un solo suono.

 

     «Allora era davvero tutta una presa in giro» ridacchiail più piccolo. «Perché l'hai fatto, eh? Perché sei venuto a dirmi quelle cose? Volevi prenderti gioco di me? È per questo?» 

 

     «Non è così, te lo dissi anche allora. I miei sentimenti erano sinceri. Mi piacevi sul serio.»

 

     «E allora perché ti sei messo con lei?» Sbraita Armin afferrandolo per il colletto della giacca. «Sei solo uno sporco bugiardo, dì la verità!»

 

     «Te l'ho già detta la verità. Finiscila.» Anche Eren alza la voce, ma al contrario di Armin il suo viso non lascia sopraffarsi dalla rabbia: su di esso vedo invece posarsi un pesante e scuro velo di malinconia. «Non mi sarei mai preso gioco di te. Io ti amavo davvero.»

 

     «Mi amavi

 

     Armin abbassa lo sguardo, intravedo una lacrima, brillante quanto una goccia di rugiada, solcare la sua guancia. Eren si morde il labbro, per poi liberare un sospiro profondo, riesco a sentire la sua afflizione penetrami nel petto e sconquassarmi il cuore.

 

     «Ma allora perché proprio lei?» il più piccolo libera un singhiozzo, e batte un pugno sul petto di Eren. «Perché? Se fosse stato con un altro avrei potuto accettarlo, ma... Se le cose stanno così, allora tu non... I-Io...» Ormai la sua voce era spezzata dal pianto.

 

     «Armin—»

 

     «Io non ti piaccio più?» Si avvinghia al suo giubbotto, lo tiene stretto con entrambe le mani, tirandolo a sé. Ad ogni centimetro sottratto alla distanza che li tiene separati, il cuore mi balza in gola e le fitte allo stomaco si fanno di volta in volta sempre più poderose. 

 

     «Non mi ami più?»

 

     Eren esita un istante prima di rispondere. 

Ritrova la forza di guardarlo dritto negli occhi, e quando nel suo sguardo vi leggo un lampante e doloroso rimpianto, il mio respiro inizia a farsi più corto, e il dolore che mi squarcia il cuore farsi ancora più intenso. 

 

     «Io... No, Armin. Non più. Ormai... È passato» Scuote la testa e fugge nuovamente il suo viso, ma quando per un attimo le sue iridi guizzano rapide verso di lui per rivolgergli un altro sguardo, rimane scosso dal suo volto in lacrime, il labbro fremente e gli occhi lucidi di dolore. 

 

     «Non guardarmi così, per favore...» La sua voce è rotta da un sospiro accorato. Afferra le mani di Armin, che ancora gli stringono la stoffa della giacca, cerca di allontanarlo, distoglie ancora lo sguardo, quasi avesse paure di incontrarlo ancora una volta. «Io... Adesso sto con Mikasa, e sto... Sto bene con lei. Ho ricominciato da capo, e ciò che è accaduto quella volta, fa parte del passato—»

 

     Inaspettatamente, in una frazione di secondo le sue parole vengono fermate dalle labbra di Armin: gli ruba un bacio, tenendosi sulle punte dei piedi , le braccia esili avvolte attorno al suo collo. Al che porto subito una mano a coprirmi la bocca, mentre le lacrime cominciano a riempire i miei occhi increduli a poco a poco.

 

      «Ma io non ho dimenticato, Eren. Sono rimasto indietro, bloccato, e non ho potuto ricominciare,» singhiozza il biondo. «L'ho capito troppo tardi. Forse perché prima non riuscivo ad accettare i miei sentimenti, non lo so, ma... Io ti amo.» Si getta ancora una volta sulle sue labbra, strappandogli un altro bacio umido e appassionato. 

 

     «Armin... Per favore, basta.» Eren cerca di allontanarlo, mentre Armin continua disperato a cercare la sua bocca tutto singhiozzante. «Smettila, ti prego. Ormai... Le cose sono andate così.» 

 

     Come fosse stato svuotato da ogni forza, le braccia di Armin cadono come un peso morto sui suoi fianchi, lasciando andare l'altro. Rimane a fissarlo con occhi inerti e spenti, il viso affranto e sconfitto, trattenendo il fiato e i singulti. 

 

     Piomba il silenzio.

 

     Le scelte che ho compiuto fino ad oggi mi scorrono una dopo l'altra davanti agli occhi come la pellicola di un film. Le grida della mia coscienza che non sono potuto mai sentire, tanto erano sovrastate dal canto chimerico del mio egoismo, ora riecheggiano con prepotenza nel mio petto arido e sterile.

 

     «Scusami,» sussurra infine Eren. «Ma è tardi per tornare indietro... È impossibile.»

 

    Incapace di distogliere lo sguardo, con le lacrime che solcano il mio viso una dopo l'altra, sento i sensi di colpa rosicchiarmi il cuore a poco a poco. Le mie gambe cedono, e mi ritrovo in ginocchio a terra, mentre assisto inerme ad Eren e Armin voltarsi le spalle e prendere a capo basso due strade diverse, il primo col volto scuro e incolore, l'altro in preda a un pianto flebile e sommesso.

 

     Io dovrei essere felice, e non dovrei pensare ad altro se non al fatto che io ed Eren stiamo finalmente insieme, come ho sempre desiderato. Ho ferito sia lui sia Armin, ma alla fine ho ottenuto ciò che volevo: ogni mia azione, ogni mia scelta, ogni cosa l'ho fatta solo per Eren, per il mio amore per lui, ma... Allora cos'è quest'amarezza? Perché adesso c'è questo vuoto che mi dilania il cuore?

 

     Il portafoglio di Eren mi cade a terra, e mi ritrovo a fissare con occhi vacui e spenti entrambe le mani: io, che tanto ho decantato di amarlo più di chiunque altro, sono stata la prima a provocargli una ferita che lo segnerà per sempre. 

 

     Per far vivere il mio sogno, il mio agognato amore, ho distrutto quello di qualcun altro: la mia felicità non che è il frutto della sofferenza e del dolore che ho gratuitamente inferto a due persone che, se non fosse stato per me, avrebbero avuto una vita diversa. Migliore.

 

     Qualunque sia il prezzo da pagare, niente può fermarmi dal realizzare me stessa e i miei sogni, così dicevo. Ma se questo prezzo è un'intera esistenza fatta di sensi di colpa e rimpianti, allora non posso che domandarmi se il mio gioco sia davvero valso la candela.

 

     Io... Che cosa ho fatto?

 

 

     

 

 

 

 

 

終わり

   
 
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