IV
It
Doesn't Run in our Blood
We're
bigger than we ever dreamed, and I'm in love with being queen
Life
is great without a care, we aren't caught up in your love affair
L'aria
era immobile, il sole non era ancora stato in grado di filtrare tra
le spesse e candide nubi; per via della scarsa visibilità
Stormy
volava a poca distanza dal suolo, avvicinandosi di tanto in tanto al
manto nevoso che lo copriva.
Il
fatto che non ricordasse Whisperia in modo diverso non la rassicurava
affatto. Le alternative che le balzavano alla mente erano due: Icy
non aveva ancora concluso l'incantesimo, oppure il suo corpo non
aveva retto fino alla conclusione.
Ovviamente
preferiva di gran lunga la prima.
Accanto
a lei, intente a guardarsi intorno attentamente, c'erano Flora e
Musa; l'una controllava di tanto in tanto le condizioni della strega,
l'altra cercava di individuare qualche traccia lasciata dalle altre
due sorelle.
“Certo
che cercare un'albina in mezzo alla neve è come cercare un
ago in un
pagliaio.” commentò la fata della musica per
rompere il ghiaccio,
strappando a Stormy l'accenno di una risata.
“In
effetti.”
“E
tu non sai dove possa essere andata?” le giunse la voce di
Tecna da
dietro: volava a poca distanza da loro e lei, come le altre compagne
che le stavano accanto, avevano il compito di coprire le altre da
eventuali attacchi, oltre al fatto che dare una seconda controllata
ai dintorni avrebbe giovato alla loro ricerca.
Non
potevano fidarsi del tutto di ciò che Stormy aveva detto
loro: non
sapendo se le stesse portando dalle sorelle oppure dritte in una
trappola, avevano deciso di agire con prudenza.
“Non
saremmo qui a mangiare freddo se l'avessi saputo – le rispose
secca
– E poi lo vedi anche tu: è una distesa di neve e
alberi, potrebbe
essere ovunque su sto fottuto pianeta.”
“Qualche
posto che le piace?” chiese Bloom, guardandosi alle spalle
per un
breve attimo.
“Non
lo so, l'ultima volta che sono tornata qui con lei avrò
avuto
quindici anni, e non è che mi abbia portata in qualche posto
particolare. E quando ce ne siamo andate da qui ero troppo piccola
per ricordarmi come fosse.” la cosa le aveva sempre dato
piuttosto
fastidio.
Le
sorelle ricordavano qualcosa e per quanto, raramente, glielo
raccontassero, lei non poteva far altro che immaginarsi quei
paesaggi; del resto aveva solamente due anni quando l'esercito di
Domino aveva attaccato la capitale, costringendo la loro madre a
portarle in salvo a Magix.
Il
viso di suo padre le era sconosciuto, così come la guerra
che
l'aveva strappata da tale terra; aveva visto per la prima volta la
figura dei reali di Domino in un libro datole dalla madre, che
continuava a ripeterle quanto dovessero pagare per ciò che
avessero
fatto.
Ed
anche lei l'aveva sempre pensata così: ma ora che aveva
inseguito la
vendetta per più di un decennio e finalmente si trovava su
Whisperia, ad un passo dal riavere almeno in parte ciò che
le era
stato tolto, rimuginava sul senso di tali parole.
Si
sarebbe sentita appagata nel radere al suolo l'intera Dimensione
Magica, eppure sospettava che non ne sarebbe stata soddisfatta, che
distruggere ogni cosa sul suo cammino non sarebbe stato abbastanza.
Non aveva mai pensato a quanto fosse vuoto il loro ostinarsi a
rincorrere un obiettivo che si faceva sempre più lontano,
sfuggendo
giorno dopo giorno dalle loro dita.
Per
sua fortuna Darcy se n'era accorta prima di lei e la strega delle
tempeste aveva avuto almeno il buonsenso di seguirla.
“Volevo
chiedertelo anche prima – la riportò alla
realtà Musa – ma come
diavolo sei riuscita a farti una ferita del genere? Nessuno dei
nostri incantesimi ne sarebbe stato in grado.”
Stormy
si girò verso di lei, aggrottando le sopracciglia.
Che
razza di domanda era?
“E
te lo dovrei dire perché?” rispose, ma il suo tono
risultò meno
tagliente del solito.
“Tanto
per fare conversazione: tutto questo silenzio mi sta rendendo
nervosa. Ho visto che era una ferita profonda fatta da qualcosa come
una spada, un coltello, oppure… una lama di
ghiaccio?” si
giustificò lei, interrompendo il contatto visivo solo per
riprendere
a pattugliare i dintorni.
“Icy
non avrebbe mancato un punto vitale.” sputò. Le
fate parvero
tenere il respiro, lanciandosi sguardi preoccupati.
“Era
una battuta.” disse subito, rendendosi conto che per loro
l'eventualità non fosse così remota; ed
effettivamente, esagerando
un po', se qualche attacco che si scambiavano durante i loro litigi
fosse andato a segno, non sarebbe stata lì a raccontarlo.
“Non
lo sembrava.” borbottò Stella, ricordando come le
streghe si
comportassero anche tra di loro; la sua interlocutrice le rispose con
un'alzata di spalle.
“Comunque
è stato questo.” aprì la mano, facendo
comparire un pugnale lungo
una decina di centimetri sul palmo: l'aveva pulito in modo frettoloso
ed era rimasto del sangue secco sulla punta. Flora si lasciò
scappare un sussulto nel vedere l'arma dalla lama scura; la ferita
netta che aveva curato sulla schiena della strega non poteva che
esser stata causata da un taglio così affilato.
Doveva
esser stata fortunata a sopravvivere senza riportare danni
irreparabili.
“Cazzo.”
commentò Aisha, avvicinandosi per vedere meglio.
“Però
non ve ne dovrebbe fregare granché. Siamo nemiche
dopotutto.”
disse loro Stormy, visto l'insolito interesse che stavano mostrando
nei suoi confronti: la stavano facendo quasi sentire a disagio.
“Lo
sappiamo anche noi, ma potevi morire per una cosa del
genere.” le
rispose Musa, abbassando per un attimo lo sguardo sul pugnale. Non
sapeva fino a dove fosse affondato, ma la strega durante il
combattimento aveva tossito del sangue: di certo non si trattava di
un danno da poco.
L'immagine
della sua schiena nuda, macchiata di scarlatto, con un taglio preciso
e gonfio le tornò alla mente; se il suo opponente avesse
colpito
leggermente più a destra, le avrebbe forato un polmone.
“E
volete dirmi che non vi farebbe comodo?” chiese lei scettica.
“Vogliamo
solo fermarvi, non uccidervi. Siete delle persone anche voi e la
vostra vita vale esattamente come la nostra.” intervenne
Flora,
conscia che non tutte le sue compagne la pensassero come lei; forse
addirittura nessuna di loro.
Ma
aveva colpito nel segno: le fate si zittirono e la strega rivolse a
lei la sua attenzione, sbattendo un paio di volte le palpebre per
capire se avesse sentito veramente una cosa del genere pronunciata da
una delle sue nemiche.
Per
qualche verso non riusciva nemmeno a comprenderla appieno; pertanto
non commentò, cercando di non pensare per più di
un minuto alla
frase della fata dei fiori.
“Ragazze,
fermatevi un momento – Stormy avrebbe voluto quasi
ringraziare
Bloom per aver distolto l'attenzione da lei – Non
è normale quello
che sta succedendo qui dietro.”
“Hai
visto qualcosa?” chiese Musa, prima di voltarsi e vedere lei
stessa.
La
neve, che fino ad allora avevano visto scendere in copiosi fiocchi,
aveva preso a salire verso il cielo.
Davanti
ai loro occhi, lo spesso manto bianco che celava il suolo si
staccava, sublimando lentamente: il vapore nel quale si trasformava
sfiorava le loro ali, dissolvendosi con le nuvole per lasciare, piano
piano, il posto all'azzurro del cielo. Sotto di esso, l'erba
ingiallita dalle basse temperature risollevava i propri fili; le
colline, punteggiate di foreste, riprendevano la propria forma
originaria, riacquistando la fisionomia del regno che la strega non
riusciva a ricordare, ma che percepiva come l'unico posto a cui
apparteneva.
Il
freddo andava facendosi meno presente, permettendo al sole di
illuminare le fate in volo in uno spettacolo unico; eppure nessuna di
loro lo stava trovando meraviglioso, incapaci di capire se
ciò a cui
stessero assistendo fosse positivo o negativo.
A
Stormy, invece, parve togliere un grosso peso dal petto:
l'incantesimo avanzava verso la sua conclusione, e la dimostrazione
che stesse funzionando la rassicurava sulle condizioni della sorella.
Con ogni probabilità Darcy l'aveva trovata ed era stata in
grado di
evitare la peggiore delle ipotesi.
“Cosa
sta succedendo?!” Stella si avvicinò alla strega
con fare
piuttosto aggressivo, guadagnandosi un'occhiataccia dalla suddetta.
“Mia
sorella sta per finire.” rispose seccata, allargando le
braccia ad
indicare i dintorni: le fate continuarono a non capire, ma di certo
non sarebbe stata lei a fornir loro spiegazioni.
“Allora
ci attaccherà, dobbiamo prepararci.”
commentò Bloom, facendo
sensibilmente crescere il suo potere: la Fiamma del Drago che le era
stata da poco sottratta si era già rigenerata dentro di
sé; avere
la possibilità di restituire il colpo ad Icy la rendeva
impaziente.
“Continua
pure a pensare che sarà in grado di combattere dopo un
incantesimo
del genere, fatina.” avrebbe preferito non dirglielo, ma se
alla
fulva fosse venuto in mente di attaccare sua sorella con la
convinzione che ella potesse rispondere o difendersi, sarebbe potuta
finire molto male.
Conosceva
bene la natura dell'incantesimo e sapeva quanto fosse alto il rischio
di manomettere seriamente i propri poteri: se, e lo sperava
più di
ogni altra cosa, l'albina fosse stata abbastanza fortunata da
sopravvivere alla conclusione del rituale, non sarebbe stata in grado
di attingere alla propria magia per un lungo periodo di tempo.
“Ci
stai dicendo che potrebbe...” le chiese Flora, senza avere il
coraggio di concludere la frase.
“Non
lo so.” tagliò corto Stormy, desiderosa di
concludere quella
scomoda conversazione più di ogni altra cosa; ma non era
stata
abbastanza attenta da tenere d'occhio Tecna, intenta a studiare lo
schermo di un dispositivo elettronico grande quanto il suo
palmo.
La
magia era troppo diffusa per essere ricondotta ad un punto preciso di
Whisperia, ma la fata era riuscita almeno a captarne la natura: la
cosa l'aveva stupita non poco.
“Avrei
una domanda per te, Stormy.” esordì, alzando lo
sguardo dallo
schermo per incontrare quello della strega delle tempeste.
“Fa'
pure, tanto mi state praticamente interrogando da tre ore.”
rispose
scocciata, curandosi di sbuffare prima di aprire bocca.
“Perché
tua sorella sta portando a termine un incantesimo di magia
bianca?”
le disse, preoccupandosi di essere più chiara e concisa
possibile.
L'altra si voltò immediatamente verso di lei e dalla sua
espressione
chiunque avrebbe potuto trarre una conferma di ciò che la
fata
avesse dichiarato.
Lo
sguardo che le rivolse pareva chiederle in modo limpido come avesse
fatto a scoprirlo.
“Magia
bianca? No Tecna, il tuo aggeggio deve essersi sbagliato. Le streghe
non la sanno usare la nostra magia.” commentò
Stella, indicando
Stormy a dimostrazione della sua teoria; la strega delle tempeste non
rispose alla provocazione, comportamento abbastanza insolito e quasi
unico.
“Non
si sta sbagliando. Questa è magia bianca, molta magia
bianca: dato
l'apporto di potere, se fosse stata magia nera ne saremmo state
indebolite. Invece possiamo muoverci come se non stia succedendo
niente.” spiegò brevemente la zenithiana,
concentrando di nuovo le
sue attenzioni sulla strega ed aspettandosi una risposta.
“E'
un'altra di quelle cose che non posso dirvi.” ammise.
“Vuoi
dire che questo – cominciò Musa, mostrando i
dintorni con un gesto
– è un incantesimo di magia bianca fatto da tua
sorella? Sul
serio? Perché a me non sembra che stiamo parlando della
stessa
persona.”
Stormy
alzò le spalle, concordando silenziosamente con la fata
della
musica: se non avesse saputo cosa ci fosse stato dietro sarebbe
sembrato strano anche a lei. Tuttavia non aveva nessuna voglia di
ridere dell'insolita situazione.
“Spero
di non essere l'unica stupita più dal fatto che possa usare
il
nostro stesso tipo di magia che di tutto questo.”
dichiarò Aisha,
seguendo a stento il discorso.
“L'unica
ipotesi che posso avanzare è che loro tre siano miste. Non
è così?”
l'uscita di Tecna fece concentrare le attenzioni delle compagne sulla
strega delle tempeste.
Nessuna
di loro ci aveva pensato, concentrate com'erano a vederle usare solo
magia nera; il massimo che le streghe potevano fare era usare le arti
curative, non sarebbero riuscita ad avere effetti simili su un
territorio.
La
strega delle tempeste si limitò ad annuire ignorando gli
sguardi a
lei diretti: il delinearsi di un villaggio nella sua liberazione
dalla neve l'aveva attirata.
Le
pareva di ricordarsi qualcosa legato al luogo, come se ci fosse
già
stata: ma non riusciva a visualizzare cosa. Una voce acuta, ovattata
dal tempo, la stava chiamando a scendere tra quei prati.
Non
sapeva di chi fosse, né da che memoria fosse emersa, ma era
bastato
averla sentita sussurrare nell'aria per creare in lei una profonda
sensazione di disagio.
Proprio
quando poteva dire di starsi rilassando un poco, convinta che le fate
non si sarebbero permesse di uccidere sua sorella, entrò di
nuovo in
tensione. Come se sentisse che qualcosa non stesse andando affatto
bene.
“Quindi
Icy è capace di padroneggiare la magia bianca?” la
distrasse per
un attimo Bloom, più interessata che scettica: in effetti
l'eventualità la spaventava un po' in vista di uno scontro
futuro.
“No,
cosa pensi che sia, una fata? – si permise una risata forzata
al
suo stesso scherzo – E' già un traguardo che stia
funzionando e
che mia sorella non sia morta provandoci. Che razza di troia
incosciente.”
“E
perché rischiare tanto?” Stormy la
guardò un attimo per capire
perché le interessasse; ma era da tutto il giorno che le
fate si
comportavano in modo strano con lei, quindi non perse altro tempo a
farsi domande inutili.
“Perché
è pazza e non prova niente se non rischia almeno di morire.
Per
quello le piace così tanto combattere contro di te, rischi
di
friggerla almeno una ventina di volte a scontro.
E
poi diciamo che è una cosa che voleva fare da un
po'.” le rispose,
trovando la scusa perfetta per evitare il vero motivo, che non
dovevano sapere. Soprattutto la fata della Fiamma del Drago, che ne
era direttamente coinvolta.
“Andiamo
avanti, stiamo perdendo abbastanza tempo.” disse a mezza
voce, con
l'intento di chiudere il discorso e di raggirare altre domande che di
sicuro la fatina stava per farle; ma per sua sfortuna non avrebbe
tenuto le questioni lontane da sé per molto.
Qualcuno
stava cercando di contattarla e poteva scommettere su chi fosse.
La
strega delle tempeste deglutì a fatica.
Darcy
poteva portare ottime o pessime notizie; nessuna via di mezzo.
“Stormy,
trova il modo di portare qui le fate. Soprattutto Bloom.” le
comunicò in fretta, con un leggero tremolio nella voce che
non le
piacque per niente.
“Cos'è
successo?” chiese subito, ma la sorella non rispose.
Provava
talmente tanto dolore da non sentire più nulla: il suo corpo
era
distante, freddo ed intoccabile, come lei era sempre stata.
La
sua pelle era una lastra di ghiaccio sottile, rigida quanto fragile,
ed il suo fiato aveva smesso di emettere calore contro il gelo del
vento; respirava appena, ormai non si sarebbe potuta fermare in
nessun modo.
La
Fiamma del Drago si stava impossessando delle sue membra, ardendo la
magia nera attraverso le sue vene, dandole la sensazione di non
essere più nulla se non un'anima consumata, in procinto di
andarsene: quando il suo potere si fosse esaurito, la morte sarebbe
sopraggiunta.
Le
stava andando incontro, a dire la verità.
Icy
aveva firmato la sua condanna quando si era messa in testa di
concludere tutte le questioni in sospeso senza l'aiuto delle sorelle:
compresa la rinascita di Whisperia. L'aveva deciso ben consapevole
dell'alto rischio di lasciarci la pelle; in parte l'aveva fatto anche
di proposito.
Del
resto non le era rimasto nulla d'importante da perdere, nulla per cui
sarebbe valsa la pena vivere: aveva un appartamento, dei pacchetti di
sigarette e qualche bottiglia; una bella vista su Magix, una
città a
cui non apparteneva; un cumulo di vestiti ed altri beni materiali che
non avrebbero di certo salvato il suo animo, nel caso ne avesse avuto
uno. Doveva restare nascosta a causa dei suoi crimini passati,
mantenere un profilo basso e pertanto limitare le sue abituali uscite
per “scaricare la tensione”. Era diventata un volto
anonimo, la
fama come strega più temuta della Dimensione Magica aveva
smesso di
giovare alla sua immagine da tempo.
Era
rimasta sola: le sorelle se n'erano andate in un posto che non
conosceva, ad un indirizzo che non sarebbe riuscita a trovare; si era
stupita di essere sopravvissuta così tanto senza cercare in
qualsiasi modo di tornare alla sua vecchia vita. Aveva bisogno della
sua routine, rischiava seriamente di impazzire senza un po' degli
eccessi che la riportavano sulla via che aveva scelto di seguire.
Allora
sembrava tutto così facile: frequentava solo le feste alle
quali
aveva voglia di andare, combatteva con le fate più per
diletto che
per necessità, ed era ferma nel compiere il suo obiettivo
insieme a
Darcy e Stormy, come si erano ripromesse di fare. Tuttavia loro si
erano stufate di rincorrere un sogno irrealizzabile, della sua forma
di dittatura che regolamentava rigidamente le loro vite: e, per
qualche giorno, lei stessa aveva rinunciato al suo fine ultimo,
incapace di far finta che ogni cosa fosse come in precedenza. Per tre
anni aveva provato a far suo e mantenere il potere custodito da
Bloom, e per svariati motivi non ci era riuscita: cosa le assicurava
che il quarto tentativo non si fosse rivelato in un altro fiasco?
Aveva
trascorso la maggior parte delle sue ore a ripetersi e ripetersi il
quesito, cercando una soluzione che fosse stata in grado di
soddisfarla – e sapeva quanto sarebbe stato difficile
trovarne una.
S'era arrovellata tanto da non riconoscersi più
nell'ambiziosa
strega che aveva evocato l'Armata Oscura ed era stata in grado di
controllarla abbastanza da creare danni quasi irreparabili: il suo
specchio aveva riflesso per giorni una perfetta sconosciuta.
Poi
aveva capito che una soluzione non le sarebbe stata di alcuna
utilità: la sua esistenza non avrebbe avuto senso senza
adempiere al
suo compito.
Se
le sorelle avevano deciso di mollare e lasciarla sola, avrebbe agito
senza di loro.
L'attesa
logorante del momento propizio l'aveva provata non poco; ma alla fine
ci era riuscita: il paesaggio di Whisperia la circondava e nel suo
corpo bruciava di potere la Fiamma del Drago per preparare la sua
rinascita. Ogni cosa sarebbe tornata allo splendore di un tempo e
finalmente un popolo esiliato sarebbe stato in grado di piangere le
vittime della furia e della diffidenza dei reali di Domino.
Il
fuoco e le guardie che l'avevano seguita durante la sua fuga, due
decenni prima, evaporavano con la neve che giaceva sul terreno;
scottavano come la magia che guidava il suo corpo alla conclusione
dell'incantesimo.
Si
permise di piegare le labbra all'insù nel percepirsi come
potere
puro, sospesa tra vita e morte per aver perso, all'apparenza, la
propria forma, ma risultando allo stesso tempo tangibile, sensibile al suo tatto; non seppe
dire se si stesse effettivamente concedendo di sorridere o meno, ma
al momento non le importava, né le sarebbe importato in
seguito.
Nessuno
sarebbe stato in grado di fermarla; aveva vinto.
Era
riuscita a distruggere le avversità e proseguire nel suo
cammino,
arrivando al fine ultimo: ogni sforzo compiuto aveva acquistato un
senso. Se avesse avuto abbastanza forza si sarebbe occupata anche
della vendetta che le grandi potenze della Dimensione Magica si
meritavano di subire, ma conscia dell'impossibilità di un
piano
simile aveva dovuto tagliare quella parte.
Non
che le dispiacesse particolarmente: stava provando ciò che
mesi di
isolamento avevano soffocato e messo a tacere.
Pensò
che, tutto sommato, stesse procedendo verso una degna conclusione.
L'incantesimo
si dissolse con lentezza, come una fiammella privata dell'ossigeno,
rischiarandole gradualmente la visuale; i suoi piedi stavano toccando
terra, iniziava a sentire la consistenza della terra sotto le suole;
e con la ripresa sensibilità tornava il crescendo di dolore.
Veniva
dal petto, interessava i suoi vasi sanguigni attraverso i quali
scorreva la sua magia, s'irradiava nella sua mentre, dandole
l'impulso di mordere a sangue le labbra per non smorzare il silenzio
con le proprie urla.
Intorno
a lei, Whisperia ricominciava a vivere; respirando affannosamente, si
lasciò cadere sull'erba.
Il
sole era tornato ad illuminarne i monti, le praterie, e tutti i suoi
ricordi: i civili risparmiati dalla guerra sarebbero presto tornati
alle loro antiche dimore, riprendendo la vita che erano stati
costretti ad abbandonare. Le abitazioni della capitale sarebbero
state ricostruite in fretta, i campi abbandonati avrebbero ripreso la
loro passata fertilità; era convinta che presto il regno
avrebbe
superato lo splendore che vantava prima di cadere sotto il fuoco
nemico.
E
lei sarebbe rimasta esattamente lì, nell'unico posto in cui
voleva
essere.
Socchiuse
gli occhi, esausta, permettendo al controllo di scivolare in secondo
piano; la testa, leggera, riempiva di memorie i luoghi che emergevano
dalla neve. Il volto di Eris comparve nella sua visuale, le labbra
rosee tese in un dolce sorriso: era meravigliosa, come quando le
portava nelle praterie durante le estati della loro prima infanzia.
Tese la mano verso di lei, sfiorandole la pelle bollente delle
guance; le stava parlando, ma Icy non riusciva a sentirla.
Le
venne da pensare che fosse così realistica da sembrare vera,
corporea.
Doveva
essere così che si moriva, ripercorrendo in qualche maniera
i propri
rimpianti: in tale attimo, l'albina si pentì di aver
assassinato la
propria madre, lasciando sfumare la convinzione che se non l'avesse
fatto, con ogni probabilità non sarebbe arrivata viva fino
ad
allora.
La
guardò chinarsi per poggiarle un bacio sulla fronte, ed
infine
chiuse gli occhi, aspettando: sola nella sua mente, si
ritrovò a
chiedersi se si sarebbe spenta con lentezza, o se la sua fine sarebbe
arrivata all'improvviso, come quando si risvegliava da un incubo. La
Fiamma del Drago, diventata incontrollabile, la stava consumando;
forse, per ironia della sorte, sarebbe arsa sul rogo creato
dall'interno del suo stesso corpo.
Percepì
una presa sulle sue spalle, non troppo forte ma nemmeno difficile da
sentire, e si disse che era giunto il momento: chiunque la stesse
afferrando, l'avrebbe condotta nell'aldilà. Non perse tempo
a
pensare cosa avrebbe visto una volta giunta, permise alla forza
sconosciuta di sollevarle leggermente la schiena senza battere
ciglio.
Una
voce lontana la stava chiamando a sé, facendole tendere
l'orecchio:
era una voce nota, che Icy non riuscì ad identificare
nell'immediato. Suonava come se la stesse raggiungendo da un lungo
passaggio sotterraneo: rimbombava nella sua scatola cranica,
addolcita dal riverbero della distanza.
La
presa si fece più forte, la voce s'avvicinava.
Poteva
vedere il buio delle mura che delineavano il passaggio in cui quelle
mani la stavano portando, un forte profumo famigliare l'accompagnava,
così come il segno sulla pelle di un tocco che conosceva.
Sentiva i
polpastrelli a contatto con l'epidermide: chiunque la stesse toccando
teneva le unghie curate e lunghe, come usava fare anche lei prima di
perderne l'interesse per mancanza di tempo; il calore altrui era
fresco in confronto alla sua alta temperatura corporea, tanto da
rendere piacevole il contatto e la vicinanza; il tono rompeva appena
la sua idea di delicatezza ed eleganza, somigliando più ad
una
supplica che ad una voce guida: tuttavia le risultava strano essere
ad un passo dall'identificarla.
Le
pareva d'averla udita per anni: desiderosa di sapere,
spalancò gli
occhi.
Rimase
per un paio di secondi accecata dalla luce del sole, delineando una
figura dal capo chinato sul suo corpo: i lunghi capelli ricadevano
sul suo petto e sulle mani che le stringevano le spalle. Nonostante
fosse in controluce e l'albina stesse ancora cercando di metterla a
fuoco, non mancò di riconoscerla.
Avrebbe
voluto sapere come avesse fatto a raggiungerla così
velocemente; ma
conoscendola doveva aver sospettato qualcosa dal suo comportamento
particolare; sarebbe dovuta stare più attenta.
Darcy
la stava scuotendo per destarla, e si fermò solo quando vide
che
l'altra aveva aperto gli occhi: era visibilmente agitata. Non aveva
pianto, ma Icy poteva dire che ci fosse mancato poco.
“Icy
– sussurrò con voce esitante, mentre le lasciava
le braccia per
sollevarla in un abbraccio stretto, il più stretto che le
avesse mai
dato – sei proprio una testa di cazzo.”
Era
raro sentire la mezzana usare termini volgari, ma la strega dei
ghiacci era ancora troppo stranita per considerarlo.
Non
era in grado di comprendere se ciò che vedeva fosse reale
oppure
un'allucinazione; eppure la sentiva vicina, percepiva il suo potere
attraverso il corpo. La sorella sarebbe dovuta entrare nel suo
appartamento il giorno successivo, avrebbe dovuto ritirare i soldi:
nel caso avesse trovato sospetta la copertura che aveva messo sugli
arredi, non sarebbe riuscita a fermarla. Le venne da riflettere per
qualche attimo su quale concatenazione di coincidenze l'avesse
ricondotta su Whisperia.
Dischiuse
le labbra per chiederle chiarimenti, riuscendo a far uscire solo un
sussurro indistinto.
“Non
parlare, adesso ci sono io. Devi smetterla di fare tutto da sola, lo
sai anche tu che poteva finire peggio di così. Potevo non
trovarti
in tempo.” le disse, accompagnandola al suolo con la sua
forza. Ve
la appoggiò delicatamente, liberandole la fronte dai capelli
che dal
movimento le erano scesi sul viso; la maggiore si concesse di pensare
che le mancasse almeno un po' il contatto con la sorella.
“Sei
calda e stai sudando, di sicuro c'entra qualcosa la Fiamma del Drago.
Riesci a liberarla?” chiese, nonostante avesse capito che
l'altra
non sarebbe stata in grado di risponderle a parole.
Icy
cercò di scuotere la testa, ma il suo corpo non si muoveva;
la
sorella attese qualche secondo, prima di appoggiarle una mano sul
petto.
Sentiva
appena il suo respiro e temette il peggio; ma s'impose di controllare
la sua paura di averla raggiunta con grande ritardo, in favore della
concentrazione che doveva mantenere. Il suo Vacuum, la fine ampolla
capace di influenzare il potere di Domino, le comparve accanto.
“Va
bene, ci provo io. Dammi una mano se riesci.” le strinse una
mano,
portandola vicino alla sua: la strega dei ghiacci si sfiorò
il petto
con le dita, lasciandosi guidare. La mano si distese sotto il tocco
di Darcy, mantenendo il contatto.
Non
poteva assicurarsi che la sorella non fosse un'illusione creata dalla
sua mente delirante: il troppo dolore avrebbe potuto giocarle brutti
scherzi, eppure l'albina decise di rinunciare a cercare un modo per
smascherare l'inganno.
Pronta
ad affrontare la fine, non le importava se fuori dal suo torpore la
sorella non fosse presente; vivere il momento, fittizio o meno, le
sarebbe bastato. Puntò il suo sguardo su quello della
mezzana,
provando ad usare più potere possibile, nonostante riuscisse
a
percepire solo il potere dell'altra isolare la Fiamma del Drago per
separarla dalle sue membra.
La
strega delle illusioni tenne la mano della maggiore sotto la sua,
raggiungendo con l'altra il volto.
“Cerca
di stare sveglia, Icy. Se ti lasci andare giuro che trovo il modo di
resuscitarti per ammazzarti con le mie mani.”
“Cazzo
Darcy, così la incoraggi di sicuro.” non avrebbe
mai detto di
gioire nel sentire la voce di Stormy, che atterrò subito
accanto a
lei. Le fate, che la stavano seguendo, mantennero la distanza nel
toccare terra, ma Darcy poteva ben vedere quanto fossero curiose di
sapere cosa fosse successo esattamente.
“Falla
avvicinare, faremo più in fretta.” disse alla
minore, ignorando
momentaneamente la sua battuta; quella annuì rapida e si
voltò
verso Bloom, facendole segno di avvicinarsi. La fulva non
esitò
neppure un attimo: era stata informata mentre raggiungevano il luogo
che, qualsiasi cosa fosse andata storta con l'incantesimo, avrebbe
avuto a che fare con il suo potere. Il modo migliore per arginare i
danni sarebbe stato strapparlo dal corpo della rivale, come lei
stessa ne era entrata in possesso; e di certo non avrebbe storto il
naso a ripagarla con la stessa moneta.
Eppure
era più che semplice ripicca: se così facendo le
avrebbe salvato la
vita, non si sarebbe persa a rimarcare la loro posizione da acerrime
nemiche.
La
principessa di Domino s'inginocchiò a fianco dell'albina,
che
assottigliò gli occhi.
“Stai
tranquilla – la rassicurò – sono solo
qui per aiutare.” e,
voltandosi verso Darcy, le permise di spiegarle cosa dovesse fare.
Era una situazione delicata, Bloom lo sapeva bene: pertanto
cercò di
prestare più attenzione possibile nel seguire i movimenti
della
strega.
Quando
la mano della fata si distese sul suo petto, Icy avrebbe voluto
afferrarle il polso e toglierla con un movimento brusco; non voleva
in nessun modo essere salvata proprio da lei.
Non
voleva esserle debitrice.
Se
solo avesse potuto muoversi l'avrebbe spinta lontano; ma, non
riuscendoci, si limitò a sopportare il contatto con la fata
e la
fitta che provò nel sentire il potere staccarsi lentamente
dal suo
interno. Si sarebbe morsa le labbra, se avesse potuto, per soffocare
il dolore in crescendo che l'affliggeva: la Fiamma del Drago s'era
già radicata talmente tanto nelle sue membra, che sentiva la
magia
di Bloom scorticarla.
Avrebbe
preferito morire che farsi vedere sofferente dalle nemiche, sua
sorella lo sapeva.
Nonostante
ciò, non se la sentiva di biasimarla per aver adottato dei
rimedi
così estremi; a quanto pareva, le importava ancora molto
della sua
vita.
Quando
aveva pianificato l'impresa, Icy non aveva pensato che potesse essere un'opportunità per riallacciare con le sorelle: credeva
fermamente
di non averne bisogno. Avrebbero trovato Whsiperia pronta per essere
ripopolata; forse l'avrebbero cercata e, dopo qualche tempo, ci
avrebbero rinunciato.
Qualche
goccia di gelido sudore le colò lungo le tempie; il suo
petto
s'appesantiva ad ogni respiro, come se la fulva stesse facendo
un'eccessiva pressione su di lei.
“Sei
sicura che debba fare così? Sta male.”
sussurrò la fata, non
curandosi di farsi udire dalla rivale.
“Cerca
di concentrarti invece di fare domande inutili.” rispose
lapidaria
Darcy, senza nemmeno degnarla di uno sguardo: stava cercando di
mantenere la concentrazione il più possibile anche lei,
nonostante
la situazione la stesse provando parecchio.
Alle
sue spalle, Flora trovò il coraggio di farsi avanti e
prendere posto
accanto all'amica; l'albina la vide avvicinarsi e pregò di
poter
sprofondare nel terreno. Per sua sfortuna, ciò non accadde.
“Per
il dolore posso fare qualcosa io.” ed aspettò un
cenno della
mezzana prima di appoggiare le dita sulle tempie della maggiore e
cominciare ad infondere il proprio potere. In mezzo a tali
attenzioni, Icy non poteva dire di sentirsi a suo agio; la sofferenza
data dalla separazione dalla forza che aveva così a lungo
cercato, e
che era essa stessa causa della sua distruzione, andava
affievolendosi nell'incantesimo della fata della natura; il suo corpo
cominciava a raffreddarsi, tornando alla bassa temperatura che amava
vantare ed anche i nervi sembravano ricevere nuovamente gli impulsi
di movimento, ma il suo ego stava subendo un colpo dopo l'altro.
Con
sua stessa sorpresa l'indebolirsi della Fiamma del Drago otteneva una
risposta immediata dalla sua magia, che tornava con prepotenza a
riprendersi le sue carni; forse poteva sperare in conseguenze meno
drastiche del previsto. Conscia di non dover tenere più alta
l'attenzione, permise agli occhi di velarsi di stanchezza: le figure
della sorella e delle fate divennero sfocate, mischiandosi con
l'azzurro del cielo ed il bianco delle nuvole. Per la seconda volta,
lasciò andare un po' l'eccessivo controllo, più
per salvaguardarsi
che per altro, sciogliendo i nervi sotto le cure che, tutto sommato,
la stavano cullando verso la sua salvezza, o verso la sua fine.
Pensando
a come preservare il proprio orgoglio, avrebbe preferito
quest'ultima.
Si
sforzò di non pensar troppo alla situazione in cui si era
cacciata,
mentre scivolava con lentezza in uno stato d trance: le sue palpebre
si stavano chiudendo, se ne accorse appena nel notare la visuale
farsi scura.
Non
seppe quanto restò così, immobile e concentrata
sul suo respiro,
nella speranza di riposarsi almeno per un attimo; le sembrò
un lasso
di tempo interminabile, ed allo stesso modo molto corto.
Percepì
le costole allargarsi come quando prendeva un profondo respiro; il
suo sangue riprese a ribollire, mentre con un forte, ma breve dolore,
la sua schiena s'inarcò. Strinse gli occhi, permettendo a
quel
potere che aveva gelosamente custodito di tornare dalla sua legittima
proprietaria; il suo corpo si accasciò di nuovo, aderente al
suolo,
e l'albina lo sentì.
Riuscì
a sentire di starsi adagiando tra le braccia di un sonno profondo,
con ogni probabilità eterno. La sua testa si
reclinò di lato, prima
di venir afferrata da un paio di mani lisce e calde.
Al
contatto, Icy aprì subito gli occhi.
“Non
addormentarti, potresti morire! Sei ancora debole.” avrebbe
voluto
fosse stata la sorella, invece a reggerle il viso, con i pollici
premuti sui suoi zigomi, era stata Bloom. La strega pensò
che peggio
di così non sarebbe potuta andare.
Prendendo
un paio di respiri, strinse i denti, guardandola dritta negli occhi.
“Non
toccarmi.” riuscì a sputare rauca, caricando la
voce di
tutta l'ingratitudine della quale fosse capace.
“Quindi
è per questo che avete sempre cercato di prendere la Fiamma
del
Drago.”
Una
volta che le acque si fossero calmate e che le streghe fossero state
in grado di prendersi qualche attimo di meritato riposo, Musa aveva
avuto qualche minuto per guardarsi intorno. Era stata colta di
sorpresa da come si fosse preservato l'ambiente, dopo esser stato
soffocato per decenni da uno spesso manto nevoso.
Pareva
fosse sempre stato pronto ad una rinascita.
Lei,
come con ogni probabilità anche le compagne, era rimasta
incredula
davanti alla scoperta del vero obiettivo delle Trix. In passato aveva
creduto che, nella peggiore delle ipotesi, una volta fosse stato
realizzato il loro fine la Dimensione Magica sarebbe stata ridotta ad
una landa desolata; s'era dovuta ricredere nel vedere un regno
così
prospero e fiorente riportato alla vita proprio da chi, a detta sua,
non sapeva far altro che distruggere.
Doveva
esserci una profonda connessione tra le streghe e Whisperia, e
nonostante volesse solo rilassarsi dopo un'impresa simile, la fata
della musica non era riuscita a frenare la propria curiosità.
Stormy,
di fianco a lei, concentrava lo sguardo sul panorama, come a volerne
catturare ogni fotogramma.
“C'era
anche la vendetta, ma sì. Per questo.”
affondò le mani nelle
tasche dei jeans, voltandosi verso le sorelle per l'ennesima volta:
Darcy sedeva accanto ad Icy, sdraiata sulla schiena e finalmente in
una condizione stabile; la minore aveva deciso di non svegliarla solo
per avere il tempo di decidere quanti schiaffi le avrebbe dato.
“Potevate
anche dircelo, per una cosa del genere avremmo evitato tante
battaglie.” rispose Musa, attirando la sua attenzione.
La
strega delle tempeste la guardò, facendo spuntare un
sorrisetto sul
suo viso.
“E
poi dove sarebbe il divertimento?” le disse, facendole
scappare una
risata.
“Ora
che vi abbiamo 'aiutato' – e mimò le virgolette
per evitare
discussioni – ci meritiamo di sapere qualcosa di
più su tutta
questa storia, non credi?”
L'altra
alzò le spalle.
“Non
lo so, fatina. Devo ancora capire se ne siete degne.”
Non
avrebbe aperto bocca su niente che non avessero visto: la loro
reputazione era stata intaccata a sufficienza dopo quel giorno
atipico.
Inoltre
doveva prepararsi mentalmente al risveglio della sorella: e non
vedeva l'ora di usare il fatto che proprio Bloom l'avesse salvata a
suo favore.
Avvertimenti
e condizioni per l'uso:
E'
finita anche questa, ed oggi io sono fusissima, quindi vi prego di
farmi notare errori che sono sfuggiti anche dopo trecento letture (ho
scoperto che non sono mai abbastanza), grazie.
Siamo
arrivati alla conclusione, ed io ringrazio molto Ghillyam ed
Applepagly (a cui
risponderò a breve) per il loro supporto con le stupende
recensioni
che mi lasciano.
Ad
Applepagly: spero ti sia piaciuto tutto il ciclo che trova qui la sua
conclusione, spero di aver risposto alle domande lasciate in sospeso
ed aver dato una degna forma a sta cosa. So che aspettavi questa
conclusione e volevo dartela come regalo di Natale (che festa
orribile), ma purtroppo le riletture hanno richiesto più
tempo del
previsto. Spero che apprezzerai comunque.
Ringrazio
infine tutti i lettori silenziosi che sono arrivati fino qui, grazie
per la pazienza! Compreso quel pazzo del mio amico che si è
preso le
vacanze per leggere tutte le mie storie.
Sei
fuori, ma ti voglio bene figliuolo.
Alla
prossima missione, che uscirà fra qualche anno di questo
passo.
Mary