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Autore: Laviestar    30/12/2019    1 recensioni
Il silenzio può far tremare l'anima, ma può anche assuefare, facendo perdere la misura del tempo.
I rumori della città di Parigi nel mese di dicembre, arrivano ovattati da una distanza che stordisce i pensieri e li isola tra il passato presente e futuro di Adrien e Marinette.
*Fanfic partecipante al contest #Miraculouswinterholidays2019 su Wattpad.
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Plagg
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In seguito a quella giornata dove si era più volte chiesta cosa fosse giusto fare, guidata solo dal suo istinto, prese l'insensata decisione di recarsi a casa di Adrien.

Alzò lo sguardò verso l'enorme cancello, sospirò un'ultima volta e prendendo tutto il coraggio che aveva in corpo suonò il campanello. Non ricevette nessuna risposta, Villa Agreste sembrava essere deserta, eppure riusciva ad intravedere delle luci accese e quello non la fece demordere dal suo intento.
Quella sera Marinette avrebbe fatto di tutto pur di parlare con Adrien nonostante non avesse ancora ben chiaro di cosa.

«Tikki, trasformami!» Ordinò alla sua kwami.

Trovò una finestra aperta e così come aveva fatto più volte in passato ci si intrufolò all'interno, ritrovandosi così nel lussuoso atrio della casa. 
Ricordava ancora il Natale precedente trascorso a casa di Adrien con tutti i suoi compagni di classe, era stato come scrivere un lieto fine a seguito di una notte piena di preoccupazioni; 
di quel giorno, ricordava soprattutto il grosso albero affianco alla scalinata principale decorato malamente, incompleto. Adrien non lo aveva nemmeno finito prima di scappare di casa quella sera.
Questa volta invece, l'atrio della casa era stato decorato in modo magistrale, il bianco spiccava e illuminava ogni angolo dell'ingresso e rimase incantata da quella visione.

Improvvisamente trasalì, tese l'orecchio e sentì il suono di un pianoforte. 
La musica era così magnetica che non poté trattenersi dal seguirla, salì lentamente l'enorme scalinata, passando delicatamente le dita sul corrimano decorato da una lunga ghirlanda verde incastonata di palline e sciolse la sua trasformazione camminando fino alla porta dalla quale proveniva e sbirciò all'interno della stanza. 
Chiuse gli occhi e si lasciò travolgere dalla potenza e dall'impeto di quella musica straordinaria che Adrien Agreste stava suonando. 
Sembrava essere nato con le dita su quello strumento e per la prima volta vide davanti ai suoi occhi un Adrien che non aveva mai visto.

Quando il ragazzo si accorse della sua presenza si alzò di scatto chiudendo il coperchio della tastiera, col rischio di perderci qualche dito nel mezzo, come se fosse stato beccato in flagrante a fare qualcosa che non avrebbe dovuto fare davanti a Marinette.

«Scusami» disse Marinette «N-Non sapevo suonassi così bene»
Lo aveva sentito suonare con Luka in passato, ma non aveva nulla a che vedere con lo spettacolo a cui aveva assistito.

«Non sapevo fossi qui» si affrettò lui.

«Si, mi ha aperto Nathalie» mentì con tono deciso. 
Non era mai stata brava ad accampare scuse, ma dentro di lei sentiva che non era quello il momento giusto per dirgli come era realmente entrata in casa sua.
Quel momento era perfetto, magico, in quel modo.

«Ah» sospirò per poi rivolgerle uno dei suoi sorrisi più belli «Sono felice che tu sia qui»

«Da quanti anni suoni il pianoforte?» Chiese decisa.

«Mia madre suonava il pianoforte e quando ero bambino l'ascoltavo suonare per ore, sai...quando nessuno mi vedeva cercavo di suonare le sue stesse melodie, ero un disastro all'epoca» confessò sorridendo per poi proseguire con: «Suonare il pianoforte mi fa sentire ancora vicino a lei, in qualche modo».

«Non lo sapevo» sussurrò lei.

«Non abbiamo mai avuto l'occasione di parlarne» ammise sincero lui.
Quante cose si era persa di Adrien? 
Se solo si fosse fermata ad osservarlo nel profondo sarebbe riuscita a comprendere prima che nessun altro oltre a lui poteva essere Chat Noir.
Un ragazzo sensibile dai sentimenti profondi e onesti. 

«Già...» bisbigliò lei con rammarico.

«Ma ne stiamo parlando ora» sorrise invece lui sincero.

Non era mai riuscito ad ammettere a se stesso quello che provava per la ragazza che aveva davanti, ma averle detto qualcosa di così personale lo fece sentire meglio.

«Da New York sarà difficile ascoltarti» lo gelò Marinette svelando in parte la ragione per cui si trovava li e a quelle parole Adrien sgranò gli occhi.

«Tu...lo sai»

«Volevi partire senza dirmi nulla?» Domandò imbronciandosi.

«No» strinse i pugni Adrien «Ma a te, non sapevo come dirlo».

«Perchè così all'improvviso?»

«Mio padre» esordì «Un nuovo socio, qualcosa del genere...i-io credo abbia bisogno di me, al suo fianco» continuò confuso distogliendo lo sguardo dal suo «Sai, ci sono tante cose che dovrei fare prima di partire, ma probabilmente non concluderò nulla» disse sedendosi nuovamente stringendo i pugni sul coperchio della tastiera mentre Marinette si sentiva come paralizzata.
«Marinette, se tu avessi una grossa responsabilità sulle spalle, andresti via tenendola con te o la cederesti a qualcuno?» Domandò poi a bruciapelo riportando lo sguardo negli occhi color oceano di lei.

Marinette capì immediatamente a cosa alludeva il ragazzo, ignaro di ciò che lei sapeva.
Avrebbe dovuto dirgli che lei aveva bisogno di lui a Parigi e non a New York, ma «La terrei con me» rispose di pancia, sicura del fatto che mai si sarebbe ripresa il suo anello. 
Non sarebbe esistito nessun altro Chat Noir a Parigi senza Adrien Agreste «Non cambierà nulla di ciò che sei».

Lo vide sgranare gli occhi per la sorpresa della sua risposta, ma pensò che nonostante tutto, quello non era il momento di esporsi «Vorrei poterti ascoltare ancora» si affrettò a dire mettendosi al suo fianco. «Certo» sorrise lui aprendo la tastiera e cominciando a far scorrere le mani sul pianoforte «Sei straordinaria Marinette, grazie».

«Un giorno, Adrien Agreste, mi insegnerai a suonare». 

«Te lo prometto» giurò lui.

Sarebbe stato difficile trovare un punto di partenza senza di lui, ma ogni lungo viaggio cominciava con un primo passo, così si diceva.
Fino a prima di quel momento non avrebbe mai cambiato niente di ciò che erano lei e Chat Noir, ma il cambiamento nella vita era inevitabile, nonostante facesse paura e rendesse le persone inquiete. 
Cambiare ed evolversi era un processo naturale, lo sapeva meglio di chiunque altro.
Lui non aveva chiesto quel cambiamento come lei non aveva chiesto di essere la nuova guardiana, ma quella nuova trasformazione attendeva entrambi, lui doveva compiere quell'evoluzione e lei non poteva fermarlo, doveva lasciarlo andare senza confessare la sua identità segreta per trattenerlo.

Lo ascoltò suonare portandosi le mani al petto, immergendosi con corpo e mente in quel momento così intimo, con la consapevolezza che una volta tornata a casa ci sarebbe stato solo il silenzio nel suo cuore per via di quello che stava perdendo in quella fredda notte di dicembre.


 
   
 
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