Personaggi: Re Boo, Luigi, Mr. L, Re Spaventù, Malberta
Crisantemi, Ectopatra, Capitan Spiritato, Altri personaggi, OC.
Genere: Dark, Introspettivo, Sentimentale.
Pairing: Shonen-ai, Crack pairing.
Note: Tematiche delicate.
On the nose
« Non osar dimenticare
un’altra volta a chi devi lealtà, chérie. »
Ombretta si
rattrappì sotto lo sguardo tagliente, coprendosi mortificata il musetto con le
braccine corte: un impulso che proprio le era impossibile sopprimere, desiderando
sciogliersi come un grumo di cera.
« Soltanto io ho
il potere di decidere quali segreti restano tra le pareti di questa casa. »
La
fantasmina annuì, sottomessa.
« E,
soprattutto, chi vi resta. »
Un singhiozzo
patetico scosse il corpicino fluttuante, a conferma che l'avvertimento fosse stato recepito.
« Sarà meglio
che se ne torni al lavoro, ora » le intimò con calma sibillina, ritraendo gli
artigli dietro un velo di magnanimità.
L’ordine venne
prontamente eseguito e il re rimase da solo con la sua irritazione. Un odioso, recidivo
effetto collaterale vincolato al dono dell’immortalità era la noia. Quando il
volubile Re Boo cadeva nella trappola del tedio, qualcuno finiva
inevitabilmente nel mirino dei suoi tormenti. In questo caso, lo spettro non
dovette nemmeno scomodarsi dalla confortevole poltroncina o richiamare la
cameriera insolente per stringere tra le grinfie la prossima vittima: gli bastò
sfilarsi la spilla preziosa dallo jabot e aprirla, rivelando così il prigioniero
nella piccola cornice all'interno.
« Mr. L »
pronunciò allegro il nome ormai obliterato dalle pagine di storia del Regno dei
Funghi. « Quoi de neuf nel tuo limbo buio
e desolato? » Si adagiò contro il morbido schienale e distese le gambe sul
poggiapiedi, adocchiando soddisfatto i resti piagnucolanti del baldo e arrogante
alter-ego reciso dall’anima di Luigi. « Pauvre
petit Monsieur L, che non ha nessuno che si preoccupa per lui. In tutti
questi anni mai ho sentito una voce chiedersi “Che fine avrà fatto quel Mr. L?
Sembrava un tipo in gamba”. »
Il condannato
dovette schermarsi gli occhi, battendo più volte le palpebre per difendersi
dalla luce bruciante dopo tanto tempo nelle tenebre. « Farò tutto quello che
vuoi » gemette colui che un tempo ostentava la forza di ribaltare l’ordine del
cosmo, stremato da anni di totale deprivazione sensoriale che gli avevano
impresso cicatrici irreversibili sulla sua integrità mentale. « Sarò tutto
quello che vuoi. »
Re Boo storse la
bocca seccato, concludendo che persino stavolta la musica non si sarebbe
distinta dalla solita litania di suppliche e lamenti. Lo spettro fece per
riporre deluso il monile.
« Non chiuderlo!
» latrò l’alter-ego. « Potrei esserti utile! »
« Ho già abbastanza
comparse tra i piedi » sospirò l’aguzzino, vagamente infastidito dalla mancanza
di contegno dell’interlocutore ridotto a una maschera di moccio, lacrime e bava.
« E scommetto che ti ritorcerai contro di me alla prima occasione. Non vedo
dunque saggezza nell’allevare una serpe in seno. »
« Uccidimi! » lo
implorò il derelitto. « Non è vita, questa! Meglio farla finita. »
Le pupille
fosforiche del sovrano restarono per un lungo momento sospese a contemplare il
volto sfigurato dall’afflizione, così identico a quello dell’adorato Luigi. In
effetti, lo scaltro boo aveva stabilito già da un po’ quale sorte riservare al
sosia, al quale qualche altro annetto di “rieducazione” avrebbe giovato. « No,
caro L » fece infine dopo aver lasciato scorrere una manciata di secondi per
fingere di considerare la supplica, affilando le labbra in un ghigno terribile.
« No, ti preferisco così. »
« Io volevo
soltanto la luce » singhiozzò il condannato, incapace di sostenere oltre
l’angoscia che lo divorava a corrispondere quegli occhi diabolici. « Volevo
soltanto restare alla luce. »
« Sai, in fondo,
ti compatisco. La tua sventura è stata venire al mondo in un corpo che già
apparteneva a me. Se ti fossi chiamato Mr. M, oggi saresti in una posizione
certamente meno scomoda. » Il gesto caritatevole di toglierlo di mezzo non
gliel’avrebbe mai concesso. Non era diventato re dei non-morti buttando via le
sue risorse, e Mr. L poteva servirgli al momento opportuno. « Oh be’, quel dommage. » Ebbe quasi richiuso il
gioiello, ma esitò all’ultimo istante, l’ennesima burla crudele, permettendo a un
sottilissimo spiraglio di luce di carezzare il volto cadaverico del suo
prigioniero. « Per Luigi hai cessato di esistere anni or sono, tuttavia, se ti
scoprisse in queste condizioni, immagino che una seconda chance te la
concederebbe. » Stentò a ricacciare una risata nell’individuare un briciolo di
speranza affiorare dietro la minuscola fessura. « Sappiamo entrambi però che
sarebbe un atto di misericordia che da lui non meriti. » La spilla si richiuse
con un leggero clic a mozzare i
lamenti e fu risistemata al suo posto.
La noia si
ripropose a rosicchiare tenace il cervello che il fantasma più non possedeva. Lo
spettro poteva certamente trovarsi di meglio da fare, disponendo di risorse
innumerevoli, ma non c’era altro luogo al momento nel quale desiderava trovarsi
più che in quel salottino, ad attendere il rientro del suo prediletto. Di rado questi
si attardava tanto, ma era capitato qualche volta di essersi assentato un
giorno o due in più rispetto al solito. D’altronde aveva bisogno dei suoi spazi
e di tempo per riflettere, e Re Boo non lo tratteneva: Luigi alla fine tornava
sempre. Tuttavia, il fantasma aveva maturato l’amara certezza che tali
passeggiate solitarie costituissero inoltre un’occasione per sgattaiolare nel
Regno dei Funghi a dare una sbirciata al parentado dal quale tuttora egli stentava
a staccarsi.
Oltre un
decennio di duri progressi gettati alle piante piranha nel giro di un’unica sera,
quando la sicurezza della loro dimora era stata profanata non dall’occhio indagatore
di Rosalinda né da una spia ben addestrata, ma da nientedimeno che una ragazzina
miope e malaticcia. Il fantasma non imputava la colpa al buon Luigi, ma a se
stesso: lui si era permesso infatti di abbassare la guardia, si era stoltamente
cullato nella certezza di aver scampato il peggio e così non aveva inviato i
suoi messi a monitorare la situazione. Il risultato di tale leggerezza li
omaggiava regolarmente della propria compagnia come se la casa ormai le
appartenesse. Da quella malaugurata sera, i pellegrinaggi esistenziali del suo
protégé non solo erano ricominciati, ma si stavano ripetendo con allarmante
frequenza.
Lucilla aveva
riaperto nello zio uno squarcio che Re Boo faticosamente stava cercando di suturare.
La pulzella stava risucchiando indietro il nostalgico Luigi nel mondo luminoso
che più non gli apparteneva e allontanandolo dall’incantevole oscurità ad egli destinata.
Lei era il fatale inciampo di percorso, la sconfitta più bruciante incassata dal
lugubre monarca ora obbligato a mandare giù il rospo ad ogni irruzione di cortesia,
alla vista della faccia del suo principe accendersi come un albero di Natale
non appena gli occhi speranzosi individuavano la ficcanaso. A dispetto
dell’istinto naturale, il fantasma doveva stare attento a non tradirsi e far
buon viso a cattivo gioco.
La sera della
prima intrusione di una sfilza a seguire, quando lo sguardo della marmocchia
appena materializzata e quello del monarca si erano incrociati, quest’ultimo
non aveva potuto reprimere l’odio più feroce per quel rigurgito di vita
palpitante che aveva osato inquinare il suo salotto; per fortuna la ragazzina
non parve aver preso nota del passo falso e, in fin dei conti, Re Boo la
considerava più tollerabile dei suoi coetanei volgarotti e chiassosi, anche se lo
spettro talvolta fantasticava di avvinghiare le dita intorno al gracile collo…
Il flusso di
pensieri venne bruscamente interrotto al rumore anelato della chiave che girava
nella serratura, ad annunciare la presenza di un Luigi ancora schiavo
dell’abitudine e della buona educazione di aprire una porta prima di passarci
attraverso. Tanta era la gioia di Re Boo nel rivedere il suo spirito adorato
che la casetta intera vibrò come scossa da un terremoto.
« Mon prince ténébreux » lo accolse
giulivo fluttuandogli incontro per portare le loro fronti delicatamente a congiungersi.
« Bentornato. La tua mancanza mi ha straziato. » Il sovrano abbassò le palpebre
con aria beata e si tramutò in un candido persiano.
« Non mi sono
reso conto di essere stato via tanto a lungo. » Luigi ricambiò il saluto
cingendo il muso del micione con entrambe le mani guantate e chiuse gli occhi a
sua volta. Emise un riso divertito percependo una forza sollevarlo dolcemente
da terra per condurlo all’interno dell’abitazione. La porta si richiuse alle
sue spalle.
« Ogni giorno
senza vederti è un’agonia » sospirò il gattone facendo rombare la gola in fusa
festose, girando poi su se stesso a mostrare il ventre tondeggiante mentre gli tracciava intorno
languidi cerchi. « Ogni minuto una lama a lacerarmi l’anima. » Arricciò
la lunga coda vaporosa e dilatò le pupille in un’espressione implorante. « Ogni rintocco dell’orologio uno spillo nel
mio povero cuore. »
Il fantasma più
giovane osservò ammaliato il manto innaturalmente soffice e luminoso nel quale
Re Boo sapeva mutare il proprio ectoplasma, sfoggiando una maestria ineguagliata
da qualsiasi altro: comandava persino a ciascun pelo di ondulare, emulando la
danza delicata di un vento leggero.
« Mi sei più
caro di tutti i pipistrelli in tutte le grotte del mondo » continuò a
ricoprirlo di lusinghe il sovrano. « Sei la marcia funebre delle mie esequie. »
Riassunse infine la forma originale di boo, seppur dalla stazza ben maggiore
rispetto a quella dei suoi sudditi, con la voluminosa corona sul capo come
ornamento e simbolo del suo status, gli si parò dinnanzi e mormorò sommesso: « Senza
di te, questa dimora e ogni altra mia magione sono soltanto vuote carcasse ».
Luigi increspò
le labbra rosee in un sorriso intenerito e il dolore che si portava dentro si
smorzò un poco al conforto che gli fosse rimasto qualcuno al mondo a riservargli
tante premure, oltre al fido Poltercucciolo ai suoi piedi. « Anche tu mi sei
mancato. » Fece scorrere un palmo sulla fronte glabra del suo amico e
protettore prima di poggiarvi di nuovo la propria, permettendo alle loro anime
di sfiorarsi ancora. La casa tremò una seconda volta.
Dopo
un breve momento Luigi si ritrasse pudicamente e Re Boo, malvolentieri, lasciò
che interrompesse il contatto. A stento il monarca riusciva a controllarsi
quando l’anima candida e invitante del giovane si esponeva per concedergli un
microscopico assaggio, una carezza, un bacino; bramava insinuarvisi fino al più
intimo recesso incontaminato, esplorane ogni piega solo a lui dischiusa centimetro
per centimetro, marcarla come sua e di
nessun altro. Luigi era molto attento a testare le reazioni del suo spasimante,
a capire fin dove spingersi per tenerlo sulla corda e ciascuna quantità di
contatto elargita era accuratamente dosata: a volte veniva concessa una goccia
di più, altre una di meno a sconvolgere lo struggimento famelico del re. Si
trattava di una sfida e al contempo una tortura dal quale quest’ultimo disperatamente
dipendeva, schiavo di una smania costante che lo distoglieva da qualsiasi altro
appetito e che non gli dava pace.
«
Che cosa desideri fare? » Re Boo domò i sensi in subbuglio e riacquisì aspetto
antropomorfo, camminando nelle lucide scarpe in vernice mentre illustrava le
opzioni ricreative della giornata: « Passeggiare nel labirinto di Meride?
Esplorare i fondali del triangolo delle Bermuda? Visitare le catacombe di
Parigi? ». Esattamente come Luigi aveva abbandonato la sua vecchia immagine e
adottato uno stile più raffinato, il sovrano aveva deciso di rimodernare il
guardaroba e passare a un look con meno fronzoli, pur mantenendo alcuni
dettagli rétro come lo jabot e il panciotto. Anche l’acconciatura era stata
rivista, accorciata e pettinata compostamente all’indietro. « Oppure vogliamo
onorare la promessa fatta al caro vecchio Vlad di andare a prendere un tè al
suo castello? Mi ha scritto righe appassionate su un concime organico di produzione locale che egli definisce portentoso. I suoi giardini sono i più rigogliosi
di tutta la Romania. »
« Spaventù ci ha
invitati per due calici di vino e un torneo amichevole » fu la controproposta.
L’entusiasmo di Re
Boo si ridusse visibilmente, giacché quest’ultimo non nascondeva una certa intolleranza
per il suddetto spostato che monarca si professava e che tuttavia mai lo era
stato, né in vita né tantomeno dopo. « Bene, cedo a te il piacere del torneo
mentre io mi occuperò del vino, se devo ancora assistere alla buffonata di quel
mentecatto che si pavoneggia a cavallo di un’armatura vuota. Per non parlare di
quando ci si mette a battibeccare. » Di fatto il destriero dello stravagante
Spaventù altro non era che un involucro di ferraglia senz’anima e che tuttavia l’amorevole
proprietario trattava come se fosse dotato di intelletto e senso dell’umorismo.
« Non minimizzare
il caratterino di Incitatus » ridacchiò Luigi. « Spaventù mi ha raccontato che
lo avrebbe nominato capitano della guardia reale, se fosse vissuto più a lungo.
»
« Dubito che
Spaventù abbia mai posseduto un cavallo, o una gallina. » La corona che l’impostore
indossava fieramente era una copia di puro ectoplasma e il castello da egli
infestato era appartenuto a un’altra dinastia reale ben più nota di quella dell’attuale
abusivo. La fortezza sperduta e ormai fatiscente non aveva destato l’interesse
di alcun boo sano di mente e Spaventù ne era stato il solo inquilino e padrone
indiscusso per decenni, o addirittura secoli interi, che innegabilmente non
avevano aiutato la sua salute psichica già sfavorita in partenza.
« Proverai a non
mortificarlo come l’ultima volta? Non vorrai provocargli un’altra crisi. »
L’ammonimento fu accompagnato da un’occhiata di critica.
« Mi ha accusato
di essere ingiusto nei confronti di quella lattina vuota perché la stavo
ignorando » obiettò stizzito il colpevole, perseguitato dal ricordo molesto di
loro quattro seduti a tavola: Re Boo, Luigi, Spaventù e Incitatus, compostamente sistemato proprio accanto all’ospite meno indulgente
che era stato costretto a tacere di fronte all’imperdonabile spreco di
pregiatissimo vino per riempire anche il quarto calice. Spaventù aveva
addirittura girato in direzione del collega la testa cigolante del rispettabile
equino per agevolare la conversazione. « Mi vergogno che venga associato alla
mia corte. È quasi imbarazzante quanto quel troglodita di Ug che da morto si è
convinto di essere lo stesso dinosauro che lo ha divorato. »
« È eccentrico,
ma innocuo. » Luigi si era incaponito nell’impresa di convincere Spaventù a
trasferirsi in un rifugio più dignitoso, tuttavia il re travicello sembrava
inamovibile. Né la garanzia di uno stile di vita migliore né quella di nuove
amicizie e cavalieri da sfidare avevano avuto successo, ma il fantasmologo era
ben deciso a non lasciare lo spettro testardo nell’autoesilio. « Gli occorre
solo un ambiente più sano e stimolante » insistette con convinzione, sostenendo
lo sguardo penetrante del monarca.
A dispetto delle
antipatie, lungi da Re Boo rifiutarsi di assecondare i buoni propositi del suo
prediletto che tanto si prodigava per la comunità dei non-vivi, dalla quale era
sempre più amato e benvoluto, esattamente come si era prodigato in passato per
quella dei vivi senza ricevere la meritata considerazione. Se poi ciò lo
aiutava a tenere mente e cuore lontani dalla famiglia, meglio ancora. « Vorresti
salvarli proprio tutti. » Gli cinse piano il mento tra l’indice e il pollice
per affondare le pupille luccicanti negli occhi cerulei: una imitazione di
ectoplasma modellata a soffocare dietro di essa la luce dell’anima valorosa del
giovane. « Ti avverto però, mon précieux,
di non riporre troppe speranze in alcuni, perché per loro potrebbe già esser tardi.
»
« Non è mai
troppo tardi » rispose determinato Luigi stringendo la mano nella sua. I
lineamenti erano distesi in un’espressione serena e fiduciosa. « E se non posso
aiutarli a riscattarsi, posso almeno intervenire affinché non rimangano
abbandonati a se stessi. » Neppure la morte aveva potuto estinguere la
scintilla di bontà che ardeva tenace nel profondo dell’ex paladino del Regno
dei Funghi, grazie ai cui sforzi un numero di spiriti in costante aumento preferiva
unirsi alle schiere di Re Boo. Si era sparsa ormai la voce tra i fantasmi del
nuovo favorito del sovrano, dedito ad assistere i più deboli e in difficoltà, e
il suo mecenate si accaparrava di giorno in giorno prestigio e possedimenti in
ogni dove.
Il lugubre signore
tentennò in preda a un'emozione e una commozione quali di rado aveva
provato (cioè ogni volta che il timido Luigi lo sorprendeva con una tenerezza)
e dovette soffocare l’impulso di guardarsi imbambolato la mano stretta; fu
grato di non avere più una goccia di sangue in corpo a confluirgli nelle
guance. Un sorriso sghembo gli sollevò il lato sinistro del labbro. « Considerato
che non vi sia modo di depennare questa mission
de sauvetage dall’agenda di oggi, penso che mi avvantaggerò con il vino. » Schioccò
le dita e Ombretta fu rapida a consegnargliene una coppa che venne svuotata in
un solo glug. « Naturalmente starà a
noi fornire bottiglie e calici anche stavolta, immagino. »
« Portiamoci
Poltercucciolo » suggerì il fantasma più giovane, udendo gli uggiolii affranti
del canide che mal tollerava la solitudine. « Non credo che a Spaventù darà
fastidio. »
« Dovremmo
preoccuparci piuttosto di ricevere l’autorizzazione dal capitano della guardia
reale. »
« Poltercucciolo
è ben addestrato e conosce le buone maniere. » Se Luigi aveva seriamente colto
il sarcasmo di Re Boo, non concesse a questi la soddisfazione. Si chinò su un
ginocchio per vezzeggiare con vocina infantile il fedele cagnolino che reagì
estasiato alle coccole. « Incitatus lo accetterebbe di sicuro, anzi, rimarrebbe
talmente impressionato da nominarlo tenente. »
I resti smembrati del temerario Incitatus
giacevano sparsi per la spoglia sala, insieme all’armatura che Spaventù aveva
l’abitudine di indossare prima di scagliarsi in battaglia; alcune piastre si
erano ammaccate e deformate a causa degli urti subiti. Tracce del brutale
scontro consumatosi di recente erano visibili ovunque sulle pareti e sul
pavimento: vetri in frantumi, tessuti dilaniati e mobilia distrutta.
Per la prima
volta in morte sua, il docile canide ringhiò.
« Spero non vi
dispiaccia, Sire. » Le labbra vermiglie della dama spettrale si arcuarono in
un sorriso malizioso che, abbinato agli occhi di ambra infuocata, divenne
assolutamente terrificante. « Le vostre visite si sono talmente diradate, e noi
non vedevamo l’ora di fare la conoscenza del nuovo arrivato del quale siete
così geloso. » Accoccolato tra un braccio esangue e il seducente décolleté
stava un Poltermicio a tre code, intento a ricambiare l’ostilità del cucciolo
con gelida imperturbabilità e una parvenza di vago disgusto.
« D’altronde, sembra
che ormai preferiate la compagnia dei reietti alla nostra » aggiunse l’unico
elemento maschile del trio di intrusi, rivolgendo uno sguardo di disprezzo al misero
Spaventù ormai regredito alla condizione originaria di boo per via dello choc e
rintanato tremante dietro un tavolo ribaltato e rosicchiato dai tarli.
« Sono stato
molto impegnato » rispose atono il monarca, permettendo infine al portale alle
sue spalle di richiudersi con un sibilo sottile. La fuga non era un’opzione da calcolare.
« Chiaro » fece
la seconda donna, rivolgendo un’occhiata eloquente all’accompagnatore del
signore oscuro.
« Visto che
siamo in sede di presentazioni… » Re Boo ruotò elegantemente il polso in
direzione del suo prediletto. « Vi trovate al cospetto di Luigi Mario, cavaliere
del Regno dei Funghi… »
« Il cacciatore
di fantasmi?! » proruppe incredulo il grosso spettro selachimorfo con file di
denti taglienti e minutamente seghettati. L’orbita destra, quella scoperta
dalla benda, si accese come un tizzone ardente.
« Ex cacciatore di fantasmi » lo corresse il
sovrano, indurendo lo sguardo per essere stato interrotto.
« Curioso che un
sacco di carne che ci odiava tanto ora razzoli in mezzo a noi così volentieri »
commentò l’altro con sospetto, tratto in inganno dall’abilità di Luigi di
simulare aspetto vivo, prima di identificarsi con un abbozzo di inchino, senza
recidere il contatto visivo. « Capitan Giacomo Sperone, Terrore dei sette mari
e mezzo, Diavolo degli abissi, ormai noto con il nome di Spiritato, per ovvi
motivi. » L’uncino che aveva al posto di una pinna pettorale luccicò
sinistramente alla luce soffusa delle torce.
« Molti hanno
incontrato il Game Over per sua mano » precisò Re Boo.
« Ectopatra
Serpentiti VII » si presentò la donna in vesti esotiche, senza chinarsi. « Detta
anche la Velenosa o l’Incantatrice delle sabbie, ultima Regina della XVIII
dinastia sarasiana. » Avvolto intorno al capo aveva un sinuoso diadema a forma
di cobra a testimoniare la carica dichiarata.
« Moltissimi
hanno incontrato il Game Over per sua mano. »
Lo spettro
ignoto levitò adagio dinnanzi a Luigi, senza degnare di considerazione il ringhio di avvertimento da
parte di Poltercucciolo, e distese con grazia un arto cadaverico. « Contessa Malberta
Crisantemi » disse soltanto con voce bassa e carezzevole come le fusa di un
felino. Il Poltermicio era intento a scrutare il giovane coi suoi occhi
glaciali, immobile nella presa della padrona.
« Innumerevoli
hanno incontrato il Game Over per sua mano. »
Luigi, aggrappato
al proprio autocontrollo a dispetto della tensione circostante, corrispose lo
sguardo inquisitore della dama ed eseguì una composta riverenza, avvicinando alle
labbra il dorso della mano offerta per sfiorarlo appena. Con un guizzo repentino,
il gatto mosse una zampa artigliata e incise tre solchi profondi sul volto del
giovane che trasalì, caduto nel tranello: sebbene questi si coprì prontamente
la faccia con un palmo, l’assenza di una singola stilla di sangue versata era
incontrovertibile. Poltercucciolo scattò adirato, ma la donna scivolò via per
ristabilire le distanze, facendo scorrere il bordo dell’abito sul pavimento.
« È un nostro
simile! » esclamò Capitan Spiritato, onestamente stupito, poi, compreso infine
di essere stato regalmente preso per i fondelli, si alterò. « Che scherzo è
questo? »
Re Boo avanzò di
un passo verso i tre intrusi che si erano compattati in un punto dello
squallido salone. « Mi costringi a scusarmi per la tua condotta, astuta
Malberta. » Le pupille iridescenti baluginarono minacciose nelle fosche cavità
orbitali.
Il sorriso sul volto
della dama era svanito e i lineamenti spigolosi irrigiditi in un ritratto di
risentito contegno. « Perché tenerci all’oscuro dell’identità del vostro favorito?
Noi, i più vicini alla corona, non abbiamo forse diritto di sapere per primi a
chi avete concesso tale importanza, anziché racimolare i pettegolezzi di corte?
» Il Poltermicio saltò a terra per leccarsi le unghie che un minuto prima aveva
piantato in faccia al giovane deceduto, ignorando con sdegno i latrati iracondi
di Poltercucciolo paratosi di fronte al suo padrone.
« Mia cara,
preferisco tenere le faccende private alla portata di meno orecchie possibile.
Ad ogni modo, a tempo debito, avrei permesso alla notizia di circolare
liberamente e organizzato questo incontro in una sede appropriata » garantì lo
spettro re. « Luigi si sta ancora accostumando al nostro stile di vita. »
« Sua
Misteriosità desiderava solamente godersi un po’ di intimità col nuovo gioiellino
» ridacchiò la bella Ectopatra con tono suadente, incrociando le braccia adornate
da vistosi bracciali. « Riconosco che ha buon gusto. » La spettrale regina e
probabile antenata di Daisy sembrava l’unica positivamente intrigata
dall’inaspettato risvolto, come una casalinga alla visione del suo dating-show
preferito.
« Tanto disturbo
per il nuovo trastullo del re? » sbuffò il gigantesco squalo, irritato per aver
involontariamente recitato la parte del paparazzo della situazione. « Mi sarei volentieri
risparmiato l’attesa in questa sudicia topaia. »
«
Sbagli, Capitano. » Sebbene il tono di voce fosse rimasto subdolamente piatto,
gli occhi del lugubre sovrano ribollivano intimidatori. « Luigi è molto di più
e, d’ora in avanti, ti rivolgerai a lui per nome, col garbo che gli si conviene.
»
«
Il mio garbo, come il mio rispetto, non sono privilegi vincolati al talamo
reale, Maestade. Se li vuole, » si rivolse al diretto interessato, « se li deve
guadagnare ». Spiritato drizzò la schiena con fierezza. « Non tratterò coi
guanti di velluto l’ultimo arrivato solo perché è entrato nelle grazie del re, men
che meno un novellino fresco di dipartita che fino a pochi anni fa si fregiava
del titolo di cacciatore di fantasmi. Buffa la sorte, no? »
Luigi
si interpose, affiancandosi nuovamente al suo protettore. « Faccio ammenda ogni
giorno per i torti del passato. Non potrò mai cancellare quello che ho fatto, e
comprendo la vostra diffidenza. » Gettò infine la maschera: le unghiate
inflitte dal Poltermicio si rimarginarono all’istante, il naturale pallore dell’ectoplasma
affiorò a coprire ogni centimetro di pelle, baffi e capelli e i falsi bulbi
oculari si smaterializzarono, rimpiazzati da finestre luminose. « Intendo
meritarmi la vostra fiducia dimostrandovi di non essere più colui che un tempo
terrorizzava la comunità fantasma. »
«
Bando alle ciance! » Spiritato si spazientì e rivendicò il degno scontro che
era venuto a cercare. « Se quanto detto dal nostro sovrano corrisponde a
verità, se sei davvero un pretendente al trono… » Puntò l’uncino affilato contro l’avversario,
lanciando ufficialmente la sfida. « Allora provami sul campo di esserne all’altezza!
»
«
Come siete ruvido, Capitano » sospirò l’avvenente sarasiana, avvezza al
temperamento ruggente del collega. A differenza dei due compagni, la placida
Ectopatra era stata mossa da semplice curiosità e non sembrava interessata alla
battaglia.
«
Spiritato ha ragione » convenne invece Malberta, sistemandosi la stola di
pelliccia intorno alle spalle scoperte. Un’ira trattenuta saettava negli occhi
ambrati. « Non accetterò a testa bassa che un ragazzino ambizioso mi calpesti,
nemmeno se si tratta del favorito di Vostra Oscurità. Se costui un giorno sarà
nella posizione di dare ordini, dovrà prima oltrepassare me. » Come se avesse
risposto a un comando silente, l’infido Poltermicio divenne improvvisamente
aggressivo: si drizzò su tutte e quattro le zampe, incurvò il dorso, puntando
lo sguardo affilato sul colpevole della frustrazione nella sua amata padrona, e
soffiò.
Poltercucciolo
ringhiò di rimando.
L’avversario
si tramutò in una pantera mostruosa, col torace tozzo e gli artigli anteriori
lunghi come falcetti, e produsse un ruggito che scosse la stanza.
Il
cagnolino si trovò obbligato a rivedere le sue scelte di vita, ammutolendo
incerto.
I
tre comandanti risero divertiti. « Un inizio promettente » schernì Spiritato. «
Voglio proprio vedere se riuscirai a offrirmi un ballo più decente di quel delirante
grumo di feccia là dietro. » Indicò lo sfortunato Spiritù con un cenno del
capo.
Luigi
serrò i pugni, avendo finalmente individuato il responsabile. « Sei stato tu? »
« Oh, mea culpa.
La cosa va contro i tuoi nobilissimi ideali di recupero e reinserimento sociale
delle pecorelle smarrite. » Il giovane sfrontato ridusse a piedi la distanza
tra loro e il capitano fece altrettanto, nuotando adagio nell’aria, sino a
incrociarsi a metà strada.
« Non c’era
bisogno di infierire fino a questo punto » disse Luigi col mento in su, coperto
dall’ombra imponente del carcarodonte intento a squadrarlo dall’alto scettico
con l’unico occhio esposto.
« È stato lui ad
attaccare per primo » furono le parole a scivolare tra le file di denti
acuminati. « Mi sono semplicemente difeso. » Lo scempio tutt’intorno e il
ghigno crudele stridettero orribilmente con la spiegazione.
« Allora non
sareste dovuti entrare. »
La
Poltersciabola si accovacciò agitando le code sinuose e fece vibrare il petto
in un ringhio cupo, bramosa di conficcare di nuovo gli artigli in quel visino
accigliato.
« Ci butterai
fuori tu? Vorrei che ci provassi » continuò implacabile Spiritato, deciso a
graffiare nervi scoperti. « Perché ti interessi tanto a quelli come lui? Sono fallimenti
che non sarebbero dovuti rinascere, sgorbi, malriusciti.
Ci fanno soltanto un favore a restarsene alla larga. La verità è che ti importa
di loro quanto ne importa a me. Lo fai unicamente per te stesso: una recita
per gratificare il tuo ego. O forse c’è qualcosa in loro, incompresi e
abbandonati, che ti ricorda proprio te? Se è così, raderò al suolo questo rudere
sino alle fondamenta con immenso piacere. »
Luigi avvertì
un’onda di gelo pervaderlo, un furore sepolto nel profondo e ridestato sgorgò
dalla voragine che si portava dentro e si espanse in ogni fibra della sua
anima. Non poté contenerlo. Lo lasciò uscire. Impregnò l’aria circostante.
Riempì la sala intera. Si insinuò fra le crepe nella pietra. Le torce si
estinsero una dopo l'altra e
l'oscurità inghiottì i presenti.
Re Boo, rimasto in
secondo piano ad osservare attento l’evolvere della scena, sorrise. Schioccò le
dita e fiamme bluastre comparvero al posto del fuoco naturale a rischiarare l’ambiente
con la loro luce sottilissima.
L’atmosfera era
radicalmente cambiata, a partire dalle espressioni dei comandanti che avevano
infine rivalutato le capacità del loro opponente e assunto posizione di guardia,
compresa l'inquieta Ectopatra al sentore dell’aura oscura irradiata dal giovane.
Spiritato era addirittura arretrato di qualche metro per evitare di esserne
investito. Malberta fu la prima a riscuotersi infuriata e con l’indice teso
sibilò l’ordine al suo animaletto; curiosamente, i tratti del viso si erano
affilati insieme alle unghie smaltate, svelando un aspetto stregonesco sotto la
facciata di ectoplasma e make-up.
La
Poltersciabola si avvicinò spavalda all’obiettivo, ma venne prontamente
intercettata dal leale Poltercucciolo che si piazzò accanto al padrone, tornato
in sua difesa malgrado l’apparente svantaggio fisico. Il felino indugiò un attimo,
assottigliò le palpebre, seccato dal flaccido tentativo di rivalsa, e fece
infine per prepararsi ad attaccare. D’improvviso, in reazione al contatto con
Luigi, il corpo del canide si gonfiò e acquistò in pochi istanti la mole
possente di un orso. Le tre teste zannute del Poltercerbero ringhiarono
all’unisono, ribadendo il messaggio forte e chiaro.
La
Poltersciabola accantonò umilmente la strategia di un assalto frontale.
« Accetto la
sfida, » dichiarò calmo Luigi, la cui voce suonò distorta, grave, terribilmente
simile a quella dello spettro re, « ma non qui ». Si diresse verso l’angolino
nel quale Spaventù aveva trovato provvisorio rifugio e si calò su un ginocchio per
constatare da vicino l’entità dei danni sofferti, mentre ciascuna testa di
Poltercerbero si accertava torva che i seccatori sarebbero rimasti al loro
posto per il tempo necessario.
« Incitatus… »
mormorò con sguardo perso il boo, stringendo la testa metallica separata dal
resto della corazza come un soldato che sorregge il corpo di un caro amico
caduto sotto le armi.
« Non
preoccuparti, lo faremo tornare come nuovo. » Lo consolò dolcemente. « Gli
faremo forgiare un’armatura più bella e resistente, degna di un campione. Sarà
l’invidia di tutti i cavalieri di corte. » Si rialzò per rivolgere un’occhiata
a Re Boo che annuì in segno d’intesa, compiaciuto oltre le aspettative.
Il sovrano si preparò dunque a spostare i competitori su un campo di battaglia più adatto. Si leccò le labbra, ansioso di godersi i frutti di anni di rigoroso addestramento personalmente impartito. Gli farà bene sfogarsi un po’.
Nota d’autrice:
Nel Medioevo i cavalli venivano distinti non in
razze ma in base alla loro funzione:
- il destriero era il cavallo da guerra
e da giostra (torneo medievale), adibito alla cavalleria pesante, così
chiamato perché veniva condotto con la mano destra da uno scudiero affinché
il cavaliere potesse inforcarlo al momento della battaglia, di mole considerevole
e andatura lenta, addestrato con grande cura a sopportare il peso
dell'armatura, il rumore e l’odore del sangue;
- il corsiero era il cavallo portato
alla corsa (c. da lancia) e ad andature sostenute, veniva utilizzato
spesso nei tornei per la sua mole comunque considerevole e anch’esso
doveva essere forte e robusto per essere adoperato in battaglia;
- il palafreno, detto anche
"cavallo da posta", era per antonomasia il cavallo adibito per i
viaggi, le parate e l'uso quotidiano, in grado di percorrere lunghi percorsi
con un peso moderato in groppa, veloce nel trotto per essere utilizzato
anche durante per la caccia;
- il ronzino e il somiero erano cavalli di poco pregio, resistenti e di indole
tranquilla, usati per il trasporto notevole di bagagli, carri e
attrezzature personali del signore.
Malberta Crisantemi, Poltermicio, Capitan
Spiritato, Ectopatra, Re Spaventù [Luigi’s
Mansion 3] © Nintendo
Poltercerbero © koopafreak