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Autore: OneDayYoureGonnaFly    03/01/2020    0 recensioni
"Lo seguo senza troppe esitazioni, come la notte segue il giorno, come se lo avessi sempre fatto, fidarmi di lui mi sembrava una cosa così naturale..."
"Ed è così che la nostra storia è iniziata, come un lampo a ciel sereno in un giorno di piena estate. Come un treno che passa veloce in un paesaggio deserto e lo sconvolge, facendo tremare le foglie e piegare i fili d’erba..."
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Andy Dermanis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono pervaso da un brivido che dalla punta dell’indice corre lungo le braccia arrivando al collo e sulla schiena lasciando un’evidente traccia di sé sulla mia pelle, pelle d’oca. Mai mi era successo prima, sono quasi imbarazzato. Io che con qualche birra in corpo parlerei anche con la regina Elisabetta in persona senza farmi scrupoli, ora mi ritrovo incapace di proferire parola. Ho la sensazione che se solo provassi ad aprire bocca non uscirebbe nessun suono, o peggio ancora emetterei solo un sibilo acuto che mi farebbe sprofondare nella vergogna. Sento la bocca secca, prendo il bicchiere e ne bevo più di metà sperando che possa farmi uscire da quello stato di imbarazzo. Lui si mette a ridere – ha un sorriso…si insomma uno di quei sorrisi perfetti, i denti bianchi e dritti… non riesco a distogliere il mio sguardo dalla sua bocca – “Immaginavo che avessi sete, ma così tanta…!”. Rido anche io – più per imbarazzo, ma questo lui non lo saprà mai – “Sai, sono ore che ballo e qui dentro fa veramente caldo”, mi interrompo per qualche secondo e poi non so con che coraggio – probabilmente è la birra – dico “Ti va di uscire a prendere una boccata d’aria?”. Lui fa segno di sì e con un cenno della testa indica la porta. Tiene il bicchiere stretto e sul braccio gli si vendono le vene in rilievo. Ha una t-shirt nera, la veste benissimo. Lo scollo a V risalta la perfetta postura delle sue spalle. Sembra proprio che il ragazzo vada in palestra. Solo a questo pensiero sento che sulla mia bocca nasce un sorriso ammiccante e le mie guance si infuocano.
Esco facendomi largo tra la gente, ne è arrivata davvero tanta. L’aria fresca –o forse mi sembra esserlo solo perché quella dentro è irrespirabile e caldissima – mi accarezza il viso, e le mie guance si raffreddano. Mi volto per accertarmi che mi abbia seguito. Ma udite udite…gli sbatto contro rovesciandogli addosso parte della birra! A mia discolpa posso solo dire che non pensavo mi fosse così vicino. Le mie guance, che finalmente non bruciavano più, tornano a farlo e io mi sento sprofondare. Rido imbarazzatissimo. Ma cosa mi sta succedendo? Non capisco più niente, so solo ridere e sorridere come un ebete.
“Scusami, sono mortificato davvero, non volevo, vado a prenderti dei tovaglioli”
“Tranquillo, non è successo niente, è solo un goccio”
“No davvero mi sento in colpa”
Mi mette una mano sulla spalla e mi dice con voce sottile, quasi sussurrando “Tranquillo”. Le sue labbra si uniscono e si allontanano in modo particolare, capisco che non è di Londra, nessuno avrebbe mai pronunciato così quella parola in città.
“Comunque io sono Andy, tu chi sei?” mi chiede con tono curioso. Che buffo, a me sembrava di sapere già tutto di lui solo guardandolo negli occhi, quando in realtà fino a qualche istante fa non conoscevo nemmeno il suo nome.
“M-Mika…cioè Michael, ma tutti mi chiamano Mika”
“Beh, se tutti ti chiamano Mika, io voglio chiamarti Michael” - sorride- “va bene?”
Mi sento la faccia diventare rossa, prendo un altro sorso e dico velocissimo “Certo”. Stasera proprio non mi riconosco più.
Vedo in lontananza arrivare Marc e Alex, si avvicinano a me e Andy – non credo fosse il suo nome reale, ma va bene comunque -. Temo in una qualche battuta tipica di Marc quando mi vede con un ragazzo. Ha un umorismo tutto suo, solo chi lo conosce da tanto può realmente capirlo. Come solito fare mi saluta con un braccio alzato e un cenno della mano destra.
“Mika, ti stai divertendo?” si limita a dire questo con un accento tipicamente londinese, sorridendomi e indicando con lo sguardo alla mia sinistra, proprio dove c’era Andy che ne accorge subito e allunga la mano per presentarsi.
“Ciao! Sono Andy, piacere”
“Piacere, io sono Marc e lui è Alex. Vedo che hai conosciuto il nostro Mika, spero che abbiate avuto modo di parlare perché ora sono venuto a riprenderlo. Alex sta ancora male, la passeggiata non l’ha aiutato. Pensavamo di tornare verso casa…”
Oh no, di già? Penso con estrema delusione, proprio adesso.
“Andate in città?” replica prontamente Andy, Marc annuisce, “Gli do un passaggio io… se si fida” ride soddisfatto e mi lancia uno sguardo.
“A me va bene” – Mio Dio ma con che coraggio ho detto ciò, nella mia testa mi sto dando una sberla in fronte e mi viene da ridere pensando a questa scena – “Certo va bene, nessun problema” dice Marc “scusaci se non siamo stati di compagnia, ci faremo perdonare” mi stringe il braccio e mi sorride “Ci sentiamo, mi raccomando non sparire ancora”. Lo saluto e si allontana tenendo Alex, moribondo, sotto braccio.
Dopo un attimo di silenzio, Andy prende in mano il discorso “Spero di non essere stato troppo precipitoso, ma insomma ci stiamo divertendo qui, mi sembrava un peccato ecco…” per la prima volta da quando mi si è avvicinato abbassa lo sguardo, per la prima volta noto un briciolo di imbarazzo anche in lui.
“No, non lo sei stato, anzi… hai fatto bene”. Adesso mi riconosco. Ho pronunciato questa frase a voce alta guardandolo negli occhi, poco fa non ne sarei stato capace. Lui mi guarda e piega la testa su un lato, ha notato qualcosa. Mi passa la mano sulla fronte e mi sposta i ricci “Ecco, così va meglio. Quel riccio fuori posto stonava sul tuo viso”.
Faccio per sistemarmi meglio e le nostre mani si sfiorano ancora, questa volta però non le togliamo precipitosamente. Le lasciamo esplorarsi. Seguo la sua che mi contorna il profilo e scende sul collo e sulla spalla per poi cadere…
“Andy sta per…fammi indovinare”
“Uhm” stringe gli occhi e arriccia la bocca incuriosito “sentiamo…”
“Beh, insomma Andy… Andrea?” - si Andrea ci potrebbe stare, magari ha origini italiane… -
“Fuoco…ma no, sta per Andreas”
“Beh dai, sono stato bravo, ho quasi indovinato! E dimmi un po’… Andreas… non sei di Londra vero?”
“Esatto, vivo a Londra ma hoi origini Greche” - Non avrei mai pensato fosse di origini greche, questa cosa mi intriga parecchio. Sono mezzo libanese e le culture mediterranee fanno parte di me-Voglio sapere di più di lui, sono curioso. Strizzo lo sguardo per cercare di cogliere ogni particolare di lui, quasi come se volessi metterlo a fuoco meglio.
“E dimmi, qui a Londra cosa fai?” continuo
“Sono un regista. Faccio video e catturo la realtà come la vedo io” … “se avessi una telecamera probabilmente immortalerei questa serata… con te che ballavi scatenato, come se nessuno fosse lì e fermerei il tutto sul tuo sguardo.”
Mi sento investire nel petto da queste parole, e il brivido che mi aveva fatto venire la pelle d’oca si ripresenta.
“E tu Michael, tu cosa fai?”
Ancora stordito e sognante da ciò che mi aveva appena detto rispondo timidamente “Io? Io… si insomma io scrivo musica e canto, ma sono all’inizio…” dico queste parole sperando che non mi chieda di più e invece sul suo viso compare un’espressione di ammirazione.
“Devi assolutamente farmi sentire qualcosa” dice
“Adesso?”
“Si adesso”
Prima che potessi dire qualsiasi cosa, mi toglie il bicchiere dalle mani, lo appoggia su un tavolino insieme al suo. Mi prende la mano e si mette a correre verso la strada deserta. Lo seguo senza troppe esitazioni, come la notte segue il giorno, come se lo avessi sempre fatto, fidarmi di lui mi sembrava una cosa così naturale.
Intona le prime parole di Don’t stop me now, una delle mie canzoni preferite dei Queen. Tutto mi sembra un film. Appena sente che anche io inizio a cantare si ferma e mi lascia proseguire. Preso dall’entusiasmo mi esibisco – inconsapevole – in una performance solista. Smette di correre. Non capisco. Si avvicina. Mi prende la mano e la passa sul suo braccio. “Senti?”, ha la pelle d’oca, “Dove hai imparato a cantare così? Io voglio sentire qualcosa di tuo”.
Mi sento lusingato, ma ci tengo a fare il prezioso e poi… e poi dai insomma l’imbarazzo è tornato! Arriccio il naso e scoppio in una risata facendomi cadere sulla panchina che si trovava lì accanto.
“Di mio dici? Nah, ogni cosa ha il suo tempo...chissà magari un giorno ti dedicherò anche una canzone”.
Lo tiro per la maglietta e lo faccio sedere vicino a me. Passano lunghi minuti in cui non ci diciamo niente, ma semplicemente appoggiati l’uno sulla testa dell’altro, prendiamo fiato. “Che ore sono?”, interrompo il silenzio. Prende il telefono dalla tasca dei jeans scuri. Dice di averlo scarico, senza pensarci troppo gli do il mio. Non avevo voglia di guardare e farmi accecare dalla luce dello schermo. “Sono le 3.30 e ti ho segnato il mio numero”, la sua voce è sorridente, “…è tardi ma io voglio stare con te” dice.
“Stasera?”
“No per tutta la vita” Mi alza la testa, mi sposta i ricci che mi erano caduti sugli occhi e mi bacia.
Oggi mentre stavo venendo qui ho detto che non mi sarebbe importato niente del domani, volevo solo divertirmi. Ma sapete che vi dico? “Who gives a shit about tomorrow? Right, now I do :)
   
 
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