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Autore: Stellato    04/01/2020    14 recensioni
Siamo nel 1775, rispetto alla storia originale Rosalie manca (manca?), il conte di Fersen è ancora in Svezia e le giornate scorrono monotone in quel di Versailles tra un brutto tiro e l’altro della Polignac e i capricci di Maria Antonietta.
E se Oscar avesse avuto un’amica?
Questo, signori, è il folle tentativo di innestare un po’ di frivolezza nella stoica esistenza di madamigella Oscar.
Ad aiutarmi nell’impresa ci sarà una tizia bizzarra inventata di sana pianta, naturalmente André, un viaggio nella profumata Provenza, delle illustrazioni ad acquerello e probabilmente degli scivoloni fuori personaggio perché questa sarà una storia (insostenibilmente) leggera.
Forse.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Storia delle parentesi

 
Erasmo da Rotterdam, un uomo noto tra le altre cose per aver elogiato la Follia, definì questi segni tipografici “lunule” per la loro somiglianza con l’astro più volubile del cielo, e forse per primo riconobbe il potere insinuante di racchiudere le parole tra queste due piccole curve, il loro saper suggerire qualcosa in più, un dire e non dire, come le verità celate in uno scherzo.
A scuola ci insegnano che nel pensiero scritto le parentesi dovrebbero contenere delle informazioni superflue, un’aggiunta espletiva al discorso principale che - nettamente divisa dal resto - possa venire eliminata con facilità.
E anche nel calcolo matematico le parentesi tonde sono la prima cosa a sparire, il punto da cui partire per semplificare il resto.
Ma per la retorica e nel linguaggio comune questo innocente segno di punteggiatura assume un significato del tutto diverso.
 
Definiamo una parentesi come una pausa.
Un tempo a sé stante nel quale ci muoviamo liberi dai vincoli della nostra esistenza, un a parte del quotidiano in cui liberare pensieri e desideri anche indefiniti, riscoprendo noi stessi.
 

(Ciò che una parentesi contiene non è mai davvero innocuo, e andrebbe sempre osservato con attenzione.)

 

***

 
Nanny rientrò nelle cucine visibilmente agitata, a grandi passi delle sue piccole gambe. Il vassoio con su i resti della colazione di Oscar suonava come uno strumento musicale tintinnante d’argenteria e porcellana: un chiaro, pessimo segnale di cattivo umore visto quanto teneva a quelle stoviglie che di solito trattava con ogni riguardo.
André fiutò il nervosismo e provò il desiderio istintivo di nascondersi nell’anfratto accanto al camino in cui stava sistemando una catasta di legna in quel momento, ma erano lontani i tempi in cui poteva rifugiarsi in quel piccolo spazio per sfuggirle. E soprattutto la nonna lo aveva già puntato.
“Cosa sta succedendo???” intimò al nipote.
“Che intendi, nonna?” chiese lui candido.
“Intendo cosa passa per la testa ad Oscar in questi giorni, André! Che le è preso?”
Lui provò a non dar peso a quel tono alterato, ma le rispose con prudenza, chinato a sistemare ciocchi.
“Perché me lo chiedi?”
“L’ultima è che vuole assaggiare il caffè.” dichiarò esasperata con le mani sui fianchi, l’indignazione sul viso.
André si lasciò scappare una risata e quasi perse l’equilibrio dalla scomoda posizione precaria, con le ginocchia flesse e la legna pesante tra le mani. Quale affronto doveva costituire quella richiesta, quale sfida delle tradizioni di casa Jarjayes!
“Non è che ti abbia chiesto dell’oppio!” rispose sghignazzando, intrepido nonostante si trovassero nelle cucine; praticamente l’armeria della nonna. “Guarda che non è male, ormai il caffè lo bevono tutti, ci sono persino gli ambulanti in città…” provò a rassicurarla. Ma l’anziana non sembrava affatto convinta.
“Una bevanda che fa correre il cuore non può essere del tutto innocua, per questo non lo voglio in casa. Ad ogni modo, non sono le strane richieste degli ultimi giorni a preoccuparmi, quanto questo vostro viaggio.” replicò allusiva. “Decidere di andar via per così tanto tempo senza nemmeno aspettare che rientri il generale, senza che ne sia informato! Andrà su tutte le furie di sicuro, e non vorrei venissi coinvolto anche tu. Cosa ne ha detto madame?”
“Sua madre era con lei quando ha richiesto il permesso direttamente alla regina, dubito che si sia opposta. Ma non ne so molto su questo punto, sono giorni che è parecchio misteriosa anche con me.
 
La partenza di Sabine la settimana precedente li aveva lasciati disorientati. Nessuno dei due si aspettava una fuga simile, ma era soprattutto Oscar ad aver accusato il colpo.
Per un po’ non aveva aperto bocca: muta e scontrosa come non accadeva da tempo, si era negata ad ogni confronto e lui non aveva insistito per capire cosa le passasse per la testa. Ipotizzò si trattasse di uno stato d’animo simile al suo: dispiacere, frustrazione, cos’altro? La moralità integerrima che contraddistingueva Oscar non concepiva una fuga come quella di Sabine, e forse era davvero delusa dal comportamento della baronessa.
E triste.
L’unica amica che avesse mai avuto era andata via, dopotutto.
Poi qualcosa era cambiato, dalla sera alla mattina.
Iniziò col dimostrarsi più loquace del solito, spendendo persino un paio di parole per rassicurarlo quando si era azzardato a chiederle qualcosa sull’argomento.
“Va tutto bene André, stai tranquillo.” gli aveva risposto placida. “E non ne so nulla di crisi matrimoniali, quindi rinuncio a sbilanciarmi in un giudizio a riguardo.” concluse leggera.
E allegro e leggero era rimasto il suo umore di lì in poi, imperturbabile come se l’intera faccenda fosse di poco conto.
Quello era stato un primo campanello d’allarme.
Di lì in poi i comportamenti anomali si erano accumulati. Minuzie. La richiesta di far venire il sarto, ed esempio, mentre di solito erano la nonna o la madre ad obbligarla a rinfrescare il guardaroba. E un atteggiamento diverso, disteso al punto di scoppiare in una risata alla battuta sciocca sussurrata da André durante un’esercitazione con le guardie reali, per lo stupore assoluto di Girodel e dell’intero reggimento presente.
Però appunto, si era trattato di inezie e non credeva che qualcun altro vi avesse dato peso. Aveva sottovalutato la nonna e quel suo modo speciale di essere protettiva con loro, una ricettività che lui aveva ereditato e fatto propria, diventando negli anni un maestro dell’arte dell’ascolto.
Oscar si recò davvero ad un tè dalla regina e successivamente all’udienza privata organizzata tramite sua madre con la sola sovrana. Da quest’ultima occasione era rientrata con un foglio di permesso prolungato e aveva dichiarato con un sorriso smagliante, come se fosse una cosa del tutto normale: “Prepara i bagagli: andiamo in Provenza.”
 
“André… non me la conti giusta, siete strani, è strana. È successo qualcosa?” continuò a indagare la nonna.
Lui abbandonò l’ultimo ciocco sulla catasta e sospirò, rialzandosi. Una delle ragazze della servitù se ne stava impalata all’acquaio evidentemente ad origliare, ma quando lui si schiarì la gola e la chiamò per nome questa non pensò nemmeno ad inventare una scusa, solo si dileguò a passetti veloci e spaventati.
A questo punto la nonna lo guardava come se temesse ciò che stava per dire e lui la trattenne per le braccia in una stretta rassicurante.
“Non è successo nulla, devi credermi. Una vacanza ogni tanto ci vuole, no? Oscar ha bisogno di una parentesi di svago, fa una vita davvero pesante da troppi anni. E i cambiamenti… quelli anche ogni tanto ci vogliono. Solo le statue restano sempre uguali a se stesse.”
L’anziana lo scrutava cupa, senza dar cenno di ammorbidirsi all’espressione sorniona del nipote.
“A proposito di cose nuove, devo farti qualche domanda di cucina, nonna. Sto imparando a…”
“Vorresti provare a fare un altro lavoro, André?” lo interruppe.
Fu come ricevere uno schiaffo. Completamente inaspettato.
“Ma non è che voglia diventare un cuoco, la mia era solo curiosità…” provò a scherzare, ma aveva capito benissimo a cosa alludesse.
Erano anni che non vedeva la nonna così seria, così timorosa nell’aprir bocca e allo stesso tempo decisa a farlo, le si leggeva sul viso la risolutezza di chi affronta qualcosa che rimanda da tempo.
“Andiamo, André… Non hai mai pensato… Non credi anche tu sarebbe meglio… provare a staccarti da lei?”
Rimase rigido con le mani sulle spalle della nonna, senza riuscire a fare un solo respiro, come se la vita fosse uscita dal suo corpo di colpo, lasciando intatto l’involucro.
“Ormai siete adulti” continuò esitante la donna “Lo hai detto tu che i cambiamenti ogni tanto sono necessari. Per quanto tempo ancora credi che le cose possano andare in questo modo?”
Non credeva che avrebbero mai fatto quel discorso e adesso che stava accadendo ne aveva paura, pur sentendo il brivido di chi lascia cadere una maschera, il piacere di rivelare un segreto.
“Nonna… non prendiamoci in giro…”
“Sei tu che non devi prenderti in giro!” lo afferrò per il mento, costringendolo ad abbassare la testa, ad offrirle alla lettura gli occhi stupiti. Quegli occhi quieti e malinconici che non chiedevano altro che restare accanto ad Oscar, da sempre.
Pregò che non entrasse anima viva, mentre il suo dolore si specchiava in quello che iniziava ad affiorare sul viso del nipote.
“Vuoi passare davvero tutta la vita così, André? Lasciar passare tutti questi anni, uno dopo l’altro… In quali cambiamenti speri? È una nobile, questo non cambierà…” sussurrò dura, scoprendo tutte le carte delle sue illusioni.
“Non dobbiamo parlarne qui…” ricominciò.
“Ma io non posso…” disse infine lui. Piano. Il sorriso di chi ha già scelto. “Proprio non posso…” ripeté e scosse la testa con delicatezza, liberando il mento dalla mano dell’anziana.
Quel filo di voce disperato le si aggrappò al cuore come un naufrago alla zattera e non ebbe il coraggio di ribattere in alcun modo, spaventata da quella risolutezza mentre lo abbracciava intenerita. Suo nipote. Capace di amare a quel modo, senza speranza.
“Lo so che non è semplice, ma vorrei che ci pensassi ancora un po’, non c'è fretta.” gli disse lasciandolo andare. “Usa questo viaggio come momento per riflettere sul tuo futuro, André.”
 

***

 
Dopo quella discussione, André era arrivato al giorno della partenza senza riuscire a realizzare appieno che stava accadendo davvero, vivendo quel tempo che lo separava dalla vacanza in uno stato di elucubrazione costante che non avrebbe saputo definire né positivo né negativo, solo faticoso.
Cambiare lavoro, cambiare vita.
La semplice contemplazione di simili ipotesi, per quanto inconcepibili, rendeva l’esistenza meno statica, donava spessore alle sue scelte come l’aggiunta delle ombre in un quadro.
Non era certo il tipo da non aver mai riflettuto sulle alternative, ma i sentimenti che sua nonna condannava, che l’intero mondo condannava, erano cresciuti negli anni come un braccio, una gamba, e come poteva essere innaturale il pensiero di scegliere di propria volontà di privarsi di un arto, tale era il suo rifiuto all’idea di allontanarsi da lei.
Lei che sedeva nella diligenza al suo fianco, sfiorandolo con la giacca nuova color del vino, i suoi capelli gonfi dalle troppe spazzolate condite da raccomandazioni della nonna, pensosa e labile come la luna di giorno a contemplare il paesaggio cambiare e aprirsi in campi e praterie man mano che procedevano ad allontanarsi da Parigi. L’orizzonte di quel viaggio si srotolava ignoto, in un tremare incerto di luce e domande inattese.
 

***

 
Era la prima volta che si spostavano con la diligenza. Ci avrebbero impiegato ben sette giorni ad arrivare in Provenza, ma nonostante la lentezza André doveva ammettere che quel modo di viaggiare più pigro si accordava con il suo rimuginare. Gli piacevano le soste frequenti, la cortesia tra sconosciuti, la condivisione di spuntini per passare il tempo.
Più di tutto, amava occupare il posto accanto a lei.
Parlarle a voce bassa, avvicinarsi al suo orecchio fino a sentire il solletico dei suoi capelli, con la scusa di non infastidire gli altri passeggeri. I servitori di norma sedevano in cassetta, ma quando lui aveva esitato a seguirla all’interno lei si era affacciata e gli aveva chiesto: “Beh? Che fai? Aspetti l’ispirazione?”. Chiaramente l’idea che lui potesse sedersi altrove non l’aveva neppure sfiorata. Seduti a quel modo, somiglianti nei modi e nel vestiario semplice ma curato, potevano essere facilmente scambiati per due raffinati giovani in partenza per il Grand Tour.
Giunti al terzo giorno di viaggio, arrivò un momento in cui si ritrovarono ad essere gli unici occupanti della carrozza, così André provò cauto a intavolare una conversazione, nel tentativo di carpire qualcosa in più di quella versione incostante di Oscar. Se non fosse che la sua compagna di viaggio non sembrava intenzionata a collaborare e continuava a osservare il verde brillante del bosco che stavano attraversando.
“Hai scritto a Sabine per avvisarla?” sondò.
“No, non le ho scritto.” replicò lei, con un sorriso soddisfatto prodigo di mistero, senza spostare l’attenzione dal finestrino.
“E si può sapere di grazia che hai intenzione di fare una volta lì?” insisté.
Si ritrovò addosso due occhi azzurri divertiti, lo sfondo di una presa in giro.
“Naturalmente ho intenzione di godermi una vacanza, proprio come Sabine ha più volte proposto.”
Per un po’ non ci fu che il rumore delle ruote sul terreno, gli scossoni del bagaglio su di loro a riempire il silenzio.
“Andiamo Oscar, cosa stai architettando? Lo so che hai qualcosa in mente.”
“Che senso ha spiegartelo, se lo sai? Non eri tu quello che sa spiegare ogni mia mossa? Che sa interpretarmi, per citarti?” riportò in auge lei, l’ironia delle sue parole pungeva nonostante il sorriso.
“Non starai davvero ancora pensando a quella faccenda di essere prevedibile?” ipotizzò.
Lei si risistemò contro il finestrino a dargli le spalle, senza dar cenno di voler rispondere a nessuna delle ultime domande.
André tornò ad apprezzare la condizione della carrozza che le impediva di andar via, come in qualsiasi altra occasione avrebbe fatto, per porre fine alla conversazione che non le era più gradita.
“Ascolta; se non vuoi parlarne almeno ascoltami. Sì, sono convinto che ti stia preoccupando e non poco per Sabine, perché sappiamo entrambi che nella sua situazione si sta dando la zappa sui piedi, perché se davvero suo marito sta per darle il benservito non ci sarà nulla di meglio che trovare la casa vuota e le ultime chiacchiere di Versailles per inasprirlo, ma per quanto possa dire di conoscerti - e ti conosco, Oscar, non vedo che male ci sia a ribadirlo - non riesco a capire come questo sia collegato al tuo comportamento e cosa tu abbia intenzione di fare a riguardo.”
Oscar si girò ad osservarlo, sembrava colpita. Appoggiò le spalle allo schienale e accavallò le gambe in un sospiro. Si sciolse come un nodo risolto.
“Va bene, lo ammetto. Ho detto che non aveva senso immischiarsi, ma non riesco ad accettare il fatto che per un suo gesto impulsivo come questa fuga il barone si trovi in una tale situazione di forza nei suoi confronti. Può davvero sbizzarrirsi nel dare ogni colpa a lei, adesso: non hanno figli, lei ha abbandonato il tetto coniugale, ci sono quelle storie su di me e lei in giro… con un bravo avvocato e tutti i suoi soldi è in grado di fare qualsiasi cosa. Per quanto Sabine possa stare accettando l’idea di una separazione, non credo sia pronta all’umiliazione di essere ripudiata per uno scandalo o comunque all’annullamento; perdere il titolo sarebbe l’ultimo dei problemi, a questo punto è qualcosa che potrebbe danneggiare anche la sua famiglia, i rapporti commerciali della Maison Florentin… non affrontarlo è da irresponsabili.”
“Vuoi provare a convincerla a tornare a Parigi, quindi?”
Lì stava il problema. Come?
“Sia io che te abbiamo sottovalutato l’arroganza nella natura di Sabine.”
“Arroganza?”
“Magari non è il termine più adatto, diciamo una forma ostinata d’orgoglio. Nell’arco del tempo che abbiamo trascorso assieme non abbiamo fatto altro che gravitarle attorno, senza imporci in alcun modo sulle sue decisioni e sulle sue scelte, lo hai notato? E quando ci siamo trovati a dei bivi lei non ha mai preso davvero in considerazione le nostre opinioni, o almeno, può darlo ad intendere, ma poi fa sempre di testa sua.
È costantemente sulla difensiva quando qualcuno mette in dubbio qualcosa che la riguarda, come se avesse paura di essere sminuita… c’era solo da aspettarselo che non ci avrebbe ascoltato neppure in questa occasione. E dubito che verrà a miti consigli se gliene parleremo ancora in questo modo… ”
André la osservava ammirato, sinceramente colpito da quella lettura del carattere di Sabine.
“Come pensi di farla tornare, allora?” Una smorfia divertita passò sul volto del giovane prima che continuasse: “Non vorrai obbligarla con la forza, vero?”
Anche Oscar ridacchiò all’idea. “Sarebbe la cosa più semplice, in effetti. Sicuramente più semplice che farla ragionare.”
“Visti i risultati…” confermò lui.
“No… Stavo pensando di sorprenderla.”
“In che senso?” chiese perplesso.
Lei esitò. Non sembrava aver voglia di parlare, ma quando iniziò a spiegarsi la sua voce suonò placida, rassicurante: “Sto provando io per prima ad ascoltare i suoi consigli. A mettermi in discussione.” un’ombra di imbarazzo passò sul viso composto di Oscar. “So che può sembrare sciocco, però è un esperimento inoffensivo: ogni giorno provare un piccolo cambiamento, qualcosa che esca dalle mie abitudini, anche di poco. Nulla di estremo, insomma. Ma devo ammettere che ci sto prendendo gusto; è come se fossi più attenta, più presente a me stessa nel notare le conseguenze di una risposta diversa. Di un sorriso, persino.” Che comparve sulle sue labbra, come l’avesse evocato.
“Mi dico che se posso dimostrarle questo - continuò - che la sto ascoltando nel mio provare ad essere meno prevedibile, magari la smetterà di vedermi come una figura inflessibile e distante. Non so se questo possa convincerla a seguirmi a Parigi e ad affrontare questa crisi, ma almeno spero mi concederà il beneficio del dubbio… Stiamo persino raggiungendola in Provenza, non vedo come potrei andarle più incontro di così, non credi?”
André l’osservava stupito, quasi la bocca accennava ad aprirsi.
“Ammetti che questa non te l’aspettavi.” lo punzecchiò convinta.
Era vero, ma soprattutto lo sorprese l’ondata di purissima gelosia che lo invase. Tutto questo per Sabine? L’adorabile baronessa piombata nelle loro vite da così poco tempo aveva davvero il potere di smuovere tanto Oscar con una sola osservazione impertinente?
Perché lei e non io? Si chiese.
Ebbe paura di quel senso di tradimento, mai provato così forte prima di allora, un sentimento oscuro di smarrimento e possesso che lo colpì come un pugno allo stomaco bene assestato, mozzandogli il fiato. Ripensò alle parole della nonna, che in quel momento suonarono alla memoria come un’incombenza da affrontare, una spada di Damocle a sfiorargli la testa.
Conto davvero qualcosa nella tua vita, Oscar?
“… André?”
Quella voce. La voce che lo riportava alla luce, che gli ricordava di voler essere una persona migliore, per poterle stare accanto senza sporcarla coi suoi desideri.
“Sì… scusami. Effettivamente non me l’aspettavo, ma in fondo non è che tu abbia fatto nulla di folle - sminuì. - Pensaci: viaggio a parte, nessuno dei tuoi tentativi ti ha allontanata davvero dai canoni, no?”
Lei di rimando lo osservò insoddisfatta. “E cosa avrei dovuto fare, sentiamo? Non ho molto margine d’azione, sai bene com’è la mia vita.”
“Ma adesso sei in vacanza, Oscar.” rimbeccò lui senza uno scopo preciso, sospinto nel discorso dal solo senso di polemica.
Lei serrò le braccia in un incrocio di sfida, in risposta a quel tono.
“E quindi?”
“Quindi hai modo di fare tutti gli esperimenti che vuoi, hai questa parentesi per provare tutto quello che ti passa per la testa. Versailles è lontana e io sono tuo complice, lo sai.” Si sentì sulla strada giusta mentre la guardava incuriosirsi alle sue parole. “Se davvero pensi che questa strategia possa avvicinarti a Sabine tanto meglio, ma mi sembra di capire che soprattutto… l’idea ti diverta.”



Adesso l’avrebbe messo al suo posto.
L’avrebbe sgridato. E lui le avrebbe risposto che stava scherzando, tutto qua.
“È così terribile?”
Ora la bocca di André era davvero spalancata. Cosa???
“È così terribile che l’idea… mi diverta?”
La carrozza si arrestò improvvisamente, entrambi reagirono come per rispondere a un agguato, scattando sul posto. Ma si trattava soltanto dell’ennesima stazione di posta e pochi attimi dopo lo sportello si aprì. Due nuovi passeggeri salirono a bordo, sbuffanti e carichi di pacchetti. Si trattava di una coppia nella quarantina, la qualità del loro vestiario ne dichiarava una certa opulenza priva di ricercatezza, lontana dalle mode della nobiltà parigina a cui Oscar e André erano ormai abituati.
La donna abbondava nelle forme e nei sorrisi; una parrucca bianca ingombrava ogni sua manovra per sistemarsi, e lei commentava tra sé e sé lamentandosene, eppure sembrava immensamente felice di trovarsi lì, e di trovare loro due seduti sul sedile opposto, come si fosse aspettata di vederli e quella fosse una riunione tra amici. Suo marito invece assicurava le borse nella cappelliera e restava in silenzio, con uno sguardo più distratto che ostile, ma comunque burbero, del tutto privo dell’aura ciarliera di sua moglie che sembrava aspettare un pretesto qualsiasi per iniziare una conversazione.
Una volta ripartita la carrozza, la signora provò col tempo, un grande classico. Non era forse una splendida giornata di sole? E quei bei giovani educati le sorrisero annuendo, era davvero una bella giornata, sì, ma nessuno dei due abboccò. Dopo poco provò allora ad offrire loro delle albicocche, ma anche in quel caso non ci fu verso e nemmeno il marito sembrò gradire, così ripose la frutta delusa.
Osservandoli più attentamente, però… i due ragazzi apparivano soprappensiero, quasi turbati. Rivolti ai finestrini opposti sembravano preda di profonde riflessioni ed ebbe l’impressione di aver interrotto qualcosa e che la tensione fosse rimasta nell’aria tra loro, tardando a dissiparsi come le nuvole di polvere al passaggio della loro carrozza sulla strada inaridita. Nel momento esatto in cui il giovane biondo sollevò il capo le sembrò di aver risolto l’arcano, portò le mani al viso in un moto di sorpresa e non riuscì a trattenere la meraviglia a quella intuizione, carica di un entusiasmo infantile e sincero per la storia romantica che si palesava ai suoi occhi.
Sgomitò il marito, che da quando aveva preso posto provava a riposare, e dal suo verso si capì che non era affatto entusiasta di quel risveglio brusco.
“Lolo, ti ricordi quel mio completo da amazzone rosso, quanto ti piaceva?” disse a beneficio di tutti loro, con una risata chioccia a seguito mentre teneva fissi i suoi occhi brillanti su Oscar. “Non ti sembra che sia tanto simile alla giacca di questa splendida… Oooh, dovete scusarmi, voi probabilmente siete in anonimato e io sto rovinando tutto. È che non riesco a smettere di osservarvi: siete una coppia così bella!”
Disse alle statue di sale al sedile opposto.
“Una vecchia signora sposata come me ha il cuore tenero, che credete? Non c’è nulla di più romantico di una fuga d’amore… è una tale avventura! Ma non guardatemi a quel modo ragazzi miei, che credete, che vi denunci? Non accadrà mica, non temete: se mi chiedessero qualcosa io non vi ho visto, state pure tranquilli!” dichiarò solenne. Era chiaro che prendeva molto sul serio quelle parole e pungolò il marito perché dimostrasse un po’ più di interesse a quel momento che lei stava vivendo con un simile trasporto.
La donna era dotata di una vivida immaginazione, non c’era dubbio.
Ma André doveva esserlo ancor di più, perché la mano di Oscar che gli stringeva delicatamente il ginocchio nel punto in cui la calzamaglia spariva nel pantalone non poteva essere reale.
Né quella voce, la voce che amava anche quando era aspra o quando ne sentiva la mancanza estenuante nei lunghi silenzi che gli rivolgeva, poteva esserlo.
Eppure era proprio quella voce ad aver esclamato: “Caro, temo che la signora ci abbia scoperti.”
 
 
 

 

  
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