Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Eris Gendei    09/01/2020    1 recensioni
[Finale alternativo Vento Aureo_Parte 5]
Chariot Requiem e Diavolo sono stati sconfitti, la Bucci Gang ha perso la sua guida e non sa come andare avanti. Cosa succederebbe se Gold Experience riuscisse per la seconda volta ad operare l'impensabile? E se vecchi e nuovi sentimenti venissero alla luce?
Piccola reinterpretazione super fluff e demenziale a tratti, perché soffro per la carenza di materiale BruTrish in giro.
[Angst_Fluff_POV_Headcanon; BruTrish_Giomis]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bruno Bucciarati, Giorno Giovanna, Guido Mista, Jean Pierre Polnareff, Trish Una
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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POV del capitolo: Mista e Trish

La hall dell’albergo era sorprendente, specialmente per uno come Mista che non aveva mai avuto a che fare con un lusso simile prima di quel momento.
L’elegante bancone della reception, l’illuminazione soffusa, le poltrone dall’aria comoda saggiamente disposte qua e là erano più di quanto avrebbe potuto immaginare, ma d’altronde non era certo un tipo particolarmente fantasioso.
A lui non sarebbe mai venuto in mente di arricchire l’ambiente con una musica dall’aria ricercata in filodiffusione o di controllare che i fiori nei grandi vasi decorativi richiamassero il colore delle pareti; si guardava intorno con aria stupefatta, come se fosse incredibile che qualcuno al mondo avesse pensato di coordinare le tende e la tappezzeria dei divanetti o di far indossare al personale divise abbinate alle tonalità dell’ambiente.
Lui, che di colori e combinazioni ne capiva così tanto da indossare un maglione di cachemere blu con dei pantaloni rossi anche quando faceva caldo, si scopriva insieme stupito e deliziato dall’armonia cromatica di quel posto: che invenzione le canne di bambù usate come separé e le piante colorate all’interno degli acquari; per non parlare del tessuto dei cuscini, dall’aria così delicata che avrebbe avuto paura a sedersi.
Del tutto dimentico degli amici si ritrovò a perlustrare la grande sala con l’entusiasmo di un bambino, lasciando che l’opera sapiente di una squadra di arredatori d’interni facesse la sua magia: i colori caldi delle pareti e quelli tenui dei salottini davano ai suoi occhi un grande senso di appagamento, il moto regolare dei pesci che guizzavano pigri negli acquari era così rilassante da risultare quasi ipnotico.
Guido Mista era il tipo di persona che sa apprezzare le cose buone e che riesce a trovare in tutto una ragione per essere felice, ma non si era mai soffermato più di tanto sulla bellezza estetica di niente o nessuno, tanto da non sapere esattamente neanche che cosa gli piacesse: per lui un tramonto suggestivo, una buona bottiglia di vino o un’abbuffata al Libeccio con i suoi migliori amici erano tutte cose belle e non avrebbe saputo dire se una lo fosse più dell’altra.
A pensarci bene non aveva mai osservato più di tanto neppure le ragazze per strada: sempre troppo preso da una missione, dal sopravvivere ad una nuova giornata o da se stesso…chissà se preferiva le more o le bionde…o forse le rosse…o quelle con i capelli di un colore strano, come Trish?
Quel pensiero, che non lo aveva mai sfiorato fino a quel momento, all’improvviso lo fece sentire triste.
Aveva sempre pensato di essere una persona serena e soddisfatta; per lui non era spontaneo ragionare troppo sulle cose o sulle persone, semplicemente accettava ciascuno per il suo modo di essere, apprezzandone le cose positive e tralasciando quelle negative.
Da quando Bucciarati l’aveva salvato dalla brutta china che aveva intrapreso, la sua vita era sempre stata incentrata sulla sua squadra, la sua famiglia…ora che non questa c’era più, si rendeva conto di non avere mai avuto se stesso.
Non c’era Abbacchio a guardargli le spalle e criticare il suo modo di vestire, non c’era più Fugo che si arrabbiava in continuazione ma era il perfetto bersaglio per ogni scherzo, non c’era più Narancia sempre pronto a ridere insieme…restava lui, che all’improvviso si sentiva solo e inadeguato, incapace di reggere la propria compagnia o la propria solitudine.
La divisa impeccabile della receptionist con cui Bucciarati stava parlando lo fece vergognare del suo abbigliamento, decisamente malconcio (anche grazie a Trish…) e inadatto al luogo; imbarazzato, cercò di tirare giù l’orlo del maglione e fece del suo meglio per mimetizzarsi con la tappezzeria, senza troppo successo.
Accanto alla porta d’ingresso Giorno sembrava del tutto a suo agio, anche se Guido sapeva che stava tenendo d’occhio la strada antistante; lui sì che sembrava fatto apposta per quell’hotel, con il suo completo elegante, i capelli impeccabili e una posa che trasudava sicurezza.
Ed era pure il più giovane.
Lui, Mista, i capelli neanche li pettinava, tanto nessuno li avrebbe visti.
Sconfortato si voltò nella speranza che Bucciarati avesse finito, ma la responsabile sembrava attratta da lui e decisa a fare la difficile nella stessa misura; che problema poteva mai esserci per un paio di maledette camere?
Poco più dietro, anche Trish sembrava a disagio; teneva le braccia strettamente incrociate sul petto, quasi volesse nascondervisi dietro, il viso rivolto verso il basso e osservava il bancone di sottecchi con espressione infastidita.
Mista non era tipo da dedicarsi troppo all’analisi psicologica di chi gli stava di fronte, ma aveva passato con lei abbastanza tempo da saper riconoscere quando non era in forma, e in quel momento non lo era.
Incuriosito si trovò ad osservarla con più attenzione di quanta non ne avesse mai dedicata prima all’amica: era una ragazza minuta e piuttosto smilza, probabilmente il classico tipo che può mangiare una montagna di porcherie senza mettere su un chilo.
Dubbioso e leggermente desolato, si chiese se non fosse segno di scarsa intelligenza che prima o poi ogni suo pensiero  vertesse sul cibo.
L’unico dettaglio di Trish su cui poteva veramente dire di essersi mai soffermato con interesse…beh, probabilmente era ovvio, ma era meglio che lei non lo sapesse.
In fondo si sentiva perdonabile, a forza di stare costantemente a contatto e doversi destreggiare in situazioni al limite del letale si era abituato alla sua femminilità: i suoi occhi avevano smesso di sfuggire al controllo per posarsi involontariamente sul torace di lei, anche se quando Trish correva era ancora in grado di annichilirlo.
Dopotutto non si poteva rimanere immuni a quelle oscillazioni…a Mista facevano venire in mente le pesche mature che sobbalzavano nella cassetta del fruttivendolo quando girava il quartiere sulla sua motoretta scalcagnata (decisamente quella del cibo doveva essere una mania…), anche se forse il paragone con le pesche l’avrebbe offesa, non erano proprio il frutto adatto…
Sentendosi un pervertito cercò di portare i pensieri altrove e concentrarsi, provando a capire cos’è che poteva piacergli: preferiva le magre? O se fosse stata in carne sarebbe stata più carina per lui?
Si sforzò di immaginarla con qualche chilo in più, ma l’idea della rabbia di lei se avesse scoperto che stava cercando di ingrassarla con il pensiero lo fece ridere a tal punto da non riuscire a focalizzare nulla.
Soffocando una risata osservò i capelli: e se fosse stata biondo platino? Castana? Capelli neri? No, neri sicuramente la invecchiavano, ma era meglio non dirglielo. Rossi? Ma il rosso non era poi quasi uguale al rosa? Che poi, che razza di colore era il rosa per dei capelli?
Sconcertato, si ritrovò a chiedersi all’improvviso se Trish li tingesse.
Non sarebbe stato nulla di strano o allarmante, eppure la cosa gli sembrò di colpo fondamentale da sapere; forse il suo stupore derivava in realtà dal non essersi mai chiesto una cosa così ovvia.
Constatato che non riusciva comunque ad arrivare ad una conclusione, si avvicinò con fare innocente a lei per spiarla dall’alto; certamente nell’ultimo mese Trish non poteva essere andata dal parrucchiere, quindi sarebbe stato facile scoprire se il suo colore era naturale o meno…e apparentemente lo era, dato che Mista non vedeva alcun segno sospetto alle radici.
“Rosa…bah…” si trovò a pensare vagamente stupito, per poi rendersi conto che in fondo la cosa non gli importava né lo disturbava. Che fossero pure rosa, dopotutto il mondo era bello così.
L’idea lo fece sentire rinfrancato: in fin dei conti cosa importava che lui si vestisse in maniera non proprio elegante o non sapesse se erano meglio le more o le bionde o come scegliere il colore di una tenda? Stava bene così e si sentiva a posto, perché doveva curarsi di abbinare tappeti e divani quando c’era chi lo faceva per mestiere?
Decisamente sollevato tornò a guardare l’amica, accorgendosi che era sempre più accartocciata, quasi che volesse annodare gambe e braccia insieme.
Incuriosito  seguì il suo sguardo e trovò la ragione del disagio di lei: la collega della receptionist, che nel frattempo stava flirtando sempre più deliberatamente con Bucciarati, doveva essersi risentita per aver perso l’opportunità di contrattare con il bel giovane e stava sfogando la sua frustrazione guardando Trish con aria di malcelata sufficienza.
“La tipica espressione di una donna che sente di poter giudicare un’altra donna dal suo abbigliamento” si ritrovò a pensare saggiamente, stupendosi lui stesso per la sua massima calzante: chissà dove aveva imparato una cosa simile…
L’albergatrice, impeccabile nel suo tailleur scuro,  nonostante l’aspetto distinto e ben curato di colpo gli sembrò brutta: “Non si può essere belle con una smorfia simile e un’espressione così cattiva…una bella persona non guarderebbe mai qualcuno così per metterlo a disagio”.
Sbatté gli occhi più volte, sorpreso da se stesso: allora sapeva distinguere cosa era bello e cosa no.
Osservò Trish in cerca di conferma: decisamente non dava la stessa impressione dell’altra, nonostante l’abbigliamento poco formale…anzi, pur con quell’espressione corrucciata era proprio carina.
Deliziato si guardò intorno, come se si aspettasse che qualcuno fosse testimone della sua epifania e facesse partire un applauso.
Guido Mista sapeva distinguere le cose belle.
Anzi, forse sapeva distinguere le cose brutte…perché il mondo era fatto di bellezza, non c’era bisogno di cercarla, in fondo era ovunque.
Doveva fare qualcosa: sapeva di non essere un campione di tatto, ma non poteva lasciare che quella tortura silenziosa andasse avanti, si sentiva troppo euforico per lasciar perdere.
Sorrise alla receptionist imbronciata, che ricambiò il suo sguardo senza mostrare alcun segno di cortesia (“D’altronde io non sono affascinante come Bruno” pensò Mista, ma si rese conto che l’idea non lo turbava), poi le girò bellamente le spalle e si rivolse a Trish:”Ehi Trish” esordì, sollevandole il viso perché lo guardasse negli occhi “so che ti da fastidio, ma non lasciarti intimidire da quella lì! Si crede chissà chi con quel completo da signorina per bene, ma tu stai benissimo così, non devi permettere a nessuno di farti sentire inferiore. Certe donne pensano di poter giudicare le altre solo dal modo in cui si vestono!” recitò, con l’aria saggia di un santone indiano che mostra al discepolo la via del Nirvana.
Incredibilmente Trish assunse una decisa sfumatura color papavero e, invece che sorridergli grata come lui si aspettava, gli rivolse uno sguardo inviperito:”Mista, ma ti sei bevuto il cervello?? Cosa diavolo stai blaterando? E soprattutto ti sembra educato strillare una cosa simile nel mezzo della hall??”
Confuso, il ragazzo si voltò, soltanto per vedere la persona in questione guardarlo con un’espressione ancora più truce di quella di Trish; Giorno se la rideva sotto i baffi, cercando di dissimulare, e la receptionist  impegnata con Bucciarati occhieggiava la collega senza riuscire a rimanere seria.
Di colpo Mista si sentì molto, molto imbarazzato, anche se non capiva bene perché; in fondo aveva soltanto detto la verità.
“Guido, Giorno, Trish…venite”.
Bucciarati era finalmente riuscito a raggiungere un accordo sulla sistemazione e a sottrarsi alle attenzioni della responsabile, che forse aveva tirato corto per salvare Mista dalla decapitazione; ora li stava diligentemente scortando agli ascensori, compito che di certo non era compreso nel suo mansionario. Sembrava fin troppo contenta che fra lei e il ragazzo non ci fosse più un bancone ma solo una lama d’aria, che andava riducendosi ad ogni suo passo.
I ragazzi si avviarono dietro di loro, Trish che chiudeva il gruppo a testa alta; prima di uscire dalla stanza si premurò di guardare l’albergatrice incriminata con tutta la superiorità di cui era capace, ma questa era improvvisamente molto occupata a sistemare dei fogli già in ordine.
Rise fra sé e sé; dopotutto Mista non era per niente un tipo sciocco, anche se un po’ irruento…
La sua piccola soddisfazione sfumò nel vedere la mano della responsabile sempre più vicina a quella di Bucciarati: oltre agli sguardi maligni dell’invidiosa aveva dovuto pure sopportare un tempo interminabile di fusa che l’altra aveva rivolto al giovane, una sequela di firme e controfirme con molti sfioramenti di mani superflui, occhiate mielose e un atteggiamento decisamente troppo disponibile e troppo poco professionale…
Adesso doveva assistere pure a quel palese tentativo di seduzione.
Esultò interiormente nel vedere che Bucciarati si allontanava impercettibilmente ogni volta che la signorina accorciava lo spazio fra di loro. “Ah!” pensò “Beccati questo, vecchia viscida”.
In realtà doveva ammettere che non era né vecchia né viscida: non poteva avere più di venticinque anni ed era magra e graziosa, con una folta coda bionda arricchita da colpi di sole; soprattutto era molto più alta di lei.
“Beh, sarà comunque troppo vecchia per lui…e pure troppo alta in effetti” pensò con soddisfazione, sentendosi finalmente tranquilla.
La ragazza in questione non si diede per vinta fino all’ultimo:”Beh” disse con un sospiro teatrale, arrestandosi di fronte alle porte di un grande ascensore “vi lascio nelle mani del mio collega, anche se non avete bagagli da trasportare; troverete il responsabile di piano ad attendervi, vi mostrerà le vostre stanze. Buona permanenza…” concluse guardando Bucciarati dritto negli occhi con uno sguardo significativo, prima di voltarsi in un turbinio dorato di capelli.
Il concierge, che era rimasto impassibile come una statua durante lo scambio, si rivolse gentilmente a loro:”Prego signori; qual è il vostro piano?”.
I ragazzi guardarono interrogativi il giovane capo:”Terzo piano” disse, sventolando due tessere nere siglate con l’emblema dell’hotel.
“E quelle cosa sarebbero?” chiese Mista incuriosito, osservandole da vicino.
“A meno che qui non regalino carte di credito come pensiero di benvenuto direi che sono le chiavi” scherzò Giorno. Guido stava per rispondere con una cameratesca ma non per questo delicata gomitata nelle costole, salvo accorgersi in tempo dello strano rigonfiamento che la giacca del giovane formava all’altezza della pancia…chiaro segno che lì sotto nascondeva più di un tipo di tartaruga.
A quell’idea Mista cominciò a sghignazzare fra sé e sé, attirando lo sguardo professionalmente curioso del concierge.
“Che hai da ridere?” chiese Giorno, confuso dall’improvvisa ilarità dell’amico; dopotutto la sua non era stata certo una battuta di spessore.
“Sai Giorno…stavo pensando che dovresti metterti a dieta…la tua tartaruga lascia proprio a desiderare.” Mista non riusciva a trattenersi e scoppiò a ridere sonoramente, con discreto sconcerto di tutti gli occupanti dell’ascensore ed enorme imbarazzo di Trish, che si coprì gli occhi con una mano e crollò la testa in segno di resa.
“Mista, è notte fonda, non è il caso di disturbare gli altri ospiti” lo ammonì Bucciarati “E Giorno…sarebbe davvero disdicevole se perdessi la tua tartaruga” aggiunse saettando un’occhiata ammonitrice al ventre dell’amico, che si stava agitando in modo strano.
Giorno incrociò le braccia sulla pancia cercando di immobilizzare l’animale che, per nulla contento di trovarsi rinchiuso fra la stoffa e la sua pelle,  aveva abbondantemente provveduto a graffiarla con le zampette:”Forse avete ragione…ho lo stomaco in subbuglio…dovrei mettermi tranquillo…” rispose a denti stretti, guardandosi l’abito con aria scontenta.
“Terzo piano signori. Buona permanenza e buona notte.” li congedò cortesemente il concierge, indicando il corridoio con un gesto elegante.
Il quartetto uscì dall’ascensore, Bucciarati in testa e detentore delle chiavi, Trish per ultima, ancora sprofondata nel più completo imbarazzo per il comportamento dei compagni.
Chiunque fosse il responsabile di piano a quell’ora doveva essere abbondantemente nel mondo dei sogni, perché lungo il corridoio non si vedeva anima viva a parte loro.
“E ora come le troviamo le camere?” sussurrò Mista perplesso “Qui è tutto una porta.”
“Abbi pazienza, se a destra c’è la 303 e a sinistra la 304 direi che i numeri vanno crescendo verso di là…” gli rispose Trish con condiscendenza, come se stesse spiegando le quattro operazioni ad un bambino.
“E noi dove dobbiamo andare saputella??” la rimbeccò il ragazzo.
“Piantatela di battibeccare e muovetevi!” li richiamò Bucciarati, avviatosi verso il lato opposto del corridoio: si fermò di fronte ad una porta con il numero 312 stampigliato sopra a caratteri lucenti. Mista fu intimamente grato per il fatto che fosse l’ultima camera del piano, dopo quella giornata allucinante ci mancava proprio che gli toccasse la 314…
“Dunque” li apostrofò il capo con voce sommessa “Ho cercato di farci assegnare due stanze senza balcone, sarebbe stato più sicuro avere soltanto le finestre, ma non ce ne sono” spiegò, lasciando trapelare un certo disappunto per la questione “La versione ufficiale è che io e Mista stiamo accompagnando voi due dai vostri parenti dato che siete troppo giovani per mettervi in viaggio da soli, ma abbiamo avuto un brutto incidente d’auto a causa del disastro delle scorse ore” i suoi occhi vagarono per un attimo sui vestiti impolverati di Trish, i pantaloni luridi di Guido e la tartaruga irrequieta che aveva affettato Giorno “La responsabile non ha fatto troppe domande, come immaginavo…almeno non riguardo questo fatto” altra espressione di fastidio “Dato che vi ho presentato come due cugini, le camere sono ufficialmente intestate a voi due e a me e Mista. D’altro canto, devo ammettere di non sentirmi totalmente in forma, ragion per cui preferirei condividere la camera con Giorno per tranquillità.”
Si voltò verso Trish, guardandola negli occhi: “Spero non sia un problema troppo grande dover essere in stanza con uno di noi per questa notte; inizialmente ero intenzionato a provvedere ad una camera soltanto per te, ma mi è sembrata una scelta potenzialmente poco sicura. Anche con tre stanze tutte vicine, te in mezzo e noi ai lati, avremmo potuto non avere modo di intervenire in situazioni di emergenza. Ovviamente non era proponibile chiedere una stanza per tutti e quattro..”
Trish si limitò a scuotere la testa, desiderando per un attimo un bagno tutto per sé e un po’ di privacy, lontana dall’esuberanza molesta del compagno che le era toccato in sorte.
“Prendendo però in considerazione tutti gli elementi, ho pensato che nonostante tutto la scelta migliore sia che Giorno e Guido dividano la camera più vicina all’angolo dell’edificio: tutte le stanze dell’ultimo piano condividono lo stesso balcone, ma voi avrete le finestre che affacciano su due lati…il che porta più cose da controllare, ma anche maggiore visione.
Io e Trish occuperemo quella attigua alla vostra, che ha le aperture soltanto sulla facciata principale dell’edificio. Non è per sfiducia nei tuoi confronti, Guido” disse rivolgendosi all’amico “ma il tuo stand ha un potere puramente offensivo, che segna la differenza in uno scontro e non in una fuga. In caso di emergenza ritengo che Sticky Fingers sarebbe più adeguato. Potrei portare via Trish molto più facilmente.”
La ragazza in questione, che fino a quel momento si era fissata con cupa rassegnazione le punte sbucciate degli stivali, guardò il giovane con tanto d’occhi, incredula.
Improvvisamente la necessità di un bagno tutto per sé divenne del tutto trascurabile: se condividerlo con Bucciarati era il prezzo da pagare lo avrebbe pagato volentieri, senza chiedere il resto.
Non fece in tempo a gioire interiormente alla notizia che rise di se stessa: cosa pensava potesse succedere?
Il giovane capo era sempre così corretto che a dir poco sarebbe stato capace di dormire sul pavimento per non offendere il suo pudore; non sarebbe bastata la convivenza forzata in uno spazio ristretto a cambiare le cose.
“Non preoccuparti Trish” Bucciarati la riscosse dai suoi pensieri amari “Le stanze sono davvero grandi e in ciascuna c’è un divano: io dormirò lì, così potrai avere il letto e un pò di privacy”.
“Non l’avrei mai detto…dal pavimento al divano, un bel passo avanti…” pensò la ragazza con mestizia, apparentemente assorta nell’analisi dello stato delle sue scarpe.
Bucciarati dovette interpretare quel silenzio come segno di sconforto, perché si sentì in dovere di aggiungere: “Purtroppo non c’era un’altra sistemazione possibile, ma d’altronde si tratta di una sola notte.”
“Non c’è problema” rispose lei asciutta, cercando di non far trapelare i suoi reali sentimenti.
“Beh…se non avete obiezioni, vista l’ora propongo di riposarci, fra qualche ora decideremo cosa fare. Guido, Giorno…tenete comunque la guardia alta, non si sa mai.”
“Ma non dovevamo riposarci?” si lagnò Mista. “L’unica volta in vita mia che vado in un hotel di lusso e neanche me la posso godere…”



Nota dell'autrice: Ebbene sì, eccomi tornata dopo soltanto due giorni con un nuovo capitolo.
Il prossimo periodo sarà piuttosto impegnativo, per cui vorrei cercare di pubblicare quanti più capitoli possibili in breve tempo, almeno quelli già sistemati...altrimenti rischio di lasciare la storia a metà per qualche mezzo secolo (no, non temete, scherzo.)
Questo è uno dei capitoli che più ho amato scrivere. Adoro Mista e il suo essere scanzonato e socialmente maldestro, è forse il personaggio di cui mi viene più facile e spontaneo raccontare, tentare di immaginare la sua interiorità mi diverte alquanto.
Ancora una volta grazie per aver letto, spero che la storia continui ad interessarvi almeno la metà di quanto a me piace scriverla.
Al prossimo capitolo!
Namaste
  
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