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Autore: Ksyl    10/01/2020    3 recensioni
Alcuni mesi dopo la 2x24
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda stagione
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19 Castle

"Non so tu, ma io sono esausto", esordì senza alcun preambolo. Lo era davvero, non era un modo per convincerla a prendersi una pausa senza costringerla ad ammettere apertamente che le emozioni della giornata avevano superato la soglia di guardia.
Era sfinito. Appoggiò le braccia sul volante per stiracchiarsi. Non avrebbe avuto la forza di guidare per ore per raggiungere una destinazione di cui non avevano ancora discusso. Aveva solo voglia di fermarsi e riprendere fiato. Si massaggiò le palpebre, imponendosi di non cedere alla stanchezza, soprattutto mentale, perché si sarebbe trascinata dietro tutta una serie di altri stati d'animo pericolosi.

Si erano appena congedati da Linda e Christopher. Era stato un addio difficile, soprattutto per lui. Era quello meno coinvolto di tutti, ma, a quanto pareva, anche quello meno pronto a lasciarseli alle spalle. Staccarsi dal collo le piccole braccia di Christopher che lo arpionavano per impedirgli di andarsene, abbracciare Linda, accertarsi discretamente che Kate reggesse la situazione fino alla fine aveva richiesto un grande autocontrollo e tutte le energie che gli erano rimaste.
Solo la promessa strappatagli in ultimo da Linda di inviarle anzitempo una copia personalmente autografata del suo prossimo romanzo che doveva necessariamente essere infarcito di dettagli più o meno fantasiosi – gli aveva fatto l'occhiolino – del genere inadatto ai minori, presenti o meno, era riuscita a dissolvere la tristezza dilagante che lo aveva fatto prigioniero e aveva ripristinato una situazione di precario equilibrio. In braccio alla madre, Christopher lo aveva salutato con la mano finché l'auto non era scomparsa dietro a una curva. Temeva che gli si fosse spezzato un po' il cuore, anche se non aveva nessuna voglia di parlarne, non per il momento. Appena girato l'angolo aveva accostato e spento il motore.

Era stato solo l'ultimo di una serie di eventi e giorni emotivamente impegnativi e completamente imprevedibili, era normale che la tensione gli presentasse il conto, per quanto contrario fosse all'idea. Gli sarebbe piaciuto avere riserve a sufficienza per andare avanti a oltranza, ma in verità aveva un impellente bisogno di qualche ora di tranquillità, per riprendersi e scacciare quell'insistente malinconia che offuscava il suo naturale buonumore. Doveva fare buon viso a cattivo gioco ed evitare la tentazione di opporsi alla spossatezza, che avrebbe solo peggiorato le cose. A quel punto non sarebbe più stato utile a nessuno. Meglio fermarsi per tempo.

Kate appariva invece molto più calma di lui, almeno in apparenza. Era merito della sua volontà di mimetizzare le emozioni quando si facevano ingestibili o l'incontro con Linda l'aveva alleggerita almeno in parte del senso di colpa? Sperò che si trattasse della seconda ipotesi, ma si trattenne prima di chiederle, in modo del tutto inopportuno, il contenuto della lunga chiacchierata avuta con la donna. Sarebbe stata lei a parlargliene quando fosse stata pronta e solo se avesse voluto farlo. Non aveva nessuna intenzione di imporle di confidarsi con lui, solo perché l'aveva in parte fatto partecipe dell'evento tragico che aveva vissuto. Avrebbe rispettato la sua privacy.

Kate annuì concordando con lui, appoggiando la testa contro il finestrino. Socchiuse gli occhi. Sì, anche lei era provata, nonostante l'apparenza. Fu lieto di non essere l'unico – sarebbe stato difficile fingere una vitalità che non possedeva, solo per stare al suo passo.
"Che cosa ne dici...", iniziò. Non sapeva di preciso dove sarebbe andato a parare. D'un tratto gli sembrava che tutta l'energia fosse defluita dal suo corpo, lasciandolo confuso e poco utile al mondo.
"Se riguarda ipotetici bambini che credi che io voglia da te, fermati subito. Sono troppo stanca perfino per ucciderti".
"Sai che continuare a fare allusioni del genere riesce solo a convincermi che invece sia qualcosa che desideri intensamente, vero?"
Scherzare era sempre l'alternativa più semplice, gli veniva in automatico, non aveva bisogno di pensare, riflettere, fare programmi. Era una sorta di vacanza per la sua mente sovraccarica. Il fatto che vi avesse fatto ricorso più del solito era una conferma della necessità di farsi una buona dormita.
"Fammi scendere, non ho intenzione ascoltare altre farneticazioni del genere", gli ordinò, fingendosi seccata.
Scoppiò a ridere, sentendosi già molto meglio.
"D'accordo, niente bambini. Per ora". Gli lanciò un'occhiata omicida. "Torniamo alla mia proposta originaria che non riguarda la condivisione del nostro patrimonio genetico". Sarebbe stata un'eventualità così brutta? Decisamente no. Il mix delle loro caratteristiche avrebbe generato personalità formidabili.
Rimase zitta, con le braccia incrociate, sicura che lui non avrebbe mollato il colpo. Decise di farle un favore e tornare serio.

"È stata una giornata molto lunga...". Ebbe un moto di stizza contro se stesso. Non riusciva a esprimersi in modo meno banale? No, a quanto pareva, era tutto quello che riusciva a fare. "E dal momento che per oggi non abbiamo deciso altre mete, se per te va bene, vorrei fermarmi al primo hotel senza pretese che troveremo sulla strada. Potremmo ordinare la cena in camera – da consumare insieme in una delle due o ciascuno nella propria, a te la scelta – e guardarci un film. Una serata tranquilla".
Sperò che non trovasse la sua proposta troppo noiosa. Lo era, in effetti, ma non riusciva a inventarsi nient'altro. Continuava a essere convinto che avessero bisogno di una tregua, di qualcosa che mettesse a riposo i loro neuroni, invece che sovraccaricarli di altri stimoli.
Gli rivolse uno sguardo sollevato che lo convinse che fossero più in armonia di quello che credeva.
"Quindi anche Richard Castle esaurisce la sua dirompente vitalità, a un certo punto? Buono a sapersi, ero convinta non ti spegnessi mai".
Le sorrise magnanimo e si assunse volentieri la responsabilità di aver ripiegato su una serata casalinga a causa di una personale mancanza di energia, per la quale lei l'avrebbe di sicuro canzonato in eterno. Dentro di sé sapeva come stavano realmente le cose e, ne era certo, lo sapeva molto bene anche lei.

"Sarebbe questo l'hotel di poche pretese che avevi in mente?", sbottò Kate quando vennero accompagnati con eccessiva deferenza nella loro spaziosa suite, molti piani sopra il resto della civiltà .
"È davvero il primo hotel che ho trovato", protestò.
Lo era, dopo averne scartati molti altri, aver cambiato strada per non insospettirla e aver cercato di distrarla in tutti i modi perché non se ne rendesse conto. Non voleva di certo finire a dormire in una cella monacale come quella in cui, per colpa sua, era stato costretto ad alloggiare la sera precedente.
"E non è niente di speciale", minimizzò. "Oltre a quello che vedi c'è solo una vasca idromassaggio, ma puoi fingere che non esista". Era una vasca ampia abbastanza per ospitare almeno quattro persone, sarebbe stato difficile fingere fino a quel punto, ma ritenne saggio starsene zitto. Tanto se ne sarebbe comunque accorta molto presto.
"Sono compresi anche dei rubinetti in oro massiccio?"
Gli venne da ridere. Perché era così contraria a dei normalissimi comfort? Cominciò a credere che avesse una propensione all'austerità che gli aveva sempre tenuto nascosta. "Non li ho richiesti esplicitamente, ma non mi sento di escludere niente", ribatté tentando di rimanere impassibile.
"Comunque, anche se condividiamo la stessa suite, ti informo che le camere non sono comunicanti. Non sono nemmeno vicine", aggiunse in tono ossequioso.
Le due stanze erano in effetti divise da un salotto che avrebbe funzionato perfettamente come sala da ballo imperiale, viste le dimensioni. O come camera di rappresentanza per un sovrano pronto a dare udienza al popolo; ci avrebbe visto bene anche un trono intarsiato.

Forse Kate non aveva tutti i torti a ritenere che avesse esagerato, ma era dell'idea che si meritassero qualche lusso, dopo la giornata che avevano appena trascorso. Anzi, dal suo punto di vista non erano tecnicamente dei lussi, solo bisogni basilari che meritavano di venire soddisfatti generosamente.
Era pronto a giustificare le sue mosse con una lunga e colta dissertazione, ma lei non rispose ai suoi commenti – lasciandolo quindi nel dubbio di essere vittima del suo biasimo inespresso.
Si allontanò da lui per lasciarsi cadere sul gigantesco divano che occupava almeno metà parete del salotto. Non accennò a esprimere una preferenza su quale delle due stanze avrebbe voluto occupare – le avrebbe lasciato decidere quale le piacesse di più e avrebbe richiesto che montassero una serratura a tripla mandata, se avesse fatto storie.
Non gli sembrò che avesse nessuna voglia di protestare ulteriormente sulla loro sistemazione, quindi fece rientrare l'istinto battagliero che lo avrebbe spinto a una difesa a oltranza del proprio stile di vita.

Rimase scompostamente distesa sul divano, con la testa appoggiata a un paio di cuscini che non si era presa la briga di spostare perché aderissero più comodamente alla sua figura. Aveva gli occhi chiusi, l'espressione esausta e, in apparenza, era decisa a rimanere dov'era a tempo indefinito. Era stato un tracollo così repentino – gli era sembrata vivace e combattiva fino a qualche minuto prima-, che si domandò se fosse il caso di accertarsi che respirasse. Sapeva di covare tendenze iperprotettive nei suoi confronti, ma la prudenza non era mai troppa.
A giudicare del lento sollevarsi e abbassarsi della cassa toracica, doveva essere già profondamente addormentata. Si chiese se fosse il caso di scuoterla per convincerla ad andare a sdraiarsi su uno dei letti a disposizione o se lasciare che rimanesse in quella scomoda posizione ben poco salutare.
Dopo aver soppesato tra sé la questione, preferì lasciare che riposasse. Visti i suoi problemi di insonnia meritava di dormire per tutto il tempo che avesse voluto – o che il suo corpo le avrebbe concesso –, non era il caso di rischiare di svegliarla solo per i suoi soliti scrupoli.
Gli rimaneva solo un'ultima cosa da fare. Si aggirò per la stanza, aprì qualche cassetto e recuperò una coperta con cui avvolgerla. La stanza era piuttosto fredda, dovevano aver esagerato con l'aria condizionata, ormai non più così indispensabile. Si affrettò a spegnerla. Kate si raggomitolò sotto la coperta, non appena gliela appoggiò sulle spalle.

Dopo aver trafficato intorno a lei si concesse di fermarsi a guardarla. Era la prima occasione che gli si presentava di osservarla con agio senza apparirle molesto e senza il rischio di ricevere in cambio qualche commento tagliente, quindi ne approfittò a lungo, stando in piedi con un sorriso idiota che cancellò quando si vide riflesso nel vetro davanti a lui. Da quando era diventato così stucchevole? Doveva smettere, e molto in fretta.
A quel punto aveva esaurito le idee. Era stato convinto che avrebbero trascorso la serata insieme, quindi si ritrovava nella circostanza singolare di non sapere come intrattenere se stesso per le ore a venire. Non aveva nessuna intenzione di lasciarla da sola, per riposare a sua volta o farsi una doccia. Dopo qualche incertezza, preferì sedersi sul pavimento accanto al divano, per starle vicino ed essere pronto in caso di necessità. Più per starle vicino e non sentirsi solo, che per tutto il resto.

"Ehi, Castle". Una voce impastata risorse dal nulla nel quale era sprofondata diverse ore prima. Una mano gli si intrufolò tra i capelli, facendolo sobbalzare. Era ancora seduto nello stessa posizione – a quel punto il folto tappeto che ricopriva gran parte del pavimento non gli pareva più così comodo come lo aveva giudicato all'inizio.
Si era assopito a sua volta, cullato dal respiro regolare di lei e si era svegliato molto più energico di quanto avesse ritenuto possibile.
Non volendo disturbarla – non si era ancora mossa-, aveva ingannato l'attesa recuperando il suo fedele taccuino dove aveva avuto intenzione di annotare qualche vago appunto per i primi capitoli del prossimo romanzo. Una volta cominciato non era riuscito a fermarsi; la giornata doveva aver sbloccato qualcosa dentro di lui, il flusso di creatività lo aveva investito inarrestabile. Temendo che fosse solo una visita occasionale, aveva preferito non interrompere quella benedizione e aveva finito con il riempire pagine su pagine di scrittura fittissima. Non ricordava di essere stato omaggiato di un tale fervore letterario da mesi. Di sicuro non da quando lei se n'era andata, con buona pace delle tendenze ansiose e ipercritiche della sua agente.
Era stato così assorto da non essersi reso conto del trascorrere del tempo e del fatto che lei fosse in procinto di risvegliarsi.

Lasciò che la stessa mano gli accarezzasse la guancia e il collo, senza fermarla, godendosi il tocco delicato. Non sapeva che cosa stesse succedendo – gli era sempre un po' difficile interpretarla – quindi preferì rimanere immobile in attesa degli eventi. Graditissimi eventi. Quando la sentì scendere e intrufolarsi nel colletto della camicia il battito del suo cuore accelerò lievemente. Era il caso di rimanere con i piedi per terra o poteva lasciare che le sue aspettative galoppassero trionfanti verso lidi sconosciuti?
L'idillio finì bruscamente così come era cominciato, mettendo fine alle sue speranze e alle restanti fantasie. Si voltò cautamente a guardarla e gli sembrò più attraente e luminosa che mai. Era già difficile in condizioni normali resisterle e fingere una nobiltà di intenzioni che non possedeva, a questo punto avrebbe meritato un premio per la capacità di sopportare stoicamente la tentazione.
Si concentrò su di lei. Gli parve molto riposata e apparentemente ben disposta nei suoi confronti. Il che era un'ottima notizia.
"Buongiorno", la salutò sforzandosi con tutto se stesso di non ripristinare il sorriso idiota con cui si era sorpreso a fissarla in precedenza.
Kate si sfregò gli occhi.
"Che ore sono? Mi sembra di aver dormito per un secolo".
"Perché è quanto hai dormito a tutti gli effetti. È quasi mezzanotte", le annunciò divertito. Avrebbe preferito passare quelle ore con lei, ma era perfettamente consapevole del miracolo avvenuto. Doveva brevettare sul serio la sua capacità di annoiare a tal punto la gente da farla crollare addormentata dopo cinque minuti in sua compagnia, previa la disponibilità di una superficie orizzontale.

Kate si tirò su di scatto. "È così tardi? Potevi svegliarmi!", lo rimproverò, massaggiandosi il collo dolorante, proprio come aveva previsto. Rimase zitto o lo avrebbe accusato di comportarsi come una nonna apprensiva.
"Dormivi così bene che non me la sono sentita". Nemmeno se glielo avesse imposto minacciandolo, il riposo era stato necessario. Fare la nonna apprensiva gli veniva benissimo.
"E che ne è stato della nostra serata tranquilla, la cena in camera e un film a seguire? Hai fatto tutto da solo?"
Gli sembrò sinceramente dispiaciuta per l'occasione mancata. Era stato convinto che avesse accettato solo perché era stanca e perché non c'erano molte altre alternative.
Rise piano. "Non ho fatto niente, me ne sono stato seduto qui. Ti ho solo scattato qualche fotografia mentre dormivi e ti ho registrato mentre russavi. Conserverò il materiale e lo utilizzerò per ricattarti quando minaccerai di rimandarmi a casa con il primo volo".
Lo fissò seria. "Per quanto assurdo possa essere, non mi stupirei se fosse andata proprio così. E io comunque non russo".
Ma non gli sembrò troppo contrariata, né volle vedere se quelle foto gliele avesse scattate sul serio. Forse avrebbe dovuto farlo. E aveva ragione, non russava.
"Hai fame? Possiamo ordinare quando vogliamo, la cucina è sempre aperta".
Se ne era assicurato quando si era reso conto che la faccenda sarebbe andata per le lunghe. Non voleva che rimanesse a digiuno.

"Non ho fame", annunciò decisa, scivolando dal divano per mettersi seduta accanto a lui. Forse sarebbe stato meglio se avessero iniziato a usufruire di postazioni più comode di cui tra l'altro erano forniti in abbondanza, invece che finire sempre sul pavimento, per quanto comodo potesse essere.
Era così vicina da permettergli di udire il suo respiro lieve, solo un po' affrettato. Dovevano essere i postumi della lunga dormita. Appoggiò il taccuino a terra, a quel punto non gli sarebbe più servito. Non sapeva che cosa avesse in mente, ma nel caso avesse voluto parlare e buttar fuori tutte le emozioni della giornata, lui sarebbe stato pronto ad ascoltarla. Era pronto a fare tutto quello che volesse.
Quando la vide farsi ancora più vicina si rese conto all'improvviso che, forse, tutto quel parlare che aveva messo in conto non sarebbe stato poi così necessario. Non nell'immediato, si sorprese a concludere agganciando il suo sguardo inequivocabile. Il suo intuito e la sua capacità di leggere le situazioni al volo dovevano aver smesso di funzionare.

Quando lei abbandonò ogni remora, o forse ogni speranza che lui capisse quello che stava avvenendo e agisse di conseguenza, e si issò sopra di lui, si ritrovò a perdere ogni interesse per ogni questione che esulasse dal contatto dei loro corpi e l'inebriante profumo della sua pelle. Affondò le mani nei suoi capelli e si chinò a baciarlo. Se era questo che aveva avuto in mente fin dall'inizio, le avrebbe impedito di addormentarsi o l'avrebbe svegliata molto prima, pensò quando si riprese dalla sorpresa e recuperò tutto il suo spirito d'iniziativa rimasto per fortuna intatto.
Lei era certamente una donna imprevedibile, ma riconobbe che gli aveva lanciato precisi segnali che lui non aveva saputo leggere per colpa di un'eccessiva cautela, che a quel punto buttò all'aria.

Riprese vigore e, con una mossa repentina, la fece stendere sulla schiena.
Era cedevole e ancora calda di sonno, un binomio che trovò irresistibile e che gli fece perdere ogni freno. Per la prima volta da quando era atterrato abbandonò il controllo, facendosi unicamente guidare dall'istinto che gli suggerì tempi e gesti senza sbagliare. Basta remore, basta attese.
Dopo aver trascorso giorni a interrogarsi costantemente su quale fosse il miglior tipo di approccio, scoprì che l'innata intelligenza dei loro corpi era in grado di condurli verso una sintonia di intenzioni e movimenti che non aveva bisogno di nessun tipo di riflessione razionale. Se ne stupì. I timori e le tensioni che avevano infestato i giorni passati defluirono da lui senza lasciare traccia, mentre il sapore del suo corpo offuscò il ricordo della tragedia, almeno per qualche istante. Si scoprì vulnerabile quando lei lo tenne tra le braccia, andando a colpire un punto di se stesso rimasto sempre intoccato. Si scoprì impaurito e desideroso di fuggire. Rimase. Si aggrappò alla sua forza, che gli offrì generosamente.

Il cuore rombava nelle orecchie e faticava a respirare. Gli girava la testa. Era quella la sensazione di perdita di controllo? Lo spaventava e l'attraeva insieme e scoprì di volerne sempre di più.
Non si era mai imbattuto in niente di simile e non era sicuro di capire che cosa stesse succedendo, sempre che esistesse una definizione. Avrebbe dovuto saperlo, visto che era lui lo scrittore, ma perfino la sua fantasia doveva avere dei limiti. Forse erano i primi esseri umani al mondo a provare una cosa del genere, pensò fuggevolmente, prima di abbandonarsi a un'esperienza di totale simbiosi che lo fece accedere, tremante, a uno strato superiore, più magico della realtà, che non aveva mai creduto esistesse. Si fuse con lei perdendo i confini del proprio corpo e della sua mente, in un oceano di sensazione indistinte. Forse stava sognando. Forse si sarebbe svegliato nella sua cella monacale e avrebbe scoperto che era stata un'illusione. Intanto intendeva godersi ogni istante, ogni battito, ogni carezza del momento presente. Poi avrebbe pensato al resto.

Buon weekend a tutti e grazie!

   
 
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