Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Eris Gendei    10/01/2020    1 recensioni
[Finale alternativo Vento Aureo_Parte 5]
Chariot Requiem e Diavolo sono stati sconfitti, la Bucci Gang ha perso la sua guida e non sa come andare avanti. Cosa succederebbe se Gold Experience riuscisse per la seconda volta ad operare l'impensabile? E se vecchi e nuovi sentimenti venissero alla luce?
Piccola reinterpretazione super fluff e demenziale a tratti, perché soffro per la carenza di materiale BruTrish in giro.
[Angst_Fluff_POV_Headcanon; BruTrish_Giomis]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bruno Bucciarati, Giorno Giovanna, Guido Mista, Jean Pierre Polnareff, Trish Una
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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POV del capitolo: Trish e Mista

La camera era realmente spaziosa, anche troppo per i gusti di Trish; l’arredamento curato nei minimi dettagli, il copriletto dall’aria eccessivamente  delicata e lo specchio serigrafato sembravano un tantino pretenziosi persino a lei, per non parlare della navata che si estendeva fra il letto e il l’angolo salotto.
Quasi disgustata osservò lo spazio che separava il letto e il divano come se le avesse fatto un affronto personale; a tutti gli effetti, quella era la distanza fra lei e Bruno: potevano essere nella stessa stanza, ma non si sarebbero mai raggiunti.
Il pensiero le strappò un sospiro di delusione che non sfuggì al compagno.
“So che non è la sistemazione ideale…” ricominciò questi in tono paziente, con un atteggiamento paternalistico che mandò la ragazza fuori dai gangheri: era stufa di essere sempre trattata come una sciocca, stufa, stufa, stufa.
“Parliamoci chiaramente” esordì, tentando di controllare la voce per non gridargli addosso: “siamo in un hotel di lusso, dove il letto è grande come una piscina...e tu…vorresti seriamente dormire sul divano?”
Il malcelato astio di lei lo colse alla sprovvista.
“Non vedo dove sia il problema” rispose cauto “Il letto è solo uno e non mi sembra il caso…”
“Di fare cosa?? Hai paura che ti rubi le coperte, per caso?”
“Trish, ma che hai??”
“Oh, io niente! Cosa dovrei avere? Sono soltanto giorni e giorni che fuggiamo senza mai fermarci, inseguiti dai peggiori soggetti mai visti, costretti a nasconderci di continuo nei posti più assurdi…siamo stati in sei in quella maledetta stanza nella tartaruga per ore e adesso tu ti fai problemi a dormire in due in un letto enorme?? E’ semplicemente ridicolo!”
“No che non lo è. E’ una questione…”
“Non dirmi che è una questione di principio! Per la miseria, sei un gangster, un malavitoso, adesso cos’è, vuoi darti un tono fingendo di aver scoperto una morale??”
Si rese conto un istante più tardi di essersi spinta troppo in là, di avere detto cose che non doveva ma che, soprattutto, non pensava davvero.
Trish pregò che in quell’esatto momento cadesse un meteorite su Roma, straripasse il Tevere, scoppiasse una guerra nucleare o tutte le tre cose contemporaneamente, pur di sottrarsi a quella situazione terribile.
Si morse la lingua, il cuore che le batteva all’impazzata, pronta ad incassare la sfuriata del giovane.
Che non venne mai.
L’espressione di Bucciarati diventò improvvisamente gelida e dura come la pietra, la sua voce calma più affilata di un rasoio:”Sì, è una questione di principio. E no, non è affatto ridicolo. Chiunque, buono o cattivo che sia, può avere e perseguire una propria morale…questo significa fare ciò che ritiene giusto e non fare ciò che ritiene sbagliato. Mi guadagno da vivere con la malavita e non lo nego, ma ciò non implica che io sia totalmente privo di senso etico; se faccio del male, è perché so distinguerlo dal bene.”
Trish si trovò a pregare ogni divinità conosciuta e pure qualcuna inventata sul momento perché Bucciarati la prendesse a schiaffi piuttosto che parlarle in quel modo. Ogni frase era peggio del più violento attacco Stand.
“Al di là di tutto quello che tu possa pensare di me anche io ho le mie convinzioni. Se credo che certe cose siano scorrette e ne ho la possibilità scelgo di non farle: ragion per cui non dormirei mai nello stesso letto di una quindicenne, neanche se fosse grande quanto tutto l’albergo.” concluse il giovane con decisione.
Il modo in cui la guardò fece desiderare a Trish di non aver parlato, o forse di non essere mai nata: era un imbarazzo del tutto diverso da quello che le causava Mista con i suoi modi rozzi e inadeguati; era cocente, doloroso, una vergogna che si era causata e meritata solo lei.
Sotto lo sguardo del capo si sentì per la prima volta davvero piccola e sprovveduta e realizzò con amarezza che forse lo era realmente.
Sull’orlo delle lacrime, fece per parlare, senza sapere esattamente cosa dire ma con il chiaro l’intento di scusarsi, ma Bucciarati non le diede tempo:”La questione è chiusa. Vai a fare una doccia e mettiti a dormire, ne hai bisogno.”
Senza attendere una replica il giovane le voltò le spalle e sparì oltre la vetrata che portava al balcone, lasciandola sola nella stanza.
Sconfitta e mortificata, la ragazza si trascinò in bagno e chiuse lentamente la porta dietro di sé, cedendo per la prima volta da giorni all’istinto prepotente di piangere.

Nella camera accanto, Giorno stava pazientemente sistemando le ferite inferte delle unghiette della tartaruga.
“Certo che per essere un animale innocuo la tartaruga sa essere tutto meno che pacifica” disse a denti stretti, mentre Gold Experience faceva sparire un altro lungo graffio dal suo addome: sembrava reduce da una guerra con dei gatti randagi o dall’opera di un lanciatore di coltelli ubriaco.
“Per la miseria, Giorno! Quella bestiola ti ha conciato ben bene!” esclamò Mista chinandosi ad osservare il capolavoro di arte astratta sul ventre dell’amico “Sembra un quadro, uno di quelli fatti con tutte le linee dritte e i rettangoli colorati, com’è che si chiama…” si grattò il mento con fare pensieroso, mentre studiava con interesse il potere curativo dello stand dorato.
“Credo fosse Kandijski, ma non sono sicuro…d’altronde, l’ultima volta che ho studiato certe cose risale ad un bel po’ di tempo fa” rispose Giorno con una smorfia: per quanto utile, il potere taumaturgico di Gold Experience non era certo indolore, nemmeno per lui.
“Si, può darsi…beh, devi aver fatto un torto personale alla tartaruga, non c’è che dire!” rise di cuore il ragazzo “Ma non potevi trasformarla in un fiore o qualcosa di inanimato per un po’?”
“Ci ho pensato, ma dato che è una portatrice di Stand non so come avrebbe potuto reagire…e poi c’è Pollnareff nella stanza…non mi sembrava il caso di fare esperimenti così su due piedi”.
“Ottima osservazione” concordò Mista, continuando a fissare la pancia dell’amico, sempre più ricucita e meno segnata.
Dall’inizio di quella avventura non gli era mai capitato di vedere Giorno senza la sua solita giacca (che, osservata da vicino, iniziava a presentare segni di usura), ragion per cui lo aveva sempre immaginato piuttosto smilzo, anche se era evidente che avesse spalle anche più larghe delle sue.
Invece dovette ricredersi: il ragazzo era magro, anche in virtù dei suoi quindici anni, ma non si poteva certo definire fiacco; la salva di addominali che nascondeva sotto la stoffa rosata denunciava un fisico atletico che non si intuiva quando era vestito.
Mista era affascinato dalla corporatura dell’amico; la vita stretta e i fianchi sottili gli conferivano un che di androgino, non fosse stato per i pettorali squadrati e le spalle ampie a prima vista sarebbe potuto sembrare una bella ragazza.
Per non parlare dei capelli: sicuramente sciolti dovevano arrivare quasi a metà schiena; non aveva mai visto nessuno portarli così lunghi, a parte Abbacchio…
Una puntura dolorosa dalle parti del cuore si accompagnò al ricordo dell’amico.
Abbacchio con la sua espressione saccente che gli intimava di smetterla di dire stronzate, Abbacchio che se la prendeva con Fugo perché litigava in continuazione con Narancia, Abbacchio che la mattina era sempre intrattabile fino a quando non si pettinava e beveva un caffè…
E poi ripensò a Narancia, che nonostante i suoi diciassette anni era leggero come un fuscello, così appuntito da sembrare fatto di stuzzicadenti, con quei piedi lunghi che sembravano sempre troppo grandi per lui…
“Guido, va tutto bene?”
Mista si riscosse dai suoi pensieri e si trovò faccia a faccia con Giorno che lo fissava preoccupato, le sopracciglia increspate e una ruga leggera che gli solcava la fronte.
“Sì, Giorno…stavo pensando a…a…sai, ancora non riesco a credere che non ci siano più…” mormorò con una voce umida, tentando disperatamente di trattenere le lacrime; non riusciva neanche a fissare l’amico negli occhi, Giorno sembrava in grado di leggere dentro le persone e lui non voleva che vedesse il suo tumulto interiore.
Perché l’idea di Narancia e Abbacchio morti lo faceva sentire fragile come un biscotto che si sbriciola, non era in grado neanche di pronunciare i loro nomi ad alta voce, perché sarebbe stato come ammettere una volta per tutte che era andata così, che non si poteva più fare niente.
“Guido…non sai quanto mi dispiaccia…in fondo, è colpa mia se è andata così…” ammise ad occhi bassi Giorno, a sua volta senza il coraggio di guardare l’amico.
“Colpa tua?” Mista si riscosse, stupito, e prese l’amico per le spalle “Ma cosa dici! Sapevamo benissimo a cosa saremmo andati incontro quando abbiamo scelto di seguire te e Bruno, conoscevamo i rischi…la colpa è soltanto di Diavolo, maledetto lui e quel cretino di Doppio! E’ lui che ha dato inizio a tutto! Che ha fatto morire Abbacchio e Narancia, che ha fatto allontanare Fugo, che ha quasi fatto morire Bruno, che ha fatto soffrire Trish e tutti noi!”
Senza rendersene conto Mista aveva iniziato a piangere, le lacrime che scendevano copiose lungo le guance senza che potesse, o forse volesse, fermarle.
Perfino i Pistols sembravano distrutti: Numero 5 piangeva come non aveva mai fatto prima, cercando di nascondersi sotto il suo cappello; Numero 1 e Numero 3 si abbracciavano spauriti e Numero 6 si guardava intorno con aria persa.
“Ma…se io non avessi mai ucciso Luca il Lacrimoso e incontrato Bruno…se non gli avessi mai raccontato cosa avevo intenzione di fare…è partito tutto da me, sono stato io a mettervi in questo guaio” disse Giorno in tono piatto, letteralmente annientato dal dolore del compagno.
“No, Giorno.” singhiozzò Mista “Le cose vanno sempre come devono andare. Tu non hai mai agito con egoismo, volevi fare una cosa buona. E l’hai fatta! Abbiamo sconfitto il boss, il tempo di Diavolo e il suo smercio di droga è finito. Instaureremo un regime migliore e tu sarai un boss giusto, lo so. Tu non hai fatto nulla per interesse personale, anzi, ti sei ritrovato immerso fino al collo in questo disastro insieme a noi. La colpa non è di nessuno Giorno…se non di chi fa il male.”
Nonostante il senso di colpa bruciante, Giorno si stupì: non aveva mai sentito il ragazzo fare un discorso così lungo e profondo, così accorato; Guido era sempre introverso, chiacchierava molto ma non si esponeva mai in prima persona per dar voce ai proprio sentimenti.
Sollevò il viso per guardare l’amico che lo stava fissando con occhi traboccanti di lacrime, perché aveva bisogno di credere che avesse ragione, aveva bisogno che qualcuno gli dicesse che non era colpa sua.
Si sentiva così distrutto che Gold Experience sembrava quasi opaco.
Mista si ritrovò a fissare Giorno negli occhi, ad un palmo dal suo viso.
L’idea che il ragazzo si ritenesse responsabile per tutto l’accaduto gli faceva male, a quindici anni non si può portare un fardello simile, specie se non è vero.
Anche se appariva sempre così fiero e sicuro di sé in fondo era un’anima delicata, un’anima buona; lo vedeva in quegli occhi trasparenti, con uno sguardo diretto e senza inganno, meravigliosi…
Sembravano fatti di giada; avevano un colore intenso e pastoso e gli davano l’impressione di poterci cadere e nuotare dentro.
Bagnati di pianto erano ancora più belli, ricordavano il mare poco profondo a settembre, quando non c’è più abbastanza sole perché sembri azzurro ma non c’è ancora il grigio cielo invernale che lo fa sembrare d’acciaio.
Posò una mano sul suo viso e seguì con un dito la scia lucida delle lacrime sugli zigomi sottili, sulle guance arrossate, sfiorò delicatamente le labbra; in quel momento Giorno sembrava così fragile da fargli pensare che avrebbe potuto mandarlo in pezzi se non fosse stato attento.
Sopracciglia e capelli sembravano d’oro puro, avevano il fulgore delle spighe di grano sotto il sole splendente d’estate …ma forse era proprio lui il sole.
Una creatura di luce che lo fissava con sguardo supplichevole, che chiedeva di essere rassicurata e consolata; era lo sguardo che un bambino rivolge alla madre, lo sguardo che sta all’inizio del mondo.
Quasi senza rendersene conto, completamente obnubilato dalla bellezza del giovane e dal bisogno di calore umano che sentiva dentro, Mista si avvicinò lentamente, fino a posare le labbra su quelle di lui.
Fu un contatto leggero, sognante, quasi che nessuno dei due avesse realmente deciso che doveva accadere, una pura casualità.
Eppure le labbra di Giorno sembravano così giuste sotto le sue, morbide e arrendevoli, cedevano e lo accarezzavano delicate in cerca dello stesso calore.
Guido non sapeva più se le lacrime che gli bagnavano il viso fossero le sue o quelle dell’altro, il pianto si mescolava col pianto e forse solo così si sarebbe asciugato.
Tutto il dolore che aveva sentito fino ad un attimo prima sembrava colare via, o forse si stava condensando in un grumo sempre più piccolo, un sassolino duro e appuntito ma leggero, per fare spazio a qualcosa di nuovo: una sensazione di pace, di casa, di promessa.
Sentiva i capelli di Giorno sfiorargli il viso come se lo stessero abbracciando, lo chiamavano: non andartene dicevano.
E lui non se ne sarebbe andato, non ora che aveva scoperto il luogo più bello di tutta la terra. Giorno era un’oasi di pace e lui aveva finalmente capito: la vera bellezza non si può vedere, perché non sta agli occhi scovarla.
Quella, la loro bellezza, la sentiva in tutte le viscere; era il punto di equilibrio tra la fibrillazione e la calma, la cima scintillante dell’iceberg e il silenzio morbido del deserto, la gioia malinconica del partire e la familiarità del tornare a casa.
Si sentiva molle e disarticolato, come se tutto se stesso si fosse sciolto in un sentimento liquido che gli scaldava la pancia; per la prima volta nella sua vita sentiva la testa piena di niente, un niente che in sé aveva tutto.
Non era come girovagare per le strade in attesa del domani o l’ora salva fra una missione a l’altra; era più come aver trovato il centro del mondo, il punto che non ruota anche se tutto il resto si muove o collassa.
Inebriato, avrebbe continuato quel bacio all’infinito, perché non c’era niente di più bello in tutto l’universo, ora ne era sicuro; la bellezza ti frega, non si lascia scoprire perché è lei che scopre te, quando meno te lo aspetti.
Bastò un rumore, Trish che faceva cadere il flacone dello shampoo nella stanza adiacente, per far scoppiare quel momento luminoso e delicato come una bolla di sapone: lo spiffero gelido della consapevolezza si insinuò nei pensieri di Mista riportandolo alla realtà, rendendolo conscio del fatto che aveva baciato Giorno Giovanna senza preavviso e senza chiedergli il permesso.
Non si era posto alcuna domanda, semplicemente aveva fatto ciò che sentiva, o meglio, il suo corpo aveva fatto ciò che il cervello doveva aver comandato: dove fosse lui in quel momento lo ignorava.
Non poteva però ignorare i fatti, aveva invaso la sfera fisica del compagno, forse imponendogli qualcosa che lui non desiderava e cacciandolo in una situazione assurda.
Nel panico, balbettò qualcosa sulle le labbra dell’amico senza che la voce venisse fuori; Giorno, sentendolo irrigidirsi improvvisamente, si allontanò.
“Guido…” la sua voce era timida e titubante come non l’aveva mai sentita “Che succede?”
Mista lo fissò per un istante prima di rendersi conto che non aveva il coraggio guardarlo: cosa aveva combinato…
Si sentiva sbagliato, sporco; Giorno era soltanto un ragazzino, cosa credeva di fare?
Si allontanò di scatto e in qualche modo tirò fuori un filo di voce: “”Giorno…perdonami, ti prego…ti giuro, mi dispiace! Mi dispiace da morire! Io non so…non volevo…davvero, te lo giuro!”
Se avesse potuto sparire lo avrebbe fatto volentieri, non aveva neanche il coraggio di alzare gli occhi dal pavimento: non voleva vedere l’espressione di disgusto con cui sicuramente l’amico lo stava guardando, chiedendosi con chi diamine avesse a che fare e che problemi avesse; poteva reggere un pugno, persino un attacco dello Stand, ma non poteva sopportare che lo guardasse con orrore, non lui.
Era una sorta di versione moderna della Creazione e lui un novello Adamo dei sentimenti: aveva sempre avuto il Paradiso Terrestre ad un passo, ma quando aveva assaggiato il gusto della conoscenza era stato cacciato fuori, condannato ad ammirarlo per sempre senza potervi rientrare.
“Guido…cosa significa che non volevi?”
Proprio come si aspettava, il tono dell’amico era freddo; non rabbioso come aveva temuto, ma abbastanza distante da fargli male.
C’era però una nota stonata, inattesa, qualcosa che lo costrinse a sollevare gli occhi per guardarlo: era mortificazione?
Giorno era ancora seduto sul letto, le braccia incrociate come per coprirsi e le spalle curve; in quel momento sembrava anche più piccolo dei suoi quindi anni, aveva un’espressione smarrita e delusa da cui trapelava un potente imbarazzo.
“In che senso non volevi?” ripeté piano, cercando di controllare il pericoloso tremolio della voce.
Non poteva tacere in eterno, doveva costringersi a rispondere; Giorno non si meritava di essere trattato in quel modo irrispettoso senza un perché.
Inspirò profondamente e cercò le parole giuste, che potessero riparare al danno fatto:”Giorno…ti chiedo scusa davvero, non so cosa mi sia preso. Mi dispiace averti turbato così, era l’ultima cosa che volevo. Non so perché l’ho fatto” continuò con voce stridula “ma ti chiedo perdono, non è stata una cosa corretta nei tuoi confronti. Non volevo costringerti ad una cosa così…così…”
“Così come??”
La voce di Giorno era pericolosamente acuta, come se fosse prossimo al pianto o ad una scenata.
“Scusami, Giorno.” Riuscì solo a ripetere mortificato Mista “So che devo farti orrore, non me la prendo se mi dici che ti faccio schifo e non vuoi più vedermi, non posso darti torto…per questa notte posso dormire anche sul balcone, non ti darò fastidio…soltanto, ti chiedo di perdonarmi. Te lo giuro, non è stato nulla che io abbia premeditato.”
“Mista…perché mi hai baciato?”.
La voce di Giorno era stranamente controllata, poco più di un sussurro.
Rassegnato, Mista si obbligò a essere completamente sincero:”Parlo sul serio quando dico che non so il vero perché. E’ successo come per caso: semplicemente eravamo così vicini, tu eri così bello…non ho mai pensato di fare nulla, è come se il mio corpo avesse fatto tutto da solo. Come…un bisogno, non so spiegartelo…” ammise arrossendo, incrociando i piedi per l’imbarazzo: all’improvviso era cosciente di avere un corpo che se ne stava dritto e impalato e non sapeva che cosa farne.
“E come mai te ne sei andato all’improvviso?”
Ci erano arrivati, ecco il punto dolente; si passò una mano sugli occhi, prese fiato ed ammise:”Perché avevo paura di averti disgustato. Di starti forzando a fare qualcosa che non volevi.”
Ora che aveva iniziato a parlare non riusciva più a smettere:”Ed è giusto, cioè, è normale. Nessuno va in giro a baciare qualcuno così all’improvviso no? Magari uno non voleva proprio essere baciato. Magari stava conservando quel bacio per qualcuno e così gliel’hanno rubato…e poi a non tutti piace, magari a te fa schifo, mica è nulla di strano. E poi…io sono…insomma, un ragazzo…non è così che va…”
“Guido…”
La voce di Giorno, improvvisamente morbida e addolcita, interruppe il disordinato affastellarsi di parole del ragazzo, che non sapeva più controllarsi; intimidito, Mista lo guardò.
“Tu…avevi paura che mi avesse fatto schifo baciarti?”
“Sì…” il ragazzo si chiese perché sentisse il bisogno di ribadirlo: era un concetto così semplice, così ovvio.
“E non ha fatto schifo a te?” chiese Giorno guardingo, osservandolo di sottecchi.
“A me??” costa stava succedendo? Cos’era quell’improvviso ribaltamento della situazione? “A me…diamine, no.” ammise il giovane al colmo della vergogna, calcandosi il cappello sugli occhi per dissimulare il disagio.
Se lo avesse osservato, avrebbe visto un sorriso accecante sbocciare sul volto di Giorno, che si aprì in un’espressione di gioioso trionfo.
“Quindi ti è piaciuto?” chiese curioso questi, una vaga sfumatura maliziosa nella voce.
Ma a che gioco stava giocando? Piuttosto che picchiarlo voleva prendersi la sua vendetta con l’umiliazione?
Non che avesse torto, ma non poteva limitarsi a trasformarlo in un mazzo di ciclamini?
Si distrasse per un attimo: ma che razza di fiori erano i ciclamini?
Sicuramente si potevano mangiare, altrimenti non vedeva perché avrebbe dovuto conoscerli.
“Allora?”
“Allora sì, mi è piaciuto…molto” rispose Mista in tono stanco, guardandosi ostinatamente i piedi: le sue scarpe erano anche più mal messe di quelle di Trish.
“E se potessi farlo di nuovo…lo rifaresti?” chiese Giorno in un sussurro.
Ora stava esagerando; d’accordo, aveva sbagliato e lo aveva offeso, ma non gli sembrava una cosa così grave, in fondo era solo un bacio, davvero meritava di essere trattato con tutto quello scherno?
Lo guardò negli occhi e rispose con una leggera aria di sfida:”No, Giorno, non lo rifarei. Sarò anche uno sciocco, ma ho imparato a non fare due volte lo stesso errore. Ti chiedo scusa per ciò che è successo, ma di certo non ti bacerei di nuovo, visto che per te è stata un’esperienza così sgradevole. So riconoscere quando sbaglio.” concluse in tono aspro “Perché non mi trasformi in un mazzo di fiori e la fai finita così?”
Il discorso amareggiato dell’amico colpì Giorno con la forza di uno schiaffo: Mista aveva totalmente frainteso, credeva che la sua felicità fosse soltanto un modo per deriderlo.
“No, Guido, aspetta, non intendevo…” cominciò, ma il compagno gli voltò le spalle con decisione e uscì sul balcone.
“Lascia stare Giorno. Fatti una doccia a mettiti a letto, non ti disturbo oltre.”
Giorno sentì una lacrima prepotente premere all’angolo dell’occhio; l’ultima cosa che si aspettava dopo un momento così bello era di far arrabbiare Guido.



Nota dell'autrice: Ebbene sì, da brava persona sprezzante della puntualità e delle tabelle di marcia pubblico un altro capitolo, non ho affatto voglia di lasciare tutto ciò che è pronto ad attendere in un cassetto (metaforico ovviamente). Data la possibile dilatazione dei tempi prima degli ultimi capitoli preferisco tentare di mettere online la maggior parte dei brani nel minor tempo possibile, alla faccia delle pubblicazioni programmate.
Siamo finalmente arrivati al primo capitolo realmente fluff!
Guido ne ha combinata un'altra delle sue e Trish ha fatto danni sul serio per una buona volta...riusciranno a riabilitarsi agli occhi dei rispettivi compagni?
Come sempre grazie per la lettura, se voleste lasciare un feedback sarò contenta, altrimenti godetevi questa piccola renterpretazione.
Namaste

  
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