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Autore: Breed 107    10/05/2005    1 recensioni
Salve! Questa storia è il seguito di ''Qualcosa da desiderare'' e costituisce la seconda parte di una trilogia. Ora che Ranma ed Akane hanno confessato finalmente i propri sentimenti, nulla sembra impedir loro di essere felici... ma non è così.COMPLETA! "REVISIONATO" ANCHE ULTIMO CAPITOLO
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ranma Saotome
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ancora qualcosa da desiderare

di Breed 107

 

Capitolo tredicesimo

 

Ukyo scosse la testa, per nulla stupita: come aveva sospettato Akari era ancora lì, seduta accanto a Ryoga. O meglio, raggomitolata al suo fianco. Non si era allontanata da lui nemmeno per andare a letto quella sciocca, finendo così per addormentarsi accanto al suo amato. Era proprio irrecuperabile, si disse la cuoca con un sospiro di rassegnazione, poi entrò nella camera di solito occupata da Konatsu ma che al momento accoglieva Ryoga Hibiki ed in punta di piedi si avvicinò alla sua amica; la osservò alla luce della fievole luce che filtrava dal corridoio e non poté evitarsi un sorriso intenerito: Akari era sdraiata sul pavimento, il viso rivolto verso Ryoga ed una mano era appoggiata con leggerezza al braccio del ragazzo, nel tentativo inconscio di mantenere con lui una sorta di contatto.

“Sei proprio senza speranze…” sussurrò prima di coprire la ragazza con uno yukata. Era una notte calda, ma dormire sul pavimento non era certo l'ideale. Ukyo pensò per un momento di svegliarla ed imporle di tornare a letto, ma scartò subito l'idea, Akari non avrebbe accettato di muoversi da lì, almeno fino a quando quello stupido non avesse dato segni di aver ripreso conoscenza.

I suoi occhi ormai assuefatti alla penombra si spostarono su Ryoga, scrutandolo con un misto di curiosità e di sottile dispiacere; non poteva evitarlo, non riusciva a cancellare dalla memoria la loro chiacchierata di qualche settimana prima, le sue parole… le sue sconcertanti rivelazioni, che poi non erano state tanto sorprendenti a dire il vero, ma questo non significava che non le avessero fatto male. Ukyo strinse le labbra, una leggera rabbia le fece tremare le mani che strinse a pugno: perché, si domandava, quello stesso ragazzo che le aveva spiegato senza troppi giri di parole come stavano le cose tra Ranma ed Akane e che aveva voluto a forza aprirle gli occhi, non aveva riservato la stessa sincerità ad Akari, una sciocca romantica che pendeva praticamente dalle sue labbra?

'Sarà la prima cosa che ti chiederò, Hibiki, appena avrai la compiacenza di ritornare dal mondo dei sogni'. Lo guardò ancora, scrutando il suo volto rilassato, poi dopo un ultimo sospiro si allontanò chiedendosi se Konatsu fosse comodo sistemato su un futon al piano di sotto.

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Nabiki sospirò, buttandosi alle spalle con un gesto carico di stizza il piccolo diario dove registrava con maniacale precisione ed accuratezza le sue entrate e le dolenti uscite. Aveva vari motivi per essere arrabbiata la seconda delle sorelle Tendo, a cominciare proprio dal suo piccolo registro: da giorni ormai non vi erano entrate degne di nota.

La perdita di Kuno cominciava a farsi avvertire e anche le scommesse sul rientro di Ranma ormai languivano. Inoltre la piccola sveglia sistemata sulla scrivania segnava le tre del mattino e lei era ancora sveglia, per cui non era difficile prevedere una giornata pesante per l'indomani. Ed infine, ultimo, ma non ultimo per gravità, Nabiki era furiosa per la causa scatenante della sua inusuale insonnia… Aveva provato a negarlo a se stessa per ore, poi sfibrata ci aveva rinunciato e aveva amaramente accettato la verità: non riusciva a togliersi dalla testa quel dannato Toshio, il suo bacio rubato… e Kuno.

Imprecò sottovoce e poggiò il capo sulle braccia incrociate, chiudendo gli occhi. A farle rabbia non era tanto l'aver subito l'avance di Toshio Nogata, in fondo si trattava di un semplice, piccolo ed innocente bacio. Beh, forse non tanto innocente, provenendo da quel concentrato di malizia…

Comunque fosse stato solo quello, Nabiki Tendo non si sarebbe scomposta più di tanto, non la solita Nabiki, per lo meno.Ed era proprio quello a turbarla: non si riconosceva più. Da quando Toshio era entrato nella sua vita era stato capace di confonderla. Poche parole, qualche sorriso ben piazzato, qualche sguardo profondo e voilà, ecco che la furba e imperturbabile Nabiki Tendo, vero terrore del Furinkan, si era trasformata in una ragazzina qualunque, alle prese con i propri turbamenti come una qualsiasi adolescente. Era snervante!

E poi quel maledetto Kuno, ci si metteva pure lui! Perché si era innamorato di quella dea bionda? Non poteva continuare a rendersi ridicolo con la sua smania per Akane e la ragazza con il codino?! Le cose erano state così semplici e prevedibili, prima… ed ora tutto diventava confuso ed incerto. La precarietà spaventava Nabiki più di qualsiasi altra cosa. Il suo pianificare, progettare, assicurarsi fonti di denaro erano solo tecniche per rendere la sua vita controllata… ed ora tutto andava alla malora, per colpa degli ormoni impazziti di uno sciocco ragazzo fissato con il kendo e per gli occhi ambrati di un manipolatore!

Un leggero colpo alla porta la strappò bruscamente ai suoi pensieri. “Sì?” chiese prima che la porta si aprisse appena e il volto minuto di Akane comparisse nello spiraglio.

“Scusa, ho visto che avevi la luce accesa e allora… tutto bene Nabiki?”

“Veramente dovrei essere io a chiederlo a te. Come mai sei ancora sveglia? Dovresti riposare.”

Sua sorella minore si strinse nelle spalle ed entrò, zoppicando leggermente, per poi chiudersi la porta alle spalle “Non ci riesco. Ti spiace se resto un po' qui? Non sembri in procinto di andare a dormire” le chiese, adocchiando il letto ancora intatto.

Nabiki le fece segno di sedersi ed Akane si accomodò proprio sul letto, nascondendo a malapena un'espressione di dolore che il movimento le procurò al fianco. “Ti fa ancora molto male?”

“Solo quando mi muovo… o rido.”

“Allora cercherò di trattenere la mia verve comica, sorellina.”

Akane le sorrise poi notò il piccolo diario sul pavimento “Problemi?” chiese, in effetti il fatto che Nabiki fosse ancora sveglia a quell'ora era strano.

“Non proprio. Le entrate sono in calo data la defezione di Kuno, ma rimedierò in qualche modo.”

“Uhm, immagino di sì… Non occorre offrirti il mio aiuto, vero?”

“Già, di solito il tuo consenso non mi serve. Senti, sorellina…” Akane la osservò in attesa, aveva la sensazione che qualcosa turbasse sua sorella e la sua espressione in quel momento sembrava confermare tale sensazione. Era certa che stesse per aprirle il suo animo, un avvenimento più unico che raro e che proprio per tale eccezionalità doveva essere accolto dal più profondo e rispettoso silenzio.

“Ecco, tu… tu sei innamorata di Ranma, vero?” sulle prime fu presa contropiede da quella domanda, soprattutto per il tono assolutamente privo di malizia di Nabiki.

“Se negassi mi crederesti?” le chiese a sua volta e l'altra sorrise scuotendo il capo, facendo così agitare il corto caschetto.

“No… e com'è? Com'è essere innamorati?”

Akane sgranò gli occhi, stentava a crederci: era quello il problema di sua sorella, l’amore?! Era stupita perché in passato Nabiki non aveva mai condiviso con nessuno ciò che provava; anche quando aveva avuto quella folle sfida con Kinnosuke Kashaoh i suoi veri sentimenti non le erano mai stati chiari. A volte pensava che Nabiki si fosse davvero innamorata di lui, ma non poteva esserne certa. Ed ora…

Nabiki teneva lo sguardo basso, le mani poggiate sulle ginocchia, sembrava a disagio.

“Sei innamorata Nabiki?” le domandò non potendo evitarsi un tono stupito, Nabiki fece una smorfia e si strinse nelle spalle.

“No… però, insomma, sono curiosa. Mi rispondi o no?”

Akane annuì, poi abbassò lo sguardo a sua volta, fissandolo sulla fasciatura che le teneva l'avambraccio immobilizzato: non avvertiva più dolori forti, ma la ferita sembrava pulsarle.

“E' uno schifo. Essere innamorati è una tortura, orribile… e meravigliosa. Fa male, ma non sempre; a volte… a volte ti fa sentire così euforica! Però è anche brutto, perché affidi il tuo cuore a qualcun altro e non sempre questa persona sa come trattarlo… e viceversa. Quando sei tu ad essere amato, sei responsabile della felicità dell'altro e della sua infelicità.” Akane carezzò lievemente la fasciatura, negli occhi aveva ancora il volto indurito dallo sconforto di Shan-po… e poi l'immagine indelebile che più volte le ritornava in mente, le spalle di Ukyo, contratte dalla tensione mentre la proteggeva. Non avrebbe mai dimenticato quell'immagine, mai.

Nabiki aggrottò le sopracciglia “Quindi sei pentita di esserti innamorata di Ranma?”

“No, assolutamente no – gli occhi scuri di Akane si fissarono nei suoi e Nabiki riconobbe la determinazione per cui sua sorella era famosa – non mi pentirò mai di amarlo.”

“Anche se non dovesse tornare più?”

La ragazza più giovane sorrise e il suo volto si rilassò “Oh, Ranma tornerà, vedrai. Tornerà da me.”

“Ne sei così convinta…”

“Certo! E' innamorato di me, Nabiki, quindi tornerà. Questa sua fuga… è come una sfida che lui crede di avermi lanciato e lo sappiamo quanto può essere testardo in questi casi, ma stavolta la sua proverbiale imbattibilità sarà infranta: Ranma perderà la sfida e tornerà da me.” Un sorriso convinto e determinato non meno del suo tono accompagnò quelle parole e Nabiki non poté far altro che ricambiarlo; non aveva certo le idee più chiare adesso, ma in un certo qual modo parlare con Akane le era servito: le aveva dato la voglia di conquistare a sua volta quella stessa sicurezza e determinazione che vedeva animare sua sorella minore.

“Allora, chi è il fortunato?” la domanda di Akane risuonò divertita.

“Non esiste alcun fortunato! Te l'ho detto, solo curiosità… A questo proposito, dato che siamo in vena di confidenze, desumo che tu e Ranma vi siate confessati i vostri reciproci sentimenti… quando? E come?”

Akane arrossì lievemente, ma il sorriso divertito di prima non svanì dalle sue labbra “Se credi che ti racconti tutto così che tu possa andare in giro a rivendere la notizia, beh, ti sbagli! A meno che…”

“A meno che?”

“A meno che tu mi faccia il nome del fortunato che ti ha fatto innamorare!”

“Accidenti, sei davvero testarda! Su, avanti, racconta alla tua sorellina, tu e Ranma vi siete baciati? E lui ti ha mai toccato e…” una cucinata ben piazzata proprio in pieno viso interruppe l'imbarazzante interrogatorio.

La notte scivolò dolcemente su Nerima, tra i canti dei gatti in amore e dei grilli, per nulla rassegnati alla fine dell'estate.

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Sentiva caldo… non un caldo afoso, come quello che aveva patito negli ultimi giorni vagando per luoghi sconosciuti. No, era un caldo piacevole, quasi… intimo. Un calore proveniente da dentro di lui, quasi.

Ryoga Hibiki si sentì bene. Mentre riaffiorava dal suo lungo sonno, si sentì bene come mai in quegli ultimi tempi. Nell'istante in cui divenne lucido avvertì chiaramente le proprie labbra stirarsi in un piccolo sorriso; dio mio, pensò riaprendo lentamente gli occhi, da quanto non sorridevo?

Il soffitto che gli apparve dinanzi non gli era sconosciuto, ma non fu quello a scacciare il sorriso che lo aveva accolto quel mattino (era mattino, il sole infatti sembrava invadere completamente il posto dove si era risvegliato). Il fatto era che lui non avrebbe dovuto essere lì, ovunque fosse lì, non ricordava ancora dove aveva visto quel soffitto… Ma lui avrebbe dovuto essere all'aperto, sì, nel parco pubblico di Nerima.

Aveva vagato per giorni, la mente stordita dal dolore, l'animo tanto anestetizzato da non riuscire nemmeno a prostrasi per la sofferenza. Si era trascinato in giro a lungo, infischiandosene di tutto, persino della propria forma, una volta tanto non gli era importato essere un porcellino… non gli era importato di nulla. E poi, all'improvviso, si era ritrovato in questo parco, la coscienza ancora assopita, convinto solo di essere lontano finalmente dall'unico punto sul pianeta dove non voleva più essere. Solo quel desiderio, di essere il più distante possibile da Nerima, lo aveva mandato avanti, solo quell'unico pensiero lucido lo aveva tenuto vivo in tanto stordimento, ma quel parco aveva un che di familiare… quel laghetto… ci era già stato e più di una volta. Sempre più cosciente si era guardato attorno, più spaventato che curioso, fino a quando l'atroce sospetto era diventato realtà: era tornato lì, a Nerima, da Akane.

La rabbia era esplosa in lui incontrollabile; la sofferenza, che per giorni era stata tenuta a bada dal suo stato quasi catatonico, gli si era riversata addosso senza avviso lasciandolo senza fiato, il petto contratto per il dolore fisico e gli occhi sbarrati di fronte a quella maledetta insegna che invitata i visitatori a mantenere il parco di Nerima pulito… E poi, il mondo era esploso. Di colpo aveva sentito la sofferenza prender forma ed esplodere in lui, intorno a lui. Doveva aver lanciato uno shishi hokodan da primato, non lo sapeva, doveva intatti esser svenuto prima che l'energia ritornasse al suolo. Chissà che danni aveva fatto…

Però a quel punto la domanda tornava: cosa ci faceva lì quel soffitto? Era in quel maledetto parco l'ultima volta che era stato cosciente! Aveva paura di guardarsi intorno e se… se per qualche strano motivo, avesse scoperto di essere al dojo Tendo? La sua vita era tanto bizzarra che una simile eventualità non era da escludere. Perciò restò a rimirare quel soffitto ancora qualche istante, gli occhi quasi dolenti per lo sforzo di non guardare altrove.

Qualcosa si mosse sul suo braccio e lui, istintivamente, spostò gli occhi in basso, per poi sgranarli di colpo per la sorpresa: poco distante da lui, raggomitolata in posizione fetale, Akari dormiva tranquilla. Era sua la mano, lievemente poggiata al suo avambraccio, che muovendosi appena aveva richiamato la sua attenzione. Akari? Akari…

Forse aveva le allucinazioni, però… era la più bella allucinazione che avesse mai avuto! Il solo osservare il suo viso tranquillo ed addormentato gli riempiva l'animo di pace e serenità.

Senza quasi rendersene conto, vide una propria mano allungarsi verso di lei e prima di poterselo impedire, le carezzò una guancia rosea e liscia. Non era un'allucinazione, nessuna visione incorporea poteva essere così piacevole. Ryoga sentì le labbra tirarsi di nuovo in quel timido sorriso di prima, sorriso che però sparì prontamente appena gli occhi di Akari si spalancarono di colpo.

“Ryoga!” lei s’alzò a sedersi, mente lui in tutta fretta ritirava la mano, le guance colpevolmente in fiamme, ma la ragazza non sembrò aver notato quel gesto; infatti lo guardò con un misto di preoccupazione e gioia, le labbra appena schiuse, le ci volle qualche secondo prima di riuscire a parlargli. “Ryoga, come stai?! Ero così preoccupata! Come… come ti senti?” gli chiese e lui si strinse nelle spalle.

“Io sto bene, sono solo confuso. Siamo a Nerima, vero?”

“Sì, io e Ukyo ti abbiamo trovato ieri dopo quella terribile esplosione! Ero così in pensiero, ma Ukyo mi ha detto che non c'era nulla da temere e…”

“Ukyo? – Ryoga aggrottò le sopracciglia – conosci Ukyo?”

Akari annuì e sorrise lievemente “Siamo a casa sua, è da un po' che sono sua ospite.”

“Ecco spiegato il soffitto…”

“Come?”

Ryoga scosse il capo “Nulla, non farci caso” la rassicurò, mettendosi seduto. Ancora preoccupata, Akari gli pose una mano su una spalla, ma poi la ritirò fulminea appena lui tornò a guardarla “Sto bene – tentò di rassicurarla – ho solo la testa un po' sottosopra e lo stomaco vuoto. Da quanto tempo sono qui?”

“Da ieri sera… Ryoga – sembrò esitare nel pronunciare il suo nome – cosa… cos'era quella esplosione? Ukyo mi ha solo detto di non preoccuparsi, che non eri ferito, ma eri privo di sensi! Io… io non …” le sue parole morirono in un fioco sussurro e timidamente abbassò lo sguardo mentre Ryoga la osservava. Le guance le sembrarono poter prendere fuoco da un momento all'altro, ora che si rendeva conto anche di un'altra cosa: si era addormentata accanto a lui! E lui l'aveva scoperta! Era imbarazzante da morire, lo ringraziò intimamente di non averne fatto cenno, ma non riusciva a guardarlo in viso.

“Ukyo ha detto bene, Akari, non sono ferito. E' che… ecco, detta in poche parole, con quell'esplosione ho lasciato fluire via da me tutta la rabbia che covavo da un po' e tolta quella, non avevo molto altro a sostenermi, credo. Ora va meglio” non sembrava del tutto convinto, anzi quelle parole suonarono più come un flebile tentativo di rassicurare lei.

Lo guardò negli occhi ed ebbe la conferma ai suoi sospetti: non stava bene, non del tutto. Non c'era più, questo era vero, quell'espressione vuota e spenta che tanto l'aveva angustiata all'ospedale il giorno dell'incidente, però non era uno sguardo sereno quello. Placato per il momento, sì… stanco sì, ma ancora triste. Terribilmente triste. “Sono così addolorata per quello che ti è successo…” mormorò in un soffio, troppo timida per dare maggiore sicurezza a quelle parole.

“Non è stata colpa tua Akari, davvero, credimi.”

“Ma non è solo questo! Non è il senso di colpa che mi addolora! Io provo dolore per te! Per quello che tu stai passando, per quello che ti è successo! Io vorrei tanto che tu che tu fossi felice, non ho voluto altro! Per questo quel giorno sono andata via da casa Tendo, costringere te a restare là, non potevo permettere che tu soffrissi in quel modo!”

La foga con cui gli parlò lo stupì, ma non gli rese meno gradite le sue parole, il loro significato più profondo. Non avrebbe meritato un tale amore nemmeno in mille anni! Tanta generosità, tanto slancio per lui, che le aveva solo dato sofferenza… Quel calore così dolce che aveva provato al suo risvegliò tornò a scaldarlo, tornò ad invadergli il petto. Era lei a dargli quel calore?

Prima che potesse trovare una risposta, la porta si aprì con un cigolio che fece voltare entrambi. Ukyo, leggermente perplessa, ricambiò il loro sguardo. “Io volevo vedere se eravate svegli – borbottò imbarazzata, poi incrociò le braccia al petto, riacquistando la sua solita aria sicura – e dal momento che il nostro bell'addormentato si è svegliato, potete anche scendere di sotto a mangiare qualcosa, sempre che tu Ryoga sia capace di trovare il piano di sotto.”

Non lo stupì il suo tono ruvido e lievemente ostile, perciò non si prese la briga di arrabbiarsi con lei “Grazie, cercherò di non perdervi di vista, così da non ritrovarmi fuori di qui. Mi spiace, ti ho costretto di nuovo ad ospitarmi.”

Ukyo fece una smorfia “Ringrazia Akari, fosse stato per me ti avrei lasciato nel parco… Portalo tu di sotto” disse poi rivolta all'altra ragazza prima di dar loro le spalle e andarsene.

Akari sorrise e, con leggero impaccio, si alzò “Seguimi, hai bisogno di mangiare, di certo.”

“Io devo andarmene. Non posso restare molto” disse in fretta, evitando di guardarla.

“Ma non puoi andartene! Sarai certo debole e poi…”

“Akari, io non posso restare! – la voce di Ryoga risuonò più determinata e udibile fu il suo sforzo di non gridarle contro – Non posso correre il rischio di incontrarla! Io… non ce la farei, non lo sopporterei” Akari aggrottò le fini sopracciglia e per alcuni istanti che a Ryoga parvero eterni restò a fissarlo, perplessa.

“Promettimi una cosa” lui si volse a guardarla, stupito dal suo tono di voce. Era fermo, come quando sul tetto del dojo gli aveva detto addio, anche il suo viso esprimeva una forte determinazione “Promettimi che resterai qui almeno fino a stasera.”

Ryoga scosse il capo con veemenza “No, non posso prometterti niente e…”

“Promettimi almeno questo! – Akari tornò ad inginocchiarsi accanto a lui, stavolta una nota disperata vibrò nelle sue parole, nonostante questo però i suoi occhi mostravano la stessa tenacia di prima – Non ti chiedo altro che restare qui fino a stasera, ti prego! Non ti ho mai chiesto nulla, se… se mai hai provato un po' di affetto per me, prometti!”

Ryoga annuì senza nemmeno accorgersene, spinto dalla lacrime che vide nei suoi occhi e dalla sua aria decisa e afflitta al tempo stesso: porgli un simile ricatto faceva male a lei quanto a lui. Soddisfatta Akari annuì e tornò a sorridergli “Bene, non lasciare questa stanza. Chiederò a Konatsu di portarti qualcosa da mangiare e il tuo zaino, così potrai cambiarti se vuoi, ma tu non uscire da qui!”

Ryoga annuì ancora, incapace di far altro. La seguì con lo sguardo fino alla porta “Dove vai?” le domandò poi con un filo di voce.

“Torno presto, ho una faccenda da risolvere” e senza aggiungere altro uscì, lasciandolo solo e ancor più confuso.

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Akane represse a stento uno sbadiglio e piena d’invidia osservò sua sorella maggiore: com'era possibile che Nabiki fosse in forma così smagliante, mentre lei si sentiva un mostro assonnato? Poteva quasi avvertirle fisicamente le occhiaie deturparle il volto, mentre a guardarla nessuno avrebbe mai detto che Nabiki avesse passato gran parte della notte sveglia a chiacchierare con lei.

Avrebbe dovuto segnarsi quel giorno sul calendario si disse con un mezzo sorriso, poiché un simile avvenimento, lei e Nabiki che chiacchieravano a lungo, accadeva con la stessa cadenza di un'eclissi solare… e non doveva nemmeno preoccuparsi che sua sorella andasse a rivendersi le confidenze che le aveva fatto! Nabiki aveva promesso che non una parola detta in quella stanza sarebbe arrivata ad orecchio alcuno… Certo, lei trovava sempre un modo per aggirare le promesse, ma per una volta voleva fidarsi. C'era qualcosa di strano in Nabiki già da qualche giorno, ma ripensandoci cosa non era strano nella sua vita ultimamente? La sua già non normalissima vita in quegli ultimi giorni stava diventando ancora più assurda e complicata.

Abbassò lo sguardo nella ciotola di riso che Kasumi le aveva riempito in maniera imbarazzante, come se il suo stato giustificasse un'abbuffata, ma a quanto ne sapeva lei una razione extra di cibo non rientrava nella cura per un braccio rotto ed un ematoma al fianco…

Nabiki si alzò, lasciando la sua ciotola vuota sul tavolo e salutò il resto dei commensali con allegria, pronta ad andare a scuola. Akane avrebbe voluto imitarla, ma le preghiere di suo padre e gli sguardi timorosi di Kasumi e la signora Nodoka l'avevano fatta desistere; in fondo era meglio così: aveva bisogno di essere in forma per affrontare il Furinkan.

Suo padre temeva anche un ulteriore incontro/scontro con Shan-po, ma Akane sapeva che l'amazzone non avrebbe provato ad attaccarla ancora. Si mordicchiò le labbra al pensiero di quello che era accaduto e di cosa ciò significasse, sul serio.

Qualcosa si era rotto, il delicato e folle equilibrio che si era instaurato tra lei e coloro che la circondavano era andato a pezzi… e la cosa strana e perfino ridicola era che non aveva fatto nulla per infrangerlo. C'erano state volte in cui avrebbe persino pagato affinché le sue rivali venissero a conoscenza di quanto accaduto tra lei e Ranma, ma aveva sempre creduto che sarebbero stati loro due a renderlo noto. Per quasi due anni tutti loro avevano vissuto come dei ciechi, non vedendo e non volendo vedere qual era la realtà dei fatti, tutti avevano recitato la loro parte, con enfasi eccessiva a volte. Anche lei e Ranma avevano seguito il copione che li voleva innamorati, ma restii ad ammetterlo, poi ad un certo punto qualcosa nel delicato meccanismo si era inceppato ed ecco che all'improvviso tutti sapevano tutto. Ryoga, Ukyo e Shan-po, senza che una parola fosse detta loro, ecco che tutti all'improvviso aprivano gli occhi e capivano la verità. Il lato terribile era che malgrado la verità, tutta la verità, fosse venuta a galla, nessuno era felice. Quella verità non aveva fatto che vittime, lei per prima. Neanche questo aveva previsto.

“Akane… ehi, Akane” il richiamo di Kasumi le giunse come da lontano, chissà da quanto stava chiamandola.

A fatica riemerse dai propri pensieri e guardò la sorella maggiore, ostentando la sua espressione più normale “Sì?”

“C'è una visita per te.”!

“Una visita? Chi è?”

Kasumi le sorrise “La signorina Unryu vorrebbe parlarti in privato. L’ho fatta salire in camera tua.”

“Oh sì, ti ringrazio. Finirò dopo” alluse alla ciotola quasi intatta e non senza fatica si rimise in piedi: quel maledetto fianco non smetteva di darle noia.

“Appena avrete finito, vi preparerò del tè, d'accordo?”

“Sì, ti ringrazio Kasumi.”

Akari la stava aspettando in piedi, al centro della stanza. Quando entrò, la ragazza si volse a guardarla e provò a sorriderle, ma ciò che riuscì a fare era solo la pallida ombra del sorriso dolce e solare della solita Akari.

“Ciao! Sono contenta che tu sia qui, Akari.”

“Io supponevo che non saresti andata a scuola e… come stai?” indicò il braccio fasciato ed Akane si strinse nelle spalle.

“Meglio di quanto sembri, devo avere un aspetto a dir poco orrendo! Non stare in piedi, prego, puoi sederti sulla mia sedia”

La ragazza annuì e fece come le era stato detto, ma quando anche Akane si fu messa comoda sul proprio letto, tornò ad alzarsi, probabilmente troppo nervosa per restare ferma. Anche le sue piccole mani continuavano a tormentare il bordo della leggera camicia azzurra che indossava e i suoi occhi vagavano inquieti per la stanza. “Spero che tu guarisca presto… quanto tempo dovrai tenere il gesso?”

Akane sorrise e decise di alleviare le sofferenze della sua amica, arrivando subito al dunque e sorvolando i vari convenevoli “Volevi parlarmi di qualcosa in particolare, Akari?” le chiese tranquilla, ricevendo un'occhiata supplichevole e tesa in risposta.

“Io, sì… ecco, ieri… ieri dopo che io e… Io e Ukyo stavamo tornando al locale e abbiamo trovato…” si zittì, incapace di trovare le parole appropriate, poi chiuse gli occhi per calmarsi e inspirò profondamente. Quando tornò a parlare la sua voce era più ferma e apparentemente sotto controllo “Ryoga è a Nerima. Io e Ukyo lo abbiamo trovato ieri sera al parco, privo di sensi.”

Akane aggrottò le sopracciglia “Gli è successo qualcosa?” chiese dopotutto in ansia e Akari scosse il capo.

“No, ha perso le forze dopo aver eseguito lo shishi hokodan, io non so se tu conosci – con un cenno di assenso, Akane la invitò a continuare – ora è da Ukyo. Fisicamente sta bene, ma non è delle ferite del corpo che io mi preoccupo.”

“Akari, io non credo che…”

“Akane, ti prego, lasciami parlare! – la ragazza le andò vicina e con slancio prese la sua mano sana tra le sue – io so che quello che ti ha fatto è terribile, ma sono certa che per quanto tu possa odiarlo, non è nemmeno la metà di quanto lui odii se stesso!”

“Non dubito che si senti in colpa.”

“Non è solo questo, lui è disperato! Nei suoi occhi c'è un tale dolore, così forte da stringermi il petto…”

“Anche quello che mi ha fatto è stato doloroso, Akari. Credi che allontanarlo da me sia stato facile? Ho sempre pensato a lui come ad un amico, probabilmente il migliore che io avessi… ed ora l'ho perso.”

Nonostante parlasse con tono misurato, la sofferenza era palese nella voce della ragazza. Akari la avvertì, così come la vide nei grandi occhi scuri dell'amica e per un istante si chiese se ciò che stava facendo fosse giusto, ma poi il ricordo di altri occhi le ridiede determinazione: gli occhi di Ryoga, colmi di pacata rassegnazione all'infelicità.

“Lui ti ama.”

Akane batté le palpebre e per alcuni istanti pensò di aver capito male “Lui è innamorato di te, lo è sempre stato” Akari ribadì il concetto guardandola dritto in viso.

“Non… non è vero…. Ti sbagli… lui non…”

“Lui ti ama, Akane. Non ha mai avuto il coraggio di dirtelo e probabilmente non lo avrà mai, ma è così che stanno le cose. Non ti mentirei mai su una cosa del genere, non t’immagini nemmeno quanto mi faccia male, ma non è tacendo che smetterà di amarti.”

Akane si sentiva come se l'avessero appena schiaffeggiata. Ryoga innamorato di lei?! Le pareva impossibile… Sì, aveva intuito di piacergli, ma l’amore... No, non poteva crederci, non poteva accettarlo…. non voleva crederlo perché ciò stava a dimostrarle ancor di più quanto sciocca e ingenua lei fosse.

Inconsciamente ritirò la mano da quelle di Akari e abbassò lo sguardo puntandolo sul pavimento, dentro di lei la confusione aumentava e con essa la rabbia, l'unico sentimento che lei era egregiamente in grado di gestire. “E' una sciocchezza! E se pure fosse vero, questo non lo renderebbe meno colpevole ai miei occhi, anzi!”

“Ma forse sapendo che è per amore che si è comportato così potresti comprenderlo meglio, se non giustificarlo… Anche tu, anche tu sei innamorata Akane, anche tu sai quante cose stupide si fanno per amore o per gelosia – a quella parola, Akane sobbalzò – tacerti di P-Chan era l'unico modo per Ryoga di vedere ricambiato il suo sentimento, se pure in maniera distorta… ed anche una sua piccola rivincita su Ranma. Se trasformandomi in un maialino riuscissi a farmi voler bene da lui, credimi, andrei a gettarmi in quella fonte maledetta immediatamente!”

“Akari, lui non può… sei tu quella che ama!”

“Non è quello che ha detto al signor Ranma quella mattina, la mattina prima che lasciassi questa casa – sorrise con amarezza e sospirò – io lo so che non posso chiederti di perdonarlo ora, ma ti prego, dagli almeno la speranza che questo possa accadere prima o poi! Ti prego…” sorprendendo una già confusa Akane, Akari le si prostròdinanzi, inginocchiandosi ai suoi piedi e chinando il capo in chiaro segno di supplica.

Presa alla sprovvista Akane restò a fissarla, gli occhi sgranati dinanzi ad una simile scena. Allungò la mano integra e le sue dita tremanti le sfiorarono una spalla “Per favore, alzati. Non devi inginocchiarti davanti a me, Akari” la voce le tremava forse ancor di più delle sue mani e dovette deglutire più di una volta per renderla più ferma prima di tornare a parlarle, una volta che l'altra ebbe risollevato il volto verso di lei.

“Hai detto che Ryoga è da Ukyo? – Akari annuì velocemente – Credi che Konatsu lo accompagnerebbe qui?”

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“Oh, benvenuti! Siete davvero gentili, venire così numerosi a trovare Akane… Prego, accomodatevi.”

Ryoga deglutì nervoso e si inchinò rigidamente davanti a Kasumi che li accolse al loro arrivo al dojo. Con passo tremante seguì Konatsu in casa, mentre Ukyo chiudeva il piccolo corteo in visita. Era così agitato da tremare quasi; non poteva crederci: Akane voleva vederlo!

Quando Ukyo gliel'aveva detto poco prima, aveva pensato fosse una bugia della ragazza. L'aveva guardata con occhi sgranati, fino a quando lei evidentemente stanca di ripetergli di smuoversi lo aveva afferrato per il collo della maglia e lo aveva trascinato fuori, borbottando di stupidi suini. Aveva provato a fare resistenza, dicendole della promessa fatta ad Akari sul non muoversi da lì, ma lei aveva alzato gli occhi al cielo prima di dirgli con voce chiaramente irritata che era stata proprio Akari a chiederle di condurlo da Akane, dietro invito di quest'ultima. “Perciò, ora smettila di fare lo stupido e seguici, e non provarci nemmeno a perderti, altrimenti giuro che ti inseguirò con la mia spatola!”

Quando si era infine reso conto di non esser vittima di uno scherzo crudele della ragazza, il nervosismo aveva cominciato ad invaderlo. Akane voleva vederlo… perché? Che volesse perdonarlo? Non voleva illudersi, ma non poté impedirsi di sperarlo ad ogni passo che lo avvicinava al dojo. Konatsu ogni tanto gli lanciava occhiate preoccupate, forse temendo che alla minima distrazione avrebbe potuto perderlo di vista, mentre Ukyo gli camminava affianco ignorandolo.

Kasumi fece loro strada verso la sala e gli ultimi metri furono terribili per Ryoga, il cuore gli martellava dolorosamente in petto tanto forte da rimbombargli in testa. Che doveva dirle? Se lei davvero voleva perdonarlo, non ci sarebbero state parole sufficienti a ringraziarla…

Improvvisamente, mentre entrava nella sala inondata dal sole, si rese conto di aver voglia di piangere, non sapeva nemmeno se per la gioia o la tensione. Resistette a malapena e abbassò gli occhi, cercando di tornare padrone di se stesso prima di vederla.

“Akane, hai ancora delle visite! Prego, ragazzi, mettetevi comodi, io preparerò del tè.”

Ryoga era rimasto fermo sulla soglia delle porte scorrevoli e fu grazie ad una spinta di Ukyo che parve uscire dal proprio stato catatonico “Avete fatto presto. Ukyo, non pensavo saresti venuta anche tu, però ne sono lieta.”

La sua voce… Ryoga finalmente rialzò lo sguardo e la vide; era seduta dinanzi al tavolo, al suo solito posto. Bella come sempre… Aveva sempre saputo che il bianco le donava e quell'abito leggero con le bretelline sottili pareva fatto apposta per risaltare il colore dei suoi capelli.

Akane li guardò a turno, soffermandosi poi su di lui “Non state in piedi, mettetevi comodi.”

Ryoga ubbidì immediatamente, sprofondando, o meglio afflosciandosi sulle ginocchia di fronte a lei e per la prima volta si accorse di qualcosa di diverso, il braccio fasciato.

“Cosa ti è successo, Akane?!” chiese ansioso, lei si strinse nelle spalle e pose il braccio ferito in grembo, nascondendolo alla loro vista.

“Un piccolo incidente, nulla di serio…” uno sbuffo infastidito di Ukyo fu l'unico commento.

“Dov'è Akari?” chiese poi spiccia la cuoca guardandosi intorno.

“E' fuori in giardino, se volete raggiungerla – più che una proposta, quella frase di Akane risuonò come un ordine, seppur pronunciato con garbo – No, tu no Ryoga” il ragazzo infatti aveva cominciato ad alzarsi, imitando gli altri due. Lui annuì e tornò a sedersi, infossando quasi il capo tra le spalle.

Passarono alcuni istanti di profondo silenzio dopo che Ukyo e il suo assistente ebbero lasciato quel tavolo per uscire fuori; Ryoga sembrava immerso nello studio delle venature del tavolo da cui non staccava lo sguardo, mentre Akane osservava lui, le sopracciglia appena corrugate e l'espressione di chi sta cercando le parole più adatte, poi, quando le trovò, sospirò.

“Ryoga, io…”

“Akane io ti chiedo ancora scusa! Tu sei così gentile da avermi voluto parlare nonostante tutto quello che ti ho fatto! Per colpa mia… per colpa mia hai litigato con Ranma e… e tante persone hanno sofferto per quello che ti ho fatto – pensò ad Akari – ma averti deluso è la cosa peggiore che potessi fare… io… io…” quel fiume di parole si esaurì in un mormorio confuso. Aveva parlato di slancio, spinto dal senso di colpa, ma all'improvviso il silenzio di Akane pesava come un macigno. La guardò titubante: e se Akane non aveva chiesto di incontrarlo per perdonarlo? Se invece era tutt'altro quello che voleva dirgli? Il solo pensiero lo agghiacciò e ancor più in ansia restò a guardarla.

Ed Akane sorrise, un sorriso piccolo e quasi timido eppure così bello per il ragazzo che sentì il cuore allargarsi al solo guardarla “Faresti una cosa per me, Ryoga?”

“Tutto ciò che vuoi, Akane, qualsiasi cosa!”

“Riportami Ranma.”

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Bene, fatto (sembro Giovanni Mucciaccia)… l'attesa sta per finire, cari/e ammiratori/trici di Ranma, nel prossimo capitolo finalmente il nostro eroe avrà lo spazio che merita ^_^. Mi spiace se questa storia si sia tanto 'dilatata', ma come più volte ho ripetuto ad alcuni di voi, non bisogna dimenticare che questa fic funge da ponte alla prossima: in pratica molte cose scritte in questi capitoli, serviranno a spiegare molte 'dinamiche' della fiction futura.

  
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