Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Eris Gendei    10/01/2020    1 recensioni
[Finale alternativo Vento Aureo_Parte 5]
Chariot Requiem e Diavolo sono stati sconfitti, la Bucci Gang ha perso la sua guida e non sa come andare avanti. Cosa succederebbe se Gold Experience riuscisse per la seconda volta ad operare l'impensabile? E se vecchi e nuovi sentimenti venissero alla luce?
Piccola reinterpretazione super fluff e demenziale a tratti, perché soffro per la carenza di materiale BruTrish in giro.
[Angst_Fluff_POV_Headcanon; BruTrish_Giomis]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bruno Bucciarati, Giorno Giovanna, Guido Mista, Jean Pierre Polnareff, Trish Una
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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POV del capitolo: Trish e Giorno

La stanza da bagno, così grande che definirla semplicemente un bagno sarebbe stato riduttivo, era piena di vapore che aleggiava nell’aria. Lo specchio e la finestra erano completamente appannati e c’era un calore tale da filtrare sotto la porta.
Trish aveva cercato di combattere il freddo che sentiva nelle ossa a suon di acqua bollente, sforzandosi di allontanare i suoi cupi pensieri sperimentando tutti i getti idromassaggio presenti nella doccia; il risultato era una via di mezzo tra un monsone e uno tsunami, che in un orario di maggiore attività avrebbe messo a dura prova le condotte dell’hotel.
La sfuriata di Bucciarati era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. I suoi nervi avevano ceduto dopo settimane di resistenza, lasciandole appena il tempo di chiudersi la porta dietro la spalle; non appena si era trovata sola si era lasciata scivolare a terra, rannicchiandosi sul pavimento color conchiglia, e si era abbandonata senza freno alle lacrime.
Non aveva più nessuno al mondo e l’unica persona cui avrebbe voluto affidarsi probabilmente la odiava.
Si chiese cosa dovesse avere di sbagliato per meritarsi una punizione simile, perché la sua vita era stata sconvolta in un modo così assurdo; non bastava la morte di sua madre, le era toccato sperimentare sulla pelle che suo padre voleva farla fuori, un’intera banda criminale tentava di rapirla per usarla come materiale di riscatto, aveva un inspiegabile potere saltato fuori da chissà dove…
A quel pensiero aveva percepito Spice Girl fremere come se volesse materializzarsi o mettersi in contatto con lei, ma aveva fatto di tutto perché rimanesse dov’era. Non voleva vedere o sentire nessuno.
Per ragioni che ignorava il suo Stand,a differenza di altri, era dotato di autocoscienza; era una caratteristica non comune, dato che avrebbe dovuto trattarsi soltanto di una proiezione dell’interiorità della sua portatrice, ma non unica.
Questa percezione di se stessa rendeva Spice Girl in grado di capire quando non era il caso di intromettersi nei fatti altrui. Che poi, altrui…in un certo senso lei e Trish erano la stessa persona, o forse la stessa entità; i fatti dell’una erano i fatti dell’altra.
Persa in quel carosello di pensieri era rimasta sdraiata a terra per un tempo che le era parso infinito; alla fine la morsa che le stritolava le tempie era diventata insostenibile e i singhiozzi erano scemati in un lamento. Nella sua mente si era fatta strada l’idea che nulla sarebbe cambiato, anche se fosse rimasta stessa in quel bagno per il resto dell’eternità.
Non poteva cancellare ciò che era successo; che lo volesse o no, la vita sarebbe andata avanti e l’avrebbe portata con sé: stava a lei decidere se farsi trascinare come uno straccio vecchio o se avanzare sulle sue gambe. A fatica, ma per sua scelta.
L’idea che Bucciarati non l’avesse ritenuta in grado di camminare al loro fianco continuava a pungerla dolorosamente; non avrebbe mai più permesso a nessuno di tirarsela dietro: per darsene una prova si era costretta ad alzarsi mettendosi lentamente seduta, poi in ginocchio, infine in piedi, la testa che pulsava.
Quello dalla porta alla doccia era il primo tragitto che doveva fare per riprendersi se stessa; se lo sarebbe imposta, quel passo sarebbe stato solo l’inizio di una nuova vita.
A fatica era scivolata fuori dai vestiti luridi, abbandonandoli a terra senza sapere se avrebbe avuto il coraggio di indossarli ancora; l’aria frizzante della notte sulla pelle nuda l’aveva fatta rabbrividire e da lì aveva sentito un irrefrenabile bisogno di acqua bollente, come se non fosse estate ma pieno inverno.
Il primo getto le aveva strappato un singulto, tanta era la differenza di temperatura con il suo corpo: stare stesa sul pavimento doveva averla prosciugata dell’ultimo residuo di calore ed ora i brividi  la scuotevano senza che potesse controllarli.
Si era rannicchiata nel tentativo di calmarsi, le braccia strette attorno al busto per placare il tremore e i denti stretti, fino a quando gli spasmi se n’erano andati, lasciandosi dietro solo una sgradevole sensazione di formicolio.
Doveva calmarsi a tutti i costi.
Era stato in quel momento che aveva iniziato a girare a casaccio tutte le manopole presenti, soltanto per vedere cosa sarebbe successo; getti di tutti i tipi avevano iniziato a scaturire da varie aperture, nebulizzati, a pioggia, a cascata, quasi annegandola per la sorpresa.
Boccheggiante, aveva interrotto il diluvio prima di allagare il bagno e aveva cominciato a provarli con una logica, muovendo con circospezione i rubinetti; senza sapere come aveva dapprima prodotto una gradevole pioggerella primaverile, poi una nebbia umida e densa e infine un potente monsone che le massaggiava la schiena con la sua forza. Sotto la spinta dell’acqua sentì i muscoli contratti sciogliersi gradualmente ed ebbe un’improvvisa voglia di gridare e buttare tutto fuori, come se fosse davvero sotto un temporale.
Mentre si godeva la potente carezza della pioggia tropicale adocchiò una sfilza di piccoli flaconi dall’aria elegante allineati su una mensola: c’erano diversi tipi di shampoo e bagnoschiuma, del balsamo e addirittura uno scrub.
“Servirebbe a Bruno…magari smusserebbe un po’ i suoi spigoli…” si ritrovò a pensare velenosa, prima di allontanare i pensieri dal senso di colpa che tornava a rimescolarle la pancia.
Con fare deciso iniziò ad aprire tutte le bottiglie, con l’intenzione di non uscire di lì fino a quando non le avesse provate tutte.
“Sono come Alice nel paese delle Meraviglie…solo che sulle mie bottigliette c’è scritto Lavati…”

Una decina di minuti più tardi, il bagno sembrava diventato una profumeria e Trish una macedonia.
Quello che doveva essere soltanto un modo per distrarsi un po’ era diventata una vera e propria indagine di mercato sui saponi messi a disposizione dall’hotel; c’era ancora un’ultima bottiglia che attendeva di essere aperta e provata, e Trish aveva finito le parti del corpo prive di sapone.
Solo i capelli erano stati accuratamente massaggiati con tre tipi di shampoo (idratante, rivitalizzante, anti-crespo), dalla fragola più stucchevole al virile ylang ylang, ed il risultato era uno strano aroma di erboristeria.
Ora, con la parte sinistra del corpo impiastricciata in un olio detergente super-idratant e quella destra lucida di doccia schiuma rinfrescante, non sapeva proprio dove spalmare l’ultimo prodotto.
“Forse potrei sciacquarmi e insaponarmi da capo con questo qui…” pensò la ragazza mentre leggeva distrattamente l’etichetta del flacone, stampigliata in discreti caratteri color crema, quasi illeggibili.
“Delicato detergente rassodante, indicato per pelli che necessitano di un’azione profonda, anticellulite…”
All’ultima parola Trish sgranò gli occhi e, per la sorpresa, la bottiglietta le sfuggì dalle mani scivolose, sbattendo sul fondo della doccia con un rumore che sicuramente si era sentito in tutte le stanze attigue.
“Anticellulite!! Come se IO ne avessi bisogno…beh, problema risolto, questo non vale la pena provarlo.” pensò la ragazza con fare altezzoso, calciando via il flacone come se le avesse fatto un torto personale.
Il ticchettio che produsse rotolando sulla ceramica le rammentò che forse stava facendo troppo rumore, rischiava di disturbare tutti quanti e che, peggio ancora, Bruno venisse a bussare per accertarsi di cosa stesse accadendo.
Raccolse la bottiglia in tutta fretta e la ripose sulla mensola, provvedendo a raccogliere e accoppiare correttamente lo stuolo di tappi e flaconcini sparsi per tutto il pavimento.
Si chiese da quanto tempo fosse chiusa in bagno; per quanto avesse realmente bisogno di una doccia rilassante non era molto educato da parte sua monopolizzarla, era fuor di dubbio che anche Bruno sentisse il bisogno di ripulirsi dopo quella giornata infinita.
Resistendo alla tentazione di provare ogni tipo di balsamo presente spense il getto dell’acqua e si avvolse in fretta in uno degli asciugamani che aveva preso da una pila candida posata sulla toeletta.
“Che morbidezza…” pensò stupita, godendosi la carezza della spugna sulla pelle calda e arrossata; probabilmente doveva sembrare un’aragosta in quel momento, ma nello specchio appannato distingueva solo una confusa macchia color fragola che erano i suoi capelli.
All’improvvisò sentì una incredibile stanchezza farsi strada in lei, come se avesse appena corso una maratona o come se non dormisse da giorni (in effetti erano parzialmente vere entrambe le cose…); si appoggiò al lavandino, la testa che girava a causa del calore tropicale dovuto alla doccia.
 Avrebbe dovuto asciugare i capelli, ma era abbastanza sicura di non potercela fare.
Ci avrebbe pensato dopo, tanto a nessuno sarebbe importato se avesse bagnato il cuscino. Dopotutto dormiva da sola.

Passavano i minuti, ma Giorno non si decideva ad alzarsi dal letto su cui era seduto, pietrificato.
Per un lungo, glorioso attimo aveva creduto di poter mettere il punto a quella giornata terribile, costellata di lotte, tragedie e fatica; sembrava quasi che il destino avesse deciso di fargli un piccolo regalo perché potesse ricordarla non solo come una fine, ma come l’inizio di una nuova esistenza felice.
Si era cullato in quel pensiero, senza rendersi conto che l’ennesimo avvenimento spiacevole era dietro l’angolo: un istante prima Guido lo stava baciando, tenero e delicato, come se avesse intuito il bisogno di amore e conforto che lo opprimeva; un attimo dopo era adirato con lui, convinto di essere stato respinto e deriso.
Nulla di più lontano dalla verità.
Quando il giovane si era avvicinato, Giorno aveva provato inizialmente un certo imbarazzo: non si era ancora mai mostrato a nessuno dei compagni senza abiti, l’idea che fossero tutti più anziani di lui lo faceva sentire vagamente in soggezione sul piano fisico.
In realtà soltanto Abbacchio, dall’alto della sua imponente statura, poteva dirsi più massiccio di Giorno, tutti gli altri ragazzi non erano eccessivamente piazzati. Era il cameratismo che scorreva tra i quattro membri originali della squadra a farlo sentire vagamente diverso: era diventato parte integrante del gruppo, ma per certi versi era sempre rimasto l’ultimo arrivato, “quello nuovo”.
Queste ragioni, assieme ad una tendenza naturale ad essere discreto, lo avevano spinto a mantenere un certo riserbo nei loro confronti.
Mista aveva da subito suscitato la sua simpatia, forse per il suo essere diretto e sempre schietto, o forse perché era stato il primo ad accoglierlo realmente, a farlo sentire parte del loro qualcosa.
Doveva ammetterlo, in principio non gli era mai capitato di pensare al giovane in altri termini se non quelli dell’amicizia e della complicità, Guido era per lui una gradevole compagnia e una spalla fidata in battaglia.
Poi…
Ad un certo punto, non ricordava bene quando, si era trovato a sorprendere più volte Mista che lo osservava; dapprima si era chiesto cosa avesse che non andava, se avesse detto o fatto qualcosa di strano, ma lo sguardo del ragazzo non era mai accusatorio: semmai curioso.
Un crescendo di manifestazioni, piccoli riguardi, l’attenzione a fargli da retroguardia, una certa spontanea gentilezza, lo aveva indotto a domandarsi se non ci fosse qualcosa sotto, una sorta di interesse inespresso.
Si era convinto che fosse così e doveva ammettere a se stesso che l’idea non lo aveva disturbato, anzi; il pensiero che un ragazzo forte e deciso come Mista potesse provare un’attrazione di qualsiasi tipo verso di lui lo aveva enormemente lusingato.
Non si era fatto illusioni, di certo doveva trattarsi di ammirazione o curiosità, nulla di pararomantico, ma da quel momento non era più riuscito a fare a meno di osservare il compagno ogni volta che ne se presentava l’occasione.
Si chiese se Mista se ne fosse mai accorto: certamente no, altrimenti non avrebbe reagito in quel modo, non avrebbe sospettato che lo stesse prendendo in giro.
Perché se Giorno era convinto che il compagno non potesse provare dei sentimenti verso di lui, era altrettanto cosciente che lui non poteva più non provarli: non era come un interruttore che si può accendere o spegnere, al massimo poteva scegliere di ignorarli.
Aver dovuto convivere per giorni a stretto contatto non aveva aiutato: con Guido costantemente sotto i suoi occhi, mettere a tacere certe sensazioni si era fatto sempre più difficile, quasi impossibile.
Nel brevissimo, glorioso momento in cui aveva posato la mano su quella di lui, nel disperato tentativo di fermare Cioccolata, una scarica elettrica lo aveva percorso da capo a piedi, una fontana di energia vitale gli era esplosa dentro: con il corpo forte del compagno contro il suo sentiva che avrebbe potuto far emergere anche una sequoia dall’asfalto. Il loro colpo sarebbe andato a segno.
Cercò di rievocare quella sensazione: si era sentito forte, invincibile, al sicuro. Con Mista al suo fianco poteva fare di tutto.
Si concentrò sul ricordo delle mani di lui sotto le sue, mani grandi e calde, temprate dall’acciaio pesante della pistola.
Sentiva la malinconia stillare goccia a goccia nel suo petto, cadendo nel vuoto profondo del suo stomaco: voleva sentire ancora una volta il naso di Mista che strofinava contro il suo, i suoi polpastrelli callosi che gli accarezzavano le labbra; ne aveva letteralmente bisogno.
Quando il compagno lo aveva baciato gli era sembrato che qualcuno avesse spostato il sole: tutta la luce dell’universo era lì davanti a lui, splendente e bellissima, lo irradiava con un calore potente che gli era entrato dentro, cacciando un freddo che non sapeva di avere fin quando non se ne era andato.
Guido Mista aveva le labbra più morbide del mondo e Giorno pregava che non si staccasse mai, perché già sapeva che non ne avrebbe mai avuto abbastanza.
Aveva sentito parlare della potenza del primo bacio, quando frequentava regolarmente la scuola c’era stato un periodo in cui le ragazze non parlavano d’altro, sussurrandosi segreti impenetrabili e occhieggiando tutti i ragazzi con fare giulivo: se in testa avessero avuto un’insegna al neon sarebbero state più discrete.
Baciami. Baciami. Qualcuno mi baci.
Sul momento si era scoperto incuriosito; aveva cercato di origliare ogni volta che poteva quei discorsi misteriosi che sembravano contenere le ragioni del mondo, ricavandone però ben poche informazioni: tutti concordavano sul fatto che servissero un ragazzo e una ragazza (qualcuno sosteneva che dovessero essere entrambi bellissimi), che lui dovesse avvicinarsi lentamente a lei guardandola negli occhi, che lei dovesse chiuderli per prima comunicando che era d’accordo, che si lasciava baciare.
Da quel momento in poi, però, le versioni erano molteplici: c’era chi diceva che si dovesse aprire la bocca, chi diceva di no, qualcuno parlava di lingua (qui Giorno ricordava di aver provato un vago sconcerto) e di non mordersi, qualcuno sosteneva che i denti fossero un problema, per non parlare delle mani, dove le metti le mani?
Più andava avanti più le informazioni diventavano caotiche e confusionarie, a sentire qualcuno c’era persino il giusto modo per tenere i piedi durante un bacio, ma non otteneva mai quella che davvero gli interessava: una volta che le labbra sfioravano altre labbra cosa doveva succedere?
Esisteva un angolo preciso di cui inclinare il viso affinché il proprio naso non si scontrasse con quello del partner, ma nessuno sembrava in grado di dire in cosa consistesse esattamente un bacio.
Sempre più curioso, una sera aveva deciso di tentare: aveva adocchiato una ragazza particolarmente carina fuori da una gelateria, le aveva offerto un gelato con tanto di panna montata (“Forse il sapore sarà più dolce?” si era chiesto) e le aveva proposto di fare una passeggiata: al lungomare bagnato di stelle restava da fare la sua magia.
Sulla spiaggia aveva fatto esattamente come raccomandavano le voci più autorevoli: l’aveva guardata negli occhi sorridendo, si era avvicinato piano fino a quando lei aveva chiuso gli occhi, arrendevole.
Baciami. Baciami.
Con un filo di esitazione aveva appoggiato delicatamente le labbra su quelle di lei, aspettando che succedesse qualcosa.
In effetti erano accadute molte cose.
La lancetta dei minuti del suo orologio si era spostata, un’onda più rumorosa delle altre si era infranta sulla battigia, una macchina era passata rombando in lontananza, un fuoco d’artificio era scoppiato dall’altra parte del Golfo.
Ma su quella spiaggia non succedeva proprio niente.
Giorno aprì un occhio, tentando di capire quale fosse la prossima mossa; il lucida labbra della ragazza (fragola, dedusse)  lo faceva sentire vagamente appiccicoso e le sue labbra erano morbide ma serrate: forse era una di quelle che non aprono la bocca? Sempre che andasse davvero aperta.
Dubbioso, le mise delicatamente una mano sulla nuca e una sul fianco, provando a muovere cautamente le labbra. Possibile che fosse così difficile? Tutti lo facevano sembrare la cosa più spontanea del mondo.
Evidentemente convinta dall’approccio, la ragazza si sciolse: si strinse a lui e dischiuse leggermente la bocca, lasciandogli libero accesso al segreto che tanto andava cercando.
E lui non sapeva come prenderselo.
Lei doveva aver intuito la sua inesperienza, perché all’improvviso prese il comando: posò una mano sulla sua schiena per attrarlo a sé e, con una certa grazia maldestra, insinuò la lingua fra le labbra di lui.
Sorpreso da quel contatto umido e inatteso, Giorno si irrigidì e lasciò che lei facesse ciò che doveva, senza riuscire ad andarle incontro.
Non era proprio quello che si era immaginato:nelle sue fantasie non c’erano rossetti appiccicosi, l’alito di lei non sapeva di pistacchio (leggermente nauseante) e lui, guidato da non si sa cosa, sentiva esattamente cosa fare.
Rimase impassibile, deluso, fino a quando lei non decise di allontanarsi, incuriosita dalla reazione di quel ragazzo tanto bello quanto incapace.
“Ehi, ma che hai?” gli aveva chiesto contrariata.
Giorno non era stato in grado di rispondere; aveva fatto un passo indietro, senza sapere bene cosa fare. In effetti avrebbe voluto solo voltarsi e andarsene.
“Cosa c’è, non sai come si fa? Ma dai che è facile” aveva detto lei, una leggera sfumatura di riso nella voce.
Di fronte al suo silenzio impenetrabile era davvero scoppiata a ridere:”Vabè, come vuoi, io ti avrei insegnato…grazie del gelato eh”
Si era allontanata a passo svelto verso le luci del marciapiede, i capelli scuri che ondeggiavano e la borsa che batteva ritmicamente sul fianco; Giorno era rimasto a guardarla, sentendo che aveva preso qualcosa di suo senza darle in cambio nulla di lei.
Da quel momento aveva smesso di interessarsi alla questione bacio: non origliava più le conversazioni fra ragazze e non cercava più la compagna ideale per sperimentare; si sentiva lontano dagli altri, come se chi avesse già provato l’esperienza fosse dall’altra parte di un velo e custodisse un segreto a cui lui non poteva avere accesso.
Ora capiva finalmente quale fosse la vera magia dietro un bacio.
Guido gli aveva fatto provare qualcosa con cui la ragazza della spiaggia non poteva assolutamente competere; la spinta da cui tutto era nato e la spontaneità con cui era successo, senza bisogno di pensare a dove mettere le mani, la testa, il naso, erano la chiave di tutto.
Un bacio dà significato solo a qualcosa cui un significato si può dare.
Si riscosse e prese la sua decisione: non avrebbe lasciato che Guido se ne andasse per sempre come la ragazza della spiaggia; stavolta sapeva come andargli incontro.
Avrebbe fatto una doccia mentre il ragazzo sbolliva la sua rabbia, poi gli avrebbe parlato.


Nota dell'autrice: Non ho resistito, visto che mi ero messa al computer dovevo assolutamente pubblicare.
Dedico questa inaspettata uscita dagli schemi alla mia recensitrice di fiducia, spero che questa mangiata di capitoli piovuto tutto insieme ti sommerga del fluff di cui abbiamo fisiologicamente bisogno noi fangirls. La storia sta finalmente prendendo la piega per cui è nata (doveva essere una brevissima fluff molto fluff), tutta la parte introduttiva e di contesto si è esaurita, ora resta spazio solo per il sentimento.
Questo capitolo è volutamente più ironico degli altri, all'epoca in cui l'ho scritto è nato quasi per caso, chissà perché mi divertiva l'idea di fare illazioni sull'adolescenza di Giorno, immaginarlo come un ragazzo normale.
Grazie per essere arrivati fino a qui! Spero che la lettura vi sia piaciuta e ci vediamo al prossimo aggiornamento (stavolta dovrete aspettare un po').
Enjoy

  
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