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Autore: Earth    11/01/2020    9 recensioni
" «Serve più artemisia.» Eric è inquieto — ha le spalle tese e le labbra tirate in una linea amara.
«Ci vogliono sette fiori. Noi ne abbiamo quindici» precisa Tom — la spesa l'ha fatta lui e ha abbondato su ognuno degli ingredienti.
«Sarà perfetto» trilla Egle sfilando il libro nero dalle mani di Eric.
«Forse non dovremmo farlo» a Daisy le parole scappano.
«Io» Ma Egle non ha indugi: «Io credo che potremmo iniziare.»
E, alla fine, un filo di fumo, elettrico e pallido, si alza verso il soffitto."
Stanno nell'ombra, mentre intorno a loro l'alba si sta per diffondere. Ed è lì che sono: nell'istante esatto in cui è troppo tardi per cambiare idea.
{ Storia partecipante al contest "Esercizi di stile" indetto da LadyPalma/GiuniaPalma sul forum di EFP }
Genere: Generale, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il giardino dei veleni'
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L’ultima candela spenta

 
 
Tom


L'alba si svela indecisa tra le tende.
Il tavolino è stato sistemato sopra il tappeto a mosaico e il suo traballare è stato fermato da vecchie riviste di pesca. Tom e Eric ci hanno messo settimane per trovarne la giusta angolazione. Giorni di sveglia ad ore impensabili, di caffè bollente e uscite furtive.
Adesso siedono tutti e quattro nell'ombra — a due piedi dal divano, leggermente sulla destra della lampada curva, tra la finestra e la cassapanca — attorno alle chincaglierie che Egle e Daisy hanno apparecchiato. La luce fioca del mattino sta riempendo tutto il reso della stanza.
Tutto, meno che loro.
E la cosa, Tom deve ammetterlo, lo inquieta davvero un po'.
Di fronte a lui Eric sta sfogliando, ancora, un quaderno preistorico — quello scritto fitto fitto — «Serve più artemisia» dice e ha una ruga in mezzo agli occhi.
Tom gli indica una ciotola trasparente alla sua sinistra: «Ci vogliono sette fiori. Noi ne abbiamo quindici» precisa — la spesa l'ha fatta lui e ha abbondato su ognuno degli ingredienti.
In risposta Eric sbuffa appena.
«Sarà perfetto.» Egle sorride sfilandogli il quadernino dalle mani.
E allora Tom è invaso da un fastidio diffuso; perché c'è qualcosa che non va nel modo in cui Eric ed Egle si guardano, come la scia di ciò che lui non sa, che gli fa stringere i pugni e serrare la mascella. È come essere tagliato fuori da un segreto, uno di quelli belli. Uno di quelli che non ci dovrebbero essere.
Sta per dire qualcosa di tagliente e piccato quando le parole di Daisy gli arrivano tese: «Forse non dovremmo farlo.»
E vede Egle sbattere le palpebre e inarcare un sopracciglio per poi guardare di fronte a se, verso l'altra ragazza: «Io» inizia, ma inaspettatamente si volta — e ha un sorriso così immenso che tutti i segreti svaniscono — «Io credo che potremmo iniziare.» Nella sua voce c'è una nota che Tom non riconosce, quasi un tono suadente, forse un trillo divertito.
Cala un silenzio denso.
Egle fa scattare un accendino e lo avvicina allo stoppino dell'ultima candela spenta.
Allora Eric si schiarisce la voce e passa le dita sul disegno a gessetti al centro del tavolo e Tom sente delle parole, come un bisbiglio, uscirgli sussurrate dalla gola.
Alle loro spalle la luce dell'alba trema mentre un odore dolcissimo si diffonde nell'aria.
E un filo di fumo, elettrico e pallido, si alza verso il soffitto.



 
Daisy

 
Se ci pensa davvero Daisy fatica a capire come Egle li abbia convinti.
Non che di passi sconsiderati non ne avessero mai fatti, di scelte irragionevoli gli ultimi anni ne erano pieni. Ma questa è un'altra cosa.
Eppure eccoli lì.
Egle si è acconciata i capelli, ha messo lo smalto alle unghie e, se non ricorda male, il cardigan che indossa è lo stesso che aveva al suo compleanno. Sorride serafica, con un terribile luccichio negli occhi, mentre finisce di sistemare gli elementi sul tavolo.
Accanto a lei Eric continua a sfogliare quel grimorio impolverato — ha i polpastrelli macchiati d'inchiostro violaceo e la fronte corrucciata.
Daisy si sente un po' inutile ora che il suo zaino se ne sta accasciato e vuoto in un angolo.
L'odore d'incenso le pizzica le narici.
Però nell'aria c'è qualcos'altro.
È come una pulce, un bisbiglio flebile nell'orecchio che vuole metterla in guardia. Un brusio muto che le sfiora i pensieri. E lei non riesce a dargli che un nome: è un cattivo presagio.
«Serve più artemisia.» Eric è inquieto — ha le spalle tese e le labbra tirate in una linea amara.
«Ci vogliono sette fiori. Noi ne abbiamo quindici.» Tom non sopporta bene tutta quell'attesa.
«Sarà perfetto» trilla Egle sfilando il libro nero dalle mani di Eric; e Daisy, di nuovo, non comprende come faccia la sua amica a non sentirsi la coscienza sporca neanche un po'.
Vede Tom serrare la mascella ed è convinta di sentirlo quasi ringhiare.
Il cuore le batte più forte.
«Forse non dovremmo farlo.» Le parole le scappano.
«Io» e per un istante Egle l'osserva sorpresa con occhi familiari e impavidi.
Perché Daisy sa che il tempo delle incertezze è finito da un pezzo, che la pulce è morta e quello è solo il suo fantasma — e non è saggio ascoltare gli spettri.
Non dovrebbero, ma lo faranno.
«Io credo che potremmo iniziare.» Egle non la sta più guardando, sta sorridendo a Tom.
Cala un silenzio denso.
Daisy sente la paura stingerle lo stomaco. E l'adrenalina correrle nelle vene.
Egle fa scattare un accendino e lo avvicina allo stoppino dell'ultima candela spenta.
Allora Eric si schiarisce la voce e passa le dita sul pentacolo al centro del tavolo: il sortilegio ha inizio.
Alle loro spalle la luce dell'alba trema mentre un odore dolcissimo si diffonde nell'aria.
E un filo di fumo, elettrico e pallido, si alza verso il soffitto.



 
Eric

 
Non distinguere cenere di tulipano e polvere di ossidiana.
Nascondi, tra ciuffi d'argento, di pruno bianco il legno secco.
Gelso, aconito e radice di sambuco dimentica.
E fa' che l'osso del drago non menta.
 
Sembra un indovinello.
E Eric non è convinto che loro lo abbiano decifrato tutto.
Le parole sono scritte piccole piccole e arabeschi d'inchiostro si attorcigliano sui bordi delle pagine.
“Devi scioglierle, come dei nodi” è l'accento cantilenante di sua madre che lo rincorre nella testa (lui non ha un ricordo di lei in cui non stia aggiungendo camomilla e sale in minuscole boccette di vetro colorato — "petali contro le avversità e granelli a guidare la lealtà").
Questo incantesimo è delicato.
Eric non ne ha mai visto uno così meticoloso.
«Serve più artemisia» dice ripercorrendo con gli occhi una riga così sbiadita che ha quasi il dubbio di starsela immaginando.
«Ci vogliono sette fiori. Noi ne abbiamo quindici» fa Tom indicandogli le corolle dorate che hanno scomposto in una ciotola.
Eric sbuffa appena allungando le gambe sotto al tavolo — e cercando di persuadersi a dare retta a Tom e ai fogli sgualciti del grimorio.
«Sarà perfetto.» Egle gli sfila il libro nero dalle mani. La guarda. Lei lo sta osservando sorridente e radiosa: una fossetta le si è formata al lato della bocca e il suo sguardo è quasi iridescente — come quella sera al ristorante dietro il lago, prima che Daisy li raggiungesse.
Il tempo sembra andare più lento mentre percepisce l’aurora diffondersi.
Sarà perfetto. Eric è d'accordo.
«Forse non dovremmo farlo.» C'è un tremore nascosto in quella voce seria che lo fa voltare: Daisy ha ciocche disordinate di capelli che le incorniciano il viso, alcune sono ancora un po' azzurre dalla festa del Calendimaggio. Forse lei ha un po' paura. Forse è l'unica che si rende conto davvero della portata assurda di quello che stanno per combinare. Forse la dovrebbero ascoltare.
«Io.» Ma Egle non ha indugi: «Io credo che potremmo iniziare.»
Sì, è il momento. Ne è ben certo anche lui.
Cala un silenzio denso.
Egle fa scattare un accendino e lo avvicina allo stoppino dell'ultima candela spenta.
Allora Eric si schiarisce la voce e passa le dita sulle punte scure del pentacolo al centro del tavolo. La formula è breve, due righe storte, la sussurra svelto e sicuro. Poi lo sente: è come un tepore sotto la pelle, avanza come nebbia invisibile e gli pizzica tutti i sensi. È potente, vivo e irrequieto. È il sortilegio che ha inizio.
Alle loro spalle la luce dell'alba trema mentre un odore dolcissimo si diffonde nell'aria.
E un filo di fumo, elettrico e pallido, si alza verso il soffitto.


 

Earth's notes: la storia è stata scritta seguendo il pacchetto "punti di vista" che prevedeva di raccontare la stessa scena, ma da tre punti di vista differenti, appunto. Unica specifica che credo sia però giusto fare: tutto quello che riguarda gli incantesimi è frutto della mia fantasia, non so nulla a riguardo e non mi sono nemmeno informata, sono andata totalmente a come mi suonava meglio. 
Per il resto, boh, non so che altro dire, mi sembra sia tutto.
Spero che un pochettino ti sia piaciuta questa storiella. In ogni caso sai come farmi sapere il tuo parere ^.^
Grazie per essere arrivato fino qui!
   
 
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