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Autore: _Cthylla_    11/01/2020    1 recensioni
La Decepticon Justice Division, recatasi per vari motivi nella città-Stato più folle del cosmo, ha deciso di trascorrere lì qualche ora di vacanza.
Quale piega prenderà, tra notizie e incontri più o meno inaspettati?
Genere: Avventura, Commedia, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, DJD/Decepticon Justice Division, Nuovo personaggio, Tarn
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Generation I, Transformers: Prime
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- Questa storia fa parte della serie 'The Specter Bros'- la serie'
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Lo scriveranno sulla mia tomba: doveva essere una oneshot, e invece.
Oppure, doveva essere un solo capitolo bonus... e invece :'D more to coming. 





Another Day (not off) To Repent
 
 

 
 
 


 
 
 
 
Quello di “periodo sfortunato” era concetto abbastanza familiare per Tarn.
 
Quando aveva un altro nome, un altro volto e un’altra identità, aveva dovuto fare i conti proprio con “periodi sfortunati” che l’avevano portato a diventare ciò che era in quel momento: questo pensò.
 
Ricordò come in passato ne avesse sofferto e come invece, nel presente, tendesse a considerarli ostacoli che l’avevano portato a essere la possibile miglior versione di se stesso, un se stesso forte, deciso, potente, rispettato.
 
Un se stesso liberato di un corpo incapace di sostenere tutto il suo vero potenziale, perché prima, quando si faceva ancora chiamare Glitch, l’utilizzo delle sue abilità - ai tempi
ancora poco sviluppate - gli causava conseguenze a livello fisico;
Liberato da pensieri e regole morali che gli avevano impedito di raggiungere il proprio massimo, un livello che non sarebbe neanche stato in grado di immaginare quando era ancora un povero stupido monocolo dalla testa arancione che non aveva imboccato la strada giusta per lui, alias quella della filosofia Decepticon e del suo ruolo di cacciatore, punitore, esecutore;
Liberato dall’idea di doversi nascondere proprio a causa di quell’abilità dapprima solo un po’pericolosa, poi diventata devastante e mortale, con la quale era nato e per la quale ormai era conosciuto e temuto da chiunque avesse sentito nominare la DJD, cosa che solitamente gli andava benissimo. Era passato dall’avere paura al fare paura.
 
Naturalmente ne valeva la pena, non poteva essere altrimenti.
 
Essere quel che era adesso non era forse qualcosa per cui valeva la pena trovarsi, a volte, a guardare stranito il proprio riflesso visto di sfuggita prima di ricordarsi che quello lì, con quel corpo viola e quei cingoli, era lui stesso?
 
Non era qualcosa per cui valeva la pena passare alcune notti insonni perché tormentato da pensieri e dubbi sulla propria missione sacra, alias cose che non avrebbe dovuto avere e delle quali, una volta passate, si vergognava perché sintomo di debolezza?
 
Non era qualcosa per cui valeva la pena avere dubbi sull’essere una bestia che si fingeva persona o il contrario?
 
O, ancora, trovarsi sotto attacco quando diceva a qualcuno di voler fare una chiacchierata, senza necessariamente avere brutte intenzioni?
 
Resosi conto che i suoi pensieri avevano divagato fin troppo, Tarn fece un lievissimo sbuffo e tornò a occuparsi di questioni più pratiche, alias quelle che l’avevano indotto a concludere di trovarsi in un periodo sfortunato.
 
«Non si può proprio riparare? Quel componente va necessariamente sostituito?» domandò a Kaon «Non ne abbiamo uno di riserva?»
 
«Purtroppo era già quello di riserva che avevamo nella nave» lo informò il tecnico «Quindi le risposte alle tue domande sono rispettivamente no, no e no. Se non altro ora è chiaro il motivo per cui non riuscivamo a utilizzare il modulo per l’iperspazio e, a quattro giorni dalla partenza da Pettinathia, siamo ancora a sud della costellazione dello Scorpionokor. Di questo passo verremo lasciati a piedi arriveremo sul pianeta Terra all’incircaaaa… l’anno del mai».
 
Se Tarn fosse stato un mech credente e leggermente meno di classe, avrebbe demolito l’astronave a suon di imprecazioni e bestemmie; tuttavia molte cose si potevano dire di lui, eccetto che gli mancasse lo stile.
Ragion per cui rimase qualche attimo in silenzio ragionando sul da farsi.
 
«Quanta autonomia ci resta?»
 
«Potremmo andare avanti altri quattro giorni, forse meno. Ignoro a che ritmo. Più il componente si deteriora peggio è, credo che tu lo immaginassi già» disse Kaon.
 
In quel momento sopraggiunse Nickel. «Allora? Si può fare qualcosa per quel componente?»
 
Tarn scosse la testa. «Abbiamo quattro giorni di autonomia, forse, certo non di più».
 
«Cosa vi avevo detto prima di partire da Messatine? Cosa vi avevo detto?» li rimproverò, battagliera, la minicon «Controllare tutto accuratamente e portare via più di una riserva di ogni parte vitale dell’astronave! Ma voi no! “Non è necessario, non essere paranoica”, dicevate, e guardate che in che situazione siamo adesso! Per avere quel pezzo ci toccherà tornare a Pettinathia!»
 
«Giammai!» la interruppe Tarn «Non c’è bisogno. Troveremo un pianeta abitato,  una colonia o un avamposto militare di chicchessia e provvederemo a cercare lì il componente che serve. Oppure possiamo tornare a nord».
 
«Sarebbe una buona idea se non fosse che a nord c’erano solo piccole colonie minerarie e fabbriche, non credo proprio che potremmo trovare ciò che serve a un incrociatore come il nostro» disse Kaon.
 
«E qui a sud finora non abbiamo visto alcun pianeta abitato o abitabile, grande o minuscolo che fosse, neppure dove secondo le mappe avremmo dovuto trovarne» gli ricordò Nickel «Abbiamo trovato solo stelle, una dopo l’altra».
 
Quel particolare in effetti gli aveva dato di che pensare per qualche attimo, prima di concludere semplicemente che le mappe dovessero essere sbagliate. I pianeti non potevano certo scomparire senza lasciare traccia, anche quando venivano distrutti dai Decepticon ne restava sempre il “corpo” morto o dei detriti: nessun detrito significava nessun pianeta, era la conclusione più logica.
 
«Quindi che si fa, Tarn?» domandò Kaon, in attesa di istruzioni «Non vedo molte alternative a Pettinathia».
 
Tarn ricordò cos’aveva pensato quattro giorni prima: “Non ce ne andremo mai da Pettinathia”.
Cominciava a temere che quella frase fosse stata un incrocio tra una profezia e un anatema.
 
Il resto della squadra entrò nella sala, ma lui fece a stento caso al fatto che Nickel e Kaon li stessero ragguagliando sugli ultimi avvenimenti, preso dalla ricerca di una qualsiasi opzione che non comprendesse tornare in quella città-Stato maledetta che gli causava perfino flashback non voluti, come Kaon che parlava della colla di valvola, di Nickel col tentacolo sul dito, delle crepe sui muri causati dagli strilli di Stiria, del murale che aveva visto poco lontano dall’ingresso del palazzo una volta entrato, di Sylves Mariner da lui sollevato dalle proprie miserie, di…
Un momento.
 
“Murale?”
 
Diede tutta la sua attenzione a quella particolare memoria.
Ricordò di aver posato gli occhi solo per qualche attimo su quel disegno abbastanza grossolano, evidentemente la sua attenzione era stata catturata da altro, ma cercando di focalizzarsi sui particolari del murale avrebbe potuto giurare che fossero presenti Stiria, altre due persone e la costellazione Scorpionokor in cui si trovavano.
Pettinathia era nella parte nord e Tarn non aveva visto altri che Stiria al potere, ma magari a sud…
 
«Kaon, mettimi in contatto con Pettinathia. Ci sono delle informazioni che voglio ottenere».
 
Vos, decisamente poco entusiasta, domandò a Tarn se sarebbero tornati lì.
 
«È precisamente quel che sto cercando di evitare» replicò il Decepticon «Ho ricordato un particolare che potrebbe esserci utile, però necessito di una conferma».
 
Poco dopo riuscirono ad avere il desiderato contatto con Stiria, anche se lei per un minuto intero parve non accorgersene affatto.
Sembrava intenta a discutere con, o di, qualcuno “imbecille” che le aveva fatto… non riuscirono a capire cosa, parlava troppo alla svelta e il fatto che ogni tanto battesse anche i piedi per l’irritazione non aiutava.
 
«Se fosse stata mia figlia le avrei tirato quattro ceffoni» commentò Nickel.
 
Non ci saresti riuscita nemmeno se io fossi stata tua figlia per davvero, perché sei una nana e alla mia faccia non ci arrivi neanche saltando – si fece sentire Stiria, mostrando di essere consapevole di averli in attesa.
 
«Il fatto che io sia della taglia di un cubo di energon non significa che non potrei rimetterti in riga, sei solo una ragazzina e mi basterebbero dieci minuti, se non meno!» ribatté Nickel.
 
Seh, credici. Che volete dalla mia viiiiiitaaaa?... ah, ma siete a sud?
 
«Passare di qui avrebbe dovuto essere la via più breve. Un pezzo della nostra nave necessita di essere sostituito e non è qualcosa che si possa reperire facilmente» disse Tarn «Quel che voglio sapere è se vicino a noi c’è una città o un qualunque posto in cui possano occuparsi di un’astronave come la nostra».
 
Perché lo chiedi a me?
 
«Credo che tu conosca qualcuno con un minimo di autorità da queste parti. Le persone raffigurate insieme a te in quel murale presente nel tuo palazzo, per esempio».
 
Mmmh…
 
A nessuno della DJD piacque granché il tono di Stiria, anche a coloro che di solito facevano meno caso a simili particolari. Helex e Tesarus poi, nonostante le riparazioni, erano ancora piuttosto indolenziti in zona inguine.
 
Se continuate lungo la rotta che state seguendo al momento, tra un’ora e mezza dovreste vedere sui radar un pianeta molto piccolo attorno al quale orbitano tre satelliti ancora più piccoli. È un pianetucolo tutto blu, un po’per le coltivazioni e un po’per l’acqua – disse Stiria – Lì c’è un paesino abbastanza particolare che va da un promontorio affacciato su un lago fino alla costa. Può essere che lì che troviate quel che vi serve, oltre ai cybertroniani mannari.
 
«A quelli ho smesso di crederci quando ero una protoforma» borbottò Tesarus.
 
Mi raccomando, prima o dopo essere stati lì andate a fare visita alle mie sorelle maggiori, vivono in un palazzo a qualche chilometro di distanza da lì. Adorano ricevere ospiti imprevisti quando è ora di cena ed è giorno di enerpizza!
 
«Un’enerpizza giusto mi andrebbe» sospirò Kaon, con aria sognante «Da quant’è che non ne mangiamo una?»
 
“Il fatto che ci abbia detto di andare dalle sue sorelle maggiori è un ottimo motivo per non avvicinarsi a quel palazzo” concluse Tarn. «Niente enerpizza, siamo in missione».
 
Eeee se dopo l’atterraggio vedrete dei grossi volatili tecnorganici nutrirsi delle coltivazioni, fatene fuori più che potete, le mie sorelle non riescono a liberarsene. Anche gli abitanti del paesino, se ne faceste fuori qualcuno fareste loro solo un favore.
 
“Evitare di avvicinarsi al palazzo, di toccare i volatili e, ove possibile, di uccidere gli abitanti del paesino in questione” segnò mentalmente il comandante della DJD, determinato a fare tutto il contrario di quel che Stiria gli stava dicendo.
 
«Caccia ai volatili? In un altro momento mi ci sarei messo volentieri» disse Helex, col pensiero rivolto al proprio pube indolenzito.
 
«C’è altro?» lo ignorò Tarn, ripromettendosi di dare a tutti direttive precise appena terminata la comunicazione.
 
No, sono solo sorpresa che la vostra astronave sia arrivata fin là. La parte sud di questa costellazione è impregnata dalla magia a livelli tali da cambiare le leggi di matematica e fisica per far sì che quindici più diciotto faccia trentasei e vincere una partita a carte – disse Stiria – Macchine e/o tecnorganici possono reagire male o in modo strano quando vengono in contatto con la magia, ma lo saprai meglio di me, ormai hai una certa età. Ciao ciao!
 
«“Ciao ciao” un cazzo» sbottò Nickel, purtroppo un attimo dopo che Stiria aveva chiuso la comunicazione.
 
«Immagino che dovrei ammonirti per il linguaggio troppo scurrile ma per stavolta ti considererò portavoce dei pensieri di tutti quanti» concesse Tarn «Incluso il sottoscritto».
 
«Dunque andremo veramente in quel posto?» domandò Tesarus.
 
Non sembrava entusiasta all’idea. Nessuno di loro lo era.
 
«Io detesto la magia» aggiunse il colosso.
 
«E io ti comprendo. Credo che i tuoi sentimenti verso la magia siano condivisi da tutti noi, nonché da ogni Decepticon degno di tale nome. La magia è qualcosa che tende a essere dannosa per macchine e tecnorganici, come ha detto bene quella giovane quanto delicatissima femme» disse Tarn, con una certa dose di sarcasmo «La natura della nostra razza e della nostra tecnologia è conosciuta per essere in netta contrapposizione con quella di magia e incantesimi, salvo eccezioni più o meno rilevanti che hanno comunque pagato prezzi altissimi per riuscire a imbrigliare anche solo una briciola di un “qualcosa” per loro contro natura. Ciò è quel che si sa finora. Per non parlare del fatto che la magia, specie a livelli alti come quelli di cui Stiria ha parlato, è qualcosa che perlopiù si rivela incontrollabile da chiunque. Lord Megatron stesso non ha mai ritenuto opportuno cercare di immischiarsi con simili forze, auspicando invece di eradicarle dal cosmo in favore della scienza e discipline più “misurabili”».
 
Nessuno dei membri della Decepticon Justice Division avrebbe avuto bisogno di quella lezioncina ma, allo stesso modo, nessuno si sentì di dirglielo.
 
Vos, che si faceva sentire di rado ma quando lo faceva non diceva cose stupide, pose un quesito.
 
«Le opzioni sono due, Vos: o le sorelle di Stiria hanno trovato un modo a noi sconosciuto per proteggersi, riuscendo così a stabilirsi qui permanentemente senza riportare danni, o…»
 
Nel ricordare il murale che aveva visto nacque un sospetto poco gradevole.
 
«O una delle due è la fonte di ciò che permea lo Scorpionokor del sud» concluse «Ma io, in virtù di quanto ho detto prima e delle informazioni che possediamo sulla magia, rifiuto di crederlo».
 
Passarono la successiva ora e mezza a decidere chi sarebbe sceso dalla nave -tutti, tranne il cane- cosa si sarebbero portati dietro, come muoversi all’interno del paesino in questione e imparare le direttive di Tarn: “no palazzo, no volatili, no uccidere abitanti eccetto in caso di emergenza”.
 
Tesarus sentendo ciò sbuffò più volte, immaginando che sarebbe stato tutto molto noioso, prendendosi di conseguenza ben due ammonimenti.
 
Al termine di quel lasso di tempo, Kaon indicò un pianeta minuscolo segnalato dai radar. «Ci siamo».
 
Visualizzato su schermo risultava effettivamente essere un piccolo pianeta blu con tre satelliti a ruotargli attorno. Giunti nell’orbita, grazie a telescopi vari, riuscirono anche ad avvistare facilmente quello che sicuramente era il palazzo delle sorelle di Stiria: un ammasso di roccia nera le cui torri rilucevano di un vago chiarore vedastro, incastonato tra campi sterminati di coltivazioni color blu cobalto. A qualche chilometro di distanza, come aveva detto Stiria, riuscirono a trovare anche il lago, il promontorio e il paesello.
 
«Visto da qui tutto sommato non sembra nulla di che» osservò Helex «Può darsi che quella ci abbia presi in giro».
 
«Meglio non essere precipitosi nel giudicare» disse Tarn.
 
Decisero di atterrare poco lontani dalla riva del lago, su un campo di quello che una volta scesi si rivelò essere un insieme di piante dal fusto molto sottile, flessibile, con una struttura terribilmente somigliante a quella del cereale che sul pianeta Terra sarebbe stato chiamato “grano”, solo in versione blu.
Non che loro, di questa somiglianza, potessero sapere qualcosa.
 
Tesarus sfiorò le spighe con una delle sue mani gigantesche. «Qualcuno capisce che roba sia?»
 
Vos, dall’alto del suo essere stato uno scienziato prima di unirsi al gruppo, disse che secondo lui era “un miscuglio tra tecnorganica e magia”.
Un aborto, così lo definì.
 
«Ehi! Quelli devono essere i volatili. Sono alti quanto me» osservò Kaon, indicando un gruppo di uccelli che si stava avvicinando a gran velocità «Qualcuno di voi ha mai visto roba del genere?»
 
«Su Prion c’era qualcosa del genere. Si chiamavano “henn”» disse Nickel «Erano proprio in quel modo, con quel cumulo di piume di vetro sulla testa che sembravano quasi una capigliatura e facevano delle uova commestibili, ma non erano assolutamente così grandi, erano più piccole di me e… non sputavano fuoco!» esclamò, vedendo che le henn avevano iniziato e sputare larghe fiammate dai loro becchi.
 
Helex si sfregò le mani. «Facciamole fuori tutte!»   
 
«Ho dato ordini diversi» gli ricordò Tarn «Raggiungiamo il paesino, piuttosto».
 
«Ho capito: se sono coinvolti Stiria e i suoi parenti non c’è possibilità che si tratti di un posto decente!» si innervosì Nickel.
 
L’intero gruppo corse via in direzione del paese, inseguito da quelle bestiacce sputafuoco che riuscirono perfino a colpire Kaon di striscio un paio di volte.
In teoria avrebbe dovuto essere più veloce nella corsa di quanto fossero Helex e Tesarus, in pratica non lo era perché l’idea delle henn giganti sputafuoco lo faceva ridere, nonostante la situazione, e lo rallentava di molto.
 
«Vai! Vai! Non cincischiare, per l’amor di Lord Megatron!» sbuffò Helex, vedendolo soffiarsi su un’antenna tesla leggermente bruciacchiata «Devo trascinarti?!»
 
«Le henn sputaf-»
 
«Devo trascinarti» concluse l’altro colosso della DJD, agguantando per un braccio il compagno di squadra e trascinandolo via come se fosse stato una bambola di pezza.
 
In ciò il fuoco di un paio di henn colpì anche lui, però essendo più grosso di Kaon e meno soggetto a danni non ci fece granché caso.
 
L’intero gruppo, con Nickel in testa che essendo piccola e leggera era anche la più svelta, si catapultò fuori dalle spighe di grano blu.
 
«Sbrighiamoci a… ehi, ma non ci inseguono più?» si stupì il medico di bordo, notando che i versi striduli di pochi secondi prima erano diventati quelli di henn al pascolo perfettamente tranquille.
 
Voltandosi trovarono conferma delle sue parole: gli animali avevano perso ogni interesse verso di loro appena erano usciti dal campo ed erano tornati a becchettare le spighe.
 
«Uccelli bipolari» brontolò Tesarus.
 
«O semplicemente non ci volevano in mezzo al proprio cibo» disse Tarn «Andiamo».
 
A precedere di pochi metri la parte del paesello situata sulla costa del lago, videro quella che sembrava la rovina di un arco di pietra abbastanza antico.
 
Quelli del gruppo che si curavano di certi particolari tendevano a preferire edifici e decori in metallo, però trovavano che anche la pietra fosse più che accettabile.
 
«Sembrerebbe quasi fungere da ingresso» commentò Tarn «Forse in tempi meno recenti le costruzioni arrivavano fin qui».
 
Vos fece notare un particolare al quale fino ad allora nessuno aveva dato voce.
 
«Sembra disabitato, è vero, però invito te e tutti quanti a ricordare dove ci troviamo. Direi quindi che sia opportuno utilizzare un briciolo di cautel- Kaon!»
 
Fin troppo curioso, il tecnico si era fatto avanti e si era sporto attraverso l’arco con la parte superiore del corpo… che ai suoi compagni di squadra non risultò più visibile.
 
«Ma che dia… è come se fosse un portale invisibile!» esclamò Helex, cui quella situazione piaceva sempre meno.
 
«Non “come se fosse”, credo che si tratti proprio di quel che dici tu. E io avevo detto di utilizzare cautela!» Tarn, seccato, tirò bruscamente indietro Kaon «Kaon, cosa-»
 
Con un’aria totalmente smarrita sul volto chiaro dalle ottiche vuote, dopo qualche attimo di immobilità Kaon si accasciò a terra e rimettere buona parte dell’energon assunto in precedenza.
 
«Kaon! Che hai?!» si fece avanti Nickel, sollevandogli il volto e dandogli una veloce occhiata. La diagnosi giunse pochi secondi dopo «Un sovraccarico del processore?! Sul serio?!»
 
«Cosa si fa in certi casi?» domandò Tarn, sperando che fosse una condizione risolvibile e, possibilmente, risolvibile in tempi brevi.
 
La minicon diede a Kaon tre potenti sberle in rapida successione. «Questo!»
 
Parve funzionare perché, dopo aver chiuso e aperto la bocca un paio di volte, Kaon parve riprendersi. «Oooh… m-ma che- ahio!»
 
«Almeno impari. Cretino!» lo rimproverò Nickel dopo avergli dato la quarta sberla.
 
Tarn aiutò Kaon a rialzarsi. «Cos’hai visto lì dentro? Nessuno di noi è particolarmente impressionabile».
 
Kaon guardò l’arco, tornò a guardare Tarn e scosse la testa. «Un trip assurdo».





Il murale di cui si parla nel capitolo :)






   
 
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