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Autore: Ashbear    03/08/2009    2 recensioni
[Rinoa e Squall, Quistis e Seifer] Si può fare sempre la scelta giusta, se ci viene data la possibilità di realizzare i nostri sogni tramite una semplice risposta: sì o no? Una bugia che cambierà per sempre una nazione, una settimana che cambierà per sempre la storia.
Attenzione: la traduzione è stata completamente rivista e corretta; attualmente, abbiamo aggiornato i primi 22 capitoli con la nuova traduzione, fatta sulla base dell'ultima versione della storia rilasciata dall'autrice originale.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quistis Trepe, Rinoa Heartilly, Seifer Almasy, Squall Leonheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I wanted a perfect ending.
Now I've learned the hard way
That some poems don't rhyme,
And some stories don't have
A clear beginning, middle, and end.
Life is about not knowing, having to change,
Taking the moment and making the most of it,
Without knowing what is going to happen next.

--Gilda Radner

CRIMSON LIES
scritto da Ashbear, tradotto da Erika, Shizuru117, Alessia Heartilly, Shu e Youffie
~ XXXIII. CROCIATA ~

Una ribelle per la liberazione della sua città a sedici anni, a diciassette si era innamorata, a diciotto era stata col suo uomo, a diciannove si erano allontanati, a venti se n'era andata via, a ventuno era diventata madre, e a ventidue... sarebbe stata uccisa. Figlia di un generale di Galbadia, un uomo interessato più alla sua carriera che alla sua famiglia; figlia di una cantante che le era stata strappata via prima del suo quinto compleanno. Una vita che era sembrata romanzesca a tanti, tranne che a coloro che la conoscevano: per loro, era stata tutto tranne che quello. Suo padre beveva, e sua madre gliel'aveva lasciato fare: due persone intrappolate in un matrimonio che nessuno dei due aveva voluto. E lei aveva "divorziato" da suo padre, prendendo il cognome della madre, sperando che così avrebbe ricordato a quell'uomo dell'amore che aveva dedicato... alla sua carriera.

Un'eroina mondiale. E per tutta la sua sofferenza, cos'aveva avuto in cambio? Un potere che non aveva desiderato, una vita sfruttata da un tiranno, e una caccia serrata, come fosse stata una preda. Aveva visto davanti ai suoi occhi suo padre assassinato a sangue freddo, la vita della sua bambina messa in pericolo dal Presidente di Galbadia.

Ma più di tutto, nella mente di Squall, la cosa peggiore era stata per Rinoa l'amare lui, e tutto quello che ne era seguito. Cosa era lui per lei? Cosa le aveva causato, se non dolore e disperazione? L'aveva trascinata in una battaglia che non era la sua, ma dei SeeD. Una battaglia di cui non era stata ormai più solo lei a fare le spese, ma anche l'uomo che le aveva dato la vita. L'uomo che aveva appena perso la sua...

La cappella non gli era mai piaciuta. Forse perché era stata costruita sul ricordo dei suoi incubi. Squall Leonhart non era esattamente un uomo religioso, anzi, tutto il contrario. Credeva in quello che vedeva: i fatti, le scienze, le prove concrete. Diavolo, non avrebbe mai creduto che potesse esistere una strega, se non ne avesse amata una. Tutti i suoi sogni erano finiti in pezzi nello spazio di un secondo solo, rubati da un semplice mortale, un disgustoso mortale. Ma in quello poteva credere, l'odio è sempre più semplice dell'amore.

L'odio si può sempre vedere, soprattutto se hai consumato tutto se stesso nella sua morsa.

Entrò nella piccola sala, ripensando a come avesse fatto la stessa cosa quasi una settimana prima per Ellione. Adesso, c'era un'altra persona da piangere, un'altra che aveva ammirato e rispettato. Lui e Caraway avevano sempre avuto le loro divergenze, dal primo fin quasi all'ultimo incontro. Eppure, se c'era una cosa che condividevano... anzi, due cose che condividevano, erano quelle che amavano. Le persone che portavano dentro ai loro cinici cuori di militari.

Rinoa ed Allison.

Un dolore lancinante gli attraversò il petto quando vide la bara di mogano scuro davanti a lui. Come aveva fatto a non prevederlo? Che gran bel Comandante del cazzo che si era dimostrato. Pensò a se stesso con tanto disprezzo che alla fine aveva quasi voglia di piangere... ma piangere significava essere deboli, e lui non si sarebbe piegato. Se non per Rinoa, almeno per Allison.

Fece qualche passo avanti, andò a sfiorare il legno, sentendone i piccoli rilievi sotto le dita. Non sapeva più bene cosa stava facendo; nelle ultime quattro ore era andato semplicemente avanti in automatico, l'allenamento a supplire dove mancava la consapevolezza.

"Ho fallito." Le parole riecheggiarono nella stanza, Squall chiuse gli occhi. "Mi dispia..." Si bloccò immediatamente, accorgendosi che stava per dire una cosa che Rinoa non avrebbe sopportato di sentire da lui. "No... questo non lo dirò, no." Trattenne le lacrime che sentiva spuntare all'angolo delle ciglia abbassando lo sguardo verso la bara. "Riporterò indietro tua figlia. L'unica persona che dovrà dire 'mi dispiace' sarà Mitchell. Lo ucciderò con le mie mani. Te lo giuro."

Si accorse che qualcuno aveva disteso con cura la bandiera di Galbadia sulla cassa. Il Colonnello Caraway doveva restare nelle formalità militari fino alla fine. Sì, quell'uomo aveva servito il suo paese, ma adesso il suo paese gli aveva voltato le spalle, mandando a morte lui e sua figlia. Fissò lo sguardo sul simbolo della Repubblica di Galbadia, che pareva un'accusa alla sua coscienza. Senza pensarci due volte, strappò la bandiera dalla bara e la gettò a terra, come fosse stata una serpe del male. Non avrebbe insultato la memoria di quell'uomo con quel simbolo, il simbolo di quello stato.

"Mi scusi, Comandante?" Una voce varcò la soglia della sua agonia. "C'è qualche problema?"

"Sì!" sbottò, prima ancora di rendersene conto. "Sì che c'è un maledettissimo problema. Chi ha messo questa bandiera qui sopra?"

"Io, signor Comandante!"

"E perché?"

"Sezione 4, articolo 27: ogni militare che non faccia parte della SeeD e che sia perito nel corso di una battaglia in cooperazione con la SeeD deve essere trattato con tutti gli onori della sua patria. Le onoranze funebri seguiranno il costume della nazione d'origine, anche se questo dovesse essere in diretto contrasto con gli usi della SeeD. I riti e le cerimonie per questi caduti avranno la precedenza su quelli del Garden."

"Nome e rango SeeD?"

"Signore?"

"È una domanda. Rispondi."

"Ehm... Alonia, rango SeeD 14 Senior, Corpo per le Relazioni Diplomatiche."

"Relazioni diplomatiche, eh? Bene, quali sono le relazioni che abbiamo con Galbadia in questo momento?"

"Signore... in questo momento siamo in guerra con Galbadia e i territori circostanti."

"...E chi diavolo è stato a sparare al Colonnello Caraway?"

"Beh, sarebbe... il Presidente Mitchell... di Galbadia."

"Vai a prendere una bandiera della SeeD."

"Signore, è contro il regolamento."

"Fregatene del regolamento, vai a prendere una bandiera! Io sono il Comandante qui, che ti piaccia o no... non ho deposto nessuna delle mie cariche. Ti sto ordinando di trattare quest'uomo come un SeeD... dello stesso rango di Cid Kramer o del mio. Ha dato la sua vita per l'onore del Garden, non per Galbadia. Ai miei occhi, lui è un SeeD."

"Sissignore!" La ragazza uscì dalla stanza, lasciando Squall ai suoi pensieri tormentati.

"Wow, tu sì che ci sai fare con le persone," disse una voce femminile da dietro le sue spalle. Voltandosi, Squall vide Alexandra che teneva Allison in braccio contro il fianco. La piccola era tutta contenta di coccolarsi un Kyactus di peluche, ignara dell'enorme sofferenza che aveva intorno. "Non c'è da chiedersi perché tu abbia una marea di sostenitori su internet."

"Chissenefrega."

"Ah, sei anche il capitano della squadra chiacchieroni?"

"C'è qualche altro motivo per cui sei qui, tranne rompermi le palle? Se tu fossi stata qualsiasi altra persona, ti avrei già dato il turno alle latrine per un anno. Voglio soltanto essere lasciato in pace."

"Guarda, Squall, che in realtà... mi avevi chiesto tu di portarti tua figlia. Volevo solo dire che non c'era bisogno di essere così duri con quella ragazza. Per quanto tu possa detestare Galbadia, Caraway ha dato la vita servendo il suo paese. Era solo naturale associargli la bandiera di Galbadia."

"Ti piace proprio, eh, origliare le conversazioni degli altri?!" fece, decisamente infuriato.

"Beh, mi è capitato, però no. La tua voce si sentiva fin dal corridoio, credimi... sarebbe stato difficile ignorarla."

"Posso avere Allison, per favore?"

Alexandra abbassò lo sguardo verso la bambina che teneva tra le braccia, e le carezzò una spalla. "Ehi, piccolina mia, la zia Alex va a farsi un sonnellino... e so che a te i sonnellini non piacciono." Ally scosse la testa, un'espressione di leggero nervosismo che cominciava a farsi strada sul suo visetto. "Beh, però Squall qui dice che ti guarderà lui per un po', così non devi venire a dormire... che ne dici?" La piccola sorrise approvando l'idea, e lanciò uno sguardo timido verso suo padre. Alex le diede un lieve bacio sulla fronte, e poi la mise giù.

Ally guardò prima sua zia e poi Squall. Strinse forte il Kyactus come se le desse un senso di conforto. Squall si inginocchiò alla sua altezza, guardandola negli occhi.

"Che cos'è che hai qui?"

"Actus."

"Oh, Kyactus," intervenne lui. "E chi te l'ha dato?"

"Effi."

"Beh, Selphie è stata proprio gentile, vero? Lo sai che io e la tua mamma abbiamo incontrato Kyactus per davvero?" La bambina lo fissava come se stesse parlando in un'altra lingua. "Allison, te ne parlerò meglio un'altra volta, ma adesso voglio farti incontrare una persona molto speciale, okay?"

La piccola camminò verso di lui, poi gli tese le braccia. E, chissà come era successo, la reazione era stata involontaria, ma le braccia dell'uomo circondarono la figlia, confortandola. Squall chiuse gli occhi per un momento, colpito dal fatto che una cosa così piccola, così preziosa fosse veramente parte di lui. Tra tutti gli errori che aveva sempre commesso, alla fine aveva fatto qualcosa di buono.

Alex restò a guardarli, quella vista le scaldava il cuore. Avrebbe solo voluto che anche Rinoa potesse vederla, con quanta facilità il suo ragazzo stesse gestendo la situazione. Gli sorrise quando lui riaprì gli occhi, annuì e poi uscì, lasciando il Comandante ad adempiere una promessa che Rinoa aveva fatto soltanto ieri ad un uomo che oggi non era più con loro.

Prendendo in braccio la bambina, Squall fissò la bara. In un certo senso, le parole c'erano, erano proprio lì, eppure non riusciva a tirarle fuori. In qualunque modo le avesse dette, il loro vero significato non poteva essere espresso. Lottò contro la reazione più semplice, quella di fuggire, per dimenticare tutta quella storia. Sarebbe stato più facile, ma non sarebbe mai stata la cosa migliore.

"...Allison, voglio presentarti una persona speciale." Aveva la voce rotta, non era sicuro di come potesse riuscire a farcela. "...uhm... questo è tuo nonno, il Colonnello Caraway. Era il papà della tua mamma."

Come aveva sospettato, la bambina non stava afferrando molto della situazione; sembrava preoccuparsi più di Squall, e delle sue reazioni. Lo guardava in silenzio, senza prestare attenzione alla bara.

"Lui è... è stato ucciso ieri... oh, Hyne." Alzò gli occhi al soffitto. "Come faccio, Rinoa, come faccio?"

Allison continuava a fissarlo con sguardo interrogativo, cominciando ad adattarsi alle sue emozioni. Lui tornò a guardare il feretro, e si rivolse dolorosamente a Caraway: "le avresti voluto molto bene. Vedo così tanto di tua figlia in lei... tutte le cose migliori. Puoi esserne orgoglioso, io so che lo sono."

Sentì la lieve pressione di qualcosa sul suo petto, e abbassando lo sguardo vide Allison che spingeva verso di lui il Kyactus. Gli stava offrendo tutto quello che aveva, per tirarlo su. Lui prese il G.F. di peluche e gli diede un bacetto prima di restituirlo alla bambina. "Adesso va meglio, Ally, grazie. Grazie di tutto. Ma..."

Nella storia di Squall Leonhart c'era sempre un 'ma'. Niente era mai semplice, niente era mai stato programmato. I sogni che non riuscivano a sbrogliarsi dalle bugie in cui erano intrappolati lo perseguitavano continuamente. Una risposta era solo l'inizio delle domande che aveva paura di fare. Ora poteva prendere la strada che Rinoa aveva prefissato, oppure poteva prendere la sua. Una strada che prevedeva gravi conseguenze ed un futuro incerto... non desiderava altro che seguire le sue ultime volontà. Ma... non era da lui. Ma... non era quella la sua natura. Ma... per quanto potesse provarci, Squall Leonhart non era nulla senza di lei. Stava imparando ad aprire il suo cuore alla figlia, ma... non avrebbe mai potuto essere completo senza la madre. E la cosa, col tempo, lo avrebbe trasformato in una persona amara, assetata di vendetta.

"Ma, Allison... io devo trovarla, o morire nel tentativo. Sarai sempre amata più di quanto tu possa immaginare."

*~*~*~*~*

"Allora è qui dove il Principe Azzurro entra in scena per fare il suo spettacolare salvataggio?" Posò l'indice sulla pianta di un edificio, indicando una sezione di un corridoio.

"Seifer," Quistis alzò gli occhi al cielo. "Ma come fai? Sul serio, come fai ad essere così... beh, così te?"

"Perché" il suo tono era inaspettatamente serio, "è la sola cosa che posso essere. Se smetto di essere me stesso, allora non so più chi sono. È tutto quello che mi rimane, nel bene e nel male. E in questo momento ci serve tutto quel che riusciamo a mettere insieme... e poi, certe volte è più semplice che non affrontare la verità."

Gli occhi della donna incontrarono quelli di lui, uno sguardo di comprensione, poi un sorriso le si delineò sulle labbra. "Già, per quanto ne so... è qui che il Principe Azzurro entra in scena. Il problema è come entrare senza essere scoperti. Mitchell sarà lì pronto ad aspettarci, pronto anche all'invasione di un'intera guarnigione nel palazzo."

"Allora vorrà dire che lo prenderemo di sorpresa."

"Wow, non riesco a crederci che non sei mai diventato SeeD, con l'ingegno che ti ritrovi."

"Vedi, istruttrice, com'è facile il sarcasmo, se ti danno la spinta giusta? Comunque... facciamo l'unica cosa che possa buttargli all'aria il piano come una bomba, non importa cosa ha detto ieri."

"E sarebbe?"

"Squall Leonhart entra direttamente dal portone principale. Senza arsenali, senza armi addosso, soltanto lui. La cosa che può cogliere alla sprovvista uno come Mitchell è avere la persona che teme di più... a guardarlo. Ad aspettare. È come negli scacchi: aspetti la prossima mossa del tuo avversario. Quello che loro non sanno è che mentre stanno proteggendo la loro Regina, uno dei tuoi minuscoli pedoni massacra il Re."

"Non me li ricordavo così violenti, gli scacchi."

"Non hai mai giocato con me, allora. È questione di tutto o niente, noi mettiamo il nostro pezzo migliore proprio di fronte a lui."

"Questo lo indurrà ad abbassare la guardia." Quistis incrociò le braccia, cominciava a capire.

"Esatto."

"Ma quindi come facciamo a far entrare gli altri 'pedoni'? Quel posto sarà sigillato peggio di una tomba."

"Ti ricordi di Timber, con Vinzer Deling? Dovettero usare quella stazione televisiva perché lì avevano l'alta definizione. Adesso, quella ce l'hanno tutti... quindi possono trasmettere in diretta proprio da Deling, ed è appunto la loro intenzione. Ognuno degli impiegati presidenziali è schedato, gli ufficiali di Mitchell sanno tutto, pure se uno del personale ha il raffreddore. Ma gli staff delle televisioni sono un tutt'uno, e vengono inviati dalla stazione locale. Ho un paio di associazioni con cui sono stato in contatto... saremò là in tempo per l'esecuzione."

Un brivido di gelo serpeggiò nel corpo di Quistis. Lei chiuse gli occhi, strazianti pensieri di Rinoa che veniva messa a morte pubblicamente le passavano ininterrottamente nella testa. Pian piano, iniziò a scivolare in un mare di rimorso, respirare diventava sempre più un'impresa. Squall... se fosse sopravvissuto e Rinoa no... sarebbe stata la sua fine. L'orrore di vederla morire... Quistis si vedeva ancora davanti gli occhi di lei colmi di così tanto dolore e tormento. Gli occhi castani di lei... quelli a cui aveva causato quella sofferenza... quelli che...

"Ehi, torna da me," disse una voce ferma. Quando si strappò via dalle sue visioni da incubo, Quistis sentì le braccia dell'uomo che la cullavano. Per un momento, accolse il conforto che le davano le sue azioni, intaccando il senso di debolezza che provava.

"Io... avevo la testa da un'altra parte, scusami."

"È tutto a posto. Ora non pensiamo a domani, ok? Possiamo solo concentrarci sull'oggi. Come una persona molto saggia mi disse una volta... lascia il domani a domani."

*~*~*~*~*

Se esisteva un luogo a metà tra realtà e fantasia, era lì che si trovava adesso. Immagini sfuocate in mezzo ad altre cose sfuocate... e tutte le erano estranee. Dov'era? Come aveva fatto ad arrivare in quel posto? Oh, dannazione, in quel momento non era sicura neanche di sapere chi era. Ad ogni modo, sapeva di non appartenere a quel luogo... qualunque fosse, quel luogo.

Si allungò cercando di guadagnare la stabilità per tirarsi su a sedere. Ci volle tutta la forza che possedeva, e altra ancora che non possedeva. Finì per appoggiarsi contro un muro, beh, quello che le dava la sensazione di un muro. Appena toccò la superficie con la testa, provò immediatamente un dolore acutissimo, che le rimbombava in tutto il cranio. Ansimò, poi il dolore cominciò lentamente ad attenuarsi, ma senza mai scomparire.

"Buon pomeriggio, principessa, la sistemazione è di suo gradimento, spero?"

Si voltò di scatto verso la voce, mentre un qualcosa di solido prendeva a poco a poco forma davanti a lei. Brandelli e frammenti le tornarono alla mente... il Garden, un elicottero, un lungo corridoio. E Mitchell, si rassegnò al fatto che fosse il Presidente di Galbadia quello che le stava di fronte. Fatto ironico, in quel momento lo vedeva più o meno uguale alla macchia confusa del cestino della spazzatura.

"Speriamo che troverà piacevole il suo soggiorno a Deling, per quanto breve."

"Quando?" riuscì infine ad esalare, accettando l'inevitabile.

"Domani pomeriggio. Diamine, la tua esecuzione sarà un evento nazionale... chissà, magari terremo ogni anno una festività in omaggio a te."

"Che onore." La sua visuale iniziava a mettersi a fuoco, la ragazza era in grado di distinguere qualcosa di più in quello che la circondava, anche se non c'era molto da vedere.

"Ah, quelli che senti sono gli effetti residui del bracciale di Odine; dovrebbero scomparire del tutto entro poche ore. I tuoi poteri sono sempre ben contenuti, ma ti vogliamo completamente vigile per la tua grande esibizione di domani. Puoi ringraziare Odine anche per la lucidità."

Scosse la testa, le piombò addosso la piena comprensione di quel momento. E di quello che si era lasciata indietro. "Allison?" chiese, smarrita.

"Oh, sta benone, grazie a te. Immagino che come mammina sarai già stata sostituita, sono sicuro che Quistis si sta dando molto da fare per occupare anche quel ruolo. Non ti uccide pensare che va a letto con Squall e dà il bacino della buonanotte a tua figlia?"

"Sta' zitto!" urlò, in mezzo al dolore.

"Oooh... bella vivace, così mi piaci. Vorrei poter fare un po' più di conoscenza con te adesso, ma purtoppo il dovere mi chiama." Le si avvicinò e, chinandosi verso di lei, la baciò a forza; la ragazza provò a sfuggirgli, invano. Come ultima umiliazione, l'uomo fece scivolare la mano sotto la sua camicetta per stringerle un seno. Lei voleva urlare, ma a malapena riusciva a registrare nella testa quello che stava succedendo. Il contatto della pelle dell'uomo contro la sua bruciava come acido. Aveva provato anche questo, molte volte. Tentò disperatamente di contrastarlo, e sentì un immenso sollievo quando lui si allontanò. "Ehi, sai, Leonhart scopava in giro alle tue spalle, io lo ripagherei con la stessa moneta."

Quando lui uscì, la ragazza crollò di nuovo giù sul pavimento di cemento. Si rannicchiò in posizione fetale, dondolandosi piano, come aveva fatto in passato già troppe volte. Per la prima volta, desiderava che il tempo passasse... e che quell'incubo finisse, e basta. Non poteva sopportare molto altro. Ogni istante era una battaglia per tenersi aggrappata alla terra, e per la prima volta... desiderava solo scivolare via.

*~*~*~*~*

Si muoveva avanti e indietro come in una danza, una danza del corpo, ogni movimento era preciso, parte di una coreografia, ogni movimento era un'arte. In tutti i suoi anni d'allenamento, esercitarsi da solo lo aiutava in un certo senso a trovare un po' di pace interiore. La cosa era in brusco contrasto con la persona che era: lui era sempre quello vivace, quello che 'doveva' essere l'anima del gruppo. Ma quello era stato il prima, e questo era il dopo.

La ragazza era in piedi ad osservare l'esperto di arti marziali, non sapendo bene come interrompere il ritmo. E nemmeno se doveva farlo o no. Alla fine, Zell si accorse di lei che se ne stava lì indecisa, e interruppe l'esecizio. Prese un asciugamano che aveva vicino, si deterse il sudore dal viso.

"Ehi, ciao Alex, che ci fai qui?"

"Ti alleni sempre in una sala da ballo vuota?" Fece un gesto per indicare il grande salone, e indirizzò al ragazzo uno sguardo divertito. "Eppure mi sembrava che qui avessero un centro di addestramento apposta, o no?"

"Sì, c'è. Ma se vuoi incappare in un Archeosaurus o in un mucchio di cadetti, e credo che la seconda possibilità sia la peggiore."

"Capisco," rispose, poi assunse un'aria completamente seria. "Mi dispiace davvero disturbarti. Ma ho bisogno di parlare con qualcuno, e credo che tu potresti essere l'unica persona in grado di comprendere."

"Ma certo, di cosa hai bisogno?" La portò verso una panca imbottita che si trovava davanti ad un'immensa finestra. Alex evitò gli occhi di Zell, e si girò a guardare fuori, dove l'oceano e il cielo s'incontravano all'orizzonte.

"Il sogno... la visione."

"Già," fece lui, chinando la testa. "Si torna sempre lì, vero?"

"Credo proprio di sì... ci ha portati fino a questo punto. Continua a girarmi nella testa... il lago, il sangue, tutto. Non so proprio se ci sia qualcosa che ci stiamo perdendo."

"Beh, Alex, per come la vedo io, è tutto simbolico... tranne Ellione, ma mi sono convinto che stava soltanto dicendo addio." Fece una pausa, osservando la catena che lei portava al collo; allungò la mano per afferrare l'anello metallico. "Questo mi ha fatto rendere conto che non dovevo fare del male a te e ad Allison... beh, Allison spiega il bambino del sogno."

"Lo so." Guardò il ragazzo, che le aveva lasciato andare la collana e si era voltato dall'altra parte. "Ma è davvero così? Siamo arrivati fino a questo punto solo per perdere?"

"Non dirlo. Non abbiamo ancora perso nulla, voglio dire, non sarà messa a morte fino a domani."

"Aspetta!" Alex saltò in piedi, sorprendendo Zell. "È vero! Deve essere messa a morte domani, ma cosa abbiamo visto nella visione?"

"Che... veniva trafitta da un gunblade. Quindi... questo significa che qualcosa va totalmente nel verso sbagliato oppure che uno di loro due la uccide..."

"No," insistette Alexandra. "Questo significa che adesso sappiamo come cambiarlo. Domani né Seifer né Squall porteranno la loro solita arma, quelle resteranno qui al Garden. Possono combattere una battaglia senza gunblade, credo che capiranno. Se quello era un avvertimento, forse può essere cambiato."

*~*~*~*~*

Avete mai chiuso gli occhi chiedendovi come avete fatto ad arrivare fino a questo punto? Quale sia stato il momento decisivo che ha cambiato tutto, in meglio o in peggio? Se era così che era predestinata la vostra vita? Se era questo il grande piano che Hyne aveva scritto nelle nostre stelle?

Io mi sono sempre sentita in qualche modo diversa da tutti gli altri. Anche all'orfanotrofio, anche nel momento in cui sono diventata istruttrice... ero una cosa a parte, sia pure solo nella mia testa. Sì, ero stata adottata... ma era stato un fallimento. Che cosa può fare più male di essere rifiutati non solo da una coppia di genitori, ma addirittura da due? D'accordo, questo non è giusto, lo so... i miei veri genitori forse non hanno mai avuto scelta. Ad ogni modo, io non lo so. E questo non sapere è qualcosa che mi peserà sempre sul cuore, sull'anima.

Ma per quanto riguarda i Trepe... quello lo so.

Non ero abbastanza brava per loro. Così, come gli altri, fui mandata al Garden. Capisco che fosse il mio destino, essere riunita alla mia famiglia dell'orfanotrofio. Ma perché, in nome del cielo, i miei altri genitori non avrebbero potuto amarmi lo stesso? Zell ha avuto questo privilegio: è stato amato dalla sua famiglia adottiva e accettato lo stesso al Garden. Ma io non sono lui; io sono io.

E chi sono io?

Quistis Trepe, Quistis Leonhart, la professoressa Leonhart? Diavolo, non me ne importa più niente. Credo che dopo tutto questo si impari che sono tutti titoli, che non hanno significato. Quando guardo dentro ad uno specchio, vedo me stessa... per quello che sono. E lui fa lo stesso.

La persona a cui una volta mi opponevo, ora è quella che mi dorme accanto. La persona con cui ero solita dormire, adesso è quella di cui sono alleata. Due uomini, due strade diverse nello stesso percorso... due uomini che domani vivranno o moriranno entrambi.

Se chiudo gli occhi, il mondo svanirà nel nulla? La mia vita sarà qualcosa di più di un semplice epitaffio? Domani, sì, domani metteremo la parola fine a questa storia, una volta per tutte.

Per il riscatto. Per la famiglia. Per amore... noi combatteremo.

Il sangue mi macchierà sempre le mani, ma forse una parte di noi potrà andare avanti. Tutte le menzogne color scarlatto che sono cominciate con me, si spegneranno nella verità.

*****
Note delle traduttrici: capitolo betato da El Defe e Alessia Heartilly. Vi prego, come per il capitolo precedente, non fate spoiler di nessun tipo nelle recensioni a questo capitolo, sempre per il solito discorso. Questo significa: per favore non fate nomi! Se non per rispetto degli altri lettori, almeno per rispetto di Ashbear che s'è fatta un mazzo tanto per scrivere questa storia e ottenere certi effetti sorpresa! Nel caso vedessi recensioni spoiler, le farei cancellare, lo dico subito^^
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Citazione di apertura: aforisma di Gilda Radner, attrice e commediografa americana.
Volevo un finale perfetto.
Ora ho imparato nel modo più duro
Che alcune poesie non hanno rime,
E alcune storie non hanno
Un inizio, un centro e un finale chiaro.
La vita riguarda il non sapere, il dover cambiare,
Vivere il momento e prenderne il meglio,
Senza sapere cosa succederà dopo.

- Alessia Heartilly

   
 
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