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Autore: HotChocoAndMarsmallow    12/01/2020    0 recensioni
Scozia, 1947
Innes e Aura.
Due streghe.
Yin e Yang.
Dopo la redazione del registro dei lupi mannari, un brutale omicidio, che rischia di mettere a rischio il lavoro di chi vuole proteggerli e farli integrare con la società dei maghi, sarà l'evento che le farà incontrare e scontrare. Insieme affronteranno un viaggio di conoscenza e scoperta di se stesse e del loro passato.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Newt Scamandro, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Prologo




La piccola rana saltellava allegramente sul tavolo da lavoro, schivando ciotole e mestoli sporchi, mentre Innes la osservava leggermente divertita, consapevole del destino che l'attendeva, un destino dai colori nero, rosso e giallo. Sango, il serpente corallo che Innes aveva adottato, aveva già fiutato la preda e si era appostata per catturarla. Non si trattava però di una rana qualsiasi.
Innes osservò per qualche minuto la caccia che si stava svolgendo sotto i suoi occhi, poi tornò a concentrarsi sul contenuto della ciotola.
Stai attenta, Sango, ora siamo arrivati alla parte delicata …”
Con estrema attenzione, Innes afferrò la ciotola contenente la meringa e, con tutta le delicatezza di cui era capace, ne fece scivolare il contenuto in quella più grande, dove riposava il composto di farina di mandorle.
Possono dire quello che vogliono, Sango, ma la pasticceria è un lavoro fisico. Non mi fido degli incantesimi, devo poter sentire la consistenza degli impasti.
La rana si stava rapidamente avvicinando al suo lavoro, così lei si affrettò a scostare la ciotola prima che l’anfibio ci saltasse dentro.
Sango! Muoviti! Non voglio che la tua rana rovini l’impasto dei miei macarons!

 

La pioggia scendeva lenta lungo la finestra leggermente appannata dal calore del camino, venature trasparenti avevano formato come delle crepe sul vetro doppio per non far trapelare il freddo dell’esterno, dove l’accenno di un temporale imperversava tra quei vicoli grigiastri. Dalla finestra non c’era una bella vista, più volte aveva proposto di fare un incantesimo di disillusione che mostrasse un silenzioso bosco o una costa ricca di conchiglie, ma sua madre era stata irremovibile: a lei, quel paesaggio, piaceva. In quelle piccole cose si vedeva quanto Aura fosse diversa dalla sua famiglia, nonostante anche lei avesse voluto una casa spaziosa e di mattoni con un piccolo giardino dove far giocare Artemisia, quando si erano trasferiti lì era rimasta delusa: la casa era così grande da risultare dispersiva e fredda, le pesanti tende di velluto scuro lasciavano entra una fioca luce che non riusciva ad illuminare le ampie camere e il giardino era infestato dai Berretti Rossi, che le fecero intuire la triste storia dei precedenti padroni di casa. Doveva aspettare che il sangue si seccasse, ma non era sicura di voler far giocare sua figlia in un giardino dove erano state uccise due persone. No, meglio di no. 
 

Il profumo dei macarons riempiva la cucina. Mentre Innes finiva di farcirli, Sango riposava in un angolo per digerire la rana che si era guadagnata dopo un’emozionante caccia. Dopo qualche minuto, una piramide di dolcetti luccicanti faceva bella mostra di sé nel piatto da portata. Innes ne ammirò la simmetria per qualche istante, poi ne prese uno e lo addentò con soddisfazione.
“Sì, sono venuti benissimo. i gusci sono cotti al punto giusto e il ripieno alla lavanda non è troppo amaro. Li adoro!”
Non era strano che commentasse ad alta voce i risultati dei propri sforzi, soprattutto quando sperimentava in pasticceria. Da quando aveva iniziato a lavorare nel laboratorio di Mielandia aveva trovato molti spunti creativi. Prima di tutto non doveva lavorare a contatto con il pubblico e questo, per una misantropa come lei, era l’ideale; in secondo luogo poteva sfogare la sua creatività in dolci sempre nuovi e golosi e la magia in molti casi le era utile in questo, anche se per la maggior parte del tempo preferiva percepire impasti e consistenze con le sue stesse mani.
Contenta del risultato, spostò qualche macaron su un piattino più piccolo, andò ad accomodarsi in poltrona, davanti al fuoco, dove l’attendevano anche una tazza di tè e la Gazzetta del Profeta.
Era la serata perfetta per rilassarsi al calduccio, niente pensieri, niente al mondo che potesse turbarla … almeno fino a quando non lesse il titolo in prima pagina.

 

Artemisia sonnecchiava tra le sue braccia, la sua testa era poggiata sulla spalla della madre e le sue braccia erano lasciate cadere verso il divano. Aveva un’espressione tranquilla, nemmeno un piccolo indizio su cosa stesse sognando si poteva intravedere tra le pieghe dei suoi occhi. Dei tacchi contro il pavimento riempirono la stanza, scendendo frettolosi dalle scale dell’entrata, dove Harber Projent era fermo in piedi scrutando in giro. La moglie lo raggiunse, quando si fermò il rumore dei tacchi si acquietò.
«Dove andate?» chiese Aura ad alta voce, conscia che la piccola non si sarebbe svegliata.
«Questioni di lavoro» rispose Fedora sistemandosi i guanti «Rimani con Artemisia, non c’è tempo per chiamare la baby sitter.»
«Quali questioni di lavoro?»
«Te ne parleremo quando torneremo» il padre aprì la porta di casa «Stai incominciando ad interessarti?»
Aura si incupì «No, sono solo curiosa.»
Si salutarono e i coniugi lasciarono la casa, ciò fece intendere ad Aura che non stavano andando al Ministero della Magia, ma in un luogo che potevano raggiungere smaterializzandosi. Si alzò tenendo stretta la figlia e andò verso la sua camera al piano superiore. Mise la figlia sul suo lettino, anche se i nonni erano contro il farla dormire nella stanza della madre, a lei non era mai importato. Le diede un bacio sulla fronte e si diresse verso l’armadio, che già aveva incominciato a scalpitare.
«Se fai così tanto rumore ti scopriranno prima o poi» disse aprendo l’armadio.
«Non è colpa mia se hai comprato un Armadio Svanitore così stretto.»
Newt saltò verso il pavimento, si scotolò i vestiti e si sistemò la sciarpa storta, per poi guardare l’amica con sguardo preoccupato, i suoi grandi occhi chiari erano sempre oscurati dai suoi ricci ormai striati di bianco.
«Cosa è successo?» chiese Aura contagiata dalla sua preoccupazione. 

 

Era rimasta per qualche minuto pietrificata dall’orrore e dalla rabbia. Il tè al suo fianco si stava rapidamente raffreddando e i macarons erano finiti a terra, quando lei con uno scatto del braccio aveva urtato il piattino.

Un mago, Archie Watson, era stato ucciso e gli Auror erano sulle tracce di un lupo mannaro, il più probabile responsabile dell’omicidio, dal momento che non c’erano cicatrici di maledizioni e i segni sul corpo erano tutti riconducibili a quelli degli artigli di un lupo mannaro.
Finalmente si riprese dal torpore in cui era caduta e, con uno scatto d’ira, accartocciò il giornale e lo gettò sul fuoco che scoppiettava allegro nel caminetto, ignaro dei suoi tormenti.
Un lupo mannaro. Dannati lupi mannari, non c’erano creature che odiasse di più dei lupi mannari, e aveva un buon motivo per odiarli.

 

Aura mandò il suo Patronus a Bethany Wilson, la baby sitter, che si smaterializzò fuori dalla porta di casa subito dopo -non era possibile smaterializzarsi dentro casa- e Aura andò subito ad aprirle la porta.
«Lo sai che io farei di tutto per te, però» disse Bethany lanciando un’occhiata verso Newt «Se i tuoi genitori scoprissero della tua amicizia con il signor Scamander sarebbe un bel problema… per te e per me se scoprono che ti copro.»
L’altra le mise le mani sulle spalle «Non lo scopriranno mai, credimi, e, se mai lo scoprissero, non permetterei mai che ti accada qualcosa.»
Lei sospirò «Spero almeno che sia per una buona causa.»
«Lo è» si intromise Newt, era evidente che fosse di fretta.
«Bene, ci vedremo tra poco, non starò via molto» disse Aura mettendosi il mantello per proteggersi dal freddo «Grazie Bethany, davvero.»
Uscirono dalla casa chiudendosi la porta dietro e Aura si trasformò nella sua forma di Animagus, un fennec, e saltò sulla spalla di Newt: non poteva farsi vedere in sua compagnia. Incominciarono a camminare verso la strada, non potevano usare il camino per raggiungere il Ministero della Magia, o i Projent se ne sarebbero accorti, quindi si diressero verso una cabina telefonica in fondo alla strada.
«Ieri è stato avviato il Registro dei Lupi Mannari, ma ci sono già stati dei problemi» incominciò a spiegare lui mentre Aura era stretta al suo cappotto «Oltre i tuoi genitori che cercano in tutti i modi di metterci le mani, questa notte… è stato trovato il corpo di un mago, ucciso probabilmente da un lupo mannaro, il Ministero della Magia è in subbuglio ed è l’occasione perfetta per mettere in cattiva luce i lupi mannari. I tuoi genitori sono incaricati di trovare il responsabile insieme ad una squadra di Auror,  adesso si trovano nella scena del crimine per raccogliere indizi.»
Si fermarono davanti alla cabina telefonica, Newt prese Aura e la mise sopra il palmo delle mani per guardarla dritta negli occhi.
«Mi devi aiutare Aura, il futuro dei lupi mannari nel Mondo Magico è a rischio.»

 

Era rimasta immobile per molto tempo, sopraffatta dai propri pensieri. Il ciocco che fino a poco tempo prima scoppiettava nel camino si era trasformato in un mucchietto di braci rosse, che riflettevano la loro tenue luce sugli occhi spalancati di Innes la quale, rannicchiata sulla poltrona, sembrava non accorgersi del brusco calo della temperatura all’interno della stanza. Sango, che nel frattempo si era svegliata, era andata ad accoccolarsi accanto a lei, senza però riuscire a risvegliarla dal suo torpore. I macaron erano ancora a terra, il tè era ormai ghiacciato nella tazza, ma lei non ricordava nemmeno più la sensazione di gioiosa soddisfazione che l’aveva pervasa quando aveva sfornato i dolcetti; tutti quei sentimenti erano stati sostituiti da un senso opprimente di nausea, la  netta sensazione di non poter far nulla per migliorare una situazione che appariva senza soluzione.

Innes aveva paura, per se stessa per prima cosa. Da quando quell’impiccione l’aveva costretta a registrarsi in quell’insulso elenco dove venivano riportati i nomi dei lupi mannari, aveva cercato di continuare a vivere senza farsi condizionare, ma ormai quelle poche righe l’avevano condannata a una vita di terrore. Si era autoconvinta che nulla sarebbe cambiato, ma nel momento stesso in cui si era registrata aveva dovuto venire a patti con qualcosa che aveva sempre rifiutato.

Innes era un lupo mannaro dalla nascita. All’orfanotrofio dove era stata abbandonata le avevano spiegato perchè ogni notte di luna piena si trasformava e le avevano insegnato come gestire la cosa, in questo modo per lei era diventato un appuntamento abituale, al quale non dava molto peso. Nonostante negli anni fosse diventata pienamente consapevole della anormalità della sua situazione, per lei che non aveva conosciuto altro, quella era la normalità. Ogni tanto si era fermata a pensare a chi, contrariamente a lei, aveva contratto quel morbo in età adulta, alla lotta che avevano dovuto sostenere per accettarsi, lotta che per lei era stata molto più semplice.

Era riuscita per anni a convivere con la sua doppia natura, nascondendola, fingendo che non esistesse, ma ora tutto stava cambiando. Il dannato registro l’aveva costretta a venire alla luce e ora era in pericolo più che mai.

Quando finalmente riuscì a reagire, lo fece con un ringhio, una maledizione scagliata contro quel lupo mannaro che, senza pensare alle conseguenze, aveva messo in pericolo se stesso e tutti i suoi simili.

In quel tempo in cui i pensieri avevano vorticato nella sua mente come spiriti impazziti, aveva preso una decisione: avrebbe continuato a vivere come aveva sempre fatto, nascosta, anonima, invisibile a più … e forse la tempesta sarebbe passata senza sfiorarla.
 

Nonostante non potesse parlare, Newt intuì dal suo sguardo deciso quale era la sua risposta. Erano arrivati al Ministero della Magia, maghi con alti cappelli e mantelli color porpora si aggiravano tra i corridoi per raggiungere i camini, la statua al centro della sala risplendeva alla luce delle candele che pendevano dal soffitto. Aura si nascose grazie al colletto di Newt, sperando che i maghi non dessero troppo peso al fatto che lei fosse un fennec e non un animale magico. Superarono la sicurezza -Aura scese verso la sua tasca sperando di passare inosservata- e Newt aumentò il passo per non essere fermato da nessuno. Presero l’ascensore per arrivare al quarto livello, un mago borbottò una frase sul tempo uggioso a Newt, ma lui si limitò ad un sorriso tirato rimanendo immerso nel silenzio. “Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche” la scritta apparì davanti ai loro occhi, si inoltrarono nel largo corridoio che si estendeva oltre la porta dell’ascensore e si fermarono davanti ad una delle numerose porte. Quando Newt si fermò davanti ad essa, un occhio intarsiato nel legno si aprì e lo scrutò da capo a piedi, l’iride viola si muoveva a grande velocità. La serratura della porta scattò e oltre essa vi era una piccola sala dove c’era solo una scrivania in mogano e un fastidioso ticchettio di tasti che scattavano. Una donna dai grandi occhiali leopardati lo guardò per un attimo, poi riprese a leggere delle scartoffie sotto il suo naso, accanto a lei una macchina da scrivere dall’aria antica stava scrivendo su un foglio di pergamena.
«La prego di consegnare la sua valigia e la bacchetta.»
Newt strinse il manico: conosceva la procedura, ma separarsi dalla sua valigia era sempre difficile.
«Perché anche la bacchetta?» chiese indispettito.
«Visti i recenti accadimenti non possiamo permettere che qualcosa accada al Registro dei Lupi Mannari… la prego di consegnare la bacchetta.»
Lui sospirò e poggiò la bacchetta e la valigia su un piccolo tavolo accanto alla scrivania senza perderle di vista un attimo. Ad un tratto la porta alla sua sinistra si spalancò, Harber Projent e il Ministro della Magia la varcarono con uno sguardo indecifrabile sul volto, Newt li guardò spaesato, soprattutto quando dietro loro comparvero tre Auror.
«State utilizzando il Registro per trovare il colpevole?» chiese imponendosi la calma.
«Non possiamo divulgare informazioni» rispose Harber.
«Io ho collaborato nella realizzazione del Registro dei Lupi Mannari, ho il diritto di sapere.»
«Non più» disse il Ministro della Magia facendo un cenno agli Auror che avanzarono verso di lui «Newton Artemis Fido Scamander ti dichiaro in arresto con l’accusa di cospirazione ai danni del Ministero della Magia.»
Gli Auror alzarono le bacchette e lui cadde a terra: ogni parte del suo corpo era stata bloccata da una morsa dolorosa.
«Ma di che state parlando?» provò a dire tra un lamento e un altro.
«Siamo in uno stato d’allerta, in questo momento non è saggio lasciare un simpatizzante dei Lupi Mannari a piede libero, soprattutto perché sei l’unico che ha accesso al Registro dei Lupi Mannari, non possiamo permettere che vai ad avvertire gli indagati» spiegò Harber accennando un ghigno «Sono sicuro che capisca, signor Scamander.»
Lui rimase in silenzio, dentro la sua tasca Aura era preda del panico: le dispiaceva per il suo amico, ma allo stesso tempo si chiedeva come sarebbe uscita da quella situazione. Però, qualcosa all’altezza del petto di Newt incominciò a muoversi, attirando l’attenzione dei presenti: un Pixie volò via dalla tasca interna della sua giacca e si avventò su uno degli Auror, tirandogli il naso emettendo un acuto grido.
«Aura, ora» sussurrò Newt.
Aura approfittò della confusione per saltare via dalla sua tasca, il problema era, però, capire dove andare per non essere vista, quella stanza era vuota, non c’erano posti per nascondersi. Si destreggiò tra i piedi pesanti degli Auror che stavano cercando di liberare il collega da quel dispettoso Pixie. Harber sfoderò la bacchetta e con un colpo del polso lanciò un Incantesimo Congelatore contro la creatura. Fortunatamente Aura era riuscita ad entrare in tempo dentro l’altra stanza. Si nascose sotto una libreria colma di libri, individuando subito sua madre e altri tre maghi.
«Attendiamo mio marito e andiamo a trovare questa Innes Forsaken, non sarà una minaccia, non è di nobile stirpe.»
Il mago con la lunga barba scura, però, scosse la testa «Mi creda, non è così tanto innocua, anche se lavora come… pasticciera a Mielanda.»
«Di cosa mi devo preoccupare? Che mi lanci della pasta di zucchero addosso?» ribatté Fedora incrociando le braccia al petto.
Aura impresse quel nome nella sua mente, non doveva perdere tempo, doveva aiutare quella ragazza e poi trovare un modo per salvare Newt. Finalmente era arrivato il suo momento.

 

Della merenda che Innes si era preparata ormai non restavano che poche briciole su un piattino e i fondi del tè nella tazza. Superato lo shock iniziale dopo la lettura della notizia, si era ricomposta, aveva raccolto i macarons e riscaldato il tè, gustandosi il tutto mentre la sua mente continuava a lavorare.

Se sospettano di un lupo mannaro useranno quel dannato registro per risalire ai possibili colpevoli. Non credo però che vogliano perdere tempo, perciò agiranno con un certo criterio. Prima di tutto esamineranno i profili dei lupi mannari che hanno contratto il morbo da poco, quelli sono più propensi a perdere il controllo dal momento che ancora devono imparare ad accettarsi e a gestirsi. Successivamente vaglieranno quelli che già in passato hanno creato problemi. Sicuramente il colpevole sarà tra di loro, perciò io, che essendo lupo mannaro dalla nascita so perfettamente gestirmi, ho un lavoro tranquillo e non ho mai avuto problemi con la legge … be’, dovrebbero lasciarmi in pace … almeno credo. Oppure no?

Sango fissava la sua padrona, raggomitolata in poltrona di fronte al fuoco che era tornato a scoppiettare, seguendo il filo dei suoi pensieri, che da più di un’ora vorticavano nella sua testa e che finalmente avevano preso corpo in un monologo che lei stessa aveva usato più che altro per tranquillizzarsi. Eppure, nonostante la sua logica fosse apparentemente inattaccabile, sentiva di essere in pericolo.

“Dannato il giorno in cui mi sono registrata. Potevo starmene tranquilla, senza pensieri, invece …”

Si alzò di scatto, sentendo fuori dalla porta il rumore tipico di una materializzazione. Corse alla finestra e scostò le tende per osservare chi era comparso e se volesse lei.

Una donna dai lunghi capelli biondi, così chiari da sembrare bianchi, pareva cercare un indirizzo. Innes sperò vivamente che non fosse il suo, ma quando la vide dirigersi proprio verso la sua porta si irrigidì. Fece qualche passo indietro, come se portarsi al centro della stanza potesse proteggerla. La bacchetta era posata, l’afferrò al volo e la puntò contro la porta, pronta a difendersi. Difendersi da cosa non lo sapeva nemmeno lei, ma la notizia che aveva letto aveva risvegliato paure da tanto tempo ignorate e il suo gesto fu totalmente istintivo. Sango, accanto a lei, era già pronta per attaccare l’invasore pericoloso.


Attese che tutti uscirono dalla stanza e sfruttò la ventiquattrore del signor Welby, l’ultimo ad uscire, per attaccarsi sotto essa e uscire senza essere vista. Quando furono nel corridoio, sapeva che solo uno era il modo per scappare, prima che qualcuno le lanciasse un Pietrificus Totalus: correre più velocemente che poteva. Lasciò la presa e sfrecciò lungo il pavimento scivoloso, seguita da sussulti di stupore usciti dalle bocche dei presenti.
«Prendete quell’animale!» urlò sua madre e gli altri due incominciarono a lanciare incantesimi verso di lei.
Fortunatamente era piccola, quindi facilmente riuscì a destreggiarsi tra quei fasci colorati, ma sapeva che non sarebbe potuta scappare per sempre, doveva trovare il modo di tornare umana e bere la Pozione Polisucco che si portava sempre dietro in caso di emergenza. Farsi vedere in quel piano dopo che era stato avvistato un fennec non era una mossa molto intelligente. Il bagno era la soluzione più logica. Saltò sulla gonna di Miss Thompson, una donna facilmente impressionabile, che incominciò ad urlare quanto bastasse per creare il trambusto perfetto per scivolare dentro i bagni senza essere vista.
«Qualcuno chiami la disinfestazione!» disse tra le lacrime, mentre le persone si erano avvicinate a lei per darle un po’ di conforto.
Aura individuò un bagno libero, si trasformò in umana e chiuse a chiave la porta, sentiva il suo cuore scalpitare dentro il suo petto e il suo respiro affannoso interruppe il silenzio che prima riempiva il bagno. Si sentiva una pazza, non sapeva se stesse tremando per la paura o per il brivido di eccitazione per la sua prima e vera trasgressione: oltre la sua clandestina amicizia con Newt, non aveva mai fatto qualcosa per sé, aveva sempre seguito i genitori, tutto pur di proteggere la piccola Artemisia. Ma fino a quel momento nessuno dei suoi amici era stato in pericolo, nessuno aveva chiesto il suo aiuto, non poteva tirarsi indietro. Prese la Pozione Polisucco dalla tasca interna della giacca e mandò giù un bel sorso, quanto bastasse per farla arrivare ai camini. I suoi capelli si accorciarono, il suo ventre incominciò a gonfiarsi e due grandi baffi le spuntarono sotto il naso, aveva preso le sembianze di Harold, un dipendente dell’Ufficio del Trasporto Magico che passava le sue giornate a sonnecchiare dietro la sua scrivania, non andava mai in giro, permettendole di passeggiare senza pericoli. Si guardò allo specchio e annuì decisa, era arrivato il suo momento. Uscì dal bagno e fece il tragitto guardando per terra, diede solo una fugace occhiata verso Miss Thompson, che stava raccontando l’accaduto alla signora Projent e agli altri due maghi che l’avevano seguita. Dopo aver salutato qualche mago di cui ignorava il nome, si diresse verso i camini e si fece avvolgere dalle fiamme, che poco dopo si dissolsero per lasciare spazio al paesaggio di una stazione affollata. La stazione di Hogsmade era sempre colma di gente che andava e veniva, genitori con gli occhi colmi di lacrime per il figlio che partiva o che tornava e maghi dai capelli a punta che dovevano intraprendere l’ennesimo viaggio di lavoro. Non indugiò a lungo, si smaterializzò subito dopo e davanti a lei ogni cosa cambiò di nuovo: Mielanda comparve davanti ai suoi occhi, si era smaterializzata sul retro perché era sicura che davanti avrebbe soltanto visto una gran confusione. Ormai l’effetto della pozione era svanito, poteva sentire di nuovo i suoi lunghi capelli sfiorarle la schiena.
«Cavolo… non mi ero accorta dell’ora, devo trovare una scusa per la mia assenza da casa» disse stringendo i denti, non era sicura che entrambi i suoi genitori fossero diretti lì, se sua madre fosse tornata a casa e non l’avesse vista, sarebbe stato un grosso problema.
Sperò di incontrare qualcuno che conoscesse Innes Forsaken, Aura non aveva idea di come fosse fisicamente. Si alzò in punta di piedi per scrutare dalla finestra e individuò una ragazza seduta su una poltrona, i suoi lineamenti erano illuminati da un fuoco scoppiettante, la cui luce creava dei riflessi chiari sui suoi capelli castani. Non c’era nessun altro, il che voleva dire solo una cosa: aveva trovato Innes Forsaken.
«Bene, è stato facile» disse e andò verso la porta per bussare.
Dopo tre tonfi, però, tornò il silenzio, non sentì passi o altri rumori dietro la porta in legno. Riprovò con più insistenza. Di nuovo. Ancora una volta.
«Mi puoi aprire?» urlò, ma non ricevette risposta.
Sospirò pesantemente ed estrasse la bacchetta per puntarla contro la porta «Bombarda.»
Un’esplosione spalancò la porta che finì ai suoi piedi, dietro essa la ragazza la guardò con gli occhi spalancati, erano di un particolare viola e per un attimo Aura si sentì quasi smarrita da come la stessero guardando minacciosi.
«Chi diavolo sei?» chiese Innes.
Aura inspirò profondamente «Colei che ti salverà la vita.»

 
   
 
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