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Autore: Storytime_Love    14/01/2020    0 recensioni
Varie storie, più o meno legate. Nella prima, Demoni a Natale, Magnus vorrebbe passare la più romantica delle feste con il suo Alexander ma l'arrivo di alcuni demoni rovina i piani. Il mio carceriere: Sempre in inverno i Malec rimangono bloccati in una baita rischiando la vita. Questo e altro porta il Clave a...
La frusta: Alec si trova in balia di un demone che cerca vendetta. Lord Bane: lo stregone di un universo parallelo ha sottomesso l'intera terra. Magnus vs Bane ne è il seguito. Team building: il calve organizza un weekend di gare. Liadara: Una strega sfrontata si trasferisce da Magnus. My boy: la più dolce, su un bambino molto speciale.
Tutte le storie sono stand alone anche se a volte vi sono dei rimandi.
In generale le scene più hard non sono mai troppo "esplicite"ma stuzzicano l'immaginazione. Buon divertimento!!
Genere: Fluff, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Bondage
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Demoni a Natale

 

I love you

 

Magnus Bane aveva tante speranze per questo primo Natale con Alec. Aveva pianificato un avvento pieno di momenti speciali, di ricordi da conservare per sempre. Per prima cosa avrebbero visitato i mercatini tirolesi: nessuno poteva resistere a quell'atmosfera magica, le luci, il profumo di spezie e di vin brulè. Poi il programma prevedeva un giro per vedere gli alberi di Natale più spettacolari, da Parigi a Tokyo a Singapore. Avrebbero pernottato nella sua baita in mezzo alla neve, già immaginava le carezze sul tappeto di fronte al camino acceso. Magari sarebbe riuscito a fargli superare quell'assurdo tabù. Ormai facevano l'amore regolarmente, ed era fantastico. Alexander era così innocente, esuberante, per lui tutto era nuovo, speciale e fantastico e anche Magnus, nonostante i trecento anni di esperienza, riscopriva la meraviglia nascosta in ogni gesto, ogni bacio, ogni tocco. Però appena la bocca di Magnus si spostava verso il basso sentiva Alec irrigidirsi, bloccarsi. Lo stregone sapeva di non dover insistere, il suo compagno aveva bisogno di seguire i suoi tempi e lui non voleva pressarlo. Detto ciò...
Il telefono lo riscosse dai suoi pensieri.

Era Isabelle. C'era stata un'esplosione sospetta nel centro di Brooklyn, parecchi cadaveri, tutti mondani. Tracce di una pentacolo per terra suggerivano che degli aspiranti maghi incompetenti avessero scelto proprio il periodo delle feste per evocare un demone. “Potresti venire a dare un'occhiata? Magari riesci a scoprire con cosa abbiamo a che fare”.
Pochi minuti dopo Magnus era chino a terra fra i resti fumosi del vecchio edificio.
“Allora, ci capisci qualcosa?” disse Jace con impazienza.
Magnus si alzò lentamente e lo squadrò con un pizzico di alterigia: “Sì, ci capisco qualcosa”. Poi si rivolse a Alec e Isabelle: “È un seguace di Asmodeo, un Galb, un demone del fuoco piuttosto forte e molto capriccioso. Questi pazzi non avevano nessuna possibilità di riuscire a controllarlo. E nemmeno il potere necessario per costringerlo a manifestarsi”.
“E allora come è arrivato qui?” chiese Clary.
“Non avevano il potere per costringerlo” ripeté lo stregone, “ma questo pentagramma è sufficiente per permettergli passare, se è lui a volerlo. E a giudicare dal quello che vedo, lo voleva eccome”.

Il demone pareva divertirsi molto in giro per la città. Dava fuoco ad edifici a caso lungo il suo cammino, faceva esplodere tubature del gas e aveva una spiccata predilezione per gli alberi addobbati: forse gli piaceva vedere le stringhe di luci che scoppiavano o magari godeva delle urla dei passanti... La cosa peggiore, però, era che lungo il suo percorso si trovavano spesso uno o più cadaveri carbonizzati. E alla maggior parte mancava la testa.

Tutti gli Shadowhunters, Alec in primis, erano stati chiamati in servizio a tempo pieno. E addio progetti per le feste.
Magnus aveva pensato di dare una mano – più per stare con Alexander che perché ve ne fosse un reale bisogno - ma non voleva apparire assillante. E comunque aveva da fare, doveva ultimare il regalo per il suo nephilim preferito. Alec non era tipo da ornamenti ma l'ala d'angelo in acciaio, appesa a un cordino di cuoio antracite era molto semplice, quasi austera, e legava stupendamente con le magliette nere che portava sempre. Sul retro aveva inciso il suo vero nome in indonesiano, la lingua che aveva imparato da bambino. La scritta era totalmente invisibile, le lettere di fuoco apparivano solo con un incantesimo di rivelazione, ma lui non aveva intenzione di farlo sapere ad Alec. Almeno non ancora, era troppo presto. Però gli faceva piacere pensare al suo nome a contatto con la pelle dello Shadowhunter. In fondo era molto meno di ciò che Alec già condivideva con il suo parabatai.
Magnus si rigirò il ciondolo fra le dita: mancava solo l'incantesimo. Cosa scegliere? Guarigione? Alec aveva già una runa per questo. La capacità di evocare un portale per casa sua? O magari era eccessivo, meglio l'istituto? Inutile pensarci, era una magia troppo potente, il ciondolo non avrebbe retto. Un segnalatore allora? Magari per i veleni, o per la magia nera. Poteva servire, certo, ma era impersonale.
Mise una mano in tasca e trovò l'omamori che portava sempre con sé. Sorrise. Fortuna e protezione. Erano concetti effimeri, impalpabili, spesso mutevoli. L'incantesimo richiedeva tempo e precisione assoluta. Magnus si mise al lavoro.

Gli Shadowhunters ci avevano messo giorni per rintracciare il Galb. A differenza di molti altri demoni non si era fatto un covo nelle fogne o nei tunnel sotto New York, troppo umidi per lui. Finalmente, il pomeriggio della vigilia, lo avevano rintracciato nella zona dei capannoni industriali. Alec, Jace e Izzy seguirono la fuliggine fra i vecchi container. Fu Isabelle la prima a vedere l'ombra nel deposito di legname.
“Ha scelto bene” mormorò Jace, “un unico ingresso e un sacco di materiale infiammabile”.
Fece cenno ad Alec di appostarsi in alto coll'arco e tenere sotto tiro il portone, poi lui e Izzy si catapultarono all'interno sperando di prendere di sorpresa la creatura.
Il Galb, un grosso mostro alato, con orecchie a punta, corna da caprone e una spessa pelle rossiccia, era pronto. Con un movimento delle ali proiettò un'ondata di fuoco in direzione dei ragazzi che si tuffarono appena in tempo dietro a una catasta di assi grezze. L'incendio si propagò a una velocità innaturale, l'aria si fece subito torrida e quasi irrespirabile. Jace si sporse per lanciare un paio di pugnali in rapida successione poi si fece avanti brandendo la spada ma il suo attacco era solo un diversivo per permettere a Isabelle di usare la frusta. La ragazza mirò alle ali, sperando di bloccare a terra il demone e, contemporaneamente, di neutralizzare la sua arma più potente. Il Galb era antico e molto scaltro, percepì il movimento dell'aria dietro di lui e schivò senza voltarsi. Con una zampata il demone squarciò la fiancata del deposito e si alzò in volo. Fu la freccia di Alec a trapassargli l'ala e farlo precipitare fra i capannoni. In pochi attimi i ragazzi gli furono addosso. Ancora una volta l'essere cercò di sfuggire al combattimento diretto. Ormai erano al limitare della zona di stoccaggio e il Galb ne approfittò, fece esplodere un negozio di liquori dall'altra parte della strada costringendo Isabelle a staccarsi dal gruppo per soccorrere i mondani intrappolati all'interno. Gli altri proseguirono l'inseguimento ma il demone li intralciava dando fuoco a tutto quello che trovava: chioschi, cassonetti, impalcature, ogni cosa che bruciava facilmente. Dopo più di due ore Jace e Alec riuscirono a costringerlo in un vicolo cieco. La battaglia fu brutale ma breve. Alec bersagliò il Galb con una raffica di frecce e Jace approfittò del momento per passargli sotto la guardia e trafiggerlo.
Dopo un inseguimento così lungo la battaglia era stata paradossalmente facile. Nessuno si era ferito, nemmeno un graffio. E c'era ancora tempo per tornare all'istituto e festeggiare con gli altri. Chiamarono Clary all'istituto e si diressero di nuovo ai magazzini per recuperare i pugnali di Jace.

Appena la ragazza gli aveva fatto sapere che la bestiaccia era stata eliminata Magnus aveva prenotato - con l'aiuto di un pizzico di magia - un tavolo in un ristorante delizioso, a sbalzo sulla fiancata del Monte Bianco. Molto romantico e di sicuro impatto.
Poi aveva chiamato Alexander.

Il cellulare di Alec aveva squillato mentre si facevano strada fra i capannoni deserti.
“Certo, sì, volentieri, arrivo subito, non vedo l'ora”.
Chiusa la conversazione il ragazzo si voltò verso gli amici e balbetto qualche frase sconnessa: “Per la festa... ecco... io non.... cioè, è che avevo già preso altri impegni... E' Natale e...”
Isabelle rise: “Con Magnus, lo sappiamo. Vai, vai pure. Divertiti!”

Alec era in ritardo, come al solito. Lo stregone sì controllò per la quinta volta allo specchio ma era impeccabile. Per l'occasione si era fatto fare una giacca nuova: di velluto nera con revers in raso, unici tocchi di colore i bottoni di smeraldo e dei vortici rossi e verdi che partivano dalla spalla sinistra e correvano lungo la manica. Completavano l'ensamble pantaloni neri attillati, una camicia di raso rosso scuro, un panciotto dorato e stivaletti neri con profili rossi. Un po' di glitter e l'ombretto rosso rendevano il look natalizio, elegante, sexy... perfetto.
Mancava solo Alexander. Con un sospiro Magnus prese qualche libro antico, un paio di pergamene e delle boccette dall'aria misteriosa e dispose il tutto ad arte sulla scrivania. Il Sommo Stregone di Brooklyn ha una reputazione da difendere, non poteva certo farsi trovare sulla porta ad aspettare il suo ragazzo. Soprattutto non la notte di Natale.

Magnus capii che aveva fatto male i suoi conti nel momento stesso in cui Alec varcò la porta: aveva il fiatone, la maglietta strappata era incrostata di sangue rappreso, i capelli sembravano più arruffati del solito e uno sbaffo nero gli rigava una guancia.
“Mi spiace, sono in ritardo, lo so, mi do una lavata e sono da te” si scusò lo Shadowhunter.
Magnus lo squadrò da capo a piedi. “Non ti preoccupare, avevo da fare. Una giornata pazzesca,” disse portandosi le mani alla testa con gesto teatrale. “In effetti, sono veramente troppo stanco per uscire... preferirei una pizza take-away se non ti spiace troppo. Perché non ti fai una bella doccia calda mentre preparo?”
Alec si chinò in avanti e gli sfiorò le labbra con un bacio: “Grazie. Ti amo!”
Lo stregone sospirò. Quel bacio valeva mille cene sulla neve.

Davanti alla pizza fumante – capricciosa per lui, prosciutto e funghi per Alec – Magnus chiese notizie: “Allora cos'è successo?”
“Ci ha preso di sorpresa. Il Galb era stato bandito e stupidamente avevamo abbassato la guardia. Voglio dire, quanti demoni possono aggirarsi per i magazzini di New York?”
Magnus fece un cenno di assenso.
“E invece no. Siamo passati davanti a un deposito di cotone grezzo – anche quello molto infiammabile - quando ci è saltata addosso la femmina. Erano in coppia i maledetti”.
“Quindi il maschio vi aveva attirati deliberatamente lontano dalla compagna...” ragionò Magnus.
“Esattamente. Ma quando siamo tornati indietro abbiamo fatto una strada diversa e le sono passato accanto. Sono stato uno stupido, non ero attento. È sbucata fuori all'improvviso, mirava al cuore...”
Magnus rabbrividì.
“Per fortuna c'era Jace, ha visto il movimento e mi ha spinto via. Me la sono cavata con un graffio, era più piccola del maschio ma aveva artigli piuttosto lunghi” aggiunse portando la mano al fianco.
“Sei stato ferito da un demone, fammi vedere potrebbe...”
“Non è niente, è bastata la iratze per curarmi. Sia questo che le bruciature”.
“Quali bruciature?”
“Beh, la femmina era molto più combattiva, non cedeva terreno, non fuggiva. Ha attaccato Jace con un colpo di coda, lui ha battuto la testa, sembrava intontito. Mi sono avvicinato per trascinarlo via proprio mentre lo bersagliava con una specie di palla di fuoco. Quando ci siamo rialzati Izzy l'aveva eliminata”.
“Mi è sempre piaciuta quella ragazza”.
“Sì, Isabelle è tosta, non si lascia mettere i piedi in testa da nessuno, nemmeno da un Galg. Comunque, siamo entrati nel capannone e abbiamo trovato il nido. C'erano due tipi di uova...”
“Due tipi, non mi risulta...”
“Già, beh, alcune erano color ambra, gelatinose appese alla parete e altre, per terra, sembravano avvolte in una specie di ragnatela. Jace si è messo a rompere le prime che si stavano già schiudendo, io mi sono diretto a quelle nelle ragnatele”.
Alec fece una pausa e rabbrividì: “Ho estratto il pugnale e ho tagliato l'involucro dell'uovo più vicino. Solo che non era un uovo. Era una testa, la testa di una ragazzina. Ti ricordi i corpi decapitati? Avevamo trovato un cimitero di crani fracassati. In quel momento Izzy ha visto un bagliore nell'ombra. Uno di quei mostri neonati era arrivato a un bozzolo e gli aveva dato fuoco. Si stava mangiando il cervello...”
Magnus guardò la pizza con aria disgustata e posò la fetta.
Alec scosse la testa e diede un bel morso alla sua: “Per questo ci abbiamo messo un po'”.
“Ma appena abbiamo finito di bonificare la zona sono venuto qui di corsa” aggiunse con un sorriso.

Finito di mangiare Magnus sparecchiò con uno schiocco delle dita e si sedettero davanti al camino scoppiettante (lo stregone ne aveva fatto apparire uno, già perfettamente addobbato, all'inizio di dicembre). Raccontò ad Alec qualche aneddoto divertente su natali passati, parlò di Dickens, del Perù e di Versailles ma fu ben attento a evitare qualsiasi accenno a vecchie fiamme.
Da parte sua Alec gli confessò di quando, da bambini, lui e Jace avevano regalato un serpente a Isabelle pensando di farle uno scherzo e di come lei li avesse ringraziati e si fosse avvolta il rettile attorno al collo.

“Ma benché si fosse innamorata del suo nuovo animaletto domestico, sapeva benissimo che avevamo cercato di spaventarla e, per evitare che lo dicesse a mamma e papà, io e Jace abbiamo dovuto promettere che ci saremmo occupati del cibo per il serpente. Per anni abbiamo passato ore nelle fogne per procurarci la “pappa” di Slyther”.
Dopo un paio di drink e qualche altra storiella si erano spostati in camera da letto. Magnus aveva messo le lenzuola di raso dorato, sia perché erano perfette per l'atmosfera natalizia, sia perché gli ricordavano la loro prima volta – a volte era un vero un sentimentale.

Ora Alexander era fra le sue braccia, nella classica posizione a cucchiaio. Si era addormentato appena aveva poggiato la testa sul cuscino e Magnus si godeva il suo respiro e il profumo della sua pelle e del bagnoschiuma al muschio bianco.
Se a inizio anno qualcuno gli avesse detto che avrebbe passato il 25 dicembre a casa, per giunta con la sola compagnia di un nephilim addormentato, lo avrebbe preso per pazzo.
Magnus era immobile, avvolgeva Alec con un braccio, la mano appoggiata sul suo petto. Desiderava ardentemente accarezzarlo, ma il suo cucciolo aveva bisogno di dormire.
Certo che era dura resistere.
Voleva sfiorargli i capezzoli, prima uno poi l'altro, scendere giù, tracciare il contorno di quegli addominali da urlo. Poi ancora più giù, seguire l'invito del triangolo che spariva all'interno dei boxer neri, aderenti, di Calvin Klein (sì, qualche tempo fa gli aveva sostituito tutta la biancheria, ma non era certo che il ragazzo se ne fosse accorto). Giù, giù... Poteva quasi sentire la sua mano che si stringeva attorno pelle vellutata...
Nei suoi pantaloni rossi con le renne qualcosa si svegliò all'improvviso e, in completa autonomia, andò a sfregarsi contro quei boxer attillati.
Fu un attimo, un movimento fulmineo che lo colse alla sprovvista. Magnus si trovò sulla schiena a fissare gli occhi ridenti di Alexander.
“Per caso qualcuno stava facendo pensieri sconci la notte di Natale?” disse il ragazzo, con un sorriso birichino.
Lo stregone era stato preso completamente contropiede e riuscì solo a farfugliare un “Pensavo stessi dormendo”.
“Gli Shadowhunter non dormono mai” rispose Alec mentre, sorreggendosi con una mano sola, gli sfiorava il rigonfiamento del pigiama.
A Magnus scappò un gemito ed era tutto l'incoraggiamento di cui l'altro aveva bisogno.
La mano si infilò sotto l'elastico e strinse un poco.
Lo stregone perse completamente il controllo. Non controllava più il respiro, anzi non respirava affatto. Non controllava più il cuore, che batteva all'impazzata. Non controllava più i suoi occhi da gatto, che riflettevano il cielo di quelli di Alexander.
Fece per ricambiare le carezze ma Alec si bloccò, gli occhi ora scuri come un mare in tempesta. Scosse la testa e gli prese il braccio portandoglielo sopra la testa, poi fece lo stesso con l'altro.
“Non ti muovere” sussurrò.
Si chinò a baciarlo mentre la mano tornava sotto il pigiama.
Magnus sentiva i denti sul proprio orecchio, la bocca sul collo, la scia di fuoco della sua lingua sul petto. Oddio. Stava morendo. Gli mise una mano nei capelli per tirarlo a sé ma ancora una volta Alec si fermò.
“No, no. Stai al tuo posto” lo rimproverò con un sorriso.
Era una tortura. Il clave avrebbe dovuto chiedere ad Alexander di condurre gli interrogatori: in meno di cinque minuti chiunque avrebbe confessato qualsiasi cosa. Magnus non ce la faceva più, ero certo di essere al limite.
Alexander lo guardò negli occhi e mormorò: “Buon Natale Magnus”.
Poi spostò la mano e abbassò la testa...

Parte 2 - Ripensamenti

Alex si svegliò con il sole di dicembre che filtrava fra le tende. Subito i ricordi della notte precedente lo sommersero come una marea. Cosa aveva fatto? Perché? Dio mio... Si tirò su di scatto. Doveva andarsene. Ora, prima che Magnus aprisse gli occhi.
Ma non poteva. Non poteva lasciare che lo stregone si svegliasse da solo, già aveva incasinato tutto.
Corse in bagno e si appoggiò alla porta, come se dovesse tenere fuori tutti i demoni di Edom.
Non che non fosse stato bello, anzi. Era stato... magico. Anche a Magnus era piaciuto, di questo era certo: a un certo punto aveva visto crepitare piccole scintille blu lungo il corpo ambrato dello stregone...
Solo che lui quelle cosa non le faceva e basta. Era un Lightwood. Cioè, sicuramente Izzy... ma non voleva nemmeno pensarci. Non c'era niente di male, anzi. Ma lui, lui non... Come avrebbe potuto guardare in faccia Magnus? Cosa gli era preso? E sì che non aveva nemmeno bevuto.
Doccia. Ci voleva un doccia.

Magnus si svegliò. Fissava il soffitto, proprio come l'aveva fissato la notte prima, quando Alec gli aveva fatto tenere le braccia sopra la testa. Ma l'aveva sempre saputo che Alexander era nato per comandare. Gli pareva ancora di sentire la sua bocca. Era stato... magico. E il sesso dopo... oddio! Poi gli aveva dato il suo regalo – che gli stava fantasticamente – e avevano fatto l'amore ancora e ancora, fino ad addormentarsi l'uno fra le braccia dell'altro.
Si voltò verso il compagno solo per trovare il letto vuoto.

No. No. Dentro di se lo sapeva che era troppo presto, che Alec non era pronto. E ora se n'era andato. Se sapeva che era presto perché non lo aveva fermato? Era solo un egoista. Per un po' di piacere aveva rovinato tutto. La storia più importante degli ultimi cent'anni. Anzi, la più importante della sua dannatissima vita. Compagno, amico, amante, Alexander era tutto e di più.
In quel momento sentì accendersi l'acqua della doccia.
Era ancora lì! Ma nonostante questo sapeva che qualcosa non andava: Alec non si alzava mai prima di lui senza motivo, svegliarsi l'uno accanto all'altro era il momento più bello della giornata

Sarebbe uscito dal bagno, avrebbe salutato Magnus con un sorriso, raccolto i vestiti e, con la scusa di un'urgenza, sarebbe tornato all'istituto dove si sarebbe chiuso in camera per il resto della vita. Semplice, lineare. Un piano perfetto.
Si avvolse un asciugamano intorno alla vita, prese un bel respiro e aprì la porta.

“Hey Magnus, ben svegliato”. Il tono pareva falso anche alle sue stesse orecchie.
La maglietta era ai piedi del letto. Si avvicinò. Alla maglietta. Al letto. A Magnus.
“Alec. Oggi sei mattiniero”. Anche la sua voce era tesa. I suoi occhi pieni di dubbi, paura, speranza.
Ma che cavolo stava facendo? Come potevano un amore così grande, delle sensazioni così belle, essere sbagliate? Alec poteva sentire il cuore di Magnus martellare insieme al suo.
Al diavolo la sua eterna insicurezza: “Senti, dobbiamo parlare di ieri sera...”
Magnus scattò a sedere. “Sì certo. Io...” Non riuscì a proseguire. Sapeva cosa sarebbe successo dopo. Era stato uno sbaglio, doveva rifletterci, era meglio se non si fossero visti per un po'. Cazzo! (Lui non imprecava mai, ma a volte non si può farne a meno).
Il ragazzo fece un altro passo avanti. Il suo cuore sapeva cosa voleva. E il suo corpo anche. Lasciò cadere l'asciugamano. “Penso che tu mi debba qualcosina...” disse con un sorriso.
Lo stregone rimase senza fiato. Quel corpo perfetto, nudo tranne per le rune e l'ala d'angelo sul petto... “Sei sicuro?”
Alec si guardò: “Tu che ne dici?”
Magnus aveva ritrovato la sua flemma: “Dico, Shadowhunter, che devi tornare a letto. Subito”.

   
 
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