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Autore: Roiben    15/01/2020    0 recensioni
[Arsène Lupin (Maurice Leblanc) – Sherlock Holmes (Arthur Conan Doyle)]
Quando si ha per le mani un caso delicato e la concreta possibilità di fallire, nella migliore delle ipotesi, o di venire arrestati nella peggiore, in che modo risolvere un problema che sembra non avere sbocchi? A chi chiedere un estremo aiuto? Quando un uomo probo è disperato, prende decisioni disperate.
|Revisionata 11.08.2020|
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, John Watson, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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25 - Inviti a colazione e colloqui con un demonio 

 

 

 

 

 

Risalendo in carrozza Holmes avverte su di sé lo sguardo curioso e indagatore dellamico, ma finge con perizia di non essersene affatto avveduto e invece prende a scrutare oltre il finestrino, mentre la carrozza li conduce fuori dal quartiere del palazzo reale e in zone meno pretenziose. 

 

«Non volete quindi dirmi nulla riguardo allincontro?» rompe il silenzio Watson dopo diverso tempo trascorso ad attendere invano qualche parola dallinvestigatore. 

 

Holmes sospira e solleva gli occhi sul dottore seduto al suo fianco e intento a scrutarlo con una certa preoccupazione. «Sospetto che avrei potuto gestire la situazione in modo migliore. Ma linaspettata sorpresa di trovarmi al cospetto della futura regina deve avermi spiazzato a tal punto da offuscare temporaneamente il mio giudizio». 

 

Allocchiata colma di stupore, forse addirittura sconvolta di Watson, Holmes comprende di dover a quel punto fornire maggiori dettagli, pertanto, poiché hanno davanti a loro ancora una certa quantità di strada da percorrere, dà inizio al suo resoconto dettagliato dello svolgimento dellincontro a palazzo, al termine del quale Watson non è più stupito, ma letteralmente sbalordito, più che altro dallinsospettabile audacia della principessa Alexandra. 

 

«Così ora, oltre a noi due e alla squadra di Lupin, anche la Principessa conosce i retroscena» considera Watson. 

 

«Dimenticate sir Dominick. Dubito che Lupin si sia limitato a estorcergli la verità. Bisogna considerare la seria possibilità che lex-segretario sia a conoscenza di chi si è trovato a dover fronteggiare nel suo momento più buio. E se sir Dominick è a conoscenza di questo è lecito aspettarsi che lo verranno a sapere anche gli inquirenti, e dopo di loro i giornalisti, e solo il cielo sa quanto tempo passerà prima che lo sappia lInghilterra intera. E allora avremo un serio problema, o per lo meno, ce lo avrà Lupin» rettifica Holmes. 

 

Il dottore scuote la testa, perplesso e divertito. «Giusto. Immagino che voi siate del tutto disinteressato a tale infausta prospettiva». 

 

Linvestigatore si impermalisce, mettendo il broncio. «Non ho detto questo» rimbecca seccato. 

 

«No? Eppure mi era parso» lo punzecchia lamico. 

 

«Smettetela» sibila, tornando a fissare la strada che scorre sotto le ruote della carrozza, tentando di non pensare alle conseguenze di certe azioni ma fallendo su tutta la linea. 

 

 

 

Arrivati in Baker Street, il dottor Watson scende dalla carrozza e si volta, scoprendo che lamico non lo ha seguito né sembra intenzionato a farlo. Allora reclina la testa e torna accanto allo sportello alla ricerca di spiegazioni. 

 

«Che vi succede, amico mio? Siete pensieroso in un modo che mi angustia». 

 

«Me ne rendo conto. Può darsi che la mia testa stia ingigantendo un problema di poco conto ma, come avete subdolamente fatto notare voi, sento la necessità e lurgenza di provvedere al riguardo». 

 

«Questoggi?» tituba Watson, aggrappato al finestrino della vettura. 

 

«Esatto, oggi stesso, onde evitare di perdere del tempo che potrebbe essere prezioso. Spero di ingannarmi, tuttavia, se così non fosse, per lo meno avrò la consolazione di non aver atteso lineluttabile con le mani in mano». 

 

«Capisco. Desiderate che vi faccia compagnia anche in questa vostra nuova missione?» offre generoso. 

 

Holmes però scuote la testa in un deciso diniego. «Non adesso. Non ancora. Ma grazie per la vostra preziosa offerta». 

 

Watson annuisce e scambia poche parole con il vetturino per dargli istruzioni sulla nuova destinazione dellamico, poi saluta questultimo e lo osserva allontanarsi a bordo della carrozza, augurandosi che la situazione possa sistemarsi nel migliore dei modi, nonostante i fondati dubbi in proposito. 

 

 

 

Giunto alla residenza di Lupin e disceso dalla vettura, si ritrova sulla soglia in una grave quanto imbarazzante indecisione dellultimo minuto, rammentandosi con malaugurato ritardo dellultima occasione nella quale è stato a far visita al ladro francese proprio in quel luogo e delle conseguenze, nonché dellaffatto calorosa accoglienza. Spera, in qualche modo, che in questo caso possa andare meglio, per quanto ci creda poco, iniziando a conoscere il cameriere personale di Lupin. A ogni modo, poiché si trova oramai lì, tanto vale suonare il campanello e vedere come volge la situazione. Così in effetti fa, e deve attendere qualche lungo minuto poiché forse il cameriere si trova in un punto lontano della casa. Infine, quando ode con distinzione il chiavistello che scorre e vede luscio che ruota silenzioso sui cardini, le sue spalle si raddrizzano di loro volontà, irrigidendosi per lanticipazione. 

 

«Signor Holmes?» è la prima, stranita reazione di Cyril, una volta scostato luscio quel tanto da poter scorgere il nuovo, inatteso visitatore. Non che linvestigatore sia mai particolarmente atteso, si intende. Ma questa volta sospira e leva il catenaccio, scansandosi per farlo entrare senza una parola, né di protesta né di invito. 

 

Titubante, Holmes soqquadra con un leggero sospetto luomo sullentrata, giusto per essere sicuro che non gli verrà giocato qualche pessimo tiro mentre si crede al sicuro e bene accetto. Poiché così sembra, o quanto meno il cameriere non dà lidea di volerlo tramortire con un qualunque corpo contundente né sbeffeggiare o insultare in alcun modo, si risolve a fare qualche cauto passo avanti e superare luscio, entrando per lennesima volta in quella casa gelida. 

 

«Potrei forse non risultare gradito» considera prudente. «È stata una decisione dellultimo minuto, perfettamente arbitraria ma dipendente da probabilità che mi sono da subito parse piuttosto urgenti. Mi scuso nel caso in cui dovessi arrecare disturbo» termina, ritenendo di aver posto le basi per una conversazione più che civile. 

 

Cyril sorride e linvestigatore si tende, dispostissimo a scattare per trovare una veloce via di fuga. Tutto sommato non sembra però necessario, poiché il sorriso di Cyril non dà lidea di essere derisorio né minaccioso. 

 

«Non posso affermare in tutta onestà che siate il benvenuto, ma credo di dovervi delle scuse, poiché il mio recente comportamento è stato piuttosto odioso e, mio malgrado, me ne rendo conto con ampio ritardo e per questo ho colto la presente occasione per parlarvene. Dovrei anche mettervi al corrente che, nel probabile caso in cui siate qui per il signore, sono malauguratamente in dovere di dirvi che, ancora una volta, egli non è disponibile. Nel presente caso, sta riposando». 

 

Holmes, interdetto da quella sfilza di parole e già fin troppo nervoso, schiude le labbra, sorpreso oltre ogni dire. «Dorme? Ma... Sono solo le cinque di pomeriggio» prova a protestare in un mormorio costernato. 

 

Cyril invita Holmes a seguirlo per farlo accomodare in uno dei salotti al pianterreno, e quando sono seduti entrambi il cameriere, con un certo imbarazzo, prova a spiegare. «In verità la giusta costruzione del concetto sarebbe: “sono già le cinque del pomeriggio”. Poiché, vedete, dorme da ieri notte. Ma non è la prima volta che capita, sapete? Il fatto è che è rimasto sveglio per troppi giorni consecutivi, e poiché ora ha risolto un paio dei maggiori problemi che gli si ponevano di fronte e ha qualche momento di libertà prima di ricominciare, ha colto loccasione per recuperare il sonno perduto. Se tutto andrà come deve, entro domani mattina sul tardi sarà di nuovo fra noi, perfettamente operativo». 

 

«Non ne avevo idea. Io... Mi dispiace, non ero al corrente di questo particolare» soffia, con gli occhi sgranati e il respiro appena affrettato. Inoltre si rende conto che, in quel frangente, non vè assolutamente nulla che possa fare per evitare che le sue previsioni possano avverarsi. Di certo non ha intenzione di costringere Lupin a svegliarsi, per primo perché sarebbe molto scortese da parte sua per non dire di peggio, e per secondo perché una visita nella sua camera da letto gli è bastata per il resto dei suoi giorni e non ci tiene affatto a replicare lesperienza. 

 

«Si tratta forse di una qualche questione di grave importanza?» chiede Cyril, notando il suo sconforto. «Nelleventualità potrei provare a svegliarlo, se fosse strettamente necessario. Ma non chiedetemi di entrare da lui senza permesso. Ho già rischiato la pelle una volta; la seconda sarebbe suicidio» commenta serio, ma con una punta di ironia che brilla negli occhi. 

 

«No! O meglio, lo sarebbe, ma neppure io penso sia il caso di disturbarlo in questo momento. Credo, o meglio, spero che si possa aspettare ancora». 

 

«Sono indiscreto se chiedo di che cosa si tratta?» si azzarda Cyril, oramai decisamente incuriosito. 

 

Holmes lo fissa con sorpresa, non sapendo se essere grato o scandalizzato da tale interessamento. Comunque alla fine decide di non anticipare nulla e di tornare in un momento più appropriato. Quindi Cyril lo invita a presentarsi di nuovo lindomani, dopo le dieci, poiché prima non è certo che il suo padrone sia già presentabile, e inoltre per quellora potrà partecipare alla colazione. Linvestigatore, per quanto poco propenso allidea di condividere un qualsivoglia pasto con quei francesi, si risolve ad accettare linvito e perfino a ringraziare per la pazienza e la fiducia accordatagli. Così, con un nulla di fatto, se ne fa ritorno al suo appartamento nel quale lo attende lamico dottore, con tutta probabilità già munito di qualche decina di domande fuori luogo. 

 

 

 

Apre gli occhi, si stiracchia distendendo le membra languide, sbadiglia e come un gatto inarca la schiena, mormorando deliziato per il piacevole tepore delle coperte. Sfarfalla le ciglia, osservando gli arabeschi creati dal sole sul soffitto. Quando è sul punto di riappisolarsi, beato, il suo stomaco brontola indignato per la scarsa considerazione, quindi riapre gli occhi e si mette a sedere, scompigliandosi i capelli con le mani e guardandosi attorno nel tentativo di fare un punto sulla situazione. La sua ricerca ha esito positivo quando il suo sguardo dubbioso si posa su una piccola scatola in legno intarsiato posata sulla sua scrivania. Annuisce, rammentando gli avvenimenti più recenti, e subito dopo si chiede quanto tempo sia trascorso dal momento del ritrovamento di quel ninnolo antico verso il quale non riesce a fare a meno di provare compiaciuta tenerezza. 

 

«Avanti, pelandrone di un Lupin, è ora di alzarsi, o pianterai radici in questo letto!» si sprona con decisione, per quanto il richiamo delle calde coperte sia forte e difficile a resistere. 

 

Sbuffa, occhieggia la finestra chiusa, attraverso le cui imposte filtra la luce di un sole splendente che lo chiama a gran voce. Alla fine si sbarazza con un gesto imperioso delle coperte, rabbrividendo, e balza fuori dal letto, marciando risoluto verso il bagno e buttandosi quasi di peso sotto la doccia. 

 

Molti minuti dopo ricompare in camera con i capelli fradici e gli occhi arrossati ma un largo sorriso soddisfatto, e si mette di puntiglio a frugare nellarmadio alla ricerca di un abito adeguato alla giornata. O meglio, alla mattinata, riconsidera, sbirciando le lancette del suo orologio posato sul comodino: solo le nove di mattino, dopo tutto. Ma di quale giorno? Lasciando momentaneamente da parte la scelta di cosa indossare, si affaccia dalla porta della camera sul corridoio e scruta nella perenne penombra, rabbrividendo di nuovo, questa volta a ragione visto il freddo quasi siberiano che circola là fuori. Zampetta di nuovo dentro, si intrufola nellarmadio quasi del tutto e ne recupera una pesante veste da camera, poi si riaffaccia sulluscio. 

 

«Questo posto somiglia sempre di più a una steppa abbandonata perfino dai lupi» considera, storcendo il naso. 

 

A rapidi passi e scrutando con attenzione ogni angoletto buio dei paraggi, va in cerca di qualche anima caritatevole che gli sappia dare qualche buon indizio, nella fattispecie lobiettivo è ritrovare Cyril. Apre la porta della camera da letto del cameriere, ma come si aspettava di lui non cè traccia. Richiude e riparte nella sua spedizione. Bussa alla porta seguente, quella di Caitlin, ma nessuno risponde. Sbuffa. Si risolve a scendere da basso, percorrendo quasi di corsa gli scalini. In salotto non si vede nessuno. Aguzza ludito ma non sente assolutamente nulla eccetto il proprio respiro. Come estrema risorsa, prende la strada per la sala da pranzo, nella quale non trova anima viva, ma per lo meno è apparecchiato, quindi con una nuova speranza si dirige verso la cucina e lì, finalmente, ritrova sia Cyril che Caitlin, intenti a parlottare fra loro. 

 

«Diable! Era ora, iniziavo a credere vi foste trasferiti al mare» esordisce, attirando lattenzione di entrambi. 

 

«Signore» affanna Cyril, accennando qualche timido passo in sua direzione. 

 

«Siete sveglio!» esclama Caitlin, gettandosi senza remore su di lui nel tentativo palese di soffocarlo di attenzioni. «Mi siete mancato immensamente». 

 

«Davvero? Che cosa mi sono perso di bello?» indaga il padrone di casa. 

 

«Oh, una discreta quantità di notizie più o meno inaspettate, e circa un giorno e mezzo» sintetizza Cyril. 

 

«Un giorno e mezzo. Mince!» considera, rammaricato ma non troppo sorpreso. Il suo stomaco attira di nuovo lattenzione con prepotenza e il proprietario del suddetto solleva gli occhi su Cyril. «Cè di che nutrirsi? Ho una fame spaventosa» ammette, saettando lo sguardo a destra e a manca in cerca di cibo. 

 

«Certo, signore. Se volete accomodarvi in sala da pranzo, sono subito da voi» promette Cyril. 

 

 

 

Cyril, mentre il suo padrone si riempie lo stomaco vuoto da ormai più di trentasei ore, gli ha mostrato i giornali del giorno precedente e per buona misura anche quelli di quella mattina, facendogli notare, non senza una certa apprensione, di come tutti parlino del suo exploit, seppur senza conoscere i dettagli di tutta loperazione. Prima di dimenticarlo, gli riferisce anche della visita dellinvestigatore del pomeriggio precedente e della probabilità che si ripresenti tra non molto, non è escluso, per condividere le ansie dello stesso Cyril. 

 

Lupin ha sbirciato con una certa curiosità i titoli dei quotidiani e ascoltato con sorpresa il resoconto di Cyril riguardo a Holmes, ma senza commentare né sembrando particolarmente impressionato dagli ultimi avvenimenti. Si sta apprestando a divorare la sua quinta fetta di pane ricoperto di burro e una sconsiderata quantità di confettura ai lamponi quando il campanello di entrata trilla. Scocca unocchiata alla pendola della sala da pranzo che segna venti minuti alle dieci. Sogghigna. «Il nostro buon investigatore è sempre in anticipo. Va pure, Cyril. Evitiamo di fargli prendere troppo freddo». 

 

«Giusto: ormai ha una certa età» mormora Cyril, senza il reale intento di non farsi udire, e infatti Caitlin ridacchia e il padrone di casa si limita a sollevare gli occhi al cielo, facendogli segno con la mano di sbrigarsi. 

 

Oltre luscio, nemmeno a dirlo, Sherlock Holmes attende con palese nervosismo mentre il suo fiato si congela allistante raggiungendo laria esterna. Cyril porge un breve saluto con il capo e spalanca la porta. 

 

«Prego, entrate pure» offre, affrettandosi a richiudere una volta che l’ospite ha accettato l’invito poiché quella mattina la temperatura esterna è, caso strano, di molto inferiore a quella che si registra nella villa. «Vi faccio strada» avvisa, conducendo l’investigatore oltre l’atrio ma senza accennare a salire le scale. 

 

Insieme giungono allinterno di un salone che, dopo un rapido sguardo di insieme, Holmes si convince essere una sala da pranzo. Poi i suoi occhi si posano sul padrone di casa che, al suo sopraggiungere, si è alzato da tavola e lo sta raggiungendo ad ampie falcate con un enorme sorriso soddisfatto e gli occhi luccicanti, non ha idea se di letizia o malizia, forse entrambe. Se non altro questa volta è vestito, o per lo meno indossa una rispettabilissima giacca da camera. 

 

«Monsieur Holmes, vi aspettavo! Che gioia avervi di nuovo qui» esclama esuberante e, con somma costernazione di Holmes, senza sprecarsi ad arrestare i propri passi a ragionevole distanza, ma proseguendo fino a invadere il suo spazio vitale e quasi soffocandolo in un brioso abbraccio che, per fortuna, viene interrotto prima che allinvestigatore saltino le coronarie. 

 

Leggermente scombussolato dal benvenuto eccessivamente caloroso, allospite occorrono svariati secondi per scrollarsi di dosso lottundimento. Infine lo fissa con una punta di biasimo e scuote la testa. «Vi ci divertite proprio, non è così?». 

 

«Immensamente» ammette Lupin con candore. 

 

Holmes rotea gli occhi, esasperato«Siete incorreggibile». 

 

«Forse» considera, facendo spallucce. «Ma in fondo non faccio del male a nessuno. E voi, mio caro amico, siete sempre una tale tentazione» dichiara, ammiccante. 

 

«Posso resistere a tutto, fuorché alle tentazioni» mormora Holmes, sembrando intento a ragionare fra sé. 

 

Lupin sgrana gli occhi. «Voi leggete Wilde?» domanda, piuttosto sorpreso. 

 

«Qualche volta. Se vi sono costretto» replica, sibillino. 

 

Per poco il padrone di casa soffoca nel tentativo lodevole ma vano di trattenere una risata. «Chi mai dovrebbe costringervi a occupare il vostro tempo con la letteratura, Monsieur?». 

 

«La società. Niente come essa sa imporre obblighi per lo più sgradevoli e sgraditi». 

 

Lupin sfarfalla le ciglia, interdetto, poi stiracchia le labbra in un amaro sorriso. «Non avete idea di quanto vi comprenda» commenta, mentre suo malgrado diviene serio. «Ma come al solito dimentico i miei doveri. Vi prego, venite, sedetevi e, se lo desiderate, servitevi della nostra colazione» invita, riprendendo un atteggiamento spensierato che gli si confà maggiormente. 

 

Holmes accetta non senza una certa titubanza linvito ad accomodarsi, ma sembra maggiormente restio a beneficiare della tavola riccamente imbandita, al contrario del padrone di casa che, non appena ripreso posto a tavola, torna anche al precedente impegno con il suo personale banchetto. 

 

«Vedo che vi siete ripreso» rompe il silenzio linvestigatore, facendo sollevare uno sguardo indagatore a Lupin. «Ieri pomeriggio sono passato da voi, ma stavate riposando e, daccordo con il vostro cameriere, ho ritenuto più saggio rimandare lincontro a oggi» spiega con calma. 

 

Inghiottito lultimo boccone e ripulitosi le labbra con un tovagliolo di lino di un acceso color malva, Lupin torna a prestare attenzione allospite. «Oui, Cyril mi ha parlato della vostra visita, cui mio malgrado non ho potuto presenziare. Mi scuso per avervi fatto fare un viaggio a vuoto. Qualche volta dimentico di essere umano, vous savez». 

 

Holmes annuisce. «Sì, ho una precisa idea di ciò che intendete dire. Vi sono momenti in cui capita anche a me di scordarlo». 

 

Lupin sorride, compiaciuto, poi lo osserva, notandone il leggero pallore. «Non vè nulla che attiri il vostro interesse sulla mia modesta tavola? Forse avete differenti gusti rispetto a noi francesi» pondera, dispiaciuto. «Se voleste illustrarmeli, posso cercare di provvedere così da accontentarli» offre, pieno di buoni propositi. 

 

Schiude le labbra, interdetto. «Non è necessario, davvero. Temo di non essere un buon ospite da questo punto di vista» cerca di spiegare, nonostante in questo caso senta di non esserne del tutto in grado, soprattutto dopo aver notato la lieve smorfia delusa del padrone di casa. Sospira, riflettendo su quante siano le difficoltà del vivere civile. «Forse... della frutta» propone, pensando che possa essere la soluzione più semplice e capace di accontentare il padrone di casa e i suoi inutili tentativi di farlo sentire a suo agio. 

 

Lupin sgranocchia allegramente del cioccolato mentre Holmes sbocconcella svogliatamente uno spicchio di mela. «Dunque, Monsieur Holmes, avete voglia di dirmi come mai eravate passato a trovarmi ieri pomeriggio? Si trattava di una semplice visita di cortesia o, come posso immaginare, vi è qualcosa di più importante di cui desiderate parlarmi?». 

 

«La vostra seconda opzione è quella più corretta. Avete per caso trovato del tempo per leggere i giornali?». 

 

«Ho dato una veloce scorsa ai titoli. Del resto me ne ha parlato Cyril che di sicuro ieri ha avuto tutto il tempo per documentarsi. Ritenete siano notizie preoccupanti?». 

 

«Esse sole, no. Tuttavia, unite ad altri fatti, è possibile». 

 

«Eh bienjaimerais écouter questi altri fatti di cui parlate, così che anche io possa farmene un quadro più preciso e soppesarne le possibili implicazioni, volete?». 

 

Holmes annuisce e decide di partire dal suo incontro inaspettato con la Principessa, e di quel che ne è seguito, spiegandogli delle decisioni che si è visto praticamente costretto a prendere e che in realtà erano a senso unico. «A tal proposito, io... Mi rendo conto solo ora di non avervi neppure porto i miei ringraziamenti per tutto ciò che avete fatto in questi giorni e... Temo di poter esservi parso molto ingrato, in effetti» tentenna, imbarazzato. 

 

«Oh, no, affatto! Tutto al contrario, Monsieur» protesta Lupin. 

 

«Non capisco. Cosa intendete dire?» dubita, aggrottando la fronte. 

 

«Mais, cest évident, Monsieur! Non avete forse voi appena concluso il vostro racconto dellincontro con ladorabile principessa Alexandra? Voi forse faticherete a credermi, poiché a volte parlo troppo e appaio un po presuntuoso e pieno di me, nest-ce pas? Ma vi assicuro che sono anche un buon ascoltatore. Vi avevo chiesto lo speciale favore di portare i miei omaggi e auguri alla Principessa, e voi siete stato tanto gentile da voler tentare di esaudire questo mio piccolo capriccio. Lo potete vedere da voi, Monsieur: a me, questo, pare il migliore dei ringraziamenti per il lavoro svolto». 

 

«È stato solo un caso» soffia Holmes, turbato. 

 

Lupin sorride e scuote la testa. «È stato un caso quello di esservi trovato al cospetto della Principessa in luogo di uno qualsiasi dei suoi rappresentanti ufficiali, su questo non discuto. Tuttavia non posso appoggiare la vostra idea che sia stato un caso la vostra menzione del mio piccolo messaggio alla diretta destinataria di quello stesso messaggio. Quello non è stato casuale, ma premeditato ed eseguito con una certa maestria, come ha appurato la stessa Principessa». 

 

«Se sostenessi che non avevo idea di quel che stavo facendo?» tenta Holmes come ultima carta, saettando lo sguardo per il tavolo e cercando con impegno di non incrociare quello del padrone di casa. 

 

«Sarei costretto a farvi notare che una menzogna dovrebbe essere gestita con maggiore cura, se non vuol apparire immediatamente come tale. Ma vedo che questo argomento vi angustia e non desidero turbarvi ulteriormente. Pertanto accantoniamo la questione delle vostre supposte e niente affatto comprovate mancanze, e parliamo invece delle vostre preoccupazioni per il mio buon nome» propone, sogghignando allocchiata esasperata dellospite. 

 

«Siete un insopportabile fanfarone» borbotta Holmes. 

 

«Ne sono consapevole. Ma detto da voi non lo ritengo un insulto. Diverso sarebbe se a pensarlo e affermarlo fosse unadorabile fanciulla che sto cercando di conquistare. Ah, quello sì sarebbe un gran colpo al cuore» esclama con ardente disperazione, ridacchiando subito dopo. Esasperato, Holmes sbuffa e dà segno di volersi accomiatare, ma Lupin si alza a sua volta, allarmato. «Attendez! Giocavo. Era solo una burla. Restate, ve ne prego». 

 

Holmes si massaggia le tempie, stremato, ma accetta comunque di rimanere. «Ritengo che le mie preoccupazioni abbiano una base reale. Non potrei giurare che porteranno alla conclusione che temo, ma se questo fosse il caso, vorrei fare ciò che posso per evitarlo, o al limite per mitigarne le conseguenze. Ora, ditemi, credete che io abbia ecceduto nel prevedere infausti scenari?» 

 

«Mais, Monsieur Holmes, voi sembrate del parere che la vostra polizia possa presto presentarsi sulle mie tracce. La domanda che mi pongo, a questo punto, è: come?». 

 

«Voi avrete probabilmente rivelato la vostra identità a sir Dominick» accenna Holmes. 

 

«Questo è poco ma sicuro. Era molto irritante. Mi ha persino insultato, quel cane» borbotta Lupin, indignato al ricordo delloffesa al suo onore. 

 

Holmes scuote la testa, sconfortato. «Signor Lupin, vi devo forse ricordare che siete un ladro?». 

 

Locchiataccia che gli propina Lupin ha poco o nulla di comprensivo. «Non ve nè alcuna necessità, lo ricordo alla perfezione. Ma perché questo dovrebbe dare a chicchessia il diritto di offendere la mia persona e la mia intelligenza? E a parte questo, io non me ne vado in giro a rubare a chiunque incroci il mio cammino, vous savez? Sottraggo quel che più mi piace a gente che meriterebbe ben di peggio che una casa svuotata di qualche opera darte; e di sicuro non ho mai derubato vecchiette che attraversano la strada od operai alluscita della fabbrica, per chi mi avete preso?» si inalbera. 

 

«Temo abbiate frainteso le mie intenzioni, e per vostra informazione non avevo alcuna intenzione di insultarvi, non in questo caso almeno. La questione è che sir Dominick è stato arrestato, e con tutta probabilità a questora gli inquirenti avranno già un quadro abbastanza preciso di come si sono svolti i fatti. Da cui si deduce che entro due giorni al massimo il vostro nome sarà sulla bocca di ogni inglese che non sia analfabeta. Così vi è più chiaro?». 

 

Il padrone di casa non appare tuttavia nemmeno lontanamente turbato quanto si sarebbe atteso linvestigatore, anzi, sfoggia un inquietante ghigno lupesco. «Bien, avrei preferito che succedesse dopo il furto alla villa di sir Dominick, ma non si può fermare il progresso, nest-ce pas?». 

 

«Di che diamine state parlando?» sbotta Holmes 

 

«Della fama, Monsieur Holmes. Parlo di quel che avete detto pocanzi: il mio nome sulla bocca di tutti. Non è esaltante?». 

 

«Sì, se volete alle calcagna ogni singolo poliziotto sul suolo britannico» strascica sarcastico. 

 

«Oh, suvvia, vi date troppo pensiero. Perdonate se mi permetto, ma dubito che i poliziotti inglesi siano molto più sagaci e svelti di quelli francesi. Sul serio credete sia così semplice mettermi le mani addosso? Vi faccio notare che, prima di accettare il vostro generoso invito qui a Londra, me ne stavo comodamente a girarmi i pollici nella mia casa di Parigi (una delle mie case di Parigi, sarebbe più corretto dire). E nessuno è mai venuto a cercarmi per mettermi al fresco». 

 

Holmes solleva un sopracciglio, scettico. «Rammentate che vi ho scritto, al vostro indirizzo? Come vi ho trovato io, possono farlo molti altri». 

 

Lupin ride, divertito. «Non avevo idea che poteste sfoggiare tanta umiltà, Monsieur. È vero: voi mi avete trovato. Siete altrettanto certo che potrebbe farlo chiunque altro, con altrettanta semplicità? Personalmente ne dubito, ma se anche fosse, non aspetterei certo che mi arrivassero sotto casa per spostarmi altrove. Davvero, pensate sia uno sprovveduto?». 

 

«Vorrei poter essere altrettanto ottimista. Ma ho la tendenza a vagliare sempre le ipotesi peggiori. Cosa vi fa pensare che, nel momento in cui sarete pronto, non troverete sulla porta della villa di Ashley-Cooper un contingente di Scotland Yard ad attendervi?». 

 

Gli occhi del padrone di casa si socchiudono mollemente. Sogghigna sornione. «È molto semplice: perché non avranno tempo a sufficienza per organizzarsi. Ho anticipato la visita alla villa a questa sera». 

 

«Questa sera?» soffia Holmes, gli occhi sgranati per la sorpresa. «Ma credevo aveste deciso di... E quella vostra famosa lettera, dunque?». 

 

Lupin scuote una mano in aria. «A beneficio dellex-segretario e dei creduloni di Scotland Yard, ovviamente. Sir Dominick non è più fra i piedi per godersi lo spettacolo. A che scopo attendere il giorno ufficiale? Sarebbe sciocco da parte mia non approfittare del fatto che al momento, salvo qualche povero piantone e pochi domestici, la villa è del tutto sguarnita, non credete anche voi?» gongola deliziato. Si allunga sulla tavola, accostandosi allinvestigatore, e gli scocca un sorriso malizioso. «Dite la verità: volevate essere presente alla mia entrata in scena, nest-ce pas? Magari dare una sbirciatina mentre qualche commissario impettito mi avrebbe condotto dietro le sbarre, hein?». Ride, apparentemente divertito dalla prospettiva, poi scuote lindice davanti al naso dellinvestigatore. «Spiacente di deludervi, Monsieur, ma ho altri progetti: le delizie della villa di sir Dominick mi attendono con trepidazione, e poi me ne farò ritorno a Parigi, liberandovi dallansia di avermi intorno. Non siete felice?». 

 

«Capisco» soffia Sherlock Holmes, distogliendo lo sguardo. «Sono lieto di sapere che avete adottato le necessarie misure per proteggere il vostro investimento. Ora, se volete scusarmi, credo sia giunto il momento di togliere il disturbo». Detto ciò si rimette in piedi e dedica unultima fugace occhiata al padrone di casa, prima di allontanarsi dalla tavola. 

 

Arsène Lupin, attonito, non trova neppure il tempo per comprendere l’evolversi della situazione che già il suo ospite si è congedato, raggiungendo da sé l’uscita. A poco vale affrettarsi a seguirne i passi; una volta guadagnato l’atrio non gli resta molto altro da fare se non fissare di spalle la figura dell’investigatore che già si allontana ad andatura sostenuta da casa sua. Preme le labbra in una smorfia addolorata e indietreggia a tentoni di pochi passi. Urta con forza il palmo di una mano contro lo stipite della porta, alterato. «Lupin, che imbecille sei» sbotta. 

  
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