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Autore: violetmoon888    16/01/2020    0 recensioni
Non riuscivo a capire, non riuscivo proprio a capire come fosse possibile. La mia vita era cambiata in quelle poche settimane. Lo shock, era chiaro che lo stato di adrenalina e confusione impediva agli altri di parlare. Sentivo il respiro di Jasper accelerare. Mi stringeva ancora la mano. Immobile io fissavo il cielo, quel bagliore bluastro che quell’angelo aveva lasciato. Restammo tutti pietrificati come statue per qualche minuto. Poi fui io a sbloccarmi. Guardai Jasper, lo sentivo, provava una sensazione nuova, era spiazzato e mi fissava trasognato. Lo scossi leggermente e mi lasciò la mano si voltò verso gli altri, mi girai anch’io. Carlisle, il più lontano da noi fece qualche passo e sillabò un i-n-c-r-e-d-i-b-i-l-e.
ATTENZIONE: Questa storia è da definirsi un sequel, è necessario leggere la precedente, "NON SO PIU' CHi SONO" sulla mia pagina.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jasper Hale | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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POV JASPER

La tirai fuori dall’acqua il più in fretta possibile, non respirava, e per sollevarla dovetti impiegare una certa forza, era come se qualcosa la tenesse inchiodata al fondo della vasca. Non appena il viso attraversò la superficie dell’acqua aprii gli occhi prendendo ampie boccate d’aria;
“Alice, va tutto bene, calmati adesso, sono qui” il corpo era come attraversato da scariche elettriche, si aggrappò a me, tremante, annaspando, cercando di evitare il contatto con l’acqua, quasi fosse doloroso. La sollevai completamente e l’adagiai sul tappeto, feci scivolarle addosso l’asciugamano che aveva appoggiato al lavandino. Mi teneva stretta la maglietta, mi abbracciò, i respiri accelerati.
“Sei al sicuro Alice, shhh” tremava come una foglia, appoggiai il mento sulla sua fronte continuando ad accarezzarle i capelli bagnati. Dopo qualche minuto smise di tremare. Era di nuovo quel sogno. Stavolta però mi aveva spaventato, non ne era mai stata così presa. Mi scostai per guardarla in faccia e nello stesso momento lei sollevò la testa.
“Meglio?” annuì, una lacrima argentea le solcò una guancia,
“Mi dispiace Jazz, mi dispiace, non dovevo parlarti così, non dovevo” strinse ancora di più tra le dita il lembo della mia maglia, era straziante vederla così, non potevo continuare a colpevolizzarla.
“A me dispiace, mi sono comportato da idiota, ti ho ignorata per giorni, come un bambino” le presi la mano,
“Ti ho detto delle cose che non penso davvero” si avvicinò a pochi centimetri dal mio volto,
“Jasper non lo penso davvero” le spostai una ciocca di capelli fradici,
“Mi sono arrabbiato perché c’è un fondo di verità in quello che hai detto, e odio sentirmi vulnerabile, lo sai” abbassò lo sguardo,
“Ho bisogno di te, Aiden ha bisogno di te, senza te io non ce la faccio, non respiro, non” la fermai, prendendole il viso tra le mani e baciandola intensamente, le sue labbra, l’odore della sua pelle a contatto con la mia, il respiro che gravitava verso i miei polmoni, mi era tutto terribilmente mancato.
“Io non ti lascerò mai, capito, non importa quanto potenti siano loro, io non ti lascerò mai affrontarli da sola” le sussurrai poggiando la fronte contro la sua.



 
 
 
POV ALICE

La sensazione di freddo era quasi sparita, eppure tremavo impercettibilmente, Jasper mi prese fra le braccia e mi portò in camera da letto, mi adagiò sul letto e cominciò a smistare nei cassetti. Presi due grossi cuscini e li sistemai in modo da potermi appoggiare senza distendermi completamente. Ascoltai attenta i rumori della casa, nulla furchè noi, ero sollevata di non aver svegliato Aiden, non mi aveva mai vista in quello stato. Jasper si avvicinò sedendosi sul bordo del letto, aveva preso delle creme e del mercurio.
“Meglio medicare le ferite, va bene?” gli presi la mano e annuì dolcemente, sentivo che le cose fra noi sarebbero tornate come prima, mi girai di schiena e tolsi l’asciugamano,  mise del mercurio poi sul graffio della guancia,
“Questa dovrebbe alleviare il dolore”  prese una crema vischiosa che mi spalmò attorno al collo, poi toccò alla gabbia toracica, c’erano delle costole incrinate, faceva male e sembrava anche peggio di quanto fosse, al di sotto del seno sinistro e lungo tutto il lato c’era un ematoma bluastro e viola. Carlisle aveva detto che in qualche giorno sarebbe sparito, le costole sarebbero guarite da sole. Jasper indugiò con la crema fra le dita, sentivo quanto fosse straziato per quelle ferite, gli sollevai il mento,
“Guariranno, è meno grave di quello che sembra, non ho nulla di rotto” cominciò a massaggiare la crema delicatamente, ma per quanto facesse piano chiusi gli occhi contraendo le labbra per il dolore,
“Ho quasi fatto” mi posò l’altra mano sulla gamba,
“Domani andremo via, non vi troveranno Alice, te lo prometto, non permetterò che ti accada più una cosa del genere” spalmò ciò che rimaneva della crema sotto il mio seno, il tocco delle sue dita mi fece fremere, dopo quella giornata così intensa e tesa, dopo quell’incubo volevo rilassarmi, volevo stringerlo tra le braccia, volevo un contatto. Misi la mano sopra la sua e la guidai più in alto per carezzarmi entrambi i seni. Lì distesa e nuda sul letto, benché ricoperta di lividi, non potei non eccitare Jasper, mi tirò a sé dolcemente baciandomi sulle labbra, poi sul collo poi scendendo sempre più giù. Desiderosa gli strappai la camicia e mi sedetti sopra di lui facendogli scivolare i pantaloni. Ed in un attimo era dentro di me, e mi sentivo galleggiare nell’aria, lontana da tutti i problemi, lontana dal tempo e dallo spazio, solo noi due, l’uno nell’altra. I nostri respiri accelerati si mescolarono e i gemiti di piacere e il contatto della nostra pelle , quella connessione così potente, dimenticai chi fossi, e a mano a mano che il ritmo aumentava mi sollevavo sempre di più finchè l’esplosione finale fece evaporare ogni mia energia, poi quiete.  Jasper mi strinse forte le natiche e si abbandonò sul mio petto, ed io portai la testa all’indietro. Restammo così immobili per diversi minuti, lui ancora dentro di me. Un solo corpo, una sola anima. Si appoggiò al cuscino.
“ Come ho fatto a starti lontano per 1 settimana” disse appagato, gli feci scivolare due dita sul petto,
“ Jasper, io ti amo” dissi seria, si sollevò e mi accarezzò la guancia,
“Ti amo anch’io Alice Cullen, rimaniamo qui, così, per sempre” sorrisi baciandolo sulla fronte.
“Vorrei potesse essere così, lo vorrei tanto.”





 
 
 
POV JASPER

Restammo sul letto a lungo, desiderosi che quella notte non finisse mai oppure che finisse presto per trovarci altrove, liberi e felici. Alice appoggiata sul lato non segnato dal livore mi abbracciava il petto. Passavo le dita a ritmo regolare fra le ciocche dei suoi capelli, sentivo il suo corpo rilassarsi, cadere quasi in uno stato di torpore.
“Stai cercando di mettermi fuori gioco?” disse sollevandosi per guardarmi in faccia,
“Dovresti riposare, prima dell’alba.” Sospirando si lasciò cadere di nuovo,
“Sai potremmo comprare un’isola, una di quelle così piccole, sperdute, lontane dagli umani, una di quelle dal nome impronunciabile dall’altra pare del mondo, pensa come saremmo felici ed Aiden potrebbe crescere in un’ambiente incontaminato, cacciare con noi…” dissi, ma non potevamo isolarci dal mondo,
“Domani ci penseremo, è ancora oggi, giusto?” si avvicinò al mio viso e mi scoccò un morbido bacio sulle labbra.
“Giusto” era stanca, lo percepivo, dopo quella battaglia e la nostra “attività”, era spossata. Continuai a massaggiarle la testa e si addormentò in fretta. L’aria della stanza era calda, aprii leggermente il balcone per far entrare la brezza, infilai un paio di pantaloni e rimasi ad ammirarla per qualche istante. Il corpo marmoreo, perfetto, bellissima seppur piena di ferite, un moto di rabbia mi attraversò nuovamente. Doveva pagarla chiunque fosse stato. Ma per il momento non avrei agito da solo e senza pensare, glielo avevo promesso. Carezzandole la linea sinuosa della schiena le adagiai il lenzuolo fresco color avorio sulla pelle, lasciandole scoperte le spalle e il volto, appoggiava la testa ad un cuscino di piume, sembrava quasi che lo abbracciasse.
“Buona notte amore mio, niente incubi stavolta” le sussurrai all’orecchio. Appoggiai le ante della porta, era mezzanotte, domattina dovevamo dire ad Aiden che ce ne saremmo andati. Presi in silenzio tutto il possibile dall’armadio e le valige, le portai in soggiorno, cominciando a sistemare, non c’era molto tempo. Circa mezz’ora dopo sentii lo scricchiolio della porta, era la porta di Aiden, nel suo pigiama azzurro abbracciato ad un coniglio grigio di pezza si stropicciò gli occhi e venne verso il divano dove avevo posato le valigie.
“Che succede?” chiese sbadigliando,
“Non volevo svegliarti ometto” lo presi in braccio e andai verso il balcone,
“Ce ne andiamo papà?” era triste, e ancora un po’ scosso anche se non lo dava a vedere, nonostante Alice affermasse che avesse il mio carattere intravedevo la sua forza di volontà e la sua introversione.
“Si, all’alba piccolo, ascolta… quello che è successo oggi a te e alla mamma non deve ripetersi più, ma qui non siete al sicuro, quegli uomini malvagi torneranno se non partiamo capito?” Aiden annuì, i racconti che aveva ascoltato da noi qualche anno fa, su mostri malvagi che però avevamo sconfitto, su altri che erano come la mamma , da racconti erano divenuti realtà. Quanto poteva sopportare un bambino? Ma lui non era un bambino come gli altri, era molto di più.
“Come sta la mamma?” probabilmente ripensò agli attimi dell’attacco, forse parlarne gli avrebbe fatto bene,
“Riposa, non preoccuparti per lei, le hai salvato la vita” lo abbracciai, divenne più teso,
“Hey” lo posai giù accovacciandomi davanti a lui,
“Vuoi raccontarmi com’è andata, sai a volte tenersi tutto dentro non fa bene” mi guardò per qualche secondo con quegli occhi profondi e blu,
“Noi stavamo per salire in macchina…uno dei cattivi è arrivato così dal nulla, la mamma mi ha detto di chiudermi dentro e io l’ho fatto, ho fatto come diceva…ma” si fermò abbassando lo sguardo, gli strinsi un braccio con la mano,
“Aveva brutte ali nere, oscuravano la luce delle lampade, ali non come quelle della mamma, io vedevo che lottavano, l’aveva presa e spinta contro il muro, non le vedevo il viso ma le ali perdevano sempre più luce…. Sono uscito dalla macchina  e non riusciva a respirare così mi sono avvicinato, e ho detto lasciala! Lasciala andare! Ma niente, così l’ho toccato, e…” parlava affannosamente e due lacrime cominciarono a rigargli il volto, gli afferrai la testolina e lo abbracciai forte,
“Non piangere, lo so è stato brutto ma ora è passato, Aiden devi essere orgoglioso di te, hai salvato la mamma, neppure io avrei potuto, sei stato un eroe, eh?” si asciugò le lacrime con i polsi, un bambino aveva visto sua madre essere aggredita, picchiata e quasi uccisa, al solo pensiero un brivido mi corse lungo la schiena.
“Si ma, io non voglio fare del male alle persone” compresi la sua preoccupazione, il potere che si stava manifestando era difficile da accettare, Alice lo avrebbe capito ancora di più.
“Non farai del male a nessuno, ma quel mostro vi ha attaccato, difendersi non è fare del male Aiden” annuì,
“Sei preoccupato che possa accadere con gli umani, come con Ralph?” si mordicchiò un labbro,
“Abbi fiducia, ci vuole solo allenamento, domani la mamma ti racconterà quanto sia stata dura anche per lei riuscire a capire i suoi poteri e controllarsi” fece un sospiro più rilassato. Erano quasi le 2.
“Posso dormire con la mamma?” gli presi la mano e ci avvicinammo alla porta bianca, Aiden sgattaiolò silenzioso fino al materasso ma il cambiamento di pressione sulla stoffa svegliò comunque Alice che in dormi-veglia aprii gli occhi, si trovò di fronte il viso di Aiden che sorrideva, sollevò il braccio e gli arruffò i capelli,
“Tesoro, cosa fai sveglio?” Aiden ridacchiò e poggiò la testa sul cuscino a cui lei era ancora avvinghiata, mi avvicinai anch’io sedendomi tra loro,
“Dormo qui” sentenziò Aiden, Alice sorrise,
“Colpa mia, ho fatto troppo rumore” presi la mano di Alice, ad Aiden non sfuggì nulla, gli si illuminarono gli occhi,
“Non sei più arrabbiato?” chiese speranzoso, non volevo che Aiden ci vedesse litigare, ma in quella settimana mi ero comportato con una tale freddezza che l’avrebbe notato in ogni caso, Alice spostò lo sguardo su di me, un misto di calore e gelo l’avvolse, ancora inebriata dall’unione di poco prima.
“Tuo padre a volte è davvero un idiota” dissi, Alice sorrise e mi tirò a sé, le baciai dolcemente le labbra, AIden ridacchiò lasciandosi sfuggire un’espressione di imbarazzo come tutti i bambini che vedono i genitori baciarsi.
“E poi come si fa ad essere arrabbiati con lei?” dissi solleticandolo,
“Non si può” replicò lui saltandomi addosso,
“Piano tigre” lo bloccai tra le braccia, Alice si sollevò e mi cinse le spalle, quanto erano appaganti e pieni di gioia quei momenti, le due persone più importati della mia vita, al sicuro tra le mie braccia,
“Non si può” dissi incrociando lo sguardo di lei.




 
 
 
POV ALICE

Alle 5 del mattino mi alzai, ero nervosa, tra un’ora ce ne saremmo andati, la vita da umani che ci eravamo costruiti qui per copertura seppur non perfetta mi piaceva, ed Aiden aveva appena cominciato la scuola, sarebbe stata dura per lui cambiare ambiente, si era affezionato a Boston lo sapevo. Ma non potevo metterlo in pericolo ancora, fuggire? Questo stavamo facendo, mia madre ci avrebbe trovato un posto sicuro se solo fosse stata ancora in vita, oppure avrebbe pensato che fossi una vigliacca, la Alice che era andata in Paradiso che aveva sfidato gli anziani e che aveva avuto il potere di distruggere quasi quel mondo pur di riavere salvo suo figlio era solo una vocina nella mia testa. Nascondersi non bastava, non ero così.
“A cosa pensi?” Jasper mi sorprese abbracciandomi da dietro facendo attenzione alle ferite,
“Non basterà allontanarsi da qui” dissi continuando a guardare la foschia odorosa del primo mattino, il suono di qualche ambulanza e delle auto già invadeva le strade.
“Lo so” Jasper mi fece roteare verso di lui,
“Non abbiamo un piano migliore per adesso, ma qui non si può restare” mi massaggiò una spalla,
“Si, è così” mi portai una mano al volto,
“Che mi succede Jasper?” avevo bisogno di sfogare i miei timori,
“Che vuoi dire?” chiese allarmato,
“Per te sono sempre la stessa, non trovi che mi sia, un po’ persa qui?” corrugò la fronte,
“Ti senti persa?” sedette sul bracciolo del divano, camminavo inquieta avanti e indietro sul tappeto del soggiorno,
“Non saprei, è come se fossi priva di energia, quel demone, 5 anni fa lo avrei ucciso in un istante, invece adesso mio figlio di quasi 7 anni è stato capace di batterlo mentre io…” mi venne un nodo alla gola, Jasper rimaneva in silenzio,
“Ho ucciso Balthazar, il mio cuore è stato avvelenato, ho combattuto contro di voi, contro decine di vampiri senza battere ciglio, sono quasi morta, più volte, e sono andata in Paradiso, stavo quasi per annientarlo, dov’è finito tutto quel potere, dov’è finito? Mi sento impotente, capisci? Non posso proteggervi, e ho detto che tu non potevi farlo, ma io che sono un angelo non mi sento in grado, come posso chiederlo a te ?” Jasper si alzò e mi strinse a sé, era un crollo quello, l’aggressione, i sogni, la partenza, tutto mi aveva turbata.
“Alice, io vedo la stessa persona di 5 anni fa, la stessa persona di 50 anni fa, la stessa persona che mi aspettava in quella bettola di Philadelphia e che mi ha fatto innamorare, tu sei Alice, e nulla potrà cambiare questo” affondai la faccia nel suo maglione cremisi aspirandone il profumo,
“Non sei debole, io credo che inibire così a lungo la tua natura non ti abbia fatto bene, non usi quasi mai i tuoi poteri e sono anni che non voli, anni, ma quello che hai fatto rendendoti più vulnerabile è stato solo per proteggerci, PROTEGGERCI, capito? Tu lo fai sempre, non solo combattendo” sollevai la testa per guardarlo, aveva un’espressione serena,
“E se non dovessi recuperare quel potere? Se non ci riuscissi?” intrecciò la mano nella mia,
“Ci riuscirai, tu sei un angelo, l’angelo più potente che esista probabilmente, quando capiremo come batterli definitivamente nulla potrà impedirti di esserlo, dobbiamo pazientare solo un po’” annuì, Jasper tentava di infondermi quanto calore possibile, dovevo essere forte e positiva per loro,
“SI, credo che allontanarmi da tutti questi umani mi aiuterà”.
L’alba arrivò presto, Carlisle ed Edward arrivarono appena scoccò l’ora, caricarono i bagagli e definirono il programma per il viaggio, io andai nella nostra stanza per svegliare Aiden. Dormiva beato nella stessa posizione in cui lo avevo lasciato la notte precedente, col lenzuolo bianco sin sopra la testa, il coniglietto era caduto a terra, lo raccolsi e lo adagiai sul materasso, gli scoprii il viso, il respiro leggero e caldo era il suono più dolce che potessi sentire in quella circostanza. Gli passai una mano sulla fronte liscia e perlacea. I fitti capelli neri la ricoprivano con una frangia folta, ogni volta che mi fermavo ad osservalo, ogni volta che qualcuno ci guardava dichiarando la nostra somiglianza una parte del mio cuore traboccava di gioia, Aiden era uno specchio, e vi vedevo il mio riflesso, una parte di me era lì. Aiden aprii piano gli occhi, un blu intenso e quasi nero al buio, mi guardò placidamente,
“Dormito bene pulce?” gli solleticai i piedi, annuì sorridendo,
“Mi devo alzare?” disse protestando, gli baciai la fronte,
“E’ ora di partire tesoro” il sonno gli scivolò addosso e si sollevò attento, scese dal letto e cominciò a vestirsi, avevo messo i suoi abiti sulla sedia dirimpetto il letto.
“Dov’è che andiamo mamma?” sedetti sul bordo del materasso incrociando le gambe,
“Non lo so, devi chiederlo a papà, sai meno la mamma sa più difficilmente gli uomini malvagi ci seguiranno” Carlisle ed Edward ritenevano che fosse più prudente, c’era come una connessione fra tutti noi, fra le creature celesti. Non potevo spiegarlo.
“Non voglio che ti facciano di nuovo del male” Aiden finì di allacciarsi la scarpa.
“Vieni qui” si avvicinò e lo presi sulle ginocchia,
“Nessuno mi farà del male, e neppure a te, la nostra famiglia è qui per aiutarci” lo abbracciai per qualche secondo,
“Mamma, un giorno mi porterai con te in volo come quando ero più piccolo?” disse continuando ad abbracciarmi, risi,
“Certo tesoro, ti porterò più su di qualunque aereo, tra le nuvole” elettrizzato Aiden si staccò dall’abbraccio e mi guardò estasiato,
“ mamma, ti brillano gli occhi” sorpresa guardai il mio riflesso nello specchio sopra la cassettiera, un azzurro intenso che non vedevo da tanto mi colorò le iridi.
“Aiden sai quanto la mamma ti vuole bene vero?” mi prese la mano,
“Certo che lo so, ma io di più mamma” era un bambino meraviglioso.
Un debole scalpitio alla porta segnalò l’arrivo degli altri, Edward e Jasper portano via i bagagli di tutti, avremmo viaggiato con la BMV di Edward e l’auto di Jasper. Carlisle Esmee e Bella salirono nella prima. Presi Aiden per mano e ci avvicinammo al parcheggio all’aperto del palazzo, Edward aveva già messo in moto,
“Sara’ un lungo viaggio” affermai aprendo la portiera per far entrare Aiden, Jasper mi passò una mano sulla spalla e si mise a sedere davanti.
“Mamma devi avvisare la scuola!” esclamò Aiden mentre lasciavamo il quartiere, il rombo silenzioso dell’altra auto era quasi impercettibile dietro di noi. Mi balenarono in testa le immagini di Phoebe e dell’altra insegnante preoccupate di non vedere Aiden a scuola. Non ci avevo affatto pensato.
“Si le vedo fin troppo preoccupate, meglio tranquillizzarle” afferrai il telefono nella borsa di pelle nera e digitai il numero di Phoebe, me l’aveva lasciato dopo l’incidente a scuola. Edward concentrato mi rivolgeva occhiate confuse, le visioni ogni tanto si affollavano in testa, squarci troppo rapidi e fugaci per scorgerci qualcosa.
“Edward smettila di frugare nella mia testa” sorrise ammiccando a Jasper, il telefono bussava ancora,
“Alice?” la voce squillante della donna sembrava come sollevata,
“Si, scusi se la disturbo così presto, volevo che sapesse che per questioni di famiglia ci stiamo trasferendo, Aiden non frequenterà più la scuola di Boston” guardai Aiden, a quelle parole si intristii, gli carezzai la guancia,
“Capisco, provvederò io a tutte le pratiche, se mi dice il suo nuovo indirizzo potrei mandargliele” indugiai, Jasper si voltò scuotendo il capo, la verità era che non sapevo neppure dove stessimo andando.
“Non si preoccupi” sentii la donna sospirare profondamente,
“D’accordo, a Nord c’è ancora la neve comunque” staccò bruscamente la chiamata. Aiden spalancò gli occhioni,
“Che?” Jasper si grattò la fronte, Edward fece spallucce, quella donna era bizzarra.
“La gente è folle piccolo, gli umani soprattutto” disse Edward rivolgendosi ad Aiden, lui non convinto si accoccolò a me e chiuse gli occhi, aveva dormito poco quella notte.
“Resisti piccolo mio, andrà bene” gli sussurrai sfiorandogli il piccolo orecchio rosato.
Dopo 300 km era arrivato il momento di fare una pausa, i vampiri non riescono a resistere senza attività troppo a lungo, certo si poteva restare immobili per ore intere, ciò però non implicava che lo si volesse. Aiden era il meno sofferente di tutti, aveva dormito durante quelle 4 ore. Io non azzardavo a farlo non volevo avere un incubo mentre Edward era lì. Certo lo sapeva, i miei pensieri tornavano spesso a quelle scene, non mi chiedeva nulla, aveva compreso che non fosse una visione. L’auto di Carlisle rallentò imboccando la corsia d’uscita dell’autostrada, il terreno selciato grattava contro le ruote. Ci ritrovammo in un ampio piazzale pieno di terriccio e una strada a stento visibile, di fronte c’era un autogrill malandato.
“Questo posto mi ricorda molto l’Arizona” disse Bella raggiungendo la nostra macchina, Aiden saltellò fuori incantato dal paesaggio montuoso.
“Suggerisco di fermarci qui, Aiden deve mangiare qualcosa” io e Jasper annuimmo all’unisono.
“Hey, entriamo io e Bella con lui, ci sono troppi umani” Jasper aveva dimenticato la sua dose con tutto quello che era successo, aveva pensato solo alle mie,
“Okay, andremo a perlustrare qui vicino, anche se dubito che in pieno giorno ci siano animali da cacciare” guardò fisso l’orizzonte, Edward lo prese per le spalle,
“Prudenza Ed” brontolai e richiamai Aiden. L’interno dell’edificio era in condizioni più decenti, un piccolo fastfood e una zona market, molti turisti accaldati e sudaticci si aggiravano guardando distrattamente la merce, qualcuno mangiava panini e patatine. Bella si avvicinò al bancone per ordinare, io ed Aiden ci sistemammo in un tavolino con divanetti di pelle rossi, la moquette era pulita e odorosa di detergente.
“Mamma nemmeno io posso sapere dove andiamo?” mi chiese Aiden impaziente,
“Tesoro, credo che nemmeno loro sappiano dove arriveremo alla fine, l’importante è aver lasciato Boston per adesso” si intristii,
“Hey, sarai felice, e sai perche’?” Aiden ci pensò su, poi scosse la testa aggrottando la fronte,
“Perché finche saremo insieme non avremo bisogno d’altro” il suo faccino si illuminò in un ampio sorriso.
“Aiden, tua madre mi ucciderà ma non c’è altro nel menù” Bella adagiò sul tavolo un vassoio con un cheeseburger e delle patatine, un bicchiere di cola e due frullati per noi di scena. Aiden guardò il cibo affamato.
“Dopo quello che ha passato se lo merita” sussurrai a Bella. Lei sedette accanto ad Aiden e lo guardò pensierosa,
“Bella, mi dispiace, lo so quanto ti manca Nessie, ora posso capirlo” lei scosse la testa,
“Si mi manca, ma la rivedrò presto, lei non è in pericolo, e ha Jacob, non vorrebbe che vi lasciassimo soli” mi afferrò la mano.
“Allora, vedo che non avete deciso ancora nulla, non guardarmi così, alla fine lo vedrò, l’importante era non saperlo a Boston e che Aiden non lo sappia, se si connettessero a lui” parlavo con tono quasi impercettibile, Aiden era troppo impegnato a mangiare per ascoltarmi.
“No, francamente Carlisle mi sembra un po’ disorientato” e chi non lo era.
“Volevo chiederti se poi hai chiarito con…Alice?” l’aria sollevata dalla mano di Bella non smosse i miei occhi fissi e vuoti, mi ci volle qualche secondo, ancor meno per reagire, ma era troppo tardi,
“Bella, dobbiamo uscire” la cameriera, una donna afroamericana sulla 30ina inciampò in quell’istante lasciando i piatti frantumarsi al suolo, una scheggia di vetro si conficco nel polpaccio di un uomo grassoccio che divorava il suo dessert. L’alone rosso del sangue gli colò lungo la caviglia, emise un rantolo soffocato. Le narici mi si turarono del caldo e delizioso aroma. Stavo per alzarmi ma restai inchiodata al tavolo a fissare l’uomo. Avvertivo la calma di Bella, ma io, non ci riuscivo, avevo troppa sete.
“Alice, è un taglio, Alice….” contrassi le dita, cercai di smettere di respirare,
“I tuoi occhi Alice” spostai lo sguardo su Bella, era concentrata ma spaventata, anche Aiden si bloccò percependo la mia sete. Bella si alzò mi prese di forza, si dovevo uscire.
“Aiden torno subito” disse e mi spintonò fino all’uscita, presi ampie boccate d’aria, mi piegai in due rilassandomi,
“Se non ci fossi stata tu io…” mi poggiò una mano sulla spalla,
“Stai bene?” annuì,
“Stanno tornando, manda Carlisle, deve medicare quell’uomo, torno dentro da Aiden okay? Lo tranquillizzo” dopo pochi minuti gli altri mi raggiunsero, l’espressione distesa di Edward si contrasse e anche Jasper si irrigidì, percepiva l’odore del sangue   la mia paura.
“Carlisle prendi due fiale, Alice ne ha bisogno” Carlisle mi rivolse uno sguardò e capii,
“C’è un uomo ferito” sillabai mandando giù il liquido,
“Andiamo a vedere Edward” mi allontanai dal sole sino al distributore di benzina, Jasper si avvicinò, mi appoggiai alla parete di cemento.
“Non so cosa diavolo mi prende, ultimamente non riesco a controllare la sete” sconsolata picchiai un pugno sul muro che si sgretolò. Jasper appoggiò il gomito alla parete, chinandosi verso di me,
“ E’ questa situazione, lo stress, e dopo che ti hanno quasi uccisa, devi riprenderti, hai bisogno di energia” scossi il capo,
“Aiden mi ha visto, ha visto quasi il mostro uscire fuori, ero una vampira desiderosa di uccidere e basta” mi afferrò l’incavo del collo con delicatezza,
“Aiden sa chi sei, non arrovellarti Alice, è solo un periodaccio.” non aspettò una risposta ma mi baciò dolcemente.
Più tardi verso il tramonto decidemmo di restare per una notte in un motel, nessuno ci aveva seguito fin ora ma era probabile che i demoni non volessero rivelarsi giacché viaggiavamo di giorno ed in strade sempre trafficate. Aiden aveva bisogno di riposarsi, erano passate 8 ore, Edward ci convinse a farci un'altra giornata di viaggio l’indomani. Il trucco di non sapere dove stessimo andando non funzionò per molto, ebbi subito una visione del paesaggio, della neve quasi sciolta di marzo, della villetta in pietra immensa, del clan Denali. Alaska. Lì Jasper concordava avremmo avuto l’appoggio dei vampiri a noi più vicini, ci si poteva fidare. I demoni non potevano sapere di quel posto, o forse si. Non mi importava, ero sicura che l’unica soluzione non era scappare ma distruggerli una volta per tutte. Bisognava però circondare Aiden di persone che lo avrebbero protetto, mentre io avrei combattuto.
“Un po’ squallido” Bella si grattò la nuca prendendo la manina di Aiden, Edward ridacchiò,
“Va benissimo” dissi io, un posto decadente, pieno di umani, intonso del loro odore, dovevo solo bere un’altra fiala di sangue. Jasper e Carlisle parcheggiarono le auto a poche centinaia di metri in un garage adibito all’uso. Prendemmo io e Bella due stanze comunicanti, al piano superiore Carlisle ed Esmee. Eravamo in pieno deserto del Colorado, nessun bosco o foresta in cui cacciare. In fondo era solo una notte, gli altri avrebbero ingannato il tempo in qualche modo, anche io sentivo di aver bisogno di qualche ora di  sonno, ma il solo pensiero di addormentarmi mi turbava, non volevo rifare quell’incubo. Ne avevo parlato con Carlisle, ma più che parlarne non si poteva fare altro, erano le mie paure a quanto pare, era quel pericolo che turbava la mia mente.
“Ho lasciato le altre valigie in macchina, solo un cambio per noi ed Aiden e lo spazzolino, Jasper ci raggiunse spalancando la porta della nostra stanza, entrammo. Aiden si tuffò sul letto contento, c’era un ampio letto matrimoniale, due comodini, tende verdastre come il resto della tappezzeria, uno specchio ampio di fronte al letto e una cassettiera, una piccola finestra incrostata di ruggine, ma per il resto era pulito, l’aria era decisamente viziata. Spalancai innanzitutto la finestra e controllai che il minuscolo bagno incavato accanto alla parete principale fosse accettabile.
“Okay” dissi sconsolata
“Mamma non c’è la tv” Aiden ispezionò la stanza, aveva una macchia di ketchap sui pantaloni e la camicetta bianca sgualcita,
“Tesoro non ci serve la tv, ti racconto una storia, è già ora per te di dormire” Aiden ci rimuginò occhieggiando suo padre come se potesse far apparire un televisore dal nulla, Jasper lo guardò severo e divertito al tempo stesso.
“Va bene” Aiden si tolse i vestiti e li appallottolò,
“Li ho sporcati” me li porse,
“Non fa niente, ecco il tuo pigiama, va a lavarti i denti” in fretta Aiden si defilò in bagno, sistemai i nostri vestiti e poggiai la valigia sulla cassettiera, Jasper si affacciò alla finestra con circospezione,
“Non c’è nessuno” gli dissi abbracciandolo da dietro, portò la testa all’indietro sfiorandomi la fronte,
“Anche tu hai bisogno di un po’ di riposo” mi passò due dita sotto le palpebre, scattai allo specchio, si avevo un aspetto orribile, cercai di sistemarmi i capelli che schizzavano da tutte le parti, ma il volto era scavato e le occhiaie evidenti come se non bevessi da settimane.
“Si mi farà bene…” Aiden tornò e ci sistemammo sul letto, io e Jasper ai lati e lui avvinghiato a me al centro,
“Vediamo, Jazz cosa posso inventare questa volta” Aiden arricciò il naso,
“Non voglio una favola, una storia vera!” sorrisi, con Aiden al sicuro tra le mie braccia mi sentivo completa, fissai intensamente i suoi occhi blu e poi i riccioli biondi di Jasper, la curva del collo teso appoggiato alla mano destra, le sue labbra il taglio degli occhi dorati,
“Non ti ho mai raccontato come ho conosciuto tuo padre” affermai sorpresa, era stato uno dei giorni più felici della mia vita pari a quando tenni Aiden tra le braccia per la prima volta. Jasper abbassò lo sguardo su Aiden arruffandogli i capelli.
“Voglio sapere, la storia mamma!” mi afferrò la maglietta,
“Okay okay” Jasper mi sorrise.


 
 
 
POV JASPER

La luna era sorta a est e illuminava lievemente la stanza immersa nell’oscurità, pensai di chiudere le saracinesche, però forse avrei svegliato Aiden con tutto quel rumore, avevano chiuso gli occhi da pochi minuti ma il ritmico e lento respiro di Alice mi suggeriva che stesse dormendo, Aiden era abbracciato a lei, la testa appoggiata sul suo petto, la sollevò ben sveglio,
“Papà” sussurrò, ero andato alla finestra, mi avvicinai accovacciandomi dalla sua parte,
“Cosa c’è ometto?” appoggiò la testa su Alice continuando a parlarmi.
“Ma perché la mamma non ricordava nulla della sua vita?” Aiden era intelligente ma non potevamo raccontargli delle torture subite da Alice e del manicomio, era solo un bambino.
“Anche gli umani possono essere crudeli, la mamma era speciale e questo loro proprio non riuscivano a capirlo, le hanno fatto del male, ma la mamma è sempre stata più forte” annuì pensieroso,
“Ora torna a dormire, un altro giorno e saremo arrivati” chiuse gli occhi, feci per alzarmi di nuovo,
“Papà” Aiden si staccò momentaneamente da Alice,
“Ma se la mamma ti amava prima di conoscerti come hai capito che anche tu l’amavi?” sorpreso mi sedetti sul letto e guardai Alice,
“E’ difficile da spiegare, lo sapevo, fin dal primo istante, ma all’inizio ero confuso, non accettavo quel sentimento così forte per una persona che neppure conoscevo, ma non mi ci è voluto molto per capirlo, la tua mamma è una parte di me, darei tutto per lei, l’amore è qualcosa di cui non puoi fare a meno, ti guarisce, ti fa respirare, quando sarai più grande lo capirai, ora su chiudi gli occhi e sogni d’oro piccolo”.
Poche ore dopo ero al balcone striminzito della stanza, nel silenzio tombale della notte percepii subito i movimenti concitati di Alice sotto le lenzuola, Aiden continuava a dormire ignaro poggiando sempre la testa sul suo petto, ma i sussulti di Alice lo fecero scivolare lentamente di lato, era di sicuro il solito incubo. Durante le soste ne aveva parlato  con Carlisle ma finchè erano solo sogni e non visioni non c’era da temere, Alice aveva sospirato , era una sciocca a dar peso a quei sogni, si diceva, era solo la paura che si manifestava nel subconscio, un timore per me ed Aiden giustificabile, ma tutto ciò mi parve strano, Alice sognava certo, da quanto era diventata un angelo, ed era uno degli aspetti che più mi affascinavano, la capacità di sognare; tuttavia incubi di tale impatto non li aveva mai vissuti. Mi avvicinai cauto e presi Aiden in braccio, notai goccioline di sudore sospese sulla fronte di Alice, come se non vi fosse gravità attorno a lei, gli occhi roteavano da una parte e dall’altra sotto le palpebre. Mi fermai di fronte alla porta che dava sulla stanza comunicante di Bella ed Edward, avvertivo i loro respiri calmi, e il fruscio delle pagine di un libro. Bussai impercettibilmente, Edward aprii subito la porta, studiò nei miei pensieri la situazione e mi fece cenno di poggiare Aiden sul loro letto matrimoniale, Bella ripose il libro sul comodino e mi guardò preoccupata, intanto si avvicinò e rimboccò le coperte a Aiden.
“Alice ha uno di quegli incubi” spiegò Edward a bassa voce,
“Di solito urla, è scossa da tremiti, non voglio che lui si spaventi vedendola così” Bella annuì,
“Se serve sono qui” Edward richiuse la porta e io mi avvicinai di nuovo a lei. Contorceva con le mani la coperta, ero indeciso se svegliarla subito o aspettare, non sapevo cosa fosse peggiore, ma effettivamente era meglio tirarla subito fuori da quell’incubo, prima che esplodesse il dolore. La scossi leggermente, ebbe come un momento di totale paralisi, smise di respirare, poi aprii di scatto gli occhi boccheggiando.
“Tranquilla” gli occhi erano di nuovo azzurri, si mise a sedere, tentando di rilassarsi, le massaggiai la schiena con la mano seduto vicino a lei sul materasso,
“Aiden dorme nella stanza accanto” dissi,
“Si…giusto…non ci avevo pensato” i quadri appesi sulle 4 pareti, scabre nature morte cominciarono a traballare, così come il soffitto, Alice chiuse gli occhi,
“Scusami non so perché” le posai una mano sulle sue che stringevano le coperte,
“Jazz, devo allontanarmi” si alzò lentamente, sospirai,
“Puoi controllarti anche con me” scosse la testa guardandosi attorno, le pareti tremavano ancora,
“Il mio potere si amplifica con te” mi lanciò un’occhiata enigmatica e profonda, compresi che questo la meravigliava e turbava al tempo stesso. Un quadro cadde rumorosamente a terra, Edward irruppe nella stanza, Alice si voltò nella sua direzione e i tremori cessarono.
“Tutto ok?” Edward avanzò poggiandole una mano sulla spalla, Alice si chinò raccogliendo la giacca gettata su letto, indossava degli shorts e una canotta.
“Prendiamo una boccata d’aria” disse Alice fissando la porta, ancora in bilico tra sogno e realtà, non capivo se l’invito fosse rivolto solo a me o a entrambi ma poi dallo sguardo di Edward capii che voleva parlare con suo fratello.
“Io vado a controllare AIden” sentenziai, superai Alice verso la porta a sinistra e le sfiorai con le dita la mano, lei le strinse debolmente e poi sospirò.



 
 
POV EDWARD

Uscimmo dallo stretto corridoio che affacciava all’esterno del motel, le porte di legno simmetriche costeggiavano l’edificio tutto intorno, una scala di ferro dava sull’ immenso spiazzale deserto, polvere e pungente odore di umidità. Il deserto di notte dava una certa inquietudine. Alice avanzò il più lontano possibile dalle mura dell’edificio, pensai volesse andare alle macchine, poi si arrestò tra il garage coperto e la  vastità della pianura. Mi arrestai anche io in attesa che parlasse, scorgevo le scene del suo incubo nei pensieri, non tentava di rigettarle era solo stupita.
“Questa volta era diverso” le parole appena sussurrate rimbombarono nel buio,
“Raccontami” dissi parandomi di fronte per guardarla negli occhi, non distolse lo sguardo, era consapevole di quanto fossi sintonizzato con la sua mente, sapevo tutto ma non potevo cogliere la complessità di ciò che aveva sognato, come non potevo scorgere le sue visioni a pieno. Il cervello di Alice era troppo complesso, troppo mutevole, inafferrabile.
“Mi trovavo in quella stanza, moquette nera e piena di polvere, tende altrettanto scure, avvertivo il tessuto della coperta sotto di me, il materasso duro come la pietra. Spostavo lo sguardo rapidamente da tutte le parti, frustrata del fatto che non riuscissi a muovermi. Era come se fluttuassi e allo stesso tempo fossi inchiodata e schiacciata sul letto. La vista mi si offuscava ed era intermittente. Ma lo sapevo che c’erano i demoni nella stanza, la loro puzza mi turava le narici. E poi la pressione sul collo di qualcuno, le ali nere e vellutate. Fu solo qualche istante però, qualcuno aveva spintonato quel corpo liberandomi del peso, l’aveva però sostituito, era più leggero, sentivo la pressione, ma non vedevo nulla furchè quelle ali e la pelle olivastra. Ero spaventata ma per lo più confusa. All’improvviso decisi di spostare la mia attenzione sulla porta, non avevo mai notato ci fosse una porta, una porta vecchia e consunta. Ma sulla soglia c’era qualcuno che conoscevo, cercai disperatamente di stabilizzare la vista, mettevo a fuoco e i lineamenti di Jasper erano sempre più palesi, sembrava scrutarmi dall’alto, gli occhi dorati pieni di dissenso e dolore, cercai di parlare ma la mia bocca si contrasse senza emettere suono. Provavo disgusto e paura di me stessa” smettendo di parlare strinse a sè la giacca e abbassò lo sguardo. Attese che dicessi qualcosa ma non sapevo come essere d’aiuto. Puntò di nuovo gli occhi velati di una sottile patina azzurra sul mio viso, c’era profonda tristezza in quell’azzurro vitreo.
“E’ un sogno terribile” ammisi, lei tentò di accennare un sorriso rassegnato,
“Non capisco perché continuo a farlo, quasi ogni notte, e a volte è così terrificante che mi sveglio urlando e in preda al panico” calciò esausta un ciottolo che volò fino a sparire nell’oscurità,
“E questa volta c’era anche Jasper” sottolineai,
“La seconda volta” disse,
“So cosa pensi” aggiunse, sorrisi, l’intuito ovviamente era dettato dalla capacità di prevedere il futuro,
“E sai cosa sto per dire” Alice era turbata per quello che le era accaduto, non avere il controllo e volutamente, bere alcolici senza sapere quale effetto avrebbero avuto su di lei e non ricordare assolutamente nulla di ciò che aveva fatto in quelle ore l’aveva spiazzata al risveglio. Inoltre non il fatto di aver rischiato la vita in quel parcheggio ma che suo figlio avrebbe potuto assistere alla sua morte l’aveva sconvolta, il solo constatare quella possibilità mi fece rabbrividire. Pensai a Renesmee, al suo viso contrarsi in un’espressione di dolore se mi fosse accaduto qualcosa.
“ E’ la paura di perdere le persone a cui tieni e il senso di colpa” dissi nervosamente,
“Non devo avere paura, devo essere forte, loro contano su di me” fissò di nuovo il vuoto,
“Non voglio che Jasper mi guardi in quel modo” parlò come se fosse stato tutto reale, scossi la testa,
“Non era una visione, non accadrà, quando smetterai di colpevolizzarti per  tutto quello che è successo, avrai pace” mi pentii di essere stato troppo diretto, Alice corrugò la fronte, un lampo di rabbia le attraversò gli occhi ma svanì in pochi istanti, mi prese il braccio appoggiando la testa alla mia spalla,
“Come faccio a non sentirmi in colpa Ed?” non trovai nulla che potesse confortarla,
“Credo che ci poniamo sempre come responsabili, anche quando le cose sono fuori dal nostro controllo, le mie parole sono sbagliate, non bisogna smettere di provare colpa, bisogna forse accettarla e riporla in un angolo sperduto della nostra anima” un silenzio di consapevolezza accarezzato solo dal fruscio del vento caldo dissipò tutta l’angoscia della notte, e ci sentimmo più leggeri.
 
 
POV ALICE
Il viaggio come previsto durò altri 2 giorni quando finalmente raggiungemmo Denali in Alaska. Una sosta che aveva colpito Aiden era stata quella a Hidemouth, una piccola cittadina che affacciava sull’oceano, era la prima volta nella sua vita che lo vedeva, e di certo l’emozione fu grande, i suoi occhi blu baluginavano stupiti dall’azzurro chiaro del cielo a quello più intenso dell’acqua. Sorrisi al ricordo dei suoi piedi nudi veloci sulla sabbia e quella risata acuta e cristallina come la mia. Denali era una piccola città, frequentata da molti turisti, sicchè era improbabile che gli abitanti del posto notassero la presenza stabile del clan anche per decenni. La neve ostinata ricopriva le cime dei tetti e la montagna nonostante fosse primavera inoltrata, sulle strade si trasformava in lastre di ghiaccio traslucido e in poltiglia giallastra. L’aria era buona, molto più gradevole di quella inquinata di Boston, più pulita e meno umida di quella di Forks. Abbandonammo presto il centro assediato da umani infreddoliti con ampi cappotti di pelliccia che rincorrevano negozi e cafè, era quasi mezzogiorno, e ci dirigemmo fuori città, a pochi chilometri sorgeva la villetta del clan. Aiden eccitato la vista della neve non riusciva a contenersi.
“Quando scendiamo?” Jasper paziente gli scompigliò i capelli lasciando il volante per qualche istante e indicò la piccola foresta di aceri che segnalavano l’arrivo.
“Che belli” Aiden aprii il finestrino e si sporse per osservare, gli aceri avevano foglie rosso sangue vividissime, rigogliose e i fusti bianchi quasi cerulei. La villa, quasi interamente in pietra e legno era enorme, molto più capiente di casa Cullen. Eleazer, Carmen e Tania erano lì, gli altri in viaggio e non sarebbero tornati per  5 mesi. C’erano 7 camere da letto libere delle 10 totali, 2 ampi soggiorni, una cucina e due verande antiche di un fascino surreale. Mi piaceva quel riparo isolato e comunque vicino alla civiltà. Sorrisi uscendo dalla macchina, era stata una buona decisione. Jasper scese facendo cenno all’altra auto di parcheggiare. Tutti e tre ci aspettavano davanti il vialetto di ciottoli e cipressi, appena ci videro avanzarono lentamente e poi con più decisione, li aspettammo, davanti a tutti c’ero io con Aiden davanti alle gambe, lo cingevo da dietro;
“Alice Cullen” Carmen si avvicinò entusiasta e mi abbracciò, poi abbassò lo sguardo curioso su Aiden, timido lui mi strinse le mani,
“Ciao piccolo, piacere di conoscerti” l’insicurezza di Aiden svanì  e allungò la manina rosea stringendo energicamente quella di Carmen, Jasper mi si affiancò, tutti si salutarono, Eleazer era impaziente di concentrarsi su Aiden, mentre parlava con Carlisle non smetteva di guardarci, la cosa mi mise lievemente in soggezione, non lo conoscevo molto bene, non aveva avuto spazio per entrare in contatto con Aiden tra tutti quei corpi; decisi di avvicinarmi e trascinai Aiden per la mano.
“Ciao Aiden” era sorpreso e eccitato all’idea di conoscerlo, un bambino, nato da un vampiro e da un angelo, da un angelo per metà almeno, cos’era e cosa sarebbe divenuto?
“E così hai uno scudo attivo!” esclamò a gran voce, tutti fecero silenzio,
“Che vuoi dire?” Jasper poggiò una mano sulla spalla di Aiden guardandomi confuso, Eleazer poteva percepire i poteri sovrannaturali.
“E’ come lo scudo mentale di Bella, ma attivo, ossia come una arma d’attacco, per difendere attaccando, percepisco come un energia che si sprigiona sbalzando via i nemici” Carlisle si illuminò,
“Ma certo, si attiva quando persone a cui Aiden tiene sono in pericolo” ci rimuginai qualche secondo, Aiden sollevò il viso verso di me,
“La bambina, e poi io, tesoro tu non fai del male, proteggi capito?” mi sorrise,
“Alice mi fa piacere vedervi” Eleazer si protese per baciarmi una guancia ma al contatto si bloccò e indietreggiò quasi di scatto, ebbe come un capogiro,
“Cosa c’è?” Carmen gli fu subito accanto, lui visibilmente spaventato si appoggiò ad un cipresso,
“Aiden vieni, esploriamo la casa” Bella portò Aiden con Esmee all’interno, anche Tania pur curiosa le seguii. L’atmosfera divenne tesa, Jasper che percepiva chiaramente le emozioni di Eleazer mi strinse un braccio. Edward sussurrò qualcosa nell’orecchio di Carlisle,
“Nulla, solo…” il suo viso si rilassò, o per lo meno tentò di apparire tale,
“Quando siamo venuti in vostro aiuto nella radura e tu ci hai attaccati ho visto quello che hai fatto, ma ora che ti ho incontrato, ora ho sentito quello che sarai in grado di fare Alice Cullen, ed è sconvolgente”.
Entrammo nell’ampia villa e sistemammo i bagagli, Aiden occupò la stanza da letto più grande e vicina a quella mia e di Jasper. Estasiato confrontava la grandezza della casa, il panorama, gli spazi, Boston era angusta e di certo non offriva foreste o radure né tanto meno l’Oceano. Eleazar parlava con Carlisle mentre io Bella e Tania smistavamo vestiti e oggetti, nonostante la morte di Irina fosse avvenuta appena 7 anni prima, Tania era allegra e cordiale.
“Potete rimanere tutto il tempo che volete, è bello vedere qualche viso diverso da quei due” Eleazer gli fece una linguaccia,
“Finalmente potremo cacciare” Jasper ed Edward salirono dalle scale che portavano al garage. Si restare per tutto il tempo che volevamo, ma, c’era un ma, mi ero stancata di scappare, se fossero venuti, se ci avessero scovati anche in Alaska sarei dovuta essere abbastanza forte per fermarli. Mi serviva tempo e un luogo lontano dagli occhi indiscreti degli umani per poter essere libera.
“Eleazer è un’idea fantastica!” Edward guardò lui e poi me, distolsi lo sguardo dalla valigia,
“Ho contattato Benjamin, arriverà domani” sorrise affabilmente e sparì in cucina,
“Scommetto che Aiden è affamato” sussurrò ma mio figlio lo sentii e si catapultò dal piano superiore sino in cucina,
“Benjamin?” io e Bella avevamo la stessa espressione confusa,
“Oh” lui mi avrebbe aiutata coi poteri, cercai di non vedere, ma non era così semplice, il futuro si stendeva e fletteva in maniera vorticosa e si dilatava, cambiava, sospirai.
“ Mi aiuterà a controllare” feci un ampio gesto con le mani sul mio corpo, Bella annuì seria, Jasper annuì pensieroso.
Eleazer si dimostrò essere un cuoco provetto, Aiden trangugiò quasi tutto, insieme discutemmo animatamente in soggiorno, scoprimmo che il nomade che Kate aveva conosciuto a casa Cullen era divenuto il suo compagno ed erano in viaggio, felici. Denali era una città ben fornita, e c’erano 2 scuole pubbliche, Aiden non poteva restare a casa tutto il giorno, in nostra assenza in mezzo agli umani era protetto. Presto arrivarono Jacob e Renesmee. Un’ ondata di giubilio ci travolse tutti, la strinsi forte, erano 2 anni che non la vedevo, dimostrava 14 anni ormai. Aiden timidamente la salutò ma bastarono 15 minuti e non si staccò da lei un minuto. Bella ed Edward sembravano completi adesso, li capivo, quei mesi lontano da mio figlio mi avevano distrutto, e ora che avevamo condiviso 6 anni di vita insieme sarebbe stato devastante, scacciai subito quel pensiero. Parlammo fino a tardi finchè la frequenza degli sbadigli di Aiden mi fece capire che era ora di metterlo a dormire.
“Ci penso io” sussurrai nell’orecchio a Jasper seduto accanto a me, presi Aiden per mano e lo condussi nella camera, dipinta di un bordeux gradevole, la moquette era beige,morbida e immacolata, l’immenso letto colmo di cuscini di piume, accesi l’abajour.
“Ti piace?” Aiden annuì energicamente,
“Sai mamma…” si infilò sotto le coperte mettendosi il pigiama,
“non volevo andarmene da Boston” si fermò aspettando una mia reazione, annuì carezzandogli una guancia morbida e perlacea,
“Ma mi piace qui, molto di più, possiamo restare per sempre?” supplicò con quegli occhi blu notte, sorrisi,
“Tesoro qualunque cosa tu voglia” gli bacia la fronte e spensi la luce.
Jasper mi raggiunse poco dopo, ero sulla veranda seduta al tavolinetto di pietra, mi sollevò avvinghiandomi a sé,
“Soddisfatta della giornata?” lo strinsi appoggiando il viso sul petto ampio e profumato,
“Si, avete scelto il posto giusto” appoggiò il mento sui miei capelli,
“Benjamin?” chiese, Jasper non riusciva a fidarsi mai completamente di altri al di fuori della famiglia, ma la mia preoccupazione non era che ci tradisse o che non volesse aiutarci fino in fondo,
“Ci possiamo fidare, anche lui è…beh” non trovavo le parole, mi sollevai per guardarlo,
“Speciale” completò lui carezzandomi la guancia con quella cura e devozione che io avevo mostrato ad Aiden poco prima,
“Si… forse riuscirà a capire come incanalare la mia energia, solo che” sospirai,
“Cosa?” Jasper mi prese la mano,
“Non vorrei coinvolgere altre persone, non voglio che corrano pericoli per me, di…nuovo” strinsi forte le sue dita, lui si rilassò abbracciandomi e trasmettendomi energia positiva.
“Se lo fanno è perché capiscono quanto tu ne valga la pena” quelle parole mi scaldavano il cuore, un calore diffuso sino alla punta delle dita.



 
 
 
POV JASPER

Benjamin arrivò il giorno seguente radioso nel suo capotto di flanella beige; non vedeva l’ora di conoscere meglio Alice, non c’era alla radura il giorno in cui lei e i demoni ci avevano attaccato ma c’era stato quando I Volturi erano venuti per Renesmee, aveva rischiato per la nostra famiglia ed era pronto a farlo ancora ne ero immensamente grato eppure più vampiri sapevano di Alice più era pericoloso, non solo i demoni, anche quelli della nostra specie potevano rivoltarglisi contro. Lei era potente, diversa e pericolosa, non tutti avrebbero capito quanto fosse straordinaria o forse avrebbero mutato lo stupore in paura.
“Carlsile, amico mio!” Appena fuori dall’ingresso sentii i corpi dei due stringersi in un energico abbraccio, Alice scese le scale lentamente, indossava un paio di jeans aderenti e un top nero che faceva risaltare i riflessi dei capelli corvini. Ci guardammo a lungo, poi aprii la porta.
“Ricordi Jasper?” Benjamin mi strinse la mano senza timore, non potè evitare di adocchiare le mie cicatrici con un po’ di sconcerto ma era rilassato, mi scostai per lasciar avvicinare Alice.
“Ciao Benjamin, ti ringrazio per essere venuto, davvero” sorrise e Benjamin un po’ imbarazzato ricambiò, le baciò la mano e la squadrò da cima a fondo interrogativo ma non disse nulla, voleva vedere l’angelo ma aveva difronte una vampira con il nostro odore e gli occhi ambrati.
“Un nobile gesto” disse Carlisle mentre ci avviamo nel cortile dal lato della foresta di aceri e della pineta,
“Sciocchezze, tutti l’avrebbero fatto” Alice camminava di fianco a me tenendomi la mano,
“No, non tutti” sussurrò sporgendosi per guardare l’egiziano,
“Mi piace L’Alaska, è incontaminato, puro, e ricco di vita…solo che gli umani non vogliono proprio capirlo, la città è sempre in agguato” presto arrivammo in un piccolo spazio circolare circondato dagli aceri e con due laghetti agli estremi, era abbastanza spazioso.
“Credo che qui si possa lavorare” acconsentì Benjiamin ispezionando il luogo.
“Okay, vuoi cacciare Ben, il viaggio deve essere stato lungo?” lui annuì, Carlisle lo prese amichevolmente per un braccio.
“Aspetta” Alice ci lanciò un’occhiata enigmatica, ma avevo capito,
“Carlisle lo aspettiamo alla pineta” dissi e andai a baciarle la fronte prima di saettare via.



 
 
POV ALICE

“Vuoi cominciare adesso?” questo vampiro, più vecchio di me, eppure dai tratti più infantili dei miei mi osservava attento eppure così gioioso,
“No, dovresti fare un giro, cacciare e vedere tutti, possiamo fare al tramonto…solo” sospirai, perché dovevo provare sempre sconcerto nel mostrarmi, ero lì per essere libera. Alzai lo sguardo decisa e in un fruscio spalancai le ali. Contrassi leggermente il labbro, era stato doloroso ma presto non lo sarebbe stato più. Un calore piacevole mi salì lungo la schiena, spalancai le ali quanto più potei e le portai in avanti per sgranchirle, un leggero bagliore si riflettè sull’erba corta della radura. Mi guardai entrambe le ali, felice, mi sentivo meglio, reprimerle era stata la cosa più difficile che avessi mai fatto ed ora ero di nuovo me stessa. Per un momento dimenticai di non essere sola e che volevo mostrarmi a Benjiamin. Lo osservai trattenendo il respiro, differenti ma sempre forti erano state le reazioni di chi mi aveva vista. Edward e Jasper le trovavano a volte divertenti, lo stupore durava giorni per alcuni, beh non era facile accettare una cosa del genere. Benjiamin aveva la bocca semi aperta e gli occhi spalancati, ma non era un’espressione di terrore ne’ di stupore, era come se stesse tentando di razionalizzare quello che vedeva ma poi lo stupore arrivò, l’estasi come una scossa elettrica e non serviva il potere di Jasper per percepirlo. Mi girò attorno lentamente, carpendo con le iridi scure ogni dettaglio della mia figura. Al terzo giro non potei resistere, mi schiari la voce trattenendo un sorriso, la sua reazione era stata positiva.
“Scus…sami è solo che…è incredibile” Annui strusciando il piede destro sull’erba,
“Lo so” si fermò,
“Carlisle me l’aveva detto e descritto così bene…ma…vederlo di persona…per Iside! Sei una dea” incrociai le braccia ridendo.
“No Benjiamin, non sono poi così potente” lui scosse il capo a sua volta,
“Nella mia cultura ogni essere alato è sacro, e una donna lo è ancora di più” protese la mano incantato per toccare le piume, annui cercando di rimanere impassibile,
“Come Iside?” il contatto era strano, nessuno mi sfiorava le ali da mesi, ma piacevole,
“Si, come lei”.
Benjiamin conobbe anche Aiden, stupefatto della possibilità che avevo di avere figli ci ringraziò fino alla noia di averlo coinvolto in quella situazione. Jasper molto più tranquillo aveva stemperato quella morsa di agitazione che lo intrappolava da settimane. I miei incubi, anzi il mio incubo andava a intermittenza, alcune notti dormivo così profondamente da non avere nessuna visione o sogno a volte non riuscivo a chiudere occhio e nelle notti restanti si riproponeva il sogno. Preferivo non dormire, il sonno mi aiutava a recuperare le energie quando usavo i poteri, ma la mia metà da vampira poteva benissimo farne a meno. Forse essere circondata dalla mia famiglia e da amici mi stava aiutando, o forse no, la sete, l’intensa sete che non placavo per più di 2 giorni non ne comprendevo la causa. Per 1 settimana Benjiamin si allenò con me, lui riusciva a padroneggiare i 4 elementi, era formidabile, intendeva aiutarmi con quelli, l’energia poteva essere catalizzata in qualsiasi cosa, acqua terra, aria e fuoco. Il fuoco riuscivo a crearlo, fiamme blu iridescenti e Benjiamin ne era estasiato. Puoi creare, io posso solo utilizzare, se mi trovassi in una stanza di cemento non potrei smuovere un granello di polvere. Diceva. Il fuoco era semplice da gestire, così come l’aria, l’aria era forse l’elemento più congeniale ad un angelo, ero fatta per volare per sentire le correnti per appoggiarmi ad esse per catalizzare l’energia. Anche tutto ciò che era parte della terra, rocce, alberi, suolo.  Benjiamin mi insegnò a sentire, a percepire quanto fosse vivo il nostro mondo, non immobile e inerte. Squarciare il suolo, far alzare dal nulla una parete di roccia, controllare un rampicante, riuscii a farlo, sorprendendo tutti, non avrei mai potuto immaginare che fosse possibile per me. L’acqua, forse non sarei mai riuscita a controllarla, figurarsi crearla, era complicato e non facevo progressi. Quella mattina  Aiden era andato a scuola accompagnato da Bella per il suo secondo primo giorno, io ero con Ben nella foresta di aceri di fronte ai due laghetti. L’aria satura di umidità e di profumo del sottobosco. A piedi nudi e calzoni arrotolati eravamo entrati nell’acqua fredda. Il sole attraversava le foglie rosse evidenziandone le venature più scure, con sorpresa avvertii due odori familiari, Jasper e Jacob stavano venendo nella nostra direzione. Gli altri mi avevano sempre lasciata sola con Ben, per lui era fondamentale non avere distrazioni, energie di altri corpi a deconcentrarmi, ero io a mostrargli entusiasta quali progressi avevo fatto.
“Forse sono di passaggio” dissi, Benjiamin ad occhi chiusi e perfettamente immobile sorrise,
“No Alice, gli ho detto io di raggiungerci” sollevò la mano sinistra delicatamente e l’acqua come attratta da un magnete vorticò sinuosamente in alto fermandosi tra le sue dita e continuando a scorrere in su.
“Perché?” con JAconb e Renesmee non vedevo nulla da giorni.
“Per l’acqua, ti serve più energia, voglio provare una cosa” Jasper e Jacob si avvicinarono curiosi, Benjiamin si voltò verso di lui lasciando fluire il nastro d’acqua all’indietro.
“Aspetta, prova tu Alice” annui sconsolata, mi concentrai in ogni modo ma non ne voleva sapere di sollevarsi, neppure una gocciolina.
“ Frustrante, che l’acqua ti freghi così” Jacob rise appoggiandosi al tronco di un acero, gli lanciai un occhiataccia e un ramo scattò in avanti a schiaffeggiargli il viso, Jasper soffocò una risata, Jacob divertito si trasformò.
“Che fai Jake?” Jasper curioso lanciò uno sguardo a Benjiamin,
“Espediente numero 1, voglio che Jacob tenti di affogarti nel lago” sorpresa corrugai la fronte,
“Ma non potrebbe atterrare Alice, lo fermerebbe in cento modi” Jasper diede uno spintone scherzoso al lupo che ribattè con una testata ringhiando.
“Cento modi tranne uno” sospirai, avevo capito.
“Non usare la tua forza fisica, e neppure tutti gli altri poteri, non devi allontanarlo con ondate di energia o telepaticamente, non usare il fuoco, non schiudere le ali, ci stiamo concentrando sull’acqua e forse un contatto violento con essa potrà farti acquisire il controllo” Jasper tornò serio,
“Solo se vuoi farlo” mi disse avvicinandosi,
“Si, devo spingere al massimo” mi fecero spazio e Jacob prendendo la rincorsa mi si fiondò addosso, immobile caddi in acqua, le sue zampe mi premevano il petto e le gambe, continuai a respirare, doveva essere brutale, se avessi trattenuto il respiro quel peso l’avrei sopportato per ore. L’acqua era un po' torbida, mossi le mani per sentire la corrente, percepivo che c’era potere, riuscii a separarla tentando di rendere asciutto il mio spazio, più passavano i secondi più acqua respiravo e diventava difficile,
“Ce l’hai quasi fatta” la voce ovattata di Jasper, ne scorgevo la sagoma protesa su Jacob, ma non ce la facevo, dopo 20 minuti Jacob mi lasciò. Tossendo mi rimisi in piedi, avevo gli occhi arrossati e i brividi. Jasper mi aiutò a uscire pulendomi dal fango in viso,
“Tutto bene, una bella bevuta” respirai ampiamente,
“Proviamo la seconda opzione” Benjiamin mi portò di nuovo a riva, mi disse di chiudere gli occhi e basta, poi avverti dei passi e il toccò della mano di Jasper nella mia, calda e asciutta.
“Tieni gli occhi chiusi” disse Benjiamin dietro di noi,
“Jasper amplifica il tuo potere, non me lo so spiegare, ma l’amore è energia come qualsiasi cosa e tu hai la capacità di catalizzare anche questa forza, Jasper ti rende più forte, ma è anche ciò che ti rende più vulnerabile, come l’amore per tuo figlio Alice, purtroppo c’è sempre un prezzo” deglutii, era così, Jasper mi strinse la mano,
“Ma oggi è la tua forza, devi solo mantenere il contatto e lasciar fluire quello che provi adesso, la sintonia che avete è perfetta” lo feci, e non sentii altro,
“Alice, è incredibile” aprii gli occhi, una colonna immensa d’acqua, al centro del lago, alta 10 metri voriticava verso l’alto rendendo l’azione di Benjiamin un trucchetto banale. Sgranai gli occhi e guardai Jasper,  Ben e Jacob si allontanarono piano. Non dovevo fare alcuno sforzo per mantenere la colonna stabile, Jasper mi prese anche l’altra mano,
“Puoi fare ogni cosa, è come se tutto fosse connesso con te, e…non capisco perché io? Tu sei straordinaria e stai con me, non sono nulla in confronto a tutto questo, mi sento sopraffatto ed estasiato, non so spiegartelo Alice” gli cinsi il collo con le braccia,
“Io non sarei quello che sono senza di te, devi capirlo Jazz”
“Ma no Alice, saresti la stessa anche senza di me, sono fortunato ad essere il solo a poterti baciare e condividere una vita con te” scossi il capo,
“Jasper io posso farlo perché ci sei tu, questo potere sarebbe un fardello insostenibile se non avessi te ed Aiden, non lo capisci l’amore è l’energia più potente e solo con te posso sentirlo” lo baciai dolcemente.
 
Il ritmo della nostra vita era ormai scandito da una certa quotidianità, da quasi un mese, Carlisle aveva ottenuto una cattedra all’università pubblica e Jasper era il suo assistente. Bella ed Esmee lavoravano nella ditta di design e organizzazione di eventi di Kate. Edward occupava il suo tempo con Reneesmee e Jacob visitando l’intero Alaska e spesso portavano Aiden con loro, la scuola andava bene per fortuna. Quanto a me, ero impegnata tutti i giorni ad allenarmi con Benjiamin, la cosa mi stremava e di sera non vedevo l’ora di buttarmi sul letto o sul divano, anche lui era provato sebbene avessimo una tale forza. Ma era chiaro queste capacità avevano un prezzo, la stanchezza era sopportabile, anche le visioni, vedere il futuro mi destabilizzava sempre. La conoscenza ha un prezzo. Quella sera però mi sentivo particolarmente in forma. Decisi di volare, mi calmava i nervi, era un bisogno che avevo represso troppo a lungo, era l’unico modo per sentirsi libera e invincibile. Dissi a Jasper che l’avrei raggiunto per la mezzanotte. Non mi andava di cacciare nonostante la mia sete fosse ancora estremamente amplificata, probabilmente per la fatica di rafforzare i poteri. Volevo solo volare nella notte. Indossai un vestito leggero color vinaccia con sottili strisce di seta ai bordi, rilucevano alla luce della luna quasi piena. Il cielo però era plumbeo, gonfio di nubi cariche d’acqua. Aprii l’ampia balconata e in poche falcate mi librai sopra la cappa grigia. Molti odori si mescolavano nell’aria e non avevo ancora imparato a distinguerli bene. Benjiamin mi diceva sempre che 7 anni sono un soffio di vento per la nostra vita immortale e che molte cose le avrei imparate con il tempo e che altre sarebbero cambiate in me, forse avrei potuto fare cose ora impensabili o forse no. Incertezza. Sospirai spalcando le ali parallele e lasciandomi trasportare dalla corrente. Non mi piaceva l’incertezza, ma nessuna visione mi rivelava il futuro di li a 20 anni o più. Il futuro vicino o lontanissimo lo vedevo ma decideva lui quando mostrarsi, era un po' frustrante, sorrisi nervosa guardando in basso. Lassù tutto era quiete, solo l’eco di tuoni lontani e i lamenti del vento. Ma ecco un odore che mi arrivò da sinistra, aspirai a pieni polmoni, aspirai anche l’umidità, gli umori del sottobosco che vorticavano tra le correnti e il sale dell’oceano sotto di me. Non capivo chi ma sapevo cosa, era un demone. Subito un senso fu allertato dall’ altro, delle ali battevano e non erano le mie. Vidi delle ali nere tentare di trascinarmi giù e frammenti di lotta.
“No” sussurrai fermandomi a mezz’aria. La quotidianità stava per infrangersi di nuovo. Un respiro. Se fosse stato uno solo in realtà sarebbe stata una situazione favorevole. Si mi sentivo di nuovo forte, come lì in paradiso in procinto di distruggere tutto col solo pensiero, non debole e trattenuta come in quel parcheggio a Boston, l’angelo poteva agire e salvarmi. E non solo, potevo catturarlo e insieme agli altri interrogarlo per affrontarli una volta per tutte, o affrontare Lui. IN fondo a questo mi stavo preparando. Farla finita. Virai bruscamente a destra. Lo sentivo vicino. Lasciai perdere il naso, troppi odori nell’aria. Dovevo dar retta all’udito e alle correnti d’aria. L’avrei sorpreso io. Mantenni un volo lento e costante per qualche centinaio di metri poi saettai in alto e mi lasciai cadere in picchiata, l’aria fredda mi gelò il viso. Il grigiore e la condensa delle nuvole non dava visuale, lui continuava a seguire i miei movimenti ma non attaccava ancora. Zigzgai sopra e sotto la coltre di nubi finchè non sentii più le sue ali.
“Dove sei?” ero frustrata, non si vedeva nulla, qualcosa mi sfiorò la caviglia dal basso, ecco l’occasione, lo lasciai fare buttandomi di peso su di lui, era abbastanza minuto, gli vedevo le spalle,  tentò di scansarsi, allargai le mani e un turbinio d’aria lo scalzò contro una parete di roccia. Mantenni i battiti lenti, dovevo controllarmi. Lo tirai indietro scagliandolo di nuovo nel cielo, si teneva le mani davanti al viso che sanguinava, tornai all’attacco per colpirlo ma fece una cosa inaspettata, si avvinghiò a me, non potevamo volare , precipitammo a lungo fino a colpire il suolo con un tonfo. La spalla mi doleva, sbattei le palpebre ero stordita. Sentivo un peso tenermi giù.
“Ferma!” tentai di graffiare quell’ombra dalle ali nere.
“Alice ferma, accidenti!” la sagoma si avvicinò sin quasi a sfiorarmi il viso che finalmente fu illuminato da un sottile fascio di luce.
“Sean?” dissi a metà fra stupore e sollievo rilassando i muscoli,
“Sei impazzito, potevamo ucciderci” mi guardai attorno, un albero era crollato con noi nella caduta. Il demone era ancora su di me ma mi lasciò andare i polsi.
“Che ne dici di?” colse il mio sguardo divertito e imbarazzato, si scostò in fretta.
“Si, scusa” rassettò la camicia nera e i jeans sporchi di terra, il mio vestito aveva uno squarcio sul fianco, alzai gli occhi al cielo contrariata.
“E guarda che sei tu che mi avresti ucciso” osservò l’ambiente.
“E’ stato difficile trovarti, voi Cullen sapete come far sparire le vostre tracce” era da 5 anni che non lo vedevo, credevo non sarebbe più tornato dopo quanto accaduto, se era qui doveva essere accaduto qualcos’altro di grave.
“Che ci fai qui? Perché volevi trovarmi?” si appoggiò sul tronco spezzato flettendo il collo e le braccia, la ferita sulla testa rigettava ancora un po’ di sangue, i capelli erano più lunghi e tirati all’indietro con n elastico, gli occhi scuri come la notte ma attenti, aveva un colorito meno pallido e più sano.
“Sono qui perché volevo trovarti e….” cercò delle foglie per tamponare il sangue, stracciai un lembo del vestito e mi avvicinai,
“Mi dispiace” gli asciugai delicatamente la ferita tenendogli sollevato il viso con l’altra mano, mi guardava negli occhi,
“Io ti ho rovinato il vestito, siamo pari” sorrisi, gettai la stoffa lontano, sospirò alzandosi,
“Volevo trovarti prima di loro, Maze mi ha detto che Helena vuole catturarti, è la figlia di Balthazar e cerca vendetta, inoltre i demoni non desistono dal volerti usare contro gli anziani” un brivido mi corse lungo la schiena, c’era da aspettarselo.
“Sanno che siamo andati nella Città di Luce” ammiccò verso l’alto,
“E sanno che stavo mandando tutto in pezzi” strinsi i pugni,
“E’ la conferma che davvero puoi distruggerli, e il demone di Boston era un leccapiedi di Helena” rimuginai,
“CI hanno messo 5 anni per trovarmi e anche tu…perché non subito, perché ora?” Sean si appoggiò nuovamente al tronco,
“Hai represso cosi a lungo la tua natura tra gli umani che era impossibile sentire il tuo odore, o connettersi alla tua parte angelica. Ma non potevi continuare ….e ora non lo stai più facendo.” C’era un tono interrogativo in quell’ultima frase.
“Volevo che mi trovassero per affrontarli di nuovo e definitivamente”,
“Capisco perché volevi uccidermi” ridacchiò, feci un’ espressione seria,
“Ascolta, se ti ho trovato io qui, potrebbero arrivare a breve”  annuii, bisognava premunirsi ma non capivo perché volesse aiutarmi ancora.
“Chi è Maze, come sai del loro piano tu?” c’era qualcosa, non riuscivo a fidarmi completamente eppure aveva fatto tanto per me, una sconosciuta.
“Non è importante, io ho vissuto tra gli umani come un caduto, ma ero sempre in contatto con qualcuno di loro e appena ho saputo che ti davano di nuovo la caccia, dovevo trovarti” era così deciso e preoccupato al tempo stesso. Quella sincera preoccupazione per me mi destabilizzava.
“ Hai voluto mettermi in guardia, Sean, ti ringrazio, ma dopo tutti i casini che ti ho causato perché vuoi aiutarmi ancora ?”a quella domanda non sapeva cosa rispondere, restò a fissarmi per un po’.
“ Lo confesso, non ne ho idea, sento solo che devo farlo” richiuse le ali e avanzò nella foresta.
  
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