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Autore: channy_the_loner    16/01/2020    1 recensioni
La Wammy's House non è mai stata un orfanotrofio come tutti gli altri, e mai lo sarà. Al suo interno, piccoli soldatini vengono addestrati per sviluppare uno sconfinato genio, per ottenere riconoscimenti di fama internazionale, per diventare Qualcuno.
Ma la mente umana è contorta e spesso, durante la fase di crescita, subisce traumi irreparabili se essa si trova in circostanze eccessivamente violente o disagiate.
Qui seguiremo il percorso psicologico di un eterno secondo, di un irremovibile apatico, di un fanatico videoludico.
Qui conosceremo un'imbranata lettrice, una logorroica paurosa e una leale sognatrice.
Piccole menti e grandi cuori. Insieme sulle tracce di L.
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[Fanfiction presente anche sul mio profilo Wattpad]
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Matt, Mello, Near, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non era servito a nulla. Quell'intera giornata passata a pensare a come avrebbe potuto iniziare a scalfire il cuore di pietra di Amy, si era rivelata tempo sprecato. Proprio mentre credeva che la cena insieme a Mello e Matt stesse procedendo bene, la piccola solitaria aveva iniziato a blaterare, per poi alzarsi e correre via. Blanca l'aveva seguita, ma la sua compagna di stanza le era parsa una vera e propria scheggia, mentre si precipitava verso la loro camera, per poi fiondarvisi, chiudendo la porta alle sue spalle – seppur non a chiave; l'altra, rimasta nel corridoio, aveva chiaramente udito le molle di un materasso smuoversi, accogliendo un piccolo corpo sopra di esse, con il lenzuolo a fare da intermediario. Non era riuscita ad entrare nella stanza. Era rimasta in piedi di fronte all'uscio, con la mente piena di domande a far capolino da ogni dove, e le promesse di trovare le risposte con l'aiuto del tempo faticavano a reggersi; si voltò, vedendo arrivare i due compagni di cena, e si lasciò sopraffare dallo sconforto.

 

 

 

 

Dopo esattamente tredici ore dalla cena, Blanca si ritrovò nuovamente nella sala da pranzo, seduta al tavolo utilizzato da lei la sera precedente, per fare colazione. Si guardava attorno, incuriosita dal repentino via vai degli altri abitanti dell'orfanotrofio, molti dei quali non sostavano ad un tavolo per consumare il cibo, piuttosto afferrava della pancetta o dei pancakes dal banco di distribuzione e correvano via, in un luogo a lei sconosciuto, seguiti da due o tre compari con altrettanta fretta. E dov'era la sua, di compare? Lei era rimasta in camera, appollaiata sul davanzale interno della finestra, abbracciando un orsetto di peluche bianco, con un nastro rosso scarlatto a circondargli il collo morbido e a decorarlo con un dolce fiocco, gli occhietti neri dell'animale di pezza tristi almeno quanto la proprietaria; le aveva detto che aveva già fatto colazione, ma Blanca non le aveva creduto, evitando tuttavia di accusarla di essere una bugiarda. Quest'ultima portò un boccone di uova strapazzate alla bocca, venendo subito dopo invasa dal sapore della portata; non era un piatto fuori dall'ordinario, né tantomeno era cucinato alla perfezione, ma era in grado di farle tornare in mente le abilità culinarie di sua madre. Sentiva molto la sua mancanza, eppure non aveva pianto quando aveva realizzato di averla persa; che diritto aveva di disperarsi per la perdita della sua genitrice, quando era stata lei stessa ad averla uccisa?

Furono due teste a destarla dai suoi pensieri malinconici, una bionda e una rossa, dirette verso una cuoca che diede loro delle merendine commerciali; impiegò una frazione di secondo per riconoscere i due orfani, e li chiamò a gran voce, speranzosa di poter passare con loro la mattinata. A raggiungerla, tuttavia, fu solo Matt, seppur Mello non se ne fosse andato, attendendo il ritorno dell'amico vicino all'ingresso della sala, senza tuttavia intralciare il flusso di bambini e giovani ragazzi che andavano e venivano.

«Ciao, Matt.»

«Buongiorno, Blanca. Scusaci, ma non possiamo proprio fare colazione con te oggi.» La bambina chiese, masticando, dove si stessero dirigendo tutti gli altri orfani. «Be', oggi ci sono le lezioni. Dovresti venire anche tu, sono corsi molto utili per superare i test mensili.»

«Test mensili?»

«Sì, e poi i risultati vengono pubblicati nella grande bacheca nell'atrio. Lì si vedono le graduatorie ed L si fa un'idea su chi è più predisposto ad essere il Successore.» Matt afferrò la bambina per un polso, costringendola a farla alzare dalla sedia di legno; Blanca non si oppose.

«Ma la mia colazione?»

«Tranquilla, se ne occuperà la persona addetta alle pulizie sorteggiata. Per fortuna che il turno mio e di Mello è stato la settimana scorsa.»

«No, non capisco» rispose la bambina seguendo il rosso a passo svelto.

«Si vede che sei una novellina» rise lui. «Da sempre, uno di noi viene scelto per aiutare le cuoche ad occuparsi della cucina e le domestiche a pulire i corridoi per tre giorni, e quando ha finito tocca ad un altro. È vero, è una scocciatura, specialmente perché dobbiamo studiare molto e passare tre giorni a svolgere altre attività ci fa perdere del tempo prezioso, però siamo in tanti e quindi è giusto così.»

Camminarono lungo il corridoio del piano terra dell'orfanotrofio, quello alla destra della mensa, fino a raggiungere una stanza con la porta a doppia anta, con all'interno molteplici banchi singoli, quelli che Blanca qualche anno prima aveva visto in un film ambientato in un liceo statunitense. Mello si fece largo tra gli orfani già presenti nell'aula e si andò a sedere in un banchetto, quello situato nella fila più lontana dalla cattedra e accanto alla parete, in modo che avesse meno contatti umani possibili; accanto a lui si accomodò Matt, e subito davanti trovò posto la bambina che, solo in quel momento, si accorse di non avere nulla con sé per prendere appunti. Non fece in tempo a preoccuparsi di chiedere in prestito qualcosa, che l'orfano dai capelli rossi le allungò dei fogli a quadretti, per poi tirare una leggera gomitata al biondo; questi alzò gli occhi al cielo e a Blanca diede una matita smangiucchiata all'apice e con la punta consumata. Lei ringraziò entrambi, e quando si voltò una donna era appena entrata nella stanza ed aveva invitato tutti i presenti ancora in piedi a prender posto, in modo che la lezione potesse cominciare; notando la novella presenza, si schiarì la voce e disse di chiamarsi Miss Begum. Lo sguardo assottigliato di quella donna di appena mezz'età lasciava trasparire, come un fiume durante una violenta piena, la sicurezza di anni d'esperienza accumulata come insegnante completo; durante l'età di giovinezza aveva studiato nelle scuole più prestigiose dell'Inghilterra e, prima di essere assunta come docente privata alla Wammy's House, aveva seguito corsi di specializzazione in vasti ambito dell'insegnamento, varianti dalla psicoanalisi di un individuo alle lingue straniere – era in grado di sostenere un discorso in nove idiomi differenti.

Quel giorno si concentrò sugli esami orali – che preferiva chiamare colloqui formali – in modo da permettere a Blanca di recuperare le lezioni passate. La bambina scriveva in maniera ordinata e precisa, mentre ascoltava incantata i dialoghi tra l'insegnante e gli alunni; Mello intervenne più volte nelle interrogazioni di sua spontanea volontà, e a lui si opponeva Matt, che disegnava di nascosto nel suo raccoglitore blu elettrico. Furono fatte diverse domande a tutti gli alunni, e la maggior parte di loro fu in grado di fornire risposte sufficienti o più; se era stata accettata in quell'orfanotrofio – pensò Blanca mentre continuava a prendere appunti, curandosi di fare meno rumore possibile – stava a significare che anche lei aveva le capacità necessarie per intraprendere un discorso a quei livelli di diplomazia? Trattenne un sorriso entusiasta e si ripromise di studiare costantemente; non aveva nessun altro posto dove andare, per cui sarebbe dovuta rimanere lì fino alla maggiore età, e quale passatempo sarebbe stato migliore di quello di accogliere la sfida per diventare il Successore? Sarebbe stata dura, lo sapeva perfettamente, perché tutti lì avevano il suo medesimo obiettivo e l'invisibile strato battagliero era quasi tangibile, ma cos'altro avrebbe potuto fare? Non conosceva né tantomeno aveva mai sentito parlare di L, se non la sera prima, ma se tutti quegli orfani arrivavano a competere rabbiosamente per farsi notare da lui e raggiungere le prime posizioni nelle classifiche dei test mensili, allora doveva trattarsi di una persona parecchio importante. Che fosse una celebrità? Lei aveva un debole per le persone famose, per quelle che avevano lottato con le unghie e con i denti per raggiungere una postazione di prestigio, perché tutte quelle battaglie avevano fatto di loro persone forti. Incuriosita, si chiese come e quando avrebbe potuto presentarsi ad L personalmente, sentire la sua voce, vedere com'era fatto – anche se la sera precedente aveva squadrato il suo sosia da capo a piedi. Non le importava se anche solo ascoltare tutte quelle parole pronunciate a raffica e riportarle su un foglio di carta le risultava difficile, lei si sarebbe impegnata; sarebbe cresciuta, sarebbe migliorata, sarebbe sbocciata come un fiore da campo in primavera. Chissà cos'aveva in serbo per lei il futuro? Delle volte aveva desiderato aprire il libro della sua vita e leggerne una pagina scelta casualmente, tutto per il solo piacere di avere un assaggio di ciò che avrebbe dovuto vivere, e arrivare preparata per gli eventi.

Lanciò uno sguardo rapido all'orologio appeso sopra la grande lavagna a muro, e scoprì che era già passata un'ora e mezza dal suo arrivo lì; si voltò appena verso Matt e, osservando la sua espressione annoiata, comprese che avrebbe dovuto continuare a scrivere ancora per molto.

 

 

 

 

«Finalmente è finita anche oggi!» esclamò Matt, stiracchiandosi braccia e gambe sulla sedia mentre il campanile dell'orfanotrofio rintoccava mezzogiorno. Miss Begum aveva dato loro il permesso di abbandonare l'aula e quest'ultima, nel giro di pochi attimi s'era svuotata per metà. «Non ce la facevo più.»

«Ma non hai fatto niente» fece Mello raggruppando le proprie cose e buttandole alla rinfusa nella propria tracolla grigia.

Il rosso assottigliò gli occhi e mostrò al migliore amico l'interno del proprio raccoglitore. «Certo, non ho fatto niente. E nel frattempo Donkey Kong e la Principessa Peach si sono disegnati da soli.»

I due, bisticciando, uscirono dalla stanza seguiti da Blanca, sorreggente i fogli che aveva riempito di scritte nelle ore precedenti; interveniva nella loro discussione – la quale, avendo raggiunto un livello troppo alto di comicità, aveva fatto crollare tutta la buona impressione che entrambi le avevano fatto durante i dialoghi della lezione – ma la sua mente era ancora persa ad immaginare le fattezze fisiche e mentali di L, la sua voce, il suo modo di porsi, i suoi hobby – una persona tanto importante come lui aveva dei passatempi?

Le parole le uscirono di bocca senza che lei potesse far qualcosa per fermare i suoi pensieri. Disse: «Potrò mai conoscere L?»

I due bambini non si scomposero dopo aver udito quella domanda. Mello rispose: «Potrai parlargli, se sarai fortunata.»

«In che senso?»

«Senza avvertire nessuno e senza una puntualità, L fa delle videochiamate per poter parlare con noi. In quest'edificio c'è una stanza priva di arredamento, contenente solo un computer che viene lasciato acceso ventiquattro ore su ventiquattro appositamente per lui. L ci può vedere attraverso la videocamera, ma noi non possiamo fare altrettanto. Se vuoi così tanto conoscerlo, ti consiglio di fare un salto in quella camera di tanto in tanto.»

Gli occhi di Blanca brillarono. «Dove si trova questa stanza?»

«È vicino all'ufficio del Nasone» fece Matt. «Due porte dopo, nella direzione della grande camera matrimoniale.»

«Quella di Roger e Isabel?»

«Sì.»

L'umore della bambina schizzò in alto, stampandole sul volto un sorriso smagliante. Trotterellò su per le scale, seguita dai due amici, in direzione della propria camera; lì avrebbe posato gli appunti delle ore precedenti, e successivamente avrebbe pranzato, rimandando al pomeriggio la richiesta di quaderni e penne al direttore dell'orfanotrofio, che avrebbe usato da subito per poter studiare. Raggiunse velocemente la propria camera da letto, e il suo sorriso si spense un po'; bussò alla porta e udì un flebile permesso di entrare. Amy era seduta alla scrivania, la testa china su un foglio bianco che stava riempiendo di ghirigori. «Sei stata a lezione, vero?»

«Sì» rispose Blanca. «Come fai a saperlo?»

«Dopo la colazione non sei tornata. Ho pensato che eri andata in posto importante, e a quell'ora d'importante ci sono solo le lezioni al piano terra.»

Matt lanciò uno sguardo intimidatorio a Mello. «So a cosa stai pensando. Non lo dire.»

Ma il biondo non l'ascoltò; irruppe nella camera delle due bambine con un'espressione severa. «Fossi, casomai.»

«Come?»

«È un congiuntivo, solitaria dei miei stivali. Si dice che fossi andata, non che eri andata.»

Amy pensò alle parole di Mello, per poi dire, allo scopo di giustificare il proprio errore grammaticale: «Nella mia vecchia scuola non avevamo ancora studiato il congiuntivo.»

Blanca annuì, dando ragione alla propria compagna di stanza.

«Non mi interessa, frignona. Non so come tu abbia fatto a superare i test dei due vecchi se sei a questo livello d'ignoranza, ma sei alla Wammy's House, quindi sei obbligata a stare in riga. Mi hai capito o devo ripetertelo con parole più semplici?» chiese il biondo, e il suo tono arrogante ricordava il sibilo di un serpente velenoso.

«Mello...»

«Non ora, Matt. Sto aspettando la risposta di questa qua.»

«Ti ho capito» rispose Amy. «Però... Che cosa significa frignona?»

Il biondo si passò una mano sul viso, indeciso se lasciarsi sopraffare dalle emozioni furenti o rimanere mite, per quanto gli fosse possibile. «Prendi un vocabolario dalla biblioteca e scoprilo da sola.»

Alla piccola s'illuminarono gli occhi. «C'è una biblioteca qui?»

 

 

 

 

Ciò che si presentava davanti agli occhi delle due bambine era così strabiliante che le aveva lasciate senza parole. Decine e decine di scaffali colmi di tomi di diverse grandezze riempivano la grande sala, estendendosi dal pavimento fin sopra al soffitto, e ogni libreria era fornita di uno scaletto a nove gradini ciascuno per permettere di raggiungere gli scaffali più alti. I libri erano ordinati per categoria – indicate su delle targhette laccate d'oro –, e per ogni categoria erano disposti in ordine alfabetico d'autore; quando più volumi possedevano la firma del medesimo scrittore, si procedeva cronologicamente la pubblicazione. La biblioteca godeva di una scala a chiocciola in ferro che conduceva al piano superiore, dove l'esposizione di tomi continuava – l'ingresso al piano successivo, però, era unicamente quella piccola scalinata, dovuta alla mancanza di una porta alla sala superiore; su entrambi i piani, nell'esatto centro delle sale, si trovavano molteplici tavoli sorreggenti dei computer con le attrezzature a loro connesse, uno per ogni posto a sedere. All'ingresso della biblioteca si trovava la scrivania assegnata al responsabile di quel luogo, Mister Souffrance, il quale si occupava di registrare la data e l'ora dei libri presi in prestito dagli orfani, in modo da evitare furti. Souffrance era un giovane uomo di origini francesi che aveva trascorso la sua infanzia ed adolescenza sotto le premure di Watari, perché anch'egli orfano di entrambi i genitori; aveva sempre odiato le materie scientifiche, perciò si era convinto di non poter mai essere un pari di L – che aveva conosciuto di persona, perché avevano vissuto all'orfanotrofio negli stessi anni – e fu per questo motivo che scelse, una volta divenuto maggiorenne, di restare tra quelle mura, ad occuparsi di ciò che gli stava più a cuore: i libri.

Mentre Blanca s'era seduta ad un tavolo ed era in procinto di ricopiare gli appunti della mattina in uno dei quaderni che, poco prima, Roger le aveva fornito, Amy stava camminando per gli scaffali della sala, alla ricerca di un vocabolario; appena ne trovò uno, non esitò a prenderlo e tornare dalla compagna di stanza, barcollando appena per la pesantezza del tomo. Si sedette accanto a Blanca, e quest'ultima le chiese: «Perché ne hai preso uno così grande? Potevi prendere un dizionario più piccolo, tanto devi cercare solo una parola.»

L'altra scosse la testa in segno di negazione. «Ho avuto un'idea» disse, per poi prendere un quaderno dalla copertina nera e una penna del medesimo colore.

«Che idea?»

«Quando ho visto la grandezza di questo vocabolario, ho pensato che ci sono tante parole che non conosco ancora. Quindi leggerò e scriverò i tutti termini nuovi, così li imparo più in fretta.»

«Ma sono tantissimi!»

«Lo so, ma Mello ha ragione» rispose Amy. «Questo è un istituto dove crescono geni. Io non voglio essere da meno. Devo riuscirci.»

Blanca sorrise, sapendo che la propria compagna di stanza – e amica – aveva appena fatto un progresso. La vide sfogliare il grande libro e fermarsi alla lettera F.

«Frignone, da frignare. Frignare, verbo transitivo e intransitivo. Lamentarsi in modo continuo e noioso.» Amy assunse un'espressione infastidita. «Mello non è stato affatto gentile. Devo vendicarmi.»

 

 

 

 

 

Angoletto dell'Autrice!!

Approfitterò di questi due giorni liberi per scrivere, così potrò aggiornare, avevo detto. Ho passato quattro ore a guardare video sugli One Direction. Fucilatemi, grazie.

Grazie per aver letto questo capitolo e per aver inserito la storia tra le preferite/ricordate/seguite! Se vi va, lasciate una recensione ^^

Hasta luego,

-Channy

  
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