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Autore: white_pages    17/01/2020    1 recensioni
Si tratta di una raccolta di racconti nati da una suggerimento random, non so cosa ne verrà fuori, ma l'idea non solo mi piaceva, ma è diventata anche un modo per scrivere giornalmente.
I racconti non sono ovviamente collegati tra loro, così come lo stile, i personaggi, le ambientazioni e il genere cambierà di volta in volta.
Genere: Fantasy, Generale, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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Racconto 2
Prompt: ti ritrovi in una stanza da solo, ma non hai la minima idea di come tu sia arrivato lì


Non so dove sono.
Non so nemmeno se sono sveglia, non ancora almeno, tutto è talmente buio che non capisco nemmeno se gli occhi sono aperti o chiusi.
Fa freddo, sento le gambe nude coperte di pelle d’oca, poggiano su qualcosa di duro, il pavimento forse, ma è gelido e ruvido, mi fanno male.
Non so dove sono.
Decido che devo aprire gli occhi, il mondo non può essere diventato così buio all’improvviso, devo sforzarmi di aprire gli occhi e uscire da questo incubo.
Li apro.
Il mondo è ancora oscuro, ma sento gli occhi bruciare per il freddo, vuol dire che prima erano chiusi e che adesso devo riuscire a non chiuderli nuovamente, a non ripiombare nel sonno.
Ancora non so dove sono.
L’oscurità che prima mi avvolgeva inizia a schiarirsi, probabilmente mi sono solo abituata alla sua presenza, riesco a distinguere delle forme attorno a me, poco, ma è già qualcosa.
Scorgo dei mobili in fondo, appoggiati alla parete, sopra ci sono delle lampade spente, ovviamente; c’è quello che sembra un letto, dalla mia prospettiva non si capisce, potrebbe anche essere un divano.
Ma se c’è un letto (o un divano) perché sono sdraiata sul pavimento? Perché non mi sono messa lì, sarei stata più comoda e sicuramente meno spaventata.
Non so dove sono.
Cerco di muovere i muscoli, è il passo successivo ad aver aperto gli occhi, no? Fortunatamente rispondono tutti, mani e piedi, braccia e gambe, funziona tutto quasi alla perfezione, sono indolenziti, come se non li muovessi da anni.
Ma io ricordo di aver camminato solo ieri.
Aspetta, ma che giorno era ieri?
Che giorno è oggi?
Dove sono?
Il panico mi prende al solo pensiero di essere stata rapita, ma non ricordo nulla, l’ultima cosa che ho in testa è l’istante prima di addormentarmi con Andrea al mio fianco, nel nostro letto, nella nostra casa che sicuramente non è quella in cui mi trovo adesso.
Cerco di recuperare la calma, devo iniziare a girarmi e capire meglio dove mi trovo, farmi almeno un’idea di come è fatta la stanza in cui mi sono ritrovata, fortunatamente riesco a farlo, ruoto la testa e vedo finalmente una porta.
Una porta chiusa.
Forse non è chiusa a chiave, devo alzarmi lentamente e fare un tentativo, almeno provare ad uscire da qui ed esplorare la casa oltre quella porta.
Tento di mettermi in piedi, ma non è stata una buona idea, la stanza inizia a girare e con lei il mio stomaco, rischio nuovamente di cadere a terra ma mi aggrappo a qualcosa, non so cosa, e lentamente mi siedo sul letto (alla fine era un letto) aspettando che tutto attorno a me si fermasse.
Non so dove sono e questo mi terrorizza.
Finalmente la stanza smette di girare, il mio stomaco si stabilizza e riesco finalmente a mettere a fuoco ciò che mi circonda.
Tutto è rosa, le pareti sono rosa, i mobili sono rosa, anche il pavimento è rosa, così come il letto su cui sono seduta adesso e la porta che mi sta davanti.
Non ci sono finestre.
Non ci sono finestre?
Da quando le camere da letto non hanno finestre?
Dio, ma dove sono?!
Sembra una casa per le bambole, tutto questo rosa mi da la nausea.
Ci riprovo.
Mi rialzo, questa volta riesco a reggermi sulle mie gambe e non al tavolino; mi dirigo lentamente verso la porta, ho ancora paura di crollare sul pavimento.
Dopo quella che mi sembra un’eternità raggiungo la maniglia, provo a spingerla verso il basso per aprirla, come previsto, nulla si muove, è chiusa a chiave.
Mi accascio sul pavimento, sono distrutta.
Ho la bocca secca, non riesco nemmeno a produrre saliva per deglutire e non vedo nemmeno una bottiglia in questa stupida stanza rosa.
Il silenzio.
Il silenzio è assordante, ecco cos’altro c’è che non va, questo assurdo, inquietante silenzio.
Mi guardo ancora intorno alla ricerca di qualcosa che non ho ancora notato, vedo un orologio sopra il letto (inutile dire che è rosa anche quello), ma è fermo alle 3.00 del mattino.
Mi rialzo.
Non so dove sono.
Cammino verso il letto.
Non so dove sono.
Torno indietro. Cerco. Guardo. Esploro.
Non trovo nulla.
Non c’è nulla.
Non so dove sono.
La mia testa è ancora frastornata, non ricordo niente di come sono arrivata lì, non ricordo nemmeno di essere uscita di casa.
Mi accorgo solo adesso di una porta che non avevo notato, forse è quella l’uscita!
Mi precipito verso la seconda porta rosa, il silenzio è ancora assordante, ma un velo di speranza mi riempie il cuore, forse posso davvero uscire da questa casa per le bambole!
Abbasso la maniglia.
Si apre.
Sono lib…no, è un bagno.
Uno stupido bagno.
Rosa.
Non so dove sono.
Perdo le speranze, ma almeno posso bere, spero.
L’acqua funziona, tutto sembra funzionare perfettamente in questa stanza.
Tranne l’orologio.
Il silenzio mi fa impazzire.
Un lampo di luce, un ricordo, un volto femminile sopra il mio letto.
Non ricordo chi sia, ma ho la sensazione di conoscerla, sì, la conosco.
I ricordi riaffiorano, lentamente. Lei che mi porta via dal mio letto. Lontana da Andrea, dio, mi manca così tanto.
Ricordo di essere salita in una macchina, rosa, ero frastornata anche allora, poi tutto torna buio, non ricordo nulla oltre a quella strana macchina.
Forse quella donna mi ha drogata e l’effetto inizia a svanire adesso e per questo iniziava a ricordare, forse aspettando ancora un po’sarei riuscita a ricordare ancora di più.
Mi stendo sul letto, chiudo gli occhi, non posso fare molto chiusa qui dentro, posso solo dormire, camminare, andare in bagno, dormire, camminare, andare in bagno e così via.
Ancora spero di riuscire ad uscire da qui, la speranza è l’ultima a morire, era così il detto, giusto?
Il silenzio è sempre più assordante.
Voglio parlare con qualcuno.
Da quanto tempo non parlo con qualcuno?
Quanto tempo è passato da quando sono qui?
La luce è sempre quella, sempre quella penombra che non cambia mai e non mi permette di esplorare più a fondo la stanza in cui si trova.
Non so dove sono.
Mi addormento.
Quando mi risveglio non è cambiato niente nella stanza, ma qualcosa nella mia testa sì, ricordo tutto.
Ricordo la donna che mi ha portata via da casa, mi ha trascinata con la forza nella sua macchina, mi ha dato qualcosa da bere dal sapore amaro, ricordo il suo volto, anche se non la conosco effettivamente.
Vengo distratta da un rumore.
Una chiave.
Una chiave nella serratura.
Un lampo di luce mi acceca.
Sono libera!
Non so dove sono.
Non so nemmeno se sono sveglia, non ancora almeno, tutto è talmente buio che non capisco nemmeno se gli occhi sono aperti o chiusi.
Fa freddo, sento le gambe nude coperte di pelle d’oca, poggiano su qualcosa di duro, il pavimento forse, ma è gelido e ruvido, mi fanno male.
Non so dove sono.

Eccoci al secondo racconto di questa strana raccolta, come per il primo, il suggerimento era completamente casuale! 

Ho deciso di pubblicare un racconto a settimana, ogni venerdì, quindi che dire, a settimana prossima! 
Giulia.

 
   
 
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