Anime & Manga > Diabolik Lovers
Segui la storia  |       
Autore: channy_the_loner    18/01/2020    0 recensioni
Ogni storia d’Amore degna di essere raccontata comincia con il fiabesco C’era una volta.
Ma se vi parlassi di vampiri, spiriti, guerra, salvezza, maledizioni, sacrifici, tentazioni e paura, l’Amore sarebbe ancora così puro?
Loro non sono affatto innocenti fanciulle in attesa del principe azzurro; una giovane giornalista, una sorella protettiva, un’atleta ottimista, una superstiziosa combattente, una tenera fifona e una silenziosa malinconica, nient’altro che sei normali ragazze appartenenti a mondi totalmente diversi, ma accomunate dallo stesso Destino. Saranno costrette ad affrontare un viaggio attraverso l’Inconcepibile, dove tutto è permesso, per scoprire la loro vera identità; oltre il Normale, le certezze crollano e s’innalzano i dubbi, muri e muri di fragilità, ma dietro l’angolo ci sono anche motivi per abbatterli.
Si può davvero vivere per sempre felici e contenti, quando l’esistenza non è altro che un accumulo di dolore e lacrime? Quanto deve essere forte, l’Amore, per far nascere un sorriso nonostante tutto il resto? E infine, la Vita è un libro già scritto, o è il suo protagonista a prendere le redini del gioco?
-IN REVISIONE-
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

-Crystall Ball, Free and Why Not.

 

 

Pelle ruvida, occhi scavati, labbra sottili, naso appuntito e all’insù, schiena curva, capelli lunghi e crespi, dita affusolate, unghie spezzate, veste larga e dalla tinta scambiata – erano questi gli elementi che caratterizzavano l’anziana figura rinchiusa in una delle celle del castello. Nonostante fossero rigide e spesse, dalle pareti dei sotterranei trapassava il pungente gelo della notte, il quale tanto pareva la morsa letale di un serpente velenoso; ma nessuno lì lo percepiva per davvero, quel tagliente spiffero di vento freddo. Nessuno di loro era umano, ma non erano nemmeno tutti dei vampiri – e allora chi risiedeva dietro quelle ferree sbarre di metallo? Analizzando il suo acido desossiribonucleico, si sarebbe potuto affermare con assoluta certezza che appartenesse alla razza più pura delle creatrici di incantesimi proibiti, coloro che vivevano attraverso i secoli al solo scopo di proteggere l’arte della propria specie anche se condannate ad una lontana morte.

«Sentiamo un po’» fece Laito con sarcasmo nella voce, nonostante essa non risultasse irta ma gentile come d’abitudine, «cosa ci faceva una simpatica fattucchiera nel giardino di casa nostra?»

La vecchia, seppur dolorante, lanciò una stilettata a colui che aveva parlato. «Sarai pure uno dei principi della stirpe dei vampiri, ma non ti permetto di rivolgerti a me in questo modo sgarbato. Intesi, giovanotto?» Aveva una voce roca e graffiata, come se le sue corde vocali fossero state danneggiate da qualcosa di violento e senza pietà; tossicchiò senza preoccuparsi di coprirsi la bocca con una mano.

Tutti i presenti rimasero in silenzio per qualche attimo, donando all’anziana il tempo di prendere fiato. Parlò: «Siete liberi di non prendere sul serio le stramberie che sto per raccontarvi, ma vi do la mia parola da stregaccia decrepita che ogni cosa che uscirà da queste labbra sarà veritiera. È inutile che tenti di nascondervi qualcosa, dopotutto io sto dalla vostra parte.» Si sforzò di ridere, ma produsse unicamente un suono strozzato. «Be’, signori, in realtà non sto dalla parte di nessuno, me ne infischio delle faccende di voi esseri non-morti, ma a giudicare da come stanno andando le cose, mi sento abbastanza egoista da scegliere di schierarmi dalla parte di Karlheinz.»

«La prego di non farla tanto lunga, piuttosto di andare dritto al sodo» intervenne Reiji. «Immagino che questa situazione, qualunque essa sia, richieda il saper sfruttare a proprio vantaggio il tempo.»

«Sei sempre sulla cresta dell’onda, Reiji-sama. Il tuo cuore ibernato si sta sciogliendo per il bene delle umane?»

«Le ho chiesto di sbrigarsi, gentilmente.»

La donna grugnì, infastidita. «Va bene, ho capito. Comincerei col dirvi che ve le siete scelte proprio bene, le vostre fidanzate.»

«Fai bene a sottolinearlo, vecchiaccia. Il sottoscritto ha buon occhio.»

I suoi cinque fratelli lo zittirono nell’immediato istante, consentendo alla maga di continuare il proprio racconto. «Non mi riferisco al loro aspetto fisico. Sono indubbiamente delle belle ragazze, ma posseggono delle qualità che la razza umana potrebbe solo sognare.» Abbassò improvvisamente il tono della voce, come a rivelare un segreto. «Si vociferava di loro, nel Mondo Parallelo. Ne parlavano tutti, ma proprio tutti, ragazzi miei, e sapete perché? Perché sono la chiave per risolvere l’imminente conflitto che si sta tramandando da innumerevoli secoli a questa parte. Il Libro riporta i loro nomi così tante volte!»

«Il Libro?» si azzardò a sussurrare Shuu tra sé.

«Il Libro, primogenito dei miei vecchi zoccoli di legno, il Libro! È per questo che mi è stato ordinato di rinchiuderle nella sofferenza da quel narcisista. Che subisca l’incantesimo della coagulazione di quella megera di Kahori.»

Kanato strinse Teddy al proprio petto, il quale si lamentò appena per la morsa angusta; piegò di poco la testa di lato, scrutando la prigioniera con le palpebre spalancate e le pupille ristrette. «Quella sfera di cristallo rappresenta il dolore?»

«Non è del tutto esatto, ma far entrare il concetto nelle vostre zucche vuote sarebbe fin troppo difficile. Senza offesa, Reiji-sama. Pertanto, signorini, permettetemi di farvela breve. Questa bolla le ha risucchiate in quello che a me piace chiamare turbine di lacrime, e tutto il tempo che passeranno qui dentro sarà all’insegna dei ricordi più dolorosi che ognuna di loro possiede, e questi verranno straordinariamente amplificati. Di tanto in tanto entra in gioco anche la paura. È magia nera, uno di quegli oggetti magici che non dovrebbe assolutamente finire sul mercato. Logora le menti di chi subisce l’incantesimo, capite? Quando usciranno saranno condannate ad eterni e frequenti attacchi di panico, si rinchiuderanno perennemente in casa, non vedranno più la luce del sole, non respireranno più aria pulita e finiranno col suicidarsi dalla disperazione. Oppure, potrebbero rimanere intrappolate in questa sfera per il resto dell’eternità.» Si espresse con una risata dall’agghiacciante acutezza. «Volete la dimostrazione?»

Non vi fu bisogno di alcuna risposta. Nessuno di loro si fidava dell’anziana maga che li fronteggiava in tutta la sua aura dal sapore stravagante, ma l’espressione seria ed impassibile che aveva assunto Teddy lasciava intendere che avrebbero potuto concederle di sfiorare nuovamente il pericoloso oggetto – se, in qualsiasi maniera, avesse tentato di liberarsi dalle manette che le intrappolavano i polsi e avesse provato a darsela a gambe dalla prigione, sarebbe stato lo stesso orsacchiotto a darle il colpo di grazia. E allora in tutta fretta fecero portare la sfera che le apparteneva; con più colpi secchi di meccanismi della serratura metallica della cella aprirono la porta, per poi circondare la strega e guardarla dall’alto verso il basso.

«Ecco, bravi. Restate attorno a me. Sarà più facile per voi vedere.»

Scettico, Subaru lanciò uno sguardo carico di perplessità ai sui fratelli, senza tuttavia riceverne altri poiché tutti erano impegnati ad osservare i movimenti della donna dai poteri sovrannaturali – quale Natura? Ne esistevano di innumerevoli entro i confini dell’universo, tanto che era impossibile conoscerle tutte; quale Natura predominava sulle altre, in maniera tale da poter essere correttamente definita paranormale o addirittura divina?

«Sto per iniziare il rito» proclamò la vecchia. «Non volete chiamare Azusa-sama e l’altra ragazzina?»

Reiji rispose: «Sarebbe un’inutile perdita di tempo.»

«Per una volta sono d’accordo con il bacchettone» fece Ayato. «Qua bastiamo e avanziamo noi. Quei due possono restarsene ovunque si trovino ora.»

«Come volete. Fate attenzione a non rimanerci secchi.»

Eseguirono gli ordini senza protestare. Ognuno di loro posò una mano su una porzione di pelle della maliarda – spalle e braccia – e chiusero gli occhi, in attesa di una magia nera che non tardò ad arrivare, poiché tutti loro, in seguito a delle parole in una lingua sconosciuta pronunciate dall’unica donna presente, si sentirono scossi da un robusto soffio di vento privo di temperatura; nonostante la loro forza vampiresca, ebbero l’impressione di perdere l’equilibrio e di precipitare in un pozzo oscuro e senza fondale, eppure i loro corpi erano ben ancorati al pavimento – ad aver preso il volo era stata la loro mente, l’unica essenza che possedevano in quanto esseri della notte.

Benché avessero gli occhi ben spalancati e l’incredibile capacità di distinguere persone e oggetti in un ambiente privo di luce, quel buio era eccessivo e pareva non poterli condurre da nessuna parte. Ma tutto accadde pochi attimi dopo. Una fioca fiamma apparve dal nulla, scoppiettando timidamente e accompagnando un lontano lamento; divenne improvvisamente una vampata color sangue, bollente come proveniente dalla viscera più profonda dell’Inferno, e i versi di dolore si tramutarono in singhiozzi ben più potenti. Shuu arretrò di un passo, terrorizzato da tutte quelle fiammate improvvise, che tanto parevano vulcani eruttanti, e guardandosi attorno poté scorgere una figura inginocchiata al terreno – chi altri avrebbe potuto essere, quella fanciulla dai lunghi e ondulati capelli color prato, se non Harumi? Ma dov’era finito tutto il suo ottimismo, tutto il suo sprizzare gioia da ogni poro? Dove si nascondevano i suoi sorrisi a trentadue denti, e il suo saltellare attorno a lui per tentare di farlo ridere? La persona che gli stava davanti non sembrava essere lei poiché trasmetteva sensazioni irrequiete; scorgendola meglio, il primogenito poté accorgersi che era china su qualcuno steso, supino e circondato da della cenere soffocante: i suoi tratti erano spaventosamente simili a quelli dell’umana, ma Shuu non avrebbe potuto sapere come fossero colorati i suoi occhi perché condannati ad essere chiusi per sempre.

«Hide-nii, Hide-nii» ripeteva come un disco rotto, «non mi lasciare, non mi lasciare. Ho bisogno di te, ti prego. Mi manchi così tanto, Hide-nii.» Piangeva disperatamente, singhiozzava senza ritegno e tossiva per via del fumo, mentre la sua pelle si ustionava gravemente; si afferrò delle ciocche di capelli e le tirò, le tirò con così tanta forza da strapparsele, e urlò dal dolore fisico e spirituale – lo stava perdendo per la seconda volta. «È colpa mia» sussurrò. «Sono debole. Non riesco a proteggere chi amo. Hide-nii è morto per colpa mia.» Si voltò verso il biondo, rivelandogli gli occhi iniettati di sangue. «Non so per quale motivo sia scoppiato quell’incendio. Una trave è crollata sopra di me e mi ha bloccata. Sai cosa è successo poi? Hide-nii è tornato dentro per salvarmi. Per colpa mia Hide-nii è morto. È morto al mio posto. L’ho visto accasciarsi a terra e non rialzarsi mai più. Perché non mi ha lasciata lì dentro?»

Shuu continuò ad osservarla, scandalizzato; provò ad appoggiarle una mano sulla spalla, ma la giovane si scostò violentemente. «Stammi lontano o morirai anche tu. Lo capisci che tutto il dolore che ha provato la mia famiglia è a causa mia?»

«Harumi…»

«È TUTTA COLPA MIA!»

L’eco della sua voce si sparse tutt’attorno, placando il fuoco; lasciò spazio ad una strada asfaltata a due corsie, colma di vetture di varie taglie sfreccianti da destra a sinistra e da sinistra verso destra, ma non vi era nessun guardrail a dividere le due direzioni. I sei fratelli, nonostante fossero ancora scossi dalla precedente visione, si guardarono attorno allo scopo di capire dove la magia li avesse condotti e, a distanza di pochi secondi, notarono una ragazza in bilico tra le due file di rapide automobili; i suoi lunghi capelli scarlatti si muovevano a ritmo del vento e le sue labbra rosate sorridevano con pacatezza, mentre i suoi occhi celesti erano puntati su di loro. Subaru scattò sull’attenti, comprendendo all’istante la situazione nella quale l’umana si trovava, pertanto gonfiò il petto ed esclamò, allarmato: «Hey, Mugon, vai via di lì o finirai per essere investita!»

Kin non pose fine alla sua espressione placida e si portò un ciuffo di capelli dietro l’orecchio.

La sua ingiustificata calma lo fece andare maggiormente in bestia, e tutta quella sua rabbiosa preoccupazione si trasformò in prurito alle mani e sete. «Dico sul serio, deficiente! Potresti morire!»

Ma la giovane non si mosse di un millimetro; rivelando la sua voce ai sei vampiri, disse semplicemente: «Non posso cancellare qualcosa che è già successo. Il tempo passa, il corpo guarisce, la vita va avanti. Ma il ricordo è sempre lì, pronto a riaffiorare senza preavviso.»

Nessuno fece in tempo a ribattere, poiché dalla sua bocca iniziò a fuoriuscire del copioso sangue; fu questione di attimi prima che, accompagnato da un sonoro clacson, un camion dalle enormi dimensioni centrò il suo corpo e lo fece volare via, in modo tale da farlo sparire dal loro campo visivo. E il buio tornò a regnare, perforato dall’urlo del vampiro albino – era sicuro che quell’immagine sarebbe rimasta impressa nella sua mente per l’eternità.

Iniziò a fare caldo; le loro pelli e i loro organi in condizioni normali non avrebbero potuto percepire quel calore, ma quella non era una situazione normale – pertanto distinsero con chiarezza l’asfissia trasportata dall’aria. Come mai prima d’allora, i loro polmoni sentirono il bisogno di ossigeno, perciò schiusero le labbra nel tentativo di inalarne una maggiore quantità sfruttando l’ampiezza della cavità orale; nonostante ognuno di loro si vantasse di essere inflessibile dinanzi ad ogni forma di sofferenza, non riuscirono a non sentirsi in pena nel momento in cui fronteggiarono l’ennesima silhouette – era come se un mostro invisibile ai loro occhi stesse trasferendo loro l’immenso dolore che le umane stavano provando, ed altro non era che la stessa angoscia che le aveva travolte anni addietro e che i vampiri stavano imparando a conoscere. Fu per questo motivo che – impossibile se manifestati nella realtà quotidiana – ebbero paura di quegli spiritelli grigi e viola fluttuanti nell’aria, ghignanti e stridenti, i quali svolazzavano creando macabre coreografie per poi andarsi a schiantare contro il petto della ragazza dai capelli castani, che a stento riusciva a reggersi in piedi in seguito a tutti quei colpi subiti ed impossibili da schivare.

«Miki-chan» fece Kanato, mentre ignorava il disperato bisogno di respirare normalmente al fine di avanzare nella direzione della giovane, «cosa sono queste creature?»

Lei non gli rispose, ma alzò il capo per poterlo guardare; i suoi occhi erano incorniciati dalla disperazione ed erano lucidi di pianto, tuttavia a nessuna lacrima era concesso cadere, scivolarle lungo il viso e dare il via libera alle altre per evadere dalle loro ghiandole e riversarsi fuori, svuotando la ragazza da tutto il peso che era costretta a trasportare. Solo allora i fratelli notarono l’immensa pila di libri in flebile equilibrio sulla testa della giovane, e quella torre pareva non possedere una fine, traballava pericolosamente ai piani più alti ma non crollava mai; dirlo ad alta voce sarebbe stato impossibile poiché eccessivamente incoerente, ma Miki possedeva un perfetto bilanciamento del proprio corpo – o forse quella non era altro che la realizzazione di ciò che correva in giro per la sua mente? L’ennesimo fantasma si scaraventò contro di lei ma, un attimo prima dell’impatto, mutò la propria forma in un libro dall’aria importante, dalla copertina laccata d’oro e dalle pagine argentate; la giovane lo aprì, rivelando il suo principio, poi ingoiò a vuoto e si mise a leggere: «Regola numero uno, la tua vita procede a gonfie vele. Regola numero due, in quanto membro della famiglia Asano, il tuo compito è quello di prendere le redini dell’azienda fondata dal tuo avo paterno.» Le tremò la voce. «Regola numero tre, vuoi molto bene a tuo padre. Regola numero quattro, tua madre e tuo fratello sono cattivi. Regola numero cinque, ti piace studiare. Regola numero sei, sei disposta ad accettare tutto con un sorriso. Regola numero sette, non potresti desiderare di meglio. Regola numero otto, ami così tanto il figlio del banchiere che hai deciso di sposarlo.» Guardò nuovamente Kanato, per poi sussurrargli in preda al terrore: «Sto disubbidendo a tutto. Appena papà lo verrà a sapere, mi chiuderà di nuovo nella vecchia soffitta. Vuole che io sia la sua bambola.» Gli spiriti ridacchianti presero a martellarla con più insistenza e con maggiore forza, obbligandola a continuare a leggere; quel doppio volume colmo di leggi pareva ingrandirsi sempre di più, fino a quando non ne fuoriuscì una voce maschile, severa ed autoritaria – e ad udirla, la pila di tomi sospesi sul capo della ragazza precipitò e la sommerse.

Fu a quel punto che Kanato si rese conto di star piangendo istericamente, incapace di compiere qualsiasi altra azione; percepì delle braccia stringerlo e, quando si voltò per scoprire a chi appartenessero, vide che quello era il goffo risultato di una consolazione tra gemelli, mentre Teddy era ancora stretto ai suoi arti superiori, anch’egli in lacrime a causa dello spettacolo a cui avevano assistito – la pena che provava per Miki era salita fino alle stelle sospese nel cielo.

La confusione di casa Asano scomparve con il precipitare di un fulmine, seguito fedelmente dal suo tuono, ma quei due furono solo i primi di una vera e propria tempesta di saette; le suddette parevano fuoriuscire dagli occhi color ametista della giovane ragazza che tanto pareva una statua di marmo, poiché la sua figura era perfettamente immobile di fronte a ciò che stava osservando con furioso dispiacere – una larga pozza di sangue accoglieva due persone, un uomo e una donna per sempre affidati alle braccia della Morte. Se avessero aperto gli occhi, si sarebbe potuta notare l’incredibile somiglianza tra le iridi della dama e quelle della fanciulla sofferente, mentre il resto dei suoi tratti appartenevano al maschio; quei due non erano altri – non erano stati altri – che i suoi genitori e quelli di un’infante Isako, quest’ultima ancora troppo piccola per capire cosa fosse effettivamente successo. Reiji se lo stava per l’appunto chiedendo perché sinceramente interessato a scoprire a cosa fosse dovuto tutto quel dolore, nonostante fosse circondato dalla sua inclinabile corazza di fredda indifferenza; pertanto parlò: «Chi è l’assassino?»

Un potente rumore statico riecheggiò nell’aria, fino a coprire addirittura le urla del cielo tempestoso; non era un attributo da tenere segreto, quello dell’immancabile autocontrollo che l’aveva caratterizzato sin dalla tenera età, eppure in quell’esatto momento, quello in cui Selena prese a girarsi verso di lui con una snervante lentezza intrisa d’ansia, il secondogenito percepì dell'irrequietezza scivolare tra le fibre del proprio corpo. Ricevette un’occhiata traboccante di delusione e desiderio di vendetta, eppure la voce che udì fu calma. «La polizia dice che è stato un incidente. Un proiettile vagante durante una battuta di caccia. La munizione non è riconducibile a nessuna arma ritrovata nei paraggi.» Solo in quel momento i vampiri realizzarono di essere circondati da alberi di grosse dimensioni, così tanti da formare un vero e proprio bosco, al centro del quale si ergeva una casa sprizzante ricchezza da ogni parte, ma tutto era delimitato da dei nastri a righe verticali gialle e nere, di quelli appartenenti alle forze dell’ordine. Selena prese in braccio sua sorella minore e le baciò la fronte. «Ti va un buon muffin della pasticceria che ti piace tanto, Isako-nee?» fece e la bambina annuì, inespressiva.

Prima che potesse andarsene, Reiji la fermò. «I tuoi genitori sono appena morti. Non vuoi vendicarti? Non vuoi piangere in maniera patetica come farebbero tutti gli altri umani?»

La ragazza dai capelli blu lo fissò negli occhi, per poi rispondergli: «Certo che voglio, ma la mia priorità in questo momento è Isako-nee. Ma tu non potresti capirmi.»

Dai nuvoloni grigi che avevano offuscato il cielo iniziò a precipitare della pioggia di forte intensità, ricoprendo interamente l’ambiente e donandogli un sottile strato di nebbia; al posto della ragazza-genio si materializzò, in ginocchio e con la testa tra le mani, la giovane che all’interno del gruppetto delle fanciulle era quella dotata di una maggiore quantità di sarcasmo. Laito la riconobbe subito e, come se l’avesse chiamato, si affrettò ad accostarsi a lei seppur mantenendo un certo atteggiamento prudente; notò le sue spalle scendere e salire a ritmo di qualche singhiozzo dovuto alle lacrime di disperazione, quest’ultime causate da un forte e vicino eco di grasse risate e mani che l’additavano. Sulla sua pelle erano state scritte delle parole con uno o più pennarelli indelebili neri, e Laito lesse quelle più evidenti:

-Sgualdrina. -Non rubarmi il ragazzo. -Quanti altri fidanzati vuoi ancora? -Mi hai spezzato il cuore. -Troietta. -Buttati dal tetto. -Ti amo. -Nessuno ti vuole. -Sabato sera ho casa libera, vieni pure. -Stammi alla larga. -Muori. -Puttana.

«Princess-chan, sono solo delle allucinazioni. Nulla di tutto questo è vero.»

«Sta’ zitto. Tu sei esattamente come tutti gli altri» gli rispose lei con voce spaventosamente grave.

«Hey, ascolta. Sei riuscita a raccontarmi quello che è successo, ciò significa che sei riuscita a superar--» Gli morirono le parole in gola, poiché Tara aveva alzato il capo e gli aveva puntato addosso il suo sguardo, scoprendo così la sua mancanza di bulbi oculari – era raccapricciante persino per lui, che credeva di aver assistito a torture ben peggiori durante la sua secolare esistenza.

«Superare? Come si può superare qualcosa che ti viene continuamente sbattuta in faccia? Io non vivo nel passato. È il passato a vivere me.» Altre lacrime, stavolta nere come la pece, presero a colarle lungo il viso, sporcandoglielo di un peccato che non aveva compiuto. Una lettera sigillata da un adesivo a forma di cuore giaceva di fianco a lei, intatta, come se non fosse stata mai toccata, mentre un armadietto per le scarpe si materializzò poco più in là; la targa riportava il nome della giovane, ma Laito non ebbe il tempo di studiare bene la scarsa attenzione con cui era stato scritto poiché lo sportello si aprì improvvisamente, rivelando all’interno della piccola cavità del mobile una moltitudine di chiodi di grandi e piccole dimensioni, i quali crollarono sul pavimento con un rumore sordo. Apparvero anche dei crisantemi bianchi posti in un vaso di vetro trasparente, nel quale era contenuta dell’acqua per tenere in vita la flora – ma, inaspettatamente, un pesce rosso galleggiava a pancia in su a pelo d’acqua.

La pioggia battente si congelò senza un preavviso, trasformandosi in silenziosa neve; la temperatura calò drasticamente, facendo inspiegabilmente accapponare la pelle ai presenti – da quando la loro spettacolare resistenza alle temperature esterne aveva iniziato a fare cilecca? Tara scomparve, sepolta dal gelo, e pareva che nessuno fosse nei paraggi tuttavia Ayato sapeva – sentiva – che non erano da soli; difatti passava inosservata la sua figura, poiché la sua pelle era eccessivamente diafana e i suoi capelli molto chiari, ma Yui c’era, stava proprio lì, di fronte a loro, ad osservarli con le sue grandi iridi color magenta. Quando fu sicura che i sei fratelli si fossero accorti di lei, mostrò loro un sorriso morbido.

Il terzogenito la fronteggiò in poche larghe falcate e le poggiò con poca grazia entrambe le mani sulle spalle, prendendo a scuoterla con energia. «Non dire niente e non fare niente, Chichinashi. Usciamo di qui» esclamò con gli occhi sgranati, come se avesse paura di assistere ad altri eventi mostruosi.

La bionda mantenne il riso lieve e scosse la testa. «Non dirò niente e non farò niente. Dopotutto, è questo il mio passato. Il nulla.» Quell’atteggiamento a primo impatto sarebbe parso autocommiserabile, un’espressione buttata lì unicamente per assicurarsi i riflettori sulla propria persona e ricevere la pietà altrui, ma in verità non vi era traccia di intenzioni del genere in quello che aveva detto la ragazza – il suo vissuto non era stato caratterizzato da nessun evento particolare o luminoso. Era conosciuta per essere la figlia del prete di paese, per di più adottiva, pertanto nessuno le si era mai avvicinato; correva un vecchio mito per le strade della piccola città, secondo il quale Don Komori non era altri che uno sporco peccatore, una feccia, in quanto amante dei rapporti intimi tra adulti e bambini, esattamente come tutti i suoi simili – e Yui, tanto affezionata al proprio padre, dava l’impressione di essere consenziente a tale relazione. Non vi era nulla di reale in quel parlato, la bionda non era mai stata sfiorata con intenti maliziosi e, una volta cresciuta e compreso il significato di quelle malelingue, aveva numerose volte tentato di smentire quelle dicerie una ad una, tuttavia nessuno dei suoi sforzi era andato a buon fine – la davano per pazza. Entrambi, per il loro bene, si erano visti costretti ad abbandonare quel centro abitato per trasferirsi altrove, allo scopo di farsi una nuova vita in un luogo dove non erano conosciuti e dove avrebbero potuto mostrarsi per ciò che erano per davvero – una famiglia.

Ma ciò che Ayato poteva vedere era l’opposto dell’innocenza; Yui era caduta, si era accasciata al terreno su un fianco e aveva iniziato a dimenare gli arti e a ruotare a desta e a sinistra, mentre dalle sue labbra sottili fuoriuscivano gemiti di dolore mischiati a suppliche di aiuto; dalle sue parti intime e dalle sue narici colò del sangue appena nell’aria si riuscì ad udire dei versi maschili, quest’ultimi intrisi di piacere, goduria, lussuria, peccato. In un’altra situazione il vampiro non avrebbe battuto ciglio a quella scena, forse si sarebbe addirittura divertito poiché artefice del suddetto atto immorale, ma in quel momento provò una forte rabbia nel vedere Yui trattata in quel modo, sofferente, violata; lei lo guardò per l’ennesima volta, come se avesse voluto scusarsi per lo spettacolo che stava dando. La massima espressione della sofferenza si dipinse sul suo volto poco prima che lei dicesse: «Lo sogno ogni notte. E se tutto questo fosse accaduto per davvero?»

Né Ayato né tantomeno i suoi fratelli ebbero modo di reagire poiché un forte tornado spazzò tutto via, compresi loro stessi, poiché pochi attimi dopo si ritrovarono nuovamente nella cella dove la vecchia strega era imprigionata; Kanato riprese a piangere e Subaru cadde in ginocchio, tenendosi la testa tra le mani, mentre Ayato, Laito e Reiji rimasero in silenzio, privi del coraggio di dire qualcosa. L’unico ad agire fu – inaspettatamente dai suoi coetanei – Shuu, forse colto improvvisamente dallo spirito del fratello maggiore incaricato di prendere le redini della situazione; si avvicinò alla portatrice di magia nera e la guardò dall’alto verso il basso con occhi truci. «Falle uscire subito.»

E così fu fatto.

 

 

***

 

 

Quanti minuti erano passati da quando si era accomodata a gambe incrociate sul freddo pavimento, dinanzi a quella superficie riflettente priva di aloni o tracce di sporco? Continuava a fissare la propria immagine, in particolar modo i propri occhi grandi e chiari, mentre in cuor suo la fioca fiammella di speranza lottava per non spegnersi dinanzi all’ovvietà – e pensava incessantemente al proprio nome e cognome. Con suo sommo dispiacere si era dovuta spogliare del proprio abito da sera e si era dovuta munire di pigiama per essere adatta a schiacciare un pisolino, il quale tuttavia si era trasformato in una vera e propria dormita durata fino allo spuntare dei primi raggi di luce mattutini; tuttavia, poiché appartenente ad un vampiro, il modesto appartamento che l’avrebbe accolta per il resto della sua permanenza a Vamutsuchiin era ancora immerso nell’oscurità a causa delle tende, le quali coprivano con estrema precisione le vetrate della casa di Azusa. Nonostante fosse ancora parecchio assonnato perché non aveva chiuso occhio data la sua intensa preoccupazione per le sue amiche umane, proprio quest’ultimo si alzò dal proprio giaciglio e a piedi nudi e silenziosamente, come solo una creatura della sua razza era in grado di essere, raggiunse la sua ospite – poco tempo prima l’aveva sentita, aveva sentito i suoi passi calmi e pesanti gironzolare per la stanza che aveva velocemente preparato per poterla mettere a sua disposizione per un numero di giorni ancora incerto. E la vide lì, intenta a specchiarsi con aria assorta, come se stesse ragionando su cosa sarebbe stato meglio fare in una determinata situazione – quale poi? Si accovacciò pertanto accanto a lei, e soltanto in quel momento Aya parve accorgersi della sua presenza; disse pertanto: «Azusa-kun, non pensavo fossi sveglio.»

Lui si scompigliò appena i capelli. «Non ho dormito molto, in realtà.»

«È per loro, vero?» Non ebbe bisogno di alcuna risposta. «Perché ci tieni così tanto?»

Il vampiro sospirò leggermente e, con la sua usuale pacatezza, iniziò a parlare: «Eve è stata la mia prima amica quando mi sono stabilito tra gli umani, fingendomi uno di loro. Mi ero ripromesso di non affezionarmi a nessuno dei mortali, ma poi ho incontrato anche Harumi e le altre ed io--»

«E hai imparato a voler bene a qualcuno che non appartiene alla tua razza» lo interruppe, aggiungendo alle sue parole un lieve sorriso.

«Già.»

Forse sarebbe stato un tasto dolente da toccare, ne era consapevole, tuttavia il suo intero corpo aveva iniziato a tremare d’impazienza non appena quel pensiero le aveva sfiorato la mente, lottando per poter essere pronunciato; accontentò la propria voglia e schiuse le labbra. «Non hai mai voluto bere il loro sangue?»

Azusa rimase per qualche attimo in silenzio, ma poi si decise a rispondere: «In ogni momento passato con loro. Non ho mai desiderato il loro male, ma allo stesso tempo la sete mi faceva bruciare intensamente la gola.»

«E adesso?»

Il vampiro la fissò negli occhi, alla ricerca di una risposta al suo più attuale quesito: rivelarle la verità o tenerla per sé, come aveva fatto per tutti quegli anni? Non disse nulla poiché non ce ne fu bisogno; vide Aya girarsi completamente verso di lui senza interrompere il contatto visivo, per poi scostare da un lato tutta la sua lunga cascata di capelli neri in modo da scoprire il collo chiaro e contemporaneamente portargli una mano alla testa, avvicinandola poi alla propria pelle scoperta, il tutto con un’estenuante lentezza. Azusa si trovò così a sfiorare la gola della ragazza con le proprie labbra, ma si obbligò a restare immobile, dicendo solo: «Cosa stai facendo, Sakamoto-san?»

«È la tua natura, Azusa-kun. Non ignorarla.»

«Ti farei del male. Ho vissuto con gli umani, sono diventati miei amici. Non posso farlo.»

Lei gli mostrò un sorriso entusiasta. «È un dolore che ho sempre voluto provare.»

Il ragazzo si zittì, improvvisamente attratto da quel distorto senso di masochismo, il quale tanto pareva essere lo stesso che albergava all’interno del suo cuore da quando non era altro che un bambino, e fu allora che si rese conto che quell’umana avrebbe potuto soddisfare i suoi bisogni senza permettergli di sentirsi in colpa. «Grazie» le sussurrò, per poi azzannarla e sentendo in bocca il sapore del sangue, che tanto gli era mancato durante quei decenni di astinenza. La sentì gemere, colta da un intenso bruciore mai provato prima d’allora, e ancorarsi alle sue spalle nel disperato tentativo di non tirarsi indietro, in modo tale da godere appieno di quella sofferenza fisica di cui tanto aveva sentito parlare nei libri e nei film, uno strazio carnale che non avrebbe potuto definire a parole poiché nessuna di esse sembrava essere all’altezza di quella pena che tanto avrebbe giovato alla salute di lui, ancora intento a dissetarsi col più dolce dei beveraggi che avesse mai assaggiato; riusciva a percepire ogni singola goccia del sangue di Aya baciargli le papille gustative e stordirle piacevolmente, per poi scivolare giù per la gola e distribuirsi in tutto il proprio corpo – non si era mai sentito tanto forte come in quel momento – e faceva ben attenzione a non lasciare che nessun sorso, neanche il più piccolo, fuoriuscisse dalle sue labbra e colasse via. Avrebbe potuto descrivere l’essenza della giovane come paradisiaca e più beveva più desiderava averne ancora, ma un barlume di lucidità illuminò la sua mente annebbiata, spingendolo a staccarsi dalla carne della fanciulla. Le scrutò il volto, ancora contorto dalla tortura, ma non provò alcuna pietà; piuttosto disse fra sé e sé: «Adesso torna tutto.»

Aya tornò a guardarlo, ignorando l’immensa fitta che si estendeva fino alla spalla. «Cosa intendi?»

Azusa sorrise, come soddisfatto di qualcosa. «Il tuo sangue non è normale, bensì molto più buono rispetto a quello degli altri umani, nonostante i miei ricordi riguardo quei lontani tempi siano sfocati» fece, rammentando l’epoca in cui ancora succhiava via il cruore dei comuni mortali. «E se ciò che penso è giusto, allora si spiegherebbe anche perché non sei riuscita a completare il rituale dello specchio dai Sakamaki.» Guardò il collo di lei e aggiunse: «E perché la tua ferita si sta già rimarginando.»

La mora avrebbe voluto saperne di più, ma si ritrovò con la schiena a contatto con il gelido pavimento della stanza, e la sua pelle si ricoprì di brividi; a cavalcioni sopra di lei, il vampiro parve essersi improvvisamente rilassato e lasciatosi andare al suo istinto da predatore. Mentre i suoi occhi scrutavano un ghigno che mai avrebbero potuto dimenticare, la ragazza si sentì dire: «Aya-sama, dimmelo ancora. Ti piace il dolore?»

 

 

***

 

 

Mosse il collo a destra e a sinistra, provocando diversi schiocchi delle vertebre cervicali. «No.»

La voglia di urlare s’impossessò di ogni fibra del suo corpo, ma Yui accarezzò piano la sua spalla per infonderle coraggio. «Capisco il tuo nervosismo, Selly, ma ricorda che con la calma si ottiene tutto.»

«Già, Testa Blu, Chichinashi ha ragione. E poi non ti conviene sboccare in presenza del pinguino qui di fianco.»

«Il tuo bon ton peggiora di giorno in giorno, Ayato» rispose Reiji, nonostante la sua apparente indifferenza all’insulto fosse tradita da un vistoso nervo gonfio al centro della sua fronte.

Selena ignorò l’imminente battibecco tra vampiri e le risate sguaiate di Harumi e Kanato per restare concentrata sulla vecchia che aveva di fronte; si schiarì di poco la voce e disse: «Kotone-sama, le ripeterò ancora una volta la mia richiesta. Ci spieghi perché ci ha rinchiuse in quella sfera di cristallo, chi era l’uomo che era con lei la scorsa notte, chi è stato a mandarvi e cosa sta succedendo nel Mondo Parallelo.» Aggiunse: «Per favore.»

La strega voltò la testa di scatto per sputare a terra e, quando tornò a guardare il viso della ragazza-genio, fece la linguaccia. «Ed io ti ripeterò ancora una volta che non ho intenzione di farmi scappare niente. Vuoi capire sì o no che se parlassi potrei rimetterci la pellaccia, signorina?»

Imitando Selena, Miki si inginocchiò di fronte alla strega con Teddy aggrappato alla sua schiena. «Perché qualcuno dovrebbe ucciderla?»

«Non ci arrivi da sola, stupida che non sei altro?» le rispose la maga imitando la voce acuta della castana. «Loro non saranno certamente degli indovini, ma sanno che sono rinchiusa qui poiché non ho fatto ritorno alla loro base. E una volta qua, capirebbero immediatamente se ho vuotato o no il sacco. Basterebbe osservare il comportamento di Karlheinz e delle sue truppe.»

Tara roteò gli occhi al cielo. «Esistono le strategie di guerra, non lo sa?»

«Tieni a freno quella lingua, ragazzina. Se solo avessi qui con me la mia bacchetta, ti avrei già fatto passare la voglia di essere così insolente.»

Laito si mise a ridere di gusto, per poi dare un bacio a stampo sulle labbra della sua fidanzata. «Ti sei ripresa in fretta dal trauma, amore mio.»

La rosa si scansò – come d’abitudine – con in viso un’espressione disgustata. «Che schifo, non mi chiamare più in quel modo.»

«Coraggio, coniglietta, non fare la timida. So che ti piace essere chiamata con questi nomignoli.»

«Azzardati a rivolgerti a me con un altro dei tuoi soprannomi e il tuo anello di fidanzamento te lo ritrovi nel cu--»

«Silenzio! Sto tentando di negoziare!» quasi urlò Selena, iniziando a cedere allo stress. Tornò a rivolgersi alla strega. «Che ne dice, affare fatto?»

La prigioniera annuì. «Così si ragiona. Affare fatto» disse, per poi stringerle la mano per sigillare quel patto.

Reiji si avvicinò alle due, scostando in malo modo Miki, la quale finì ai piedi di un Kanato al limite dell’isteria – lo capì e pertanto si affrettò ad abbracciarlo; afferrò la blu per un braccio e la costrinse ad alzarsi da terra, in modo da poterla guardare meglio negli occhi. «Non l’hai veramente fatto.»

«E invece sì. È l’unico modo per ottenere risposte, Reiji-san.»

«Qualcosa mi dice che ne vedremo delle belle» sussurrò Teddy a Kanato, il quale annuì.

Il vampiro intensificò la stretta della mano e digrignò i denti. «Convincila con un altro stratagemma. Ora.»

Lei negò col capo. «Non posso. Ormai gliel’ho promesso, e le promesse non si infrangono.»

«Sì che si possono infrangere. Se continuerai ad agire con questo buonismo non sopravvivrai ancora a lungo, Wada.»

Selena tentò di liberarsi dalla morsa, ma invano. Sibilò: «Pensavo che volessi questo. Che morissimo tutte.»

«Mettitelo in testa. Non possiamo liberarla.»

«Perché? Non ha ucciso nessuno, ha solo dovuto seguire gli ordini di un folle che trama contro voi vampiri. È una vittima anche lei.»

«Ha mancato di rispetto al re e ai suoi ospiti. La Legge prevede l’esecuzione nei casi più gravi.»

La giovane serrò la mascella e lo fissò con il suo sguardo autoritario. «Falla uscire. Abbiamo bisogno di risposte, lo vuoi capire o no?»

Kotone s’intromise nel discorso dicendo: «Già, Reiji-sama, fammi uscire.»

Il vampiro le scoccò un’occhiata intimidatoria. «La prego di fare silenzio, madame.» Le sue pupille tornarono a concentrarsi su Selena. «Sei tu ad avere bisogno di risposte, non noi. Il re è circondato da fedeli spie e messaggeri, pertanto è già a conoscenza di tutto ciò che c’è da sapere. Non c’è bisogno che parli una prigioniera.»

«Magari la prigioniera potrebbe dire qualcosa di nuovo, non credi?»

«Voi due, chiudete quelle bocche.»

Seguiti dagli altri presenti, i due litiganti si voltarono verso la voce che avevano udito e realizzarono che ad aver parlato era stato Shuu, seduto comodamente per terra e con la schiena appoggiata ad una delle pareti, a destra della strega incatenata. Con rabbia crescente dentro di sé, Reiji gli chiese con apparente pacatezza: «Come hai detto?»

Shuu si passò una mano tra i capelli per poter pigramente giungere alla nuca, in modo da grattare via il fastidioso prurito stanziato in quel punto. «Ho detto che dovete stare entrambi zitti. Mi farete venire mal di testa se continuate così.»

Il terzogenito diede delle gomitate scherzose a Yui. «Questa non me la voglio affatto perdere.»

«Ne Ayato-kun» fece Laito, «secondo te chi vince tra i due?»

«Shuu senza ombra di dubbio.»

Intervenne Harumi mettendosi in mezzo a loro. «Non mettete carne a cuocere. Reiji lo vedo già abbastanza nero.»

«Sono d’accordo con lei» disse Tara passandosi la mano destra sul braccio sinistro. «E poi voglio tornare a casa e togliermi questo vestito» aggiunse riferendosi all’abito da gala che indossava ancora, esattamente come le sue amiche e come i vampiri.

«Se vuoi ti porto nelle mie stanze, così potrei aiutarti a tog--»

«Taci, depravato.»

La loro attenzione fu presto catturata nuovamente dal maggiore dei figli di Karlheinz, il quale si alzò da dov’era precedentemente accomodato e si avvicinò al fratello minore. «Farla rimanere qui non avrebbe senso. Se il nemico la considera importante sicuramente farebbe di tutto per riaverla indietro, e nostro padre non vuole conflitti diretti nella capitale.»

Al contrario del primogenito, Reiji rimase al proprio posto. «Non possiamo sapere se questa donna è di fondamentale importanza per loro. Se fossero spietati come ci vogliono far credere, certamente non si preoccuperebbero di lasciarla qui, in balia del suo destino.»

«Appunto, non possiamo saperlo. È un cinquanta e cinquanta.» Fece una breve pausa, giusto il tempo di selezionare una melodia diversa dal suo MP3. «In entrambi i casi, la scelta migliore è quella di lasciarla andare. Se quelli la rivogliono indietro, possono andarsela a prendere ovunque scappi e morirebbe lo stesso, senza però dare noia a noi. Se non si curano affatto di lei, continuerebbe a vivere lontano di qui e ci sarebbe riconoscente a vita.»

«Ma Karlheinz--»

«Karlheinz ha altre questioni per la testa. Una prigioniera in più o in meno non gli cambierebbe di sicuro l’esistenza, piuttosto sarebbe un’inutile perdita di tempo.»

Umiliato – ecco come si sentiva; come poteva il più incapace dei suoi fratelli mettersi nei panni di un’autorità al fine di dettare ordini dopo essere stato assente e menefreghista per anni ed anni? Aveva dovuto occuparsi di tutte le faccende riguardanti la loro magione a causa dell’inadeguatezza del biondo, e ciò che aveva ricevuto e che stava continuando a ricevere non era altro che odio, dispetti, discussioni, rabbia, opposizioni – e l’ira in cuor suo aumentava di giorno in giorno. Non avrebbe voluto scappare, aveva voglia di mettere fine all’esistenza del maggiore, ma avrebbe inesorabilmente peggiorato la situazione e non avrebbe fatto altro che firmare la propria condanna a morte, pertanto fece appello al suo migliore amico – l’autocontrollo – per poter superare anche quel momento di forte instabilità. «Bene» disse avanzando verso l’uscita della cella, «e sia. Vado dalle guardie per chieder loro le chiavi delle manette. Successivamente andrò a cercare Subaru.» I suoi occhi iniettati di silenzioso disappunto furente si posarono su Selena. «Le umane faranno bene a tornare all’appartamento per riposarsi. Non vorremmo morissero prima del previsto.» E lasciò le prigioni.

Miki e Yui si guardarono a vicenda con timore, quasi avessero voluto trovare risposte l’una nella mente dell’altra, mentre la risata agghiacciante della strega si faceva largo nelle loro orecchie e in quelle degli altri presenti; si concentrarono nuovamente su di lei, la quale proclamò: «Complimenti, l’avete fatto cedere. A questo punto va rispettata la seconda metà del patto.» Restò qualche attimo in silenzio, come se avesse voluto tenerli sulle spine; guardò le ragazze con un ghigno in volto. «Non mi interessa chi sarà così incosciente da farsi avanti, ma entro le sei di domani sera una di voi dovrà aver raggiunto il villaggio di noi streghe.»

«Hey, hey, vecchia decrepita frena!» esclamò Ayato. «Se una di queste viene nel vostro covo, cosa le farete? La mangerete?»

La fattucchiera allargò il sorriso sinistro. «Può darsi.»

Il rosso deglutì e cinse con forza le spalle della bionda di Chiesa, accostandola maggiormente al proprio corpo. «Chichinashi, tu non andrai.» Quelle parole parvero quasi una supplica e Yui si intenerì; non poté fare altro che ricambiare l’abbraccio del vampiro mentre scuoteva la testa.

«Dove si trova il vostro villaggio?» domandò la ragazza-genio.

«Non posso darvi le coordinate precise perché va contro la nostra Legge» rispose l’anziana, «ma chi deciderà di farsi avanti riuscirà senza dubbio a trovarci.»

S’intromise Harumi. «E come?»

«Bamboline, in mezzo a voi c’è la Prescelta. Colei che è stata citata nel Libro saprà riconoscere la strada.»

Tara smise solo per un attimo di mordicchiarsi l’unghia del pollice destro. «Non fa prima a dirci chi tra noi è la Prescelta?»

«Certo che sei cretina» le disse la strega. «Il Libro non riporta esplicitamente i nomi delle creature, piuttosto le descrive.»

«E non si può avere la descrizione allora? In questo modo sapremo riconoscere la persona alla quale si sta riferendo, dato che ci conosciamo bene» continuò la rosa. «E la fortunata avrà tempo per prepararsi psicologicamente.»

«Fammi un piacere. Chiudi quella bocca» le intimò la maga, per poi buttare un occhio alla porta e alzare il mento, come ad accennare un saluto. «Finalmente si intravede qualche guardia.»

 

 

***

 

 

Si era quasi dimenticata di quanto facessero male i canini di Subaru poiché erano giorni che il vampiro l’aveva risparmiata dal suo morso; probabilmente ciò risultava essere solo frutto della sua immaginazione, ma le sembrava che la presa dell’albino si fosse intensificata come a chiederle di non andarsene, di non farsi investire di nuovo, di non essere nuovamente sbalzata violentemente via.

Avvertì un mancamento e trattenne il respiro, ma si rilassò nell’istante in cui lui si staccò dalla sua pelle, forse perché aveva percepito il malessere della ragazza; le lasciò quindi il tempo necessario per riprendersi e per tornare a riempire normalmente i polmoni, per poi tuffarsi una seconda volta su quel collo roseo. Avrebbero dovuto entrambi essere nelle segrete del castello per assistere al colloquio con la strega tuttavia Subaru, appena aveva scorto Kin fuoriuscire da quella sfera di cristallo sana e salva, si era quasi gettato su di lei e aveva utilizzato il teletrasporto per fuggire verso le sue stanze, in modo da godere finalmente della presenza terrena della giovane e del suo sangue senza essere disturbato da nessuno. Una goccia di liquido scarlatto scivolò via dalla bocca del vampiro e percorse il corpo dell’umana, passando al di sotto della stoffa dell’abito e lui la lasciò volutamente scappare, poiché tutta la sua attenzione si era improvvisamente concentrata sulle labbra della fanciulla; arrossì, ricordandosi di averle già assaporate con avidità, ma senza neanche rendersene conto si era precipitato su di esse ancora una volta – realizzò in seguito che in quel modo Kin avrebbe assaggiato il proprio cruore. Faticava persino ad ammetterlo a se stesso, ma quando aveva un contatto diretto con quella ragazza Subaru si sentiva bene, riusciva a dimenticare il luogo in cui si trovava e il suo passato, sorvolava su tutti i problemi e sulle città, sulle praterie, sui boschi e vagava, vagava ancora verso la Luna, quel satellite pallido e scintillante che era in grado di risvegliare i suoi istinti più nascosti.

«Abbi un minimo di contegno. Le donne devono tornare alla propria abitazione.»

Persino la voce di Reiji gli apparve lontana nonostante fosse provenuta da soli pochi metri di distanza; l’albino aprì un occhio e lo guardò torvo, senza tuttavia smettere di carezzare con la propria bocca quella della ragazza, la quale aveva ancora le palpebre calate e le mani ancorate alle spalle del vampiro.

Il secondogenito si raddrizzò gli occhiali sul ponte del naso e sospirò. «Cerca di sbrigarti.» Uscì dalla stanza e lasciò i due da soli.

 

 

***

 

 

Srotolò velocemente la carta sul tavolo adiacente al cucinotto. «Questa è la mappa di Vamutsuchiin. L’ho trovata in uno dei cassetti dell’armadio in camera» disse Selena. «Dobbiamo studiarla da cima a fondo per almeno provare a ipotizzare dove si trova il villaggio delle streghe.»

«Ma come facciamo?» chiese Yui. «Kotone-sama ha detto che la Prescelta sarebbe stata guidata dal proprio istinto.»

Tara assentì. «Già. E come capiamo chi tra noi è la Prescelta?»

La blu notò i segni del morso di Subaru sul collo della ragazza dai capelli rossi e le sue labbra gonfie, ma ignorò il tutto volutamente. «Credo che non ci sia di mezzo nessuna predizione.»

Miki s’intromise nel discorso. «E come fai ad esserne sicura?»

«Escluderei la presenza di un certo tipo di spiritualità in un mondo abitato da vampiri e mostri vari. Secondo me dovrebbe andare chi tra noi è più predisposta per affrontare delle creature magiche.»

Il volto di Harumi s’illuminò grazie ad un sorriso a trentadue denti; portò la mano verso l’alto come se si fosse trovata in un contesto scolastico, poi parlò: «Voglio andare io, Selly! Mi piacerebbe davvero tanto avere a che fare con la magia.»

«Harumi-san, rifletti» le rispose Selena. «Non si tratta solo di incantesimi, ma anche e soprattutto di resistenza psicologica. Non voglio sminuirti, ma il tuo entusiasmo potrebbe cacciarti nei guai.»

Kin incrociò le braccia al petto e roteò gli occhi al cielo; Tara la notò e la indicò con un pollice. «Sono d’accordo con lei. Stai facendo questo discorso perché muori dalla voglia di andarci tu.»

Le goti della ragazza-genio si tinsero appena d’imbarazzo, tuttavia tentò di nasconderlo con un sonoro colpo di tosse palesemente finto. «Sì, tra di noi sarei la più gettonata, lo ammetto.» Tornò a rivolgersi alla ragazza dai capelli verdi. «Harumi-san, vorrei che tu badassi alle ragazze mentre sono via.»

L’atleta annuì vigorosamente. «D’accordo, lascia fare a me. Sai quanto tempo ci vorrà?»

Negò col capo. «Purtroppo no, ma tenterò in ogni modo di farvi ricevere mie notizie.» Piegò la cartina geografica colma di dettagli in più parti. «Partirò domani verso mezzogiorno, così avrò abbastanza tempo per scovare il nascondiglio delle streghe. Un’idea già ce l’ho.»

«Selly.» Tutte le altre presenti si voltarono verso di lei. «Vorrei andare io.»

Dopo esattamente quattro secondi privi di sonoro, Yui la afferrò per la parte superiore delle braccia, scuotendola appena. «Hai idea di quello che potresti passare, Miki?»

L’occhialuta si lasciò scrollare. «Certo che lo so. E vorrei davvero andare. Per favore, ragazze.»

Tara le si avvicinò e le poggiò una mano sulla fronte. «Devi per forza avere la febbre per parlare in questo modo. Non ti sei mai comportata così.»

La castana rispose: «Posso assicurare di stare benissimo. Io», tentennò appena, ma poi ignorò il tremolio al labbro, «vorrei rendermi utile, per una volta. Siete sempre voi a farvi in quattro, mentre io… Io non ho mai avuto l’occasione per ricambiare.»

Selena sospirò dolcemente, intenerita dalla voce timida dell’amica; fece qualche passo verso di lei e le poggiò una mano sulla spalla. «Il tuo è un bel pensiero e tutte noi lo apprezziamo. Sei una brava ragazza e ci fidiamo di te.»

Miki sorrise con gioia mentre nelle fibre del suo corpo percepì l’irrefrenabile voglia di esultare a gran voce; la sua mente iniziò a vagare tra gli ipotetici futuri, calcolava le probabilità di successo e queste risultavano sempre positive grazie alla sua determinazione e, nonostante fosse spaventata da quello che avrebbe dovuto affrontare – cosa avrebbe dovuto affrontare? –, non poté fare a meno di preparare una lista mentale di motivazioni da ripetersi nel momento del bisogno, quando avrebbe dovuto combattere per avere salva la vita. Sarebbe andato tutto per il meglio.

«Ma è meglio che tu resti qui.»

Immobile. Immobile il tempo, immobile lo spazio, immobile lei. Un orecchio aveva preso a fischiarle e ben presto anche l’altro. Solo una parola si muoveva nella sua testa. «Perché?»

Selena tornò tra Harumi e Kin. «È proprio perché non hai mai avuto modo di fare niente che non puoi andare. È troppo pericoloso per te.» La buttò sul ridere. «Sarebbe come obbligare Cappio al collo a non prendere in giro Reiji-san per un intero mese.»

Yui, amareggiata, giunse le mani in posizione di preghiera. «Capisci, vero? Le tue buone intenzioni sono ammirevoli, ma è meglio che se ne occupi Selly.»

L’atleta dai capelli verdi le diede man forte. «Già, proprio così. E poi, Barattolino di miele, il tuo compito sarà quello di aiutarmi a mandare avanti questa baracca. Ci serve qualcuno che cucini, e sappiamo entrambe che Tara e Kin sono impedite. Non vorrai lasciare Yui da sola, spero.»

La rosa ignorò le parole di Harumi e disse: «Per non dimenticare il principino isterico. Quello impazzirebbe se tu te ne andassi e farebbe una strage. Non voglio morire per mano sua. Sei l’unica persona al mondo in grado di placare le sue sfuriate. Che fai, vuoi buttare questo talento?»

Miki le scrutò una ad una con i suoi occhi blu; non si arrabbiò, non si oppose né pianse, ma sorrise. «Avete ragione, ragazze. Se voglio rendermi utile è giusto che io stia qua.» Rise appena. «Il mio momento di gloria arriverà. Fino ad allora impedirò a Kanato-kun di farvi fuori.»

Selena la abbracciò energicamente. «Grazie per aver capito.» Si rivolse poi alle altre presenti: «Forza, ragazze, si è fatto tardi. Andiamo a dormire.»

 

 

***

 

 

L’appartamento era immerso nel buio delle tende di velluto spesso ed era facile udire il leggero russare di Harumi provenire dal salotto. Gli anni passati a sgattaiolare via di casa le erano serviti per sviluppare l’abilità che stava sfruttando in quel momento, ovvero quella di camminare in punta di piedi senza produrre il minimo rumore. Con massima discrezione e nonchalance qualche ora prima, mentre le altre giovani si preparavano ad andare a letto e scherzavano tra loro, aveva raggruppato alcuni vestiti e oggetti essenziali per partire alla volta di una meta ignota e forse inesistente, con la consapevolezza di perdere la fiducia delle sue amiche e di mettersi nuovamente contro Kanato – ma lei sentiva di dover andare; non le importava se era stanca e se aveva un disperato bisogno di dormire, poiché non le sarebbe mai più capitata quell’occasione. Controllò nuovamente che la casa fosse immersa nel mondo dei sogni e lasciò due fogli di carta sul tavolo della cucina; prima di uscire dall’uscio principale si guardò indietro l’ultima volta, beandosi della vista del romanzo preferito di Tara abbandonato ai piedi del divano dove dormiva l’atleta, quest’ultima con la bava alla bocca, e poi la felpa di Kin sull’appendiabiti, le scarpe di Yui all’ingresso e il borsone di Selena accanto ad esse, già pronto per l’indomani. Pensò che probabilmente non avrebbe mai più potuto vedere quell’allegria contagiosa poiché consapevole di dirigersi verso la dimora della Morte, ciononostante provò a convincersi che sarebbe andato tutto per il meglio se la sua voglia di tornare dalle persone amate sarebbe stata più forte del nemico; pertanto, per proteggersi dal freddo notturno, indossò un maglione fin troppo largo per il suo corpo esile e si mise lo zaino in spalla, per poi abbandonare l’abitazione forse per sempre. Si riversò in strada e osservò la Luna dominare il cielo nonostante l’alba fosse ormai prossima.

«Ragazze, scusatemi» disse in un sussurro, come se fosse ancora intimorita dalla possibilità di svegliarle. «Aspettatemi.»

Non si accorse che una lacrima le aveva rigato il volto. «Kanato-kun...»

 

 

 

 

Angoletto dell’Autrice!!

Più questa storia va avanti, più diventa difficile completare le stesure; è da novembre che sto lavorando a questo capitolo e l’ho finito solo poco fa! Spero che la lettura sia all’altezza della vostra pazienza, mie care lettrici – cosa ne pensate? Lasciate una recensione ^^

Qui abbiamo scoperto il passato delle OCs, abbiamo conosciuto una (ex) collaboratrice di chiunque si nasconda nell’ombra, abbiamo visto Azusa-kun (ZUZU-CHAAAANN) lasciarsi andare alla sua natura e abbiamo assistito ad una pericolosa scena di ribellione. Cosa accadrà nel prossimo capitolo? Lo scoprirete solo continuando a seguire questa long ;D

Ruki: I tuoi tentativi di creare pathos sono imbarazzanti. E dopo tutto questo tempo credo sia giusto dare alle lettrici ciò che vogliono. Sai di che parlo.

Ascolta, Rukola, qui comando io e pertanto non ho alcuna intenzione di--

Ruki: Bestiole, nel prossimo capitolo qualcuno va fuori gioco. E il qualcuno in questione è--

ZITTOOOO-- *lo colpisce con una padella in modo da farlo svenire* Ehm, a presto ^^’

-Channy

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Diabolik Lovers / Vai alla pagina dell'autore: channy_the_loner