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Autore: Abby_da_Edoras    19/01/2020    4 recensioni
Questa è la mia ff conclusiva sulla mia versione della prima stagione della fiction I Medici ed è il sequel di "Vietato morire". Giovanni ha salvato Rinaldo, ma adesso si è allontanato da lui perché l'uomo ha fatto un figlio con la moglie, inoltre c'è ancora da incastrare Andrea Pazzi per tutto ciò che ha combinato. Insomma, le cose per Giovanni, Rinaldo e i Medici non si mettono al meglio e dovranno superare molti ostacoli per giungere tutti al meritato lieto fine (che io concederò, come sempre!).
Grazie a tutti coloro che leggono queste mie storie e ancora di più a chi spende un po' del suo tempo per lasciarmi i suoi graditissimi commenti.
Questa storia partecipa all’iniziativa “Prompt, che passione!” del gruppo facebook “Fanfiction, che passione!”: il prompt che ho scelto è una citazione di Paulo Coelho.
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a registi, sceneggiatori e produttori della fiction I Medici.
Genere: Angst, Commedia, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Medici Abby's Version'
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Capitolo settimo

 

Just 'cause it's part of a plan
That doesn't make it right
If I put my life in your hands
It's still unmistakably mine
Dark its wings across a pitch-black sky
Death will come for me, but not tonight

Let the earth cover me!
Angels will call for me!
But in time
Not tonight!

(“Danse macabre” – Delain)

 

Quando Rinaldo tornò al suo palazzo, tre giorni dopo i fatti accaduti alla Signoria e l’umiliazione pubblica di Pazzi, rimase parecchio male vedendo i vasi infranti sparsi per tutto il salone. Lì per lì pensò che nel suo palazzo fossero entrati i ladri o che qualcuno dei mercenari a cui doveva ancora del denaro avesse deciso di servirsi da solo... poi, però, si accorse che non c’era traccia di Giovanni e comprese che, con ogni probabilità, era stato proprio lui a distruggere i vasi per la rabbia e che poi, infuriato, aveva lasciato il palazzo.

Rinaldo non riusciva a capire la sua reazione: era stato affettuoso con lui e aveva mantenuto la sua parola, aveva trascorso solo pochi giorni in campagna da sua figlia Susanna ed era tornato da lui al più presto, come aveva promesso. Perché Giovanni si comportava così? Lui non voleva tradirlo, non ci pensava neanche, non aveva il benché minimo interesse per sua moglie Alessandra, anzi non si erano quasi parlati in quei giorni… Aveva pensato sempre a Giovanni, gli era mancato molto e avrebbe voluto che lo avesse raggiunto nella villa di campagna, per condividere con lui la gioia di avere una figlia. Avrebbe voluto che vedesse la sua piccola Susanna, avrebbe desiderato che fosse felice per lui e poi, chissà, avrebbe anche potuto mettergli al dito l’anello di sua madre, quello che aveva fatto benedire dal Papa, per potersi considerare finalmente sposati.

Insomma, Rinaldo stava lentamente imparando a sue spese cosa volesse dire stare insieme ad un adolescente al suo primo amore, con tutti i suoi melodrammi e le sue sfuriate!

Tuttavia non aveva nessuna intenzione di rinunciare a Giovanni. Immaginava che si fosse recato a Palazzo Medici e che si fosse stabilito là: ebbene, sarebbe andato a riprenderselo, come aveva già fatto tante volte! Inoltre, ciò gli avrebbe dato occasione di informarsi su come procedevano le cose a Firenze e se erano stati fatti progressi sulle indagini riguardanti il mandante dell’imboscata a lui e a suo figlio.

Quando, però, Rinaldo arrivò a Palazzo Medici, trovò un’atmosfera di grande festa e gioia che proprio non si aspettava. Che avevano da festeggiare tanto i Medici? Oh, beh, un sacco di cose di cui lui non sapeva ancora niente. Innanzitutto la figuraccia rimediata da Andrea Pazzi alla Signoria e il trionfo di Piero, che si era dimostrato veramente deciso e capace in una circostanza difficile; poi il ritorno di Cosimo, rientrato a Firenze dopo aver parlato con il vescovo Vitelleschi e in accordo con lui per finanziare l’esercito che avrebbe riportato il Papa a Roma; inoltre il successo di Lorenzo, che era riuscito a catturare un sicario di Andrea Pazzi dal quale sperava di ottenere, finalmente, le prove per incastrare quell’infido individuo.

In realtà i motivi per festeggiare erano anche altri: nella sua missione alla ricerca del sicario di Pazzi, Lorenzo aveva rischiato di finire ucciso da lui ed era stato salvato… da Marco Bello, che lo aveva seguito e, vistolo in difficoltà, era intervenuto. Ancora una volta pareva proprio che Giovanni avesse avuto ragione: l’allontanamento di Marco Bello era stato un vantaggio per Andrea Pazzi, perché i Medici, senza di lui, erano più vulnerabili e per poco Lorenzo non ci aveva rimesso la pelle! Ma siccome tutto era finito bene, il Medici aveva insistito affinché Marco Bello tornasse a Firenze con lui e rientrasse al servizio della famiglia.

 

“Mi dispiace molto di aver sospettato di te per l’assassinio di nostro padre” aveva detto Lorenzo, “e sono convinto che anche Cosimo sarebbe davvero lieto di riaverti al suo fianco.”

Marco Bello non pareva troppo convinto.

“La mia strada mi porta lontano da Firenze” era stata la sua risposta. “Abbiate cura di voi, Messer Lorenzo.”

“Ti sbagli, la tua vita è a Firenze e la famiglia Medici è la tua famiglia” aveva insistito allora Lorenzo. “So che è stata colpa mia. Per anni sono stato geloso del legame che avevi con Cosimo, credevo che lui avrebbe desiderato te come fratello, mi sentivo di troppo, pensavo che Cosimo non mi capisse e non mi approvasse. Sono stato meschino e, quando quella ricevuta è parsa una prova della tua colpevolezza, mi sono sentito sollevato e contento: volevo che Cosimo ti cacciasse e speravo che, senza di te, lui sarebbe tornato ad essere un vero fratello per me. E invece tu hai continuato a preoccuparti per la nostra famiglia, mi hai addirittura salvato la vita…”

“Posso capire la vostra reazione, Messer Lorenzo, ma voi dovete capire che io non mi sentirei più a mio agio a Palazzo Medici” obiettò Marco Bello.

“E perché? Solo perché io mi sono comportato da idiota” replicò Lorenzo senza tante cerimonie. “Sappiamo bene che non sei stato tu a uccidere nostro padre e, anzi, probabilmente questo scagnozzo ci darà le informazioni che dimostreranno che c’è Pazzi anche dietro quell’assassinio. Io ero geloso di te perché mi portavi via mio fratello… e invece è proprio il contrario: tu sei un altro fratello sia per Cosimo che per me. Non ti lascerò andare via di nuovo e non tornerò a Firenze finché non ti avrò convinto!”

 

Insomma, tutto questo per spiegare il fatto che, alla fine, Marco Bello si era lasciato convincere, era tornato a Firenze con Lorenzo e adesso sedeva a tavola con la famiglia, anche lui a festeggiare con loro.

Infine, c’era un altro importantissimo motivo che spiegava il banchetto: dopo aver visto la morte in faccia, Lorenzo aveva riorganizzato le sue priorità, si era reso conto che poteva accadere qualcosa di terribile in ogni momento e che era sciocco gettare via la felicità quando si poteva ottenerla facilmente. Così aveva fatto la proposta di matrimonio alla nobildonna Ginevra Cavalcanti, che corteggiava da tempo ma senza prendere la cosa troppo sul serio. Aveva compreso che Rosa non sarebbe mai più tornata, ma che lui poteva avere comunque una famiglia e dei figli, non era troppo tardi.

Così, in quel banchetto, si celebrava anche il fidanzamento ufficiale di Lorenzo e Ginevra!

E Rinaldo Albizzi non c’entrava un beneamato in tutta questa gioia e armonia… Quando si fece annunciare alla famiglia Medici, tutti rimasero parecchio spiazzati da quell’arrivo inaspettato e, a dirla tutta, Cosimo non aveva nemmeno tanta voglia di invitarlo a pranzo. Quella era una festa di famiglia e Albizzi non era proprio quello che si dice un amico intimo.

“Forse, ormai che è venuto qui, sarebbe gentile estendere l’invito anche a lui” propose cortesemente Lucrezia.

“Ma anche no” reagì Giovanni, ancora in collera con l’uomo. “Messer Albizzi non è della famiglia e non è nemmeno un vero amico di Messer Cosimo, sono vent’anni che lo ripete, ha cambiato idea proprio oggi? Se deve parlare con qualcuno di voi, aspetterà che la festa di fidanzamento sia conclusa. Non può avere sempre la presunzione di fare tutto quello che gli pare!”

A quelle parole vibranti di Giovanni, Cosimo soffocò una risata. Era vero, nemmeno a lui piaceva poi tanto l’idea di invitare Rinaldo a una festa privata di famiglia, ma ora cominciava a capire il motivo per cui l’uomo era venuto a Palazzo Medici e, in realtà, riteneva che sarebbe stato molto meglio anche per lo stesso Giovanni se Albizzi avesse partecipato. Magari si sarebbero finalmente chiariti!

Così, il Medici ordinò ai suoi servitori di far accomodare Rinaldo Albizzi e di preparare un posto anche per lui alla loro tavola.

Giovanni si imbronciò non poco, ma non poté farci niente…

Il banchetto, dunque, proseguì fino a pomeriggio inoltrato, in allegria e serenità; poi la famiglia Cavalcanti si congedò, ringraziando Cosimo per la bella festa organizzata per il fidanzamento. Lorenzo e Ginevra si salutarono con un bacio e promettendosi di rivedersi il prima possibile.

Giovanni non sapeva più dove nascondersi per evitare di parlare con Rinaldo, non voleva nemmeno vederlo, rifiutava di avere un colloquio con lui… anche perché sapeva benissimo che, se si fosse avvicinato troppo, non ce l’avrebbe fatta più a tenerlo a distanza, anche a lui era mancato!

Ma sarebbe morto tra mille patimenti prima di ammetterlo.

Così il ragazzo si confuse tra i membri della famiglia Cavalcanti che se ne andavano e ne approfittò per restare celato alla vista dietro le colonne che conducevano al giardino interno di Palazzo Medici.

In quel luogo, però, ebbe modo di assistere ad un colloquio molto interessante. Vide che Lorenzo consegnava una lettera a Cosimo e si preparava a uscire anche lui.

“Questa lettera contiene le prove che inchioderanno Pazzi” spiegò. “Nel frattempo io voglio andare a interrogare quello sgherro che abbiamo messo in carcere: voglio scoprire se c’è davvero Pazzi anche dietro l’omicidio di nostro padre. Ormai non può essere che lui.”

I due fratelli si salutarono e Lorenzo uscì dal portone, prese il suo cavallo e partì.

A Giovanni, però, la cosa non piacque per niente: Andrea Pazzi aveva già mandato un sicario ad ammazzare il povero Mastro Bredani (ve lo ricordate? Il mercante di olio…) e i mercenari a tendere un’imboscata agli Albizzi. Sapendo che Lorenzo indagava su di lui, non avrebbe mandato qualcuno a pedinarlo e ad assassinarlo a tradimento? Era in pieno Pazzi Style! Così dimenticò che voleva nascondersi e raggiunse invece Marco Bello, che stava riponendo le sue cose negli alloggi della servitù.

“Marco, devo chiederti un favore” gli disse. “Messer Lorenzo è andato al Palazzo della Signoria per incontrare quel delinquente che avete catturato, vuole interrogarlo ma io… io non sono tranquillo quando c’è di mezzo Andrea Pazzi. Potresti seguirlo, senza farti vedere, e accertarti che non ci siano sicari in giro pronti a ucciderlo? Sono convinto che Pazzi sia ormai disperato, non ha più niente da perdere e potrebbe tentare anche di assassinare un Medici!”

“Avete ragione, giovane Uberti, questa storia non piace nemmeno a me e, da quanto ho capito, potrebbe essere stato proprio Pazzi a incastrarmi, facendo credere a Messer Cosimo che fossi io l’assassino di suo padre” replicò l’uomo, in tono grave. “Farò come dite e proteggerò Messer Lorenzo.”

Non appena l’uomo di fiducia dei Medici fu partito, Giovanni si sentì immediatamente più tranquillo. Marco Bello sapeva bene come pedinare qualcuno e come avere la meglio anche su sicari e mercenari prezzolati. Lorenzo sarebbe stato al sicuro con lui. Si voltò per tornare nel giardino interno del palazzo, intenzionato a fare due passi per scaricare la tensione.

Ma si trovò faccia a faccia proprio con chi non voleva assolutamente incontrare: Rinaldo Albizzi.

Il cuore cominciò a battergli più forte, le gambe gli tremavano, ma il ragazzino tentò comunque di ostentare una suprema indifferenza e proseguì come se niente fosse verso il giardino interno.

“Adesso vi intrufolate anche nelle feste che non vi riguardano e ascoltate i colloqui altrui come se fossero affari vostri? Complimenti, state migliorando” lo attaccò, in tono caustico.

“Non era certo questo il benvenuto che mi aspettavo da te dopo questi giorni di lontananza” replicò Rinaldo, sorridendo intenerito. Capiva bene che la reazione di Giovanni era dettata dalla gelosia…

“E chi li ha voluti, i giorni di lontananza? Io no di certo! Siete stato voi a correre da vostra figlia e chissà come vi ha accolto la vostra signora” sibilò il giovane, indispettito. “Sono sicuro che è stato tutto un suo piano per riprendervi!”

Questa volta Rinaldo scoppiò davvero a ridere. Finalmente la gelosia di Giovanni si era palesata apertamente!

“Ti ripeto che a mia moglie non interessa più niente di me, fatte salve le apparenze, e che voleva solo un altro figlio o figlia. Per il resto, adesso è soddisfatta con la piccola Susanna e con Ormanno che spesso va a trovarla con la moglie” spiegò. “Anzi, sappi che nei giorni che ho trascorso in campagna ho avuto pochissime occasioni di parlare con Alessandra e lei non è certo venuta a cercarmi. Non c’è più niente tra noi, ormai, io pensavo a te continuamente e avrei voluto che fossi con me. Mi piacerebbe che, la prossima volta che andrò a far visita a mia figlia, tu mi accompagnassi, perché ormai tu fai parte della mia famiglia… in più di un senso.”

Quelle parole bloccarono Giovanni e, per un lungo istante, i due rimasero immobili a guardarsi. Ma non era soltanto per quello che Rinaldo aveva detto, bensì per tutto ciò che era accaduto fino a quel momento. Il ragazzo aveva mandato Marco Bello a proteggere Lorenzo, così come aveva fatto tanti mesi prima per Rinaldo. Tutti gli avvenimenti di più di un anno prima tornarono a rincorrersi nella mente di Giovanni: la paura, l’ansia, il desiderio insopprimibile di salvare l’uomo che amava anche a costo della vita, salvarlo dalla condanna a morte prima e dall’attentato poi. Quelli erano i veri sentimenti che lui provava per Rinaldo… la gelosia aveva avvelenato tutto, ma la realtà era quella. Lui lo amava e non poteva fare a meno di lui.

Ma anche Rinaldo aveva rammentato tutto ciò che era accaduto e tutto quello che Giovanni aveva fatto per lui. Sì, a vederlo sembrava solo un adolescente capriccioso e possessivo, ma era stato capace di muovere mari e monti pur di salvare lui e suo figlio… e quasi era rimasto ucciso nel tentativo. Rinaldo non dimenticava la freccia che Giovanni si era preso al posto di Ormanno e sapeva bene, ormai, che tutto quello che aveva oggi, la vita, la famiglia, la serenità, la doveva a Giovanni e solo a Giovanni.

Non poté più resistere e, prima che il ragazzo potesse tentare una qualunque opposizione (sempre che l’avesse voluto fare!), Rinaldo fece qualche passo verso di lui, lo prese tra le braccia e lo spinse contro uno dei muri che delimitavano il giardino interno. Incollò le labbra a quelle di Giovanni e lo strinse appassionatamente a sé, bloccandolo con il suo corpo. Gli schiuse la bocca con la sua, lo esplorò con la lingua, rubandogli il respiro e travolgendolo in un bacio lento e pieno di passione. Ovviamente Rinaldo sapeva di non poter soddisfare il suo desiderio in quel momento, nel giardino della residenza dei Medici, comunque continuò a baciare intensamente Giovanni e a far aderire completamente il corpo a quello morbido del ragazzino. Poi gli avrebbe parlato, si sarebbe scusato con lui e si sarebbe fatto perdonare, l’avrebbe portato via con sé a Palazzo Albizzi e non si sarebbe più negato di esplorare e godere quel giovane corpo tenero. Per adesso doveva accontentarsi di un bacio più intimo, intenso e prolungato possibile.

Dal canto suo, Giovanni non poteva più nemmeno pensare lucidamente mentre Rinaldo lo baciava e si stringeva sempre più passionalmente a lui. In quel momento sembrava che tutta la sua rabbia e la sua gelosia fossero svanite, non solo perché era completamente perduto in Rinaldo, ma anche per la nuova consapevolezza che lo aveva colpito: Lorenzo era in pericolo, certo, ma forse anche Rinaldo lo era ancora. Pazzi era diabolico e avrebbe potuto colpire chiunque. Lui aveva sofferto così tanto in quei pochi giorni senza l’uomo che amava… perché doveva respingerlo e rischiare di perderlo per sempre? No, non aveva senso. Aveva fatto di tutto per salvarlo e adesso lo aveva lì, con lui, contro di lui, ad avvolgerlo nel suo abbraccio e a soffocarlo in un bacio sempre più profondo e intimo.

Non voleva lasciarlo mai più. Certo, si sarebbe mostrato ancora offeso, avrebbe cercato di fargli pagare il suo tradimento con la moglie… ma era tutta scena ed entrambi lo sapevano.

Giovanni e Rinaldo esistevano solo l’uno per l’altro, lì, in quel momento e per sempre, al di là del tempo, dello spazio e degli intrighi politici di Andrea Pazzi!

Fine capitolo settimo

 

   
 
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