Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Rosmary    21/01/2020    6 recensioni
{Missing Moments della long Paradiso perduto | Spoiler Alert se non si è arrivati al Capitolo Dieci della longfic}
Ci sono momenti in cui affrontare le mura della propria casa risulta complicato, e istintivamente si fugge. Ma fuggire non è andare avanti, e finché non si va avanti si è costretti a tornare indietro.
“Ti è già passata la voglia di parlare?”
“Dovrebbe passare anche a te. Parli di cose che non sai.”
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lorcan Scamandro, Rose Weasley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'Paradiso perduto'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Spoiler Alert: il racconto contiene spoiler per chi non ha letto sino al Capitolo Dieci di Paradiso perduto.



B I N A R I   P A R A L L E L I
 

Luglio 2022

Di questi tempi, tornare a casa è una sorta di supplizio. Vige, tra quelle mura, un’aria che se penetra nei polmoni mozza il respiro e costringe ad annaspare.
Non vuole entrare.
Immobile dinanzi al cancello che dà accesso al giardino, fissa seccato le finestre e la porta di ingresso, mentre l’impulso di andare via e rintanarsi da Scorpius o Basile lo assale a tradimento, sibilandogli di infischiarsene di tutto e tutti e fuggire da problemi che non gli appartengono.
“Che ci fai qui impalato?”
Le fitte riflessioni di Albus sul rifugiarsi in una salutare fuga vanno in frantumi a seguito di quella domanda. Tuttavia non risponde, si limita a rifilare uno sguardo di sbieco al fratello e a muovere i passi sino alla porta d’ingresso.
“Siamo a casa,” annuncia non appena entrano. “Lily, sei in cucina?”
“Lily è dai nonni, mamma al Profeta,” dice James. “Tuo padre è ancora al Ministero, invece, a rompere le palle a Lysander.”
Albus storce le labbra e solleva gli occhi su quelli altrui sporchi di vivo fastidio. Se si fosse trovato al suo posto, probabilmente sarebbe stato assalito dai più feroci sensi di colpa e da una martellante sensazione di inadeguatezza, invece James è persino più altero del normale, protetto dalla statuaria, incrollabile autostima che lo induce a credere di essere nel giusto anche quando annega negli errori più evidenti.
Nostro padre,” replica Albus. “Non puoi biasimarlo perché fa il suo lavoro.”
James inarca le sopracciglia in un moto di scherno, chiude la porta alle loro spalle e si dirige in cucina in cerca di qualcosa da bere.
“Ti è già passata la voglia di parlare?”
“Dovrebbe passare anche a te,” ribatte James. “Parli di cose che non sai.”
Albus inspira a pieni polmoni, ma non ribatte subito, anzi osserva il fratello muoversi sicuro tra un mobile e l’altro, rovistare in qualche scaffale e scovare la bottiglia di whisky incendiario che i loro genitori offrono quando a varcare la soglia è un ospite di riguardo.
“Hai finito le tue scorte?”
James sogghigna e si premura di riempire due piccoli bicchieri in vetro, uno dei quali scivola sul tavolo in legno sino al fratello, seduto a uno dei lati.
Albus non camuffa la sorpresa al gesto, né si premura di rifiutare, anzi imitando i movimenti altrui ingurgita il whisky in un solo sorso, avvertendo un’immediata sensazione di calore rovente attanagliargli la gola. Strizza un paio di volte gli occhi e umetta le labbra infastidite da una certa secchezza.
“È il tuo primo cicchetto, elfo?”
“Non dire cazzate,” mente. “E dacci un taglio con quel nomignolo.”
James non trattiene una risata impudente, ma pur fiutando la bugia del fratello sceglie di non rincarare la dose. Uno sguardo all’orologio affisso alla parete lo informa che saranno soli per almeno un’altra ora, d’istinto si volta verso la finestra che affaccia sulla villetta accanto e uno sbuffo abbandona le labbra al pensiero che Rose rincaserà solo in tarda serata.
Albus, intuendo cosa abbia catturato l’attenzione di James, non riesce a evitare una smorfia contrariata.
“Puoi dire a me quello che vorresti dire a lei,” riprende. “Abbiamo la stessa età, se può saperlo lei, posso saperlo anch’io.”
“Rosie non sa niente.”
Albus inarca le sopracciglia sprezzante, mentre le labbra si concedono un sorriso amaro.
“Non ti crederei neanche se fossi sotto Veritaserum.”
James assottiglia lo sguardo, ma anziché replicare si riempie un altro bicchiere e butta giù il liquido ambrato – quanto vorrebbe anestetizzarsi, come direbbe Lorcan, con qualche sorso di whisky e non pensare più all’imminente processo, a Lysander tra le fauci degli Auror a raccontare chissà cosa di quella notte, a Lorcan che non ha voluto trattenersi con lui per aspettare il gemello nell’atrio del Ministero, al silenzio ostinato che ha deciso di rifilare a Louis... Alle conseguenze di questa catastrofe.
“Ne voglio un altro anch’io.”
Ridestato dalla voce di Albus, si limita a rifilargli un’occhiata eloquente e a chiudere la bottiglia per riporla dove l’ha trovata, non ha nessuna intenzione di rischiare che si ubriachi.
“Magari un’altra volta,” dice. “Quando non siamo a casa.”
“Allora mai.
Gli occhi di James, impegnati a seguire le proprie mani riporre anche i bicchierini al loro posto, si orientano repentini sul viso contrariato del fratello. Passa una mano tra i capelli, la infila poi in tasca e si siede svogliato su una delle sedie che attorniano il tavolo, assumendo una posa speculare a quella del fratello. Vorrebbe dirgli che ha veramente troppi problemi in questo periodo per preoccuparsi anche di lui e della sua fastidiosa abitudine di sentirsi messo da parte – sempre a farsi seghe mentali pensa.
“Ho avuto una giornata pesante,” dice. “Non mi va di litigare.”
Albus, colto il sottinteso, è sorpreso dalla voglia di proseguire su quella strada e dirgli chiaro e tondo che nonostante il legame di sangue non riescono a condividere né complicità né reale fiducia – una mancanza che odia, odia. Alle volte crede di essere un’appendice fastidiosa per lui, il fratello minore che ha sporcato l’albero genealogico dei Potter con Casa e frequentazioni sbagliate, quello troppo anonimo per essere giusto come Lorcan, l’amico per cui farebbe qualsiasi cosa e che gode della sua totale stima.
Si concede alcuni attimi di silenzio, durante i quali lo sguardo incapace di sostenere la figura del fratello in assenza di parole scruta quanto di familiare li circonda: le pareti dalle tinte pastello, il divano bistrattato da Lily che sin da piccola ha l’abitudine di saltarci su, le cornici che li ritraggono, la radio sempre sintonizzata sulla frequenza di Lee Jordan, il mobiletto pieno zeppo di documenti – forse riflette, è meglio non parlare.
“Come mai è stata pesante?” chiede invece, non appena coglie l’intenzione dell’altro di alzarsi.
James incrocia le braccia sul tavolo e vi poggia sopra la testa.
“Papà ha interrogato Lysander al Ministero e Lorcan era preoccupato, sono stato con lui tutto il giorno,” risponde. “È una situazione di merda.”
“Crede che papà e zia lo spediscano ad Azkaban?”
“Lo teme, più che altro,” risponde. “E come dargli torto, la pena per le Maledizioni Senza Perdono è solo una.”
Albus deglutisce, pensare a Lysander in una cella di quel luogo orrendo è un buon motivo per rabbrividire.
“È stato Lorcan, vero?”
James solleva gli occhi sul fratello e scuote il capo in segno di diniego. Fulminea, una fitta di delusione infiamma le iridi verdi di Albus.
“A me puoi dirlo,” incalza. “Non ti tradirò, fidati di me.”
“Al, è questa la verità, non è stato Lorcan,” mente James. “Ragiona, Louis non l’avrebbe mai coperto.”
Albus si rintana una seconda volta nel silenzio, ma in questo caso sollecita se stesso a non far scoccare il sessantesimo secondo prima di schiudere di nuovo le labbra. La verità raccontata continua a sembrargli assurda, James è troppo teso per essere a rischio solo Lysander – di cui non crede gli importi granché –, eppure l’argomentazione su Louis è tutto eccetto che fantasiosa – a meno che Louis non abbia avuto un motivo per mentire riflette.
“Lasciamo perdere,” dice infine. “Papà ieri mi ha chiesto se sapessi qualcosa del Fight Club.”
“Che gli hai detto?”
“Niente, ovvio.”
“Bravo,” concede James. “Gli ho detto che quello era il primo duello, quindi è plausibile che non fosse ancora noto tra gli studenti.”
Albus annuisce e trattiene a forza un piccolo sorriso – vedi che puoi fidarti di me?
“E se qualcun altro parlasse, ci hai pensato? Non sono l’unico a cui chiedere.”
James inarca le sopracciglia e solleva la testa, concedendosi un sorriso sprezzante.
“Nessuno è così idiota da inimicarsi me e Lorcan.”
“Vero anche questo,” conviene. “Sapevo che prima o poi quella merda ti avrebbe creato casini.”
“Il Fight Club non è una merda, è il motore di Hogwarts,” ribatte orgoglioso. “E tutti vorrebbero contare qualcosa per salire in pedana.”
“Certo, quindi nessuno mi sfida perché non conto niente,” precisa pungente.
James sogghigna.
“Forse nessuno ti sfida perché ti fa schifo il club.”
Albus assottiglia lo sguardo, ha l’impressione che voglia schernirlo, nonostante nulla nel tono di voce e nell’espressione del volto sottintenda un secondo fine.
“Se qualcuno mi sfidasse, accetteresti il duello?”
Per un fugace istante, James è tentato di dirgli che in realtà sfide dirette a lui sono arrivate, ma le ha incenerite senza neanche discuterne con Lorcan. Non lo ha mai visto duellare, non sa se sia capace o meno, e nel dubbio non ha nessuna intenzione di rischiare di vederlo ridotto male.
“Che t’importa? È una merda, dopotutto,” gli fa eco in risposta. “O forse hai voglia di sfidare qualcuno?”
Albus storce le labbra in una smorfia di fastidio, punto nel vivo dalla seconda domanda del fratello. È quasi vergognoso ammetterlo considerando quanto abbia infangato il Fight Club – ha sempre mal giudicato la pretesa di ergersi a burattinai della scuola attraverso quei duelli –, eppure durante l’anno appena trascorso ha pensato più di una volta di ricorrere al club di James per dimostrare a una persona di non essere inferiore all’idiota che si ostina a frequentare.
“Qualche volta ci ho pensato,” ammette fuggendo lo sguardo altrui.
“Stai confessando,” scherza James. “Chi?”
“Nott.”
James sorride malizioso e Albus è costretto a camuffare una risata imbarazzata con uno sbuffo.
“Spedirle in Infermeria il fidanzato potrebbe essere soddisfacente, ma dubito la conquisteresti.”
“Moira non c’entra, Nott mi sta sul cazzo a prescindere.”
“Se me l’avessi detto, ci saremmo organizzati.”
“Cosa?”
“Ma sì,” continua James. “Ti avrei prima allenato io, poi avremmo deciso come e quando. Avrebbe perso, Al, te l’assicuro.”
Albus sgrana gli occhi, per nulla preparato a una reazione simile. Darebbe qualsiasi cosa per capirlo: prima lo tratta come un estraneo, poi si comporta da fratello maggiore.
“Beh… grazie… Però so duellare, non sono un imbranato.”
“Meglio così,” ribatte con un sorriso. “Ad ogni modo,” aggiunge, “non capisco perché non te la scopi e basta.”
“E ti sembra facile?” sbotta Albus. “E poi io non… non ho… Non sono cazzi tuoi.”
“Farfugli perché non l’hai mai fatto?”
Albus gli rifila un’occhiataccia.
“Certo che l’ho fatto,” risponde. “Solo che… Non sono cazzi tuoi.”
A James sfugge una risata, reazione che irrita Albus a tal punto da farlo scattare in piedi deciso a rifugiarsi nella propria stanza.
“E dai, elfo, non fare il permaloso,” scherza circondandogli il collo con il braccio per trattenerlo. “Qual è il problema?”
Albus, le gote un po’ rosse, si rilassa contro il fratello e china un po’ la testa in avanti. In fondo, si dice, avrebbe voluto parlargliene sin dal primo momento, se solo lui non fosse sempre tanto sfuggente.
“È che… Forse è normale, non lo so… Però...” si gratta il mento, d’improvviso assalito dal prurito. “È tutto veloce, molto veloce… Neanche il tempo di… che boom… finito.”
Boom?” ripete James, trattenendo a fatica una risata.
“Hai capito,” ribatte irritato Albus. “Scorpius dice che lui e Clarissa lo fanno per ore intere.”
“Come no, e io per giorni interi,” replica sarcastico. “Al, le prime volte non sono mai memorabili, ti funziona tutto bene, sta’ tranquillo.”
Albus si lascia andare a un sorriso rincuorato che diviene complice quando James si allontana e gli indirizza un occhiolino. Contrariamente a quanto ha creduto, la poca esperienza accumulata non è stata oggetto di battute imbarazzanti, un fatto che gli scrolla di dosso la sgradevole sensazione di disagio provata sino a qualche attimo prima.
“Dovresti ascoltare meno i tuoi amici sfigati,” riprende James dopo un po’.
Albus inarca le sopracciglia in un moto di finto fastidio.
“Se solo sapessi su chi ha messo gli occhi uno dei miei amici sfigati...” allude con un ghigno, lasciando la frase in sospeso.
“Dubito possa interessarmi.”
“Questa è una grande notizia,” ribatte sarcastico. “Dovrò dirlo a Scorpius, che non hai problemi se ci prova con Rose.”
“Cosa?”
“Gli piace Rose,” ripete. “E a me va bene, sono contento vada bene anche a te.”
James tace per alcuni istanti, osservando il fratello come a soppesare le veridicità di quanto appena detto. Da parte sua, Albus sostiene lo sguardo indagatore, senza pentirsi affatto di avergli confessato quella piccola verità – vorrebbe saperlo prima, se ha intenzione di affatturargli il migliore amico nel caso in cui si decida ad avvicinare Rose per chiederle un appuntamento.
“Non può piacergli,” decreta infine James. “Fine della storia.”
“James...”
“No,” lo interrompe categorico. “Non è alla sua altezza.”
Albus inarca un sopracciglio, e fulminea un’immagine fagocita i pensieri.
“Al contrario di Lorcan, suppongo,” insinua. “Solo perché è il tuo migliore amico.”
“Che cazzo c’entra Lorcan?”
“Non lo so proprio,” sbotta sarcastico. “Forse c’entra perché diventa un pesce lesso quando c’è lei?”
“È l’ora delle cazzate, a quanto pare.”
“Ma che ti costa ammetterlo?” prorompe. “Io ti ho detto di Scorpius, perché tu fai sempre il muro quando si parla di Lorcan?”
“Ma quale muro, Al,” ribatte annoiato James. “Sei fuori strada su Lorcan, di una relazione non sa che farsene, e se si avvicinasse a Rosie solo per una scopata con me avrebbe chiuso.”
Così serio il tono di James da indurre Albus a soppesare l’ipotesi che ignori sul serio quello che a lui sembra il più che palese interesse di Lorcan per la cugina. Alle volte, ma sono pensieri che non oltrepassano la soglia dell’istante, ha anche la sensazione che quella del fratello sia vera e propria gelosia, e non un semplice istinto di protezione. Tuttavia, le riflessioni su Rose vengono accantonate in fretta, così come il ristoro provato solo un attimo prima quando è riuscito a confidarsi con lui – il solo nome di Lorcan spazza via tutto, mentre quelle pulsioni che lo inducono a sentirsi sempre un’appendice nella vita di James si risvegliano e lo assillano. Se solo riuscisse a districarsi dall’idea di perfezione che associa al fratello, riflette, è certo che riuscirebbe anche a infischiarsene della sua approvazione – ma non è semplice.
Quando i genitori e Lily rincasano, li trovano seduti sul divano a parlottare di Quidditch con apparente rilassatezza. E se Albus accoglie il ritorno della famiglia con un sorriso, James rifila uno sguardo di sbieco al padre e mangia in silenzio.
“Dormo da Rosie.”
Ginny, cui il ragazzo si è avvicinato a cena conclusa, gli indirizza un’occhiata di rimprovero.
“Preferirei che restassi qui e parlassi con tuo padre.”
“Credevo avesse finito il turno,” ribatte tagliente. “Scusa,” aggiunge subito, quando gli occhi castani della madre si adombrano di irritazione.
“Non mi piace il tuo atteggiamento,” rimprovera Ginny. “Che tu lo voglia o no, arriverà il momento in cui ci dovrai delle spiegazioni reali.”
James deglutisce e distoglie lo sguardo dal viso altrui.
“Dormo da lei,” ripete. “Anche perché non ci vediamo da ieri.”
Da ieri, nota Ginny, pronunciato con il carico che avrebbe potuto avere un da anni. Scuote impercettibilmente il capo, ripetendosi che anche l’istinto delle madri può essere fallace e che forse sbaglia a interrogarsi su quel singolare rapporto.
“Siete un po’ grandi, ormai, per dormire insieme,” dice. “Alla tua fidanzata non piacerà quest’abitudine,” tenta con ironia.
“Io non ho nessuna fidanzata.”
“Non ancora, ma un giorno l’avrai.”
James aggrotta le sopracciglia, ma anziché rispondere si limita a una disinteressata scrollata di spalle, saluta vago tutti e sfila sino alla porta della villetta di Rose, dove ad aprirgli è un per niente sorpreso Hugo.
“La trovi in camera.”
James accenna un sorriso al cugino, saluta gli zii e corre al piano di sopra prima che zia Hermione pensi di trattenerlo con qualche domanda spinosa. Il sorriso lo sorprende prima ancora di varcare l’uscio e chiudersi la porta alle proprie spalle: Rose è sdraiata a pancia in giù sul letto, i piedi sollevati e incrociati alle caviglie che oscillano pigramente, i gomiti che puntellano il materasso e un libro aperto dinanzi al volto. Senza riflettere si ritrova a liberarsi silenzioso delle scarpe e a gattonare sul letto sino a sovrastare la ragazza, che s’accorge di lui solo quando è ormai ingabbiata tra gambe e braccia.
“James,” geme Rose, sussultando spaventata.
James in risposta ride e si cala su di lei sino a baciarle la guancia, rubarle il libro e rotolare a lato per evitare di crollarle addosso e schiacciarla.
“Com’è andata con Lorcan?”
“Uno schifo,” risponde lui, chiudendo il tomo e riponendolo sul comodino accanto al letto. “Per colpa di Lysander non fa altro che sentirsi in colpa, oggi ha parlato di nuovo di denunciarsi,” aggiunge cupo. “Devi ripeterglielo anche tu che è una cazzata, con te ragiona di sicuro.”
Rose poggia la testa sul cuscino e la inclina un po’ all’indietro, un sospiro abbandona le labbra, mentre la preoccupazione scaccia via ogni residuo di leggerezza regalatole dal pomeriggio trascorso con Allison.
“Se solo fossi riuscita a farvi ragionare prima, non sarebbe successo niente.”
James chiude gli occhi, sopraffatto dal peso di quelle parole. Nonostante tutto, Rose non è mai inciampata in un ve l’avevo detto, è stata accanto a entrambi senza giudicare, addossandosi un peso che non sarebbe dovuto appartenerle. Alle volte crede di non meritarla nella propria vita, e che a seguito di quanto accaduto avrebbe dovuto perseguitarlo in ogni dove per rinfacciargli il banale errore commesso – Lorcan, Louis e un duello, una catastrofe sicura.
“Siamo due teste di cazzo,” ribatte. “Siamo noi quelli sbagliati.”
“Non fare la vittima, Potter, non sei credibile,” ironizza, stringendogli la mano nella propria e girandosi verso di lui.
James ride e si volta a propria volta per baciarle la punta del naso, ridendo ancora di più quando anche Rose, solleticata, si abbandona all’ilarità.
“Ti sei divertita con Allison?”
“Sì, anche se parla un po’ troppo di Albus, dovrò convincerlo a uscire con lei.”
“Magari, così ha meno tempo per farsi seghe mentali.”
“Ha fatto la piattola?”
“Vuole sapere,” risponde annoiato. “E non capisce che la sua insistenza inizia a farmele girare di brutto.”
Rose sogghigna, James la imita d’istinto.
“Se lo affatturi, voglio esserci.”
“Non mi tentare,” scherza.
Lei alza gli occhi al cielo fingendo irritazione e lui l’attira a sé premendo il palmo sulla sua schiena, il suo profumo riesce sempre a quietarlo.
“Mamma ha stilato il mio piano di studi, oggi,” mormora contro il collo di James.
“Ma non sono ancora arrivati i risultati degli esami, ad Al non sono arrivati.”
“E neanche a me,” precisa. “Ma lei è sicura che io abbia ottenuto voti soddisfacenti in tutte le materie. Sono riuscita a evitare il corso di potenziamento in Rune, ma tutto il resto… Avrò un orario spaventoso, e se non dovessi ottenere tutti i G.U.F.O. che si aspetta, già lo so, dovrò litigarci, e poi lei litigherà con papà perché cercherà di mediare. Mi sembra già di sentirla: Ronald, solo io ho a cuore il futuro di nostra figlia?” aggiunge mal imitando la voce della madre.
James le accarezza la schiena, mentre una forte acredine nei confronti della zia lo invade a tradimento. Nonostante sia una donna di indubbia intelligenza e talento, è limitata, proprio come il suo integerrimo migliore amico, e proprio non riesce a capire quanta pressione la società intera scaraventi su Rose Granger-Weasley, quante aspettative da soddisfare, quanti errori da non poter commettere, quanti occhi puntati addosso in attesa di un solo, misero scivolone.
“Chiunque altro crollerebbe al tuo posto,” afferma James. “Ma non tu.”
Rose rilassa le labbra in un sorriso e le lascia scorrere sino alla sua guancia per baciarla.
“Quindi,” continua lui, “non fare la vittima, Rose, non sei credibile,” celia facendole il verso, ridendo quando lei tramuta il bacio in un morso. “Permalosa.”
“Idiota.”
“Un idiota che ha una proposta per te.”
“Sarà un proposta idiota, allora,” replica sarcastica, sgusciando via prima che riesca a morderla a sua volta. “Voglio ascoltare qualcosa,” aggiunge alzandosi in piedi.
James la osserva stretta nel sottile pigiama estivo: i piedi scalzi, le gambe nude ben al di sopra del ginocchio grazie a dei pantaloncini, la sottile canottiera – si ritrova a deglutire senza capirne il motivo.
“Insonorizzi la stanza?”
Ridestatosi, si affretta ad accontentarla, alzandosi per assicurarsi che la porta sia chiusa. Si avvicina poi all’armadio per rinvenire qualcosa con cui dormire tra i vari indumenti che ha praticamente trasferito lì. Agguanta così un paio di bermuda e inizia a spogliarsi mentre Rose traffica con il grammofono.
Hard o soft?” chiede lei.
“Non capisco perché me lo chiedi, decidi lo stesso tu,” borbotta.
Rose ridacchia e si volta verso di lui, ritrovandoselo di nuovo troppo spogliato. Vorrebbe ripetergli che ormai è quasi imbarazzante che si spogli in propria presenza, ma si ritrova a seguire le linee dei suoi muscoli, ad avvertire un’insolita sensazione al basso ventre e a voltarsi di scatto, scuotendo il capo e concentrandosi sulla scelta della musica.
“Qual è questa proposta?” chiede quando lo avverte alle proprie spalle.
James la stringe in vita e scuote rassegnato il capo quando una melodia soft – come usano chiamare quelle armonie di note dalle curve rilassanti – riempie la stanza.
“Vieni a vivere con me, dopo Hogwarts,” dice. “Io voglio liberarmi di mio padre, tu di tua madre. Potremmo prendere casa a Londra, tra i babbani che non ci conoscono, vicino all’ingresso visitatori del Ministero. Niente più rotture di coglioni, solo io e te.”
Rose si volta lenta, ritrovandosi a incrociare quegli occhi vivi di determinazione.
“Dici sul serio?”
“Perché non dovrei?”
Lei si stringe nelle spalle e mordicchia le labbra.
“Pensavo che questo fosse il progetto tuo e di Lorcan.”
“A Lor compriamo il divano-letto,” scherza. “L’unica regola è che si scopa fuori casa, anche perché il fesso di turno lo schianto anche se sei maggiorenne se si permette di toccarti davanti a me.”
Rose finge di imbronciarsi, ma non ha tempo di aggiungere altro, perché la porta si spalanca e a entrare è un inatteso Albus.
“Ho provato a bussare, ma siete sordi.”
“Chiudi,” dice allarmata Rose, correndo a serrare la porta. “Hai rotto l’incantesimo di insonorizzazione,” nota contrariata.
“No, veramente ha rotto un’altra cosa,” mormora seccato James, premurandosi di insonorizzare di nuovo l’ambiente. “Che vuoi?” chiede poi al fratello.
“Niente, mi annoiavo,” risponde con semplicità, sedendosi sul letto della cugina. “Mamma e papà si sono chiusi in camera da letto a litigare, indovina per colpa di chi?” chiede retorico.
“Ah, non lo so, forse tua? Hanno finalmente capito che sei una piaga.”
“Dateci un taglio,” si intromette Rose, abbassando un po’ il volume della musica. “Perché litigano?” domanda ad Albus.
Il sedicenne, rifilata un’occhiataccia al fratello che appena ha potuto si è defilato, orienta gli occhi su Rose, osservandola sedersi sul letto a gambe incrociate.
“Da quello che ho capito, mamma vuole che papà parli di nuovo con James, ma non al Ministero, mentre papà dice che lo ha già agevolato più del dovuto in questa storia.”
“Agevolato?” sbotta James. “Ma se mi ha interrogato come se fossi un Mangiamorte in incognito.”
“Avrebbe potuto indagare sul Fight Club e non l’ha fatto,” dice subito Albus. “Dovresti ringraziarlo.”
“Certo,” prorompe sarcastica Rose, guardandolo torva. “Gli Auror indagano da sempre sugli studenti che infrangono qualche regola, chissà quanti fascicoli ci sono al Ministero, forse tuo padre ha indagato anche su Hugo che ha rifilato una caccabomba a Madama Flighty.”
James sogghigna, ma Albus sbuffa.
“Sei proprio la sua degna metà,” ribatte alludendo al fratello.
“Sei tu a dire cose ridicole,” replica lei. “Sappiamo tutti che il Fight Club non ha mai creato problemi, le sue stesse regole vietano le Maledizioni Senza Perdono, è che Lysander ha… ha perso il controllo.”
Il sorriso tronfio che si increspa sulla bocca di James indispettisce non poco Albus, costretto a incassare non solo l’offensiva del fratello, ma anche quella della cugina, che probabilmente difenderebbe James anche se fosse colto in flagrante a eseguire il peggiore degli Anatemi. La cosa più fastidiosa è che Rose, come molti adulti in famiglia ripetono a oltranza, ha ereditato la capacità argomentativa della madre, che unita all’innata superbia la rende un’avversaria ostica in scontri dialettici. E anche ora, come è accaduto tante volte in passato, Albus si ritrova a osservare la cugina con le labbra leggermente schiuse e i pensieri accelerati alla ricerca di un argomento valido con cui controbattere.
“Un giorno sarai una giudice del Wizengamot,” replica allora. “Nessuno manipola i fatti meglio di te,” aggiunge sprezzante.
“Ha solo detto la verità,” interviene James, sedendosi accanto a Rose. “Giusto per sapere, ma sei venuto per rompere il cazzo?”
“No,” sospira Albus. “Cerco solo di capirci qualcosa.”
James alza gli occhi al cielo e Rose, cogliendone l’insofferenza, umetta le labbra e orienta gli occhi chiari sul cugino molesto.
“Prima che arrivassi parlavamo di G.U.F.O.,” mente lei, vogliosa di deragliare il corso della conversazione. “Tu sei in ansia?”
Albus gratta il capo e si concede un istante per scrutare l’una e l’altro con sopracciglia inarcate – sa che hanno appena cambiato discorso per continuare a tagliarlo fuori dalla verità, ma supponendo che insistere non sia la tattica giusta si decide ad assecondarli.
“Non molto,” risponde. “Ma credo di aver fatto un pasticcio enorme in Erbologia, e sono indeciso sulle domande teoriche di Trasfigurazione, però credo di riuscire ad arrivare a una A... almeno in Trasfigurazione.”
“Per una A in Trasfigurazione mia madre potrebbe diseredarmi,” commenta con amara ironia Rose.
“Tu sei quella messa peggio,” sogghigna Albus. “Insieme alla tua amica Allison, ma lei a differenza tua si auto-schianta, all’esame di Pozioni un altro po’ piangeva per aver quasi sbagliato un passaggio. È simpatica, eh, ma mi mette ansia.”
James, memore dell’infatuazione della Tassorosso, è costretto a mordersi le labbra per non ridere di gusto, peccato che Rose fiuti l’ilarità e gli rifili una gomitata offesa.
“Ally è solo una perfezionista,” dice ad Albus. “E tu dovresti apprezzarla, dopotutto anche tu sei un tipo preciso.”
Albus aggrotta le sopracciglia e incrocia perplesso gli occhi vivi di divertimento del fratello.
“Che mi sono perso?”
“Beh, ecco,” farfuglia Rose. “Dicevo a James che secondo me sareste una bella coppia.”
“Chi?”
“Tu e la simpatica,” risponde sarcastico James. “Andiamo, Al, una scopata non si nega a nessuna!”
“Ehi, è della mia migliore amica che stiamo parlando, niente scopate, io intendo una vera relazione.”
E se la fronte di Albus si aggrotta ancora di più nel tentativo di capire chi o cosa possa aver indotto la cugina a credere che in questa dimensione spazio-temporale lui possa essere interessato ad Allison Macmillan – una che non sa neanche la differenza tra una Tornado e una Nimbus – quando una divinità benevola ha dato vita a Moira Meadowes, James non riesce più a trattenersi e scoppia a ridere, beccandosi un’altra gomitata da parte di Rose.
“Rosie, non ti conviene farmi a pezzi, sai che vorrò essere curato da te,” ironizza, massaggiandosi il fianco leso.
All’espressione d’un tratto preoccupata di Rose, che corre a sincerarsi di non aver fatto sul serio male a James, il viso di Albus finalmente si rilassa e si concede persino un sorriso divertito.
È un quarto ingresso a spezzare una seconda volta l’atmosfera, che s’impone catturando l’attenzione dei tre: occhi cupi, labbra serrate, dita già strette intorno alla bacchetta per serrare di nuovo la porta e ripristinare l’incantesimo di insonorizzazione che impedisce alla melodia di oltrepassare la soglia.
Rose corre da lui prima ancora che riesca a pronunciarsi in un saluto, stringendolo in un abbraccio contraccambiato all’istante. James, alzatosi a sua volta, gli si avvicina stranito, mentre il timore che possa essere accaduto qualcosa lo martella immediato.
“Lor,” esordisce battendogli una mano sulla spalla. “Che è successo?”
“Ho litigato con Lys,” risponde. “È stata tua madre a dirmi che eri qui.”
“Così cercavi lui e non me,” scherza Rose, allontanandosi riluttante.
Lorcan le rivolge il sorriso sbilenco e le afferra il mento tra due dita per avvicinare il suo volto al proprio e scoccarle un bacio sulla guancia.
“Dolcezza, se mi presento a casa tua alle undici di sera tuo padre mi castra, mi ha permesso di entrare solo perché ci sono i tuoi cugini,” spiega. “Mentre dalla stanza di James posso volare in incognito qui.”
Rose sorride, conscia che la scena prospettata dal Corvonero si sia già svolta più volte in passato. James, invece, mette da parte i convenevoli per far notare all’amico la presenza di Albus, Lorcan allora gli indirizza un cenno di saluto e annuisce impercettibilmente agli altri due – ricevuto, non possiamo parlare sembrano suggerire quegli occhi scuri.
“Dormi qui anche tu, allora,” riprende allegra Rose. “Però il letto è piccolo, possiamo prendere il materasso che è nella stanza degli ospiti e metterlo qui,” riflette.
“Ho un’idea migliore, io resto qui e James va nella stanza degli ospiti,” scherza in risposta.
James gli rifila un gestaccio con il dito medio e torna a sedersi sul letto.
“Gentile,” ghigna Lorcan. “Appelli una delle tua maglie? Devo togliermi questa camicia, si è incollata addosso, etichetta del cazzo… Tutti damerini in quel Ministero.”
James sghignazza, ma annuisce. Al contrario, Rose gli si avvicina di nuovo per stringere tra le dita i suoi polsi quando intuisce che è intenzionato a sbottonare l’indumento.
“Rose.”
Lei, gli occhi sgranati, scuote il capo e lascia scivolare una mano sino al punto che nasconde la cicatrice. Lorcan deglutisce, e non sa se sia dovuto all’essere stato sul punto di commettere un passo falso di una banalità imbarazzante, oppure se il tumulto che avverte sia dovuto solo alla vicinanza di Rose e alle sue mani su di sé.
“Hai ragione,” mormora, sfiorando Albus con lo sguardo. “Lascia perdere, James,” dice allora. “Se Ron mi trova qui mezzo nudo mi ammazza.”
James, che colto il sottinteso si dà a propria volta dello stupido, si accoda con un sorriso maschera di tensione. La cicatrice di Lorcan è ancora arrossata, viva, evidente, e un occhio attento come quello di Albus difficilmente riuscirebbe a non notarla.
“Allora appelliamo il materasso?” chiede insinuante Rose, per nulla intenzionata ad allontanarsi di nuovo da lui.
Lorcan si concede un sorriso, e guidato dall’istinto fa un passo in avanti e reclama le sue dita tra le proprie. Come accaduto qualche giorno prima quando a dividerli è stata la porta della camera da bagno, è di nuovo invaso dalla voglia di dirle qualcosa di malizioso, di fare qualcosa di malizioso, soprattutto ora che a coprirla non è che poca stoffa.
“Che ti passa per la testa?” chiede Rose.
Lorcan ingoia a vuoto, mentre la piacevole sensazione di essere fuori dal mondo lo assale.
“Che sei bellissima,” risponde d’impulso.
Rose sbarra gli occhi, un calore la scuote, ma non ha modo di rispondergli, di mettere in fila qualcosa di sensato da dire, perché la mano di James che le afferra il polso per avvicinarla a sé frantuma la percezione di essere sola con Lorcan.
“Prima che arrivasse parlavamo della mia salute,” celia James all’orecchio di Rose. “Mi stai trascurando.”
“Non piagnucolare, ora,” ironizza lei in risposta, sollevando gli occhi chiari sul viso di Lorcan, cui rivolge un semplice sorriso – anche tu vorrebbe rispondergli, ma tace, tace mentre in lei inizia a insinuarsi la possibilità di azzardare un passo, solo uno, in sua direzione.
Albus, in silenzio e in disparte, tenta di disciplinare l’antipatia viscerale che Lorcan è in grado di suscitargli ogni volta che lo costringe in un angolo semplicemente esistendo. È sufficiente che arrivi, senza neanche preoccuparsi di giustificare la propria presenza, che James si illumina e si precipita da lui. Non crede che la propria sia gelosia, né che sia invidia, ma solo triste consapevolezza: a James piacciono i rapporti fraterni, li cerca, è il fratello che si ritrova a non piacergli.
Quando i tre tornano a sedersi sul letto e iniziano a scherzare tra loro, avverte il pulsante desiderio di alzarsi e andare via – fuori posto.
“E io e te dormiamo a casa mia, Lor,” dice d’un tratto James, circondando le spalle di Rose. “Faccio l’estremo sacrificio di incrociare mio padre domattina, dovresti sentirti in colpa.”
Lorcan inarca un sopracciglio e incurva le labbra in un sorriso sghembo.
“Amico, c’è la stanza degli ospiti di Rose, io mi arrangio qui.”
“Scordatelo,” ribatte James. “Dormiamo da me, poi domani ti accompagno a casa.”
“Paura che mi perda?”
“Paura che faccia cazzate,” precisa, alludendo alla ripetuta idea di denunciarsi – non ti lascio in balia di quel coglione di tuo fratello pensa.
“Che cazzata dovrebbe fare?” si intromette Albus.
“Vuole che Lysander inventi qualcosa per difendersi,” interviene lesta Rose, incrociando lo sguardo del cugino.
“Non è onesto, ma capisco,” soppesa Albus. “Io forse lo farei.”
“Ecco, è quello che dico da giorni,” prorompe James. “Un fratello ascolta i consigli di un altro fratello.”
Lorcan fa cenno all’amico di cambiare discorso, James acconsente con uno sbuffo, mentre Albus alterna lo sguardo tra l’uno e l’altro sempre più confuso. La sensazione di essere l’elemento in più, un estraneo, lo strizza con sempre maggiore prepotenza e di nuovo avverte l’impulso di allontanarsi e infischiarsene del fratello, dei suoi amici e delle verità ostinatamente taciute. È incredibile come James riesca a essere lì, , a un passo, e ad apparire ugualmente imprendibile, sfuggente, troppo in alto per essere raggiunto da lui.
Un giorno pensa, forse un giorno ti fiderai anche di me.

 

 

 


Note dell’autrice: ve l’avevo promesso ed eccoci qui con un missing moments che sbircia più da vicino il rapporto tra i due fratelli Potter. Ho scelto uno dei momenti più spinosi per mostrarvi gli albori dei risentimenti di Albus. Questo scorcio a livello temporale si colloca qualche giorno dopo Buio estivo – è quello l’episodio della “camera da bagno” rievocato da Lorcan – e poco prima della prima volta di Rose e Lorcan. Non posso che sperare che vi sia piaciuto! Ne approfitto, come è ormai abitudine, per ringraziarvi delle stupende recensioni al Capitolo Ventuno (le ho già lette, mi lasciate sempre senza parole e con la voglia di rileggervi cento volte, ci risentiamo lì come sempre! ❤ ) e anche per dirvi che non mi aspettavo tanto successo per Febe, sono proprio felice che vi sia piaciuta tanto! La stesura del nuovo capitolo temo prenderà ancora un po’ di tempo, sarà un altro capitolo corposo (piccolo spoiler: vi consiglio di rileggere la parte iniziale del Capitolo Venti!), nel mentre spero che questo racconto inganni un po’ l’attesa, ormai io e i missing moments abbiamo fatto amicizia!
Forse sembrerà banale ripeterlo sempre, ma grazie davvero del tempo e dell’entusiasmo dedicati a questo mio piccolo universo narrativo, quando ho iniziato a pubblicare Paradiso perduto avevo anche messo in conto la possibilità di non riuscire ad andare oltre il Prologo (non a caso nelle note al Prologo parlo di “episodio-pilota”), invece siamo arrivati sin qui e ancora andiamo avanti, quindi grazie. ❤

 
   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Rosmary