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Autore: L_White_S    22/01/2020    0 recensioni
" Non sempre gli angeli nascono con le ali "
Quando i nazisti portano gli ebrei nel campo di concentramento di Auschwitz, il loro scopo non è solo quello di ucciderli…
Quando il re inglese attacca la Francia per riprendersi il trono, la guerra “dei cent’anni” diverrà il pretesto per celare le vere motivazioni del conflitto. Ma cosa hanno in comune questi avvenimenti storici?
Ice – il protagonista – è un ragazzo che si sveglia in un laboratorio ultratecnologico senza memoria. Gli esperimenti condotti lo hanno privato dei ricordi e solo dopo un accurato incidente, studiato – se vogliamo – inizia finalmente a trovare nel buio della sua mente quei flashback che faranno riaffiorare la verità, oltre che la luce.
La saga inizia con la ricerca delle origini di uno “dei dieci”, con un debutto fenomenale.
Si introdurranno domande che sorgeranno spontanee al lettore, quali la nascita del conflitto delle parti, sia di esseri
sovrannaturali che non, e di quanto possa un amore condizionare la vita…
Ice, durante il viaggio dettato dai ricordi, scoprirà una visione demoniaca che lo perseguiterà per tutto il tempo, manovrandolo come un burattino. Ma perché accade questo?
L’amore potrà riportarlo sulla retta via, perché la strada del male, è solo un bivio…
Genere: Fantasy, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPITOLO      0.4





   Il frastuono della musica era assordante, centinaia di ragazzi sotto le luci psichedeliche e le palle sferiche ballavano ormai da ore senza sosta.
   Vodka, alcool e birra scorrevano a fiumi davanti al bancone delle conigliette che, grazie a qualche fuggevole “toccata”, riuscivano a scroccare mance a più non posso.
   La folla continuava come una massa di zombi la danza, mentre una decina di ragazzi seduti in disparte e seri gustavano la serata.   
   Alcuni di loro se la giocavano a carte, altri a braccio di ferro, altri si facevano sfilare qualche centone dalle ballerine sui comodi divani di pelle bianca.
   Uno solo, con lo sguardo perso nel vuoto, sembrava preoccupato…
   Fissava in continuazione lo smartphone sul tavolo mentre, di tanto in tanto, alzava lo sguardo verso il centro della discoteca: lì tre pali metallizzati aiutavano le cubiste a esibirsi…
   Una bella visione, pensò.
   Le strettissime calze a rete stringevano a più non posso le lunghe cosce delle modelle che, quasi viola, sembravano sul punto di esplodere.
    Nessuno però ci faceva caso, l’ecstasy che circolava nei sacchetti e nelle bocche distorceva completamente la realtà: anche le ragazze più brutte sembravano essere degli angeli…
   Mike sentiva il sangue ribollirgli nelle vene, odiava quell’atteggiamento, odiava quei ragazzi, ma amava quel posto, era l’unico in grado di trasmettere vera felicità ed euforia, nonostante il non poco “incentivo” fornito dalla droga.
   Vedere tante persone divertirsi lo rendevano triste in un certo senso: sapere che quell’effetto era provocato soprattutto da quelle pasticche bianche e non dalla mente, era un grave sintomo di quanto la società giovanile stesse via via toccando il fondo; le partite a pallone, le sfide tra amici all’aria aperta… erano solo un vago ricordo.
   E lui che era centenario, ne soffriva più di tutti.
   Oramai ci si divertiva così.
   Eppure ciò che lo impensieriva era qualcos’altro…
   Improvvisamente il telefono iniziò a vibrare sul tavolino di vetro: lo schermo iniziò a lampeggiare e ciò lo distolse dai suoi pensieri erotici che stavano affollandogli la mente. 
   Cinque anni di castità erano troppi da sopportare ora che vedeva quelle bellezze mezze nude, ma ne erano altrettanti che attendeva quella chiamata… Toccò lo schermo e sorpreso, visualizzò un messaggio ricevuto da un numero anonimo.
   Non era ciò che si aspettava.
   “La missione è quasi terminata”.
   Senza il minimo preavviso sbucò da un angolo un ragazzo, era bagnato fradicio e i capelli corti al taglio militare erano schiacciati sul cranio bianco; aveva il fiatone e tremava visibilmente.
   Mike alzò lo sguardo inarcando le sopracciglia, domandandogli con la sola espressione cosa stesse accadendo.
   « Frank è stato ucciso nel vicolo qui dietro! Dobbiamo andarcene, alla svelta! ».
   Il gruppo di amici si voltò di scatto gettando le luci sui due.
   Mike si alzò lentamente, prese il cappotto e mentre tutti fecero lo stesso, pronti a darsi alla fuga, prese parola.
   « Estendete la comunicazione: gli incontri sono annullati fino a nuovo ordine. Vi contatterò tramite email ».
   Ricevuto l’ordine, quell’angolo del locale si svuotò in un baleno mentre Mike, uscito sul retro, si diresse senza farsi notare proprio dove Frank era stato assassinato, ma il corpo del suo compagno, non c’era già più…




ORE  11.30
CRACOVIA 
 POLONIA




   Nel frattempo in una pensione, lontano da sguardi indiscreti, si nascondeva una delle menti di maggior rilievo dell’intero pianeta: il generale Mattew Crow.
   Un uomo alto, cresciuto sotto le armi per via del forte spirito combattivo impostogli dal padre, calvo, sulla sessantina, portava dei baffi folti e curati, occhi neri come la pece e zigomi scavati mostravano la sua stanchezza e il desiderio di andare finalmente, dopo una vita di duro lavoro, in pensione. 
   « Generale ci ha informato con una chiamata il comandante Smith Brown della missione “ENERGY”, direttamente dal Sahara…».
   Crow, intento a scrutare ogni imperfezione nata dalla notte al giorno sulla sua pelle, davanti allo specchio della stanza, si voltò di scatto; era una notizia buona o cattiva? Non si sarebbe mai aspettato una chiamata, soprattutto da quella zona del mondo…
   Le missioni avviate e molto più importanti stavano avvenendo in quel preciso istante in altre parti della terra e attendeva gli esiti di quelle, non della “Energy”, « Cosa è successo ? ».
   « Hanno avuto un problema nel laboratorio, sembra che il soggetto preso in custodia sia in coma ».
   Il generale rimase impietrito, quella era una notizia catastrofica!
   Non era possibile.
   Sapeva bene il rischio della missione e riponeva la fiducia più completa negli scienziati ma soprattutto, nella cavia, conosceva le reali capacità di Ice, o per lo meno, ne aveva sentito parlare…
   Il suo primo pensiero fu rivolto alla causa, « È riconducibile all’incidente di qualche ora fa con Angy ? ».
   Lo scambio d’informazioni viaggiava alla velocità della luce all’interno della compagnia: subito dopo il “fuoriprogramma” di Angy, infatti, il generale era stato avvertito, ma nessuno si sarebbe mai immaginato una ricaduta successiva del ragazzo.
   « Credo che tra quei due ci sia un legame molto più forte di quanto non abbiano dato a vedere », constatò il generale.
   « È possibile… per questo ci stiamo facendo spedire un campione di sangue dal Sahara ».
   « Novità ? ».
   « Lo stiamo facendo analizzare proprio ora sul nostro jet, lo duplicheremo ed useremo sicuramente per portare a termine l’esperimento su Axel…».
   Cavolo, pensò Crow, se ne era proprio dimenticato; quel ragazzo lo avrebbe preso a parolacce, come minimo, se lo avesse visto al laboratorio. Chissà cosa sarebbe successo di lì a qualche ora…
   « Ottimo! », mentì il generale sfregandosi il mento.
   « C’è un problema però ». Ribatte subito il segretario.
   « Quale? »
   « Non abbiamo la minima idea di come reagirà il soggetto a questa trasfusione; non sono cose che si insegnano a medicina quelle che sperimentiamo qui…».
   A quelle parole il generale fulminò istantaneamente il suo secondo e riprese a parlare; era visibilmente teso e inalberato.
   « Le dissi tempo fa, quando entrò nell’operazione, che qui ci troviamo in un suolo completamente diverso e mai raggiunto dalla scienza…». 
   Fu ammonito il segretario che subito annuì guardando in basso in preda alla vergogna; erano dieci anni oramai che aveva abbandonato il “campo” della medicina per improvvisarsi un semplice secondo. Non voleva operare quelle brutalità in maniera diretta, per questo si limitava a supervisionare per conto del generale, anche se molte procedure erano insensate e non le condivideva.
   « A riguardo ho sentito parlare di un brillantissimo studente francese… la nostra compagnia è pronta ad accoglierlo dopo la sua ultima laurea in medicina…».
   Ne aveva quattro in tutto, ma Crow omise quel particolare temendo la reazione del segretario e di tutto lo staff interno; comunque la replica non si fece attendere:
   « Ma eravamo d’accordo che solo io potevo decidere il personale interno! ».
   « Ed ha ragione, ma stavolta è importante, si fidi di me, gioverà a tutti la sua entrata nello staff…».
   « Ci sono persone più qualificate e con decine di lauree, compreso il sottoscritto! Se ho mollato, non è perché sono un incapace! ». Sbottò tutto d’un tratto, « Qual è il suo nome? ».
   « Michelle Muonrat…» 
   Ed ha solo 26 anni, si compiacque il generale.




   Michelle era al settimo cielo, non credeva ai suoi occhi, stava per partire e ancora aveva lo sguardo fisso sul monitor del pc. 
   La mail ricevuta era chiara e diretta, non lasciava spazio a incomprensioni: una settimana prima aveva acceso Gmail e tra la posta ricevuta aveva scovato una strana stringa richiedente i suoi dati personali, ed aperta, aveva ricevuto la notizia; finalmente gli sforzi erano diventati realtà, era entrato nella società più grande del pianeta.    
   Fantastico.
   Prese la valigia e lo zaino, si mise il cappotto e squadrò ancora una volta il computer, oramai spento, aprì lentamente la porta di casa trovandosi di fronte una scintillante Bentley nera.  
   Fece per correre e buttarsi a capofitto ma attese qualche secondo, attento a non farsi notare dai soliti vicini, spioni come sempre; scese i cinque scalini e mise il trolley sul marciapiede.
   A pochi metri dalla lussuosa auto si fermò, restando in attesa, guardandosi intorno con aria smarrita. 
   Si aspettava un’accoglienza con i fiocchi, ma nessuno lo salutò, nessuno gli prese il bagaglio e nessuno gli aprì lo sportello, fu a quel punto che il motore rombante si accese risuonando nella sua testa, così senza troppi complimenti, alzato di peso il trolley, aprì lo sportello e si gettò a capofitto; non voleva di certo perdere quell’opportunità.
   Entrato, l’auto partì lentamente immettendosi nel traffico.
   Circa dopo venti minuti notò le insegne dell’aeroporto ma quando lo raggiunse, rimase con l’amaro in bocca: non amava affatto volare, in realtà quello era il suo primo viaggio in aereo, ma non ci aveva messo molto a capire che si stava dirigendo in un’area “riservata”.
   Non c’erano auto parcheggiate, turisti, o il personale addetto al controllo dei bagagli. Nessuno.
   Non è quello che mi sono sognato stanotte, disse tra sé.
    Dal finestrino vide solamente un jet al centro della pista; l’auto si fermò ed improvvisamente lo sportello si aprì, mostrando un uomo con un berretto tanto abbassato da nascondergli il volto.
   « Buon giorno Signore. Questo è il suo volo. A bordo il personale esaudirà ogni suo desiderio; buon viaggio ».
   Salutato il ragazzo, l’ambiguo autista scese i bagagli e chiuse la portiera; si allontanò velocemente e scomparve tra la nebbia mattutina.
   Il biondino non era entusiasta di volare, ma appena si affacciarono due hostess dal portellone, due sventole, ci ripensò subito: agguantò i suoi oggetti e salì al volo la passerella. Non vedeva l’ora di gustarsi il viaggio…
   
 
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