BREVE STORIA DEL PICCOLO REGNO
L’imperatore si vestì d’oro e di diamanti.
Trasportato su una lettiga, gli schiavi che ne portavano il
peso gemevano di tanto in tanto dallo sforzo.
Il suo esercito era tornato a presentarsi splendente come un
tempo, anche se non più agguerrito alla medesima maniera, poiché i guerrieri
avevano utilizzato più le vanghe che le spade nell’ultimo periodo. Ma tutto
questo per il Conquistatore contava ben poco, tanto il Piccolo Regno della
Montagna era una realtà come quelle che aveva sottomesso senza nemmeno perdere
un sol uomo, quindi di rischi se ne correvano ben pochi.
Le armi erano state curate più della preparazione fisica,
poiché dovevano risplendere e incutere timore.
Sicuro di sé, l’Imperatore si fece portare fino alle pendici
del monte, per poi iniziare a farlo scalare dai suoi uomini.
Sembrava un luogo desolato, avvolto da un fitto bosco e con
un solo sentiero percorribile, di terra battuta. Eppure, ben presto, agli occhi
degli uomini affaticati dalla salita apparve una sorta di muraglia di legno,
bassa ma rialzata proprio sul sentiero, e in effetti era una vera e propria
porta cittadina.
Al di là si intravedeva ancora del bosco, probabilmente era
lì che era stato segnato il confine.
A sorvegliare la porta c’erano tre uomini disarmati, vestiti
però di lucente velluto rosso.
“Altolà” intimò uno di essi, per nulla intimorito al cospetto
di tutti quegli uomini armati.
Mentre i primi giungevano al confine, tantissimi altri ancora
marciavano più a valle e il clangore era assordante, ma nulla incupiva quegli
strani individui.
Allora l’Imperatore fece cenno agli uomini che aveva di
fronte a sé e li fece indietreggiare, per poi farsi portare da solo al cospetto
degli apparentemente inermi individui.
“Signori, aprite questa porta. Vengo in pace” sancì il
Conquistatore, mollemente adagiato tra gioielli e profumati cuscini. I tre
uomini non fecero una piega, solo quello che aveva intimato lo stop si fece
avanti di due passi, mettendosi al cospetto del grande sovrano.
“Spiacente, il confine non può essere attraversato da uomini
armati” sancì subito con voce squillante, cosicché anche le prime fila dei
guerrieri poté udirlo.
“Sapete chi sono io, villici?”
Il Conquistatore chiese con tono provocante, ma non ancora
irritato. Tuttavia, il guardiano scosse il capo negativamente.
“Mi dispiace, non importa chi siete. Se avete uomini armati
al vostro seguito, non venite in pace e non potete entrare. Deponete ogni arma
e scendete dalla lettiga, se volete varcare il confine” affermò con impassibile
risolutezza.
Il sovrano deglutì.
Socchiuse gli occhi, in preda all’ira; una parte di sé già
suggeriva di spaccare tutto, però non voleva mostrarsi così spietato al
cospetto di quelli che sembravano dei sempliciotti.
“Sono qui per parlare con la vostra Regina. Se io non posso
entrare, e vi avverto, non spoglierò delle armi i miei uomini, né metterò piede
sulla nuda terra, allora che sia lei a mostrare magnanimità e a venire da me”.
Anche l’ultimo intento diplomatico però andò in frantumi,
poiché il guardiano scosse di nuovo il capo.
“Spiacente, la nostra Regina non può incontrare nessuno,
tantomeno stranieri armati”.
Se il Conquistatore aveva ancora un pizzico di pazienza, i
suoi uomini no. I suoi fratelli, che avevano udito tutto, a soli pochi passi
dal colloquio, furono assaliti da una così grande rabbia che incitarono i
guerrieri a fare del loro peggio.
L’Imperatore poté solo vedere le frecce incendiarie che si
conficcavano sulle assi di legno della porta, e udire il fragore di migliaia di
spade che venivano sguainate dai foderi.
I tre guardiani vestiti di lucente velluto furono costretti a
fuggire al cospetto di così tanta ira generale e collettiva.
Dopo qualche minuto la porta cedeva e svelava il largo
sentiero ghiaioso che conduceva direttamente al nucleo del Piccolo Regno di
Montagna.