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Autore: _euph0rja    24/01/2020    1 recensioni
L'Euphoria indica uno stato di benessere psicologico e fisico.
Euphoria per me vuol dire stare bene, e io sto bene quando scrivo.
Non importa se non sono una scrittrice, ho le mie idee e voglio sapere cosa ne pensa la gente.
Scrivere significa liberare la mente da tutto, mettere tutto nero su bianco.
Le tue idee, i tuoi disagi, le tue preoccupazioni.
In quello che scrivo metto tanto di me, e vorrei far capire alla gente come sono anche se, al momento, non mi capisco neanche io.
'La scrittura mi protegge. Vado avanti facendomi scudo delle mie parole, delle mie frasi, dei miei paragrafi abilmente concatenati, dei miei capitoli astutamente programmati. Non manco d' ingegnosità.'
- Georges Perec
~Raccolta di piccole storie, piccoli pensieri~
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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La gente inizia a sedersi, il prete scruta tutti dall'altare. Io, dal mio canto, mi rigiro il foglietto stropicciato fra le mani, mentre la mia gamba continua a tremare.
Mai mi sarei aspettato di dover fare un discorso del genere, di dire certe cose.
Mia moglie, al mio fianco, singhiozza guardando con occhi spenti il centro dell'altare.
Non sento più il cuore battere... la mia testa non fa altro che girare da tre giorni a questa parte. La mia vita si è fermata tre giorni fa, tre giorni fa ho smesso di piangere.
Mi alzo dal mio posto per salire sull'altare, passo accanto a quel pezzo di legno che, strano a dirsi, contiene la mia vita.
L'ultima volta che sono salito su questo altare è stato il giorno del mio matrimonio. Com'è strana la vita, che strani gli eventi che ti mette davanti...
La 'vita'... sembra che stia lì a guardarti soffrire con un sorriso, sta lì a guardarti cadere.
Davanti al microfono non trovo la forza di alzare lo sguardo e sorbirmi la pietà della gente. Un sospiro lascia le mie labbra e desidero che la terra mi trascini giù.
Apro la bocca, ma nessun suono lascia le mie labbra. Sento i piedi bloccati sul pavimento, quasi sento il sangue che smette di circolarmi nelle vene, ma mi ricredo pensando che sarei già steso morto sul pavimento e le bare sarebbero due.
Fisso il mio sguardo su quel pezzo di legno, sperando di vederlo sparire o forse.. No, non sparirà.
Guardo mia moglie, il dolore le si legge in faccia e, ancora, mi domando come faremo non appena rientreremo a casa, come andremo avanti.
Spiego il foglietto fra le mani, la mia mano trema mentre alzo gli occhi verso il tetto senza sapere come parlare. Con quale forza guardare la gente davanti a me.
Eppure parlo, e me ne accorgo solo dalle espressioni della gente.
“La seconda volta che sarei voluto salire su questo altare sarebbe stato il giorno del suo matrimonio, quando la mia mano si sarebbe posata sulla sua spalla e gli avrei regalato un sorriso.
Sarebbe stato il giorno in cui lo avrei lasciato andare via da me, ma non per sempre. Non come adesso. Non avrei mai pensato che sarei vissuto abbastanza per questo giorno, ed era meglio così.
Tutti sapete che sono una persona organizzata, spettatore della vita solo se so gli eventi; ma, questa, non è una cosa che si programma. Non si programma perdere un figlio, non si programma un risveglio senza di lui.” ripiego il foglietto e trovo il coraggio di guardare la gente davanti a me, trovo la forza di lasciare che guardino i miei occhi, lascio che vedano il mio dolore.
“A Jonathan piaceva disegnare.. era un sognatore, glielo dicevo sempre. Gli dicevo sempre tante cose, 'non lasciare i vestiti in giro Jonathan' o 'J non bere troppo'” mi perdo fra i ricordi “Non gli potrò più dire queste cose.. non gli potrò più dire quanto gli voglio bene, quanto io sia orgoglioso di lui. Quel pezzo di legno contiene la mia vita, mio figlio giace lì dentro!” il mio dito è puntato verso quella bara.
“Un genitore non dovrebbe mai assistere al funerale di suo figlio.” lancio uno sguardo a mia moglie che, dopo giorni, mi guarda di nuovo negli occhi “Avrei voluto accompagnarlo al collage, avrei voluto vedere una partita allo stadio con lui. Volevo vederlo crescere, diventare uomo lasciandosi alle spalle i giochi da bambino. Forse gli dovevo più carezze... più abbracci. Siamo degli idioti a pensare di avere tanto tempo, di averlo illimitato; Abbiamo i secondi contati, le carezze contate. Il tempo non lo si può riavvolgere, non è una vecchia videocassetta. Non potrò più rivivere i momenti insieme a lui, non potrò più svegliarmi e andare nella sua camera con la convinzione di trovarlo lì con l'album da disegno.” chiudo gli occhi, sento un nodo in gola, come se qualcuno stesse stringendo le proprie mani sul mio collo fino a farmi smettere di respirare.
E, da una parte, vorrei davvero che quel qualcuno ci fosse.
I miei occhi cercano quelli di mia moglie, ma lei tiene lo sguardo basso e una foto di nostro figlio fra le mani.
Punto il mio sguardo accanto alla bara, il sole forma un piccolo cerchio accanto ad essa. Strano come solo quel pezzo sia baciato dal sole.
“Ho paura. Ho paura di tornare a casa e realizzare davvero che lui non c'è più, ho paura di risvegliarmi domani e smettere di vivere. Ho paura di dimenticare la sua voce, di non ricordare più il suo odore e dimenticare come ci si sentisse in un suo abbraccio. Ho paura di scordare il suo sorriso, di non riuscire più ad entrare nella sua camera senza piangere. Ho paura del giorno in cui prenderò le sue cose e le metterò in degli scatoloni, ho paura di abbandonarlo del tutto. Ho paura di non riuscire più a ricordare il suo colore preferito o di non ricordare il suono della sua risata. Ho paura di dimenticare il suo tocco. E ho paura di non dimenticare tutto ciò, di vivere per sempre una vita spenta, perché non so se riuscirò a chiamarla ancora vita.” una lacrima mi scorre sul viso e scuoto la testa cercando di fuggire da questo posto, da questo momento.
Voglio tornare a quella sera, dargli un bacio sulla fronte e chiedergli come sta. Voglio tornare a quella sera e domandargli di andare a vedere la partita l'indomani, per poi chiedergli della sua ragazza.
“Ho paura del domani, del futuro senza di lui. Ma domani arriverà, mi sveglierò e saprò che lui non è nella sua camera, né a scuola e neanche al parco col suo album da disegni. Scenderò in cucina e, come un giorno come un altro, andrò a lavoro. Ma non sarà più come prima. Niente sarà più come prima. Il mondo ricomincerà a girare per tutti, ma non per me e lei” guardo mia moglie che ricambia il mio sguardo, il suo volto coperto dalle lacrime.
“E, se potete, abbracciate i vostri figli, io non posso più farlo. Non posso più sentire il suo corpo contro il mio, né la sua voce chiamarmi 'papà'.” sospiro e fisso quel cerchio di luce.
Lui è qui, è con me e lo sarà per sempre.
“Il mondo... non è un posto fatto per tutti.” scendo dall'altare mentre la gente applaude, forse cercando di darmi forza.
Ma era lui la mia forza.
Passo accanto alla bara e mi fermo. Accarezzo la foto di mio figlio, mi abbasso e lascio un bacio pieno di lacrime su quel pezzo di legno, sperando che lui lo abbia sentito...ovunque si trovi.
“Resta con me, ti prego...” sussurro sulla bara e sento delle braccia esili circondarmi.
Incontro il viso di mia moglie, l'abbraccio e le lascio un bacio sulla fronte tenendola stretta a me, come se avessi paura che potesse andare via anche lei.
“Ce la faremo..” sussurra, e cerca di crederci anche lei.
“Dobbiamo farcela, lui vorrebbe così..”
E le lacrime continuano a bagnarmi il volto, mentre i suoi amici portano la bara fuori dalla chiesa, continuando a ripetere il suo nome.
E mi unisco a loro, urlando il nome di mio figlio.
“Ti vorrò sempre bene, dammi la forza di tornare a guardare il cielo e vederti Jonathan.”
   
 
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