“Lasciatemi! Il mio André è in pericolo! Lasciatemi!”
Poche parole, un respiro lieve, un battito, ed è subito devastante consapevolezza, impietosa verità, struggente ed amara presa di coscienza, fulminea, spietata.
Un aggettivo, tre lettere, il sentimento di una vita intera racchiuso lì ed esploso all’improvviso, boato assordante al mio cuore ignaro.
Il mio André.
Ti ho mai definito tale?
Mai.
Ma oggi, quando Fersen ha salvato me, lasciandoti lì, inerme, tra le grinfie del popolo furioso, preda della vigliaccheria, di una rabbia cieca e sorda, per la quale non hai colpe, il mio cuore si è infranto in mille pezzi.
Non potevo lasciarti lì, proprio non potevo.
Ma ci ha pensato lui, l’uomo che un tempo credevo di amare. Ha sgranato gli occhi, mi sono specchiata in quel grigio profondo che amai. Un attimo, un solo istante.
Poi, la consapevolezza anche nel suo cuore.
“Ci penso io, a salvare il vostro André.”
E’ fuggito, lasciandomi lì, sola, vuota, sconvolta, incredula, tremante, foglia che si stacca dal ramo e ondeggia lieve, impaurita, timorosa, prima di posare al suolo silenziosa.
Possibile, André?
Possibile ch’io t’ami, senza mai averlo saputo?
Possibile ch’io sia stata così stolta, insensata, follemente all’oscuro di un sentimento che palpita in questo cuore di soldato, mai venuto alla luce?
Oh, quanto tempo perso! Quanti istanti di felicità gettati al vento, solo per paura di essere donna!
Cosa sento?
Uno sparo.
Dio mio, no.
Grida, urla, schiamazzi.
Non posso restare, devo andare, devo vedere, devo cercarti, amore mio.
Dio, proteggilo. E proteggi Fersen. Fa che il mio André sia salvo.
Salgo questi gradini e corro, come mai ho fatto in vita mia.
Eccomi.
Ti vedo.
La folla si disperde.
Hai già il cappio al collo, le mani legate dietro la schiena. Che volevano fare di te, vita mia?
Un nitrito lontano, un cavallo che scalpita.
Fersen.
Deve aver aizzato la folla, per distrarla e salvarti la vita.
Ci sarà tempo per dire grazie ad un amico fidato.
Ma ora a noi due, mio delizioso sfidante.
Non posso tacere, non può più fingere questo cuore che batte all’unisono con il tuo.
Devo dirtelo.
Mi vedi.
Mi avvicino, un attimo di smarrimento sul tuo volto sudato.
Mi inginocchio al tuo cospetto, perché da ora in avanti sarai tu il padrone incontrastato di questo soldato perduto, divenuto donna in un folle attimo, quello in cui ha creduto di perderti.
“Oscar.”
Un sussurro.
“André.”
Un mormorio.
Sei ferito. Ti hanno colpito a tradimento, i maledetti.
Un rivolo di sangue sulla tua guancia, una sottile riga scarlatta a sporcare la perfezione del tuo viso.
Mentre ti guardo estraggo un fazzoletto dalla tasca, candido e puro come la tua anima.
Lo stringo tra le dita e con una carezza lievissima cancello la riga scarlatta.
Ecco, ora sei di nuovo tu.
“Oscar.”
Fuoco sulle tue labbra il mio nome maschile.
Da oggi resterà solo quello ad onorare il casato.
La Oscar di Augustin svanita per sempre.
La Oscar di André è qui per restare.