Fumetti/Cartoni americani > Transformers
Segui la storia  |       
Autore: _Cthylla_    24/01/2020    1 recensioni
La Decepticon Justice Division, recatasi per vari motivi nella città-Stato più folle del cosmo, ha deciso di trascorrere lì qualche ora di vacanza.
Quale piega prenderà, tra notizie e incontri più o meno inaspettati?
Genere: Avventura, Commedia, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, DJD/Decepticon Justice Division, Nuovo personaggio, Tarn
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Generation I, Transformers: Prime
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'The Specter Bros'- la serie'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Neverending Days To Repent
 
 




 
 
 
 
 
 
 
Il calmo specchio d’acqua che accolse i quattro poveri disgraziati -alias Tarn, Nickel, Helex e Tesarus- riuscì inizialmente a sorprenderli quasi in positivo. Era un miglioramento rispetto agli scaffali infiniti e polverosi dell’Ikea e, sicuramente, era un miglioramento anche rispetto ai salti frenetici e fatali delle cyberscimmie elettriche che avevano affrontato nel livello precedente.
 
«Non durerà molto» fu il commento di Nickel.
 
«Cerchiamo di essere sollevati del fatto che non sia iniziato subito con qualche follia come il livello di prima» replicò Tarn.
 
Se il lago non fosse stato infinito come invece era, il Decepticon avrebbe avuto quasi l’impressione di essere uscito dal gioco della strega e di essere tornato fuori dall’arco diroccato principale. Era un altro luogo idillico che, come il campo di grano blu col singolo albero al centro, come la casa che erano riusciti a intravedere oltre la foschia, come Berg Des Sees stesso prima di attraversare l’arco e finire in quell’incubo distorto, in un’altra situazione avrebbe trasmesso tutto tranne inquietudine.
 
Cercare di conoscere il nemico per poterlo battere era qualcosa che tendeva a fare sempre da che era diventato un Decepticon. Lord Megatron stesso nelle sue sacre scritture sottolineava l’importanza di quell’azione, di conseguenza non era strano che almeno a livello inconscio, anche in tutto quel delirio, Tarn avesse tentato di capire chi si trovava di fronte.
“Di fronte” in senso figurato, ovviamente.
Il paesino era un caso particolare, paradossale e inquietante allo stesso tempo, ma l’assurdità presente nei vari livelli gli sembrava qualcosa messo lì apposta per far dare di matto lui e gli altri, l’espressione vagamente bambinesca di un potere caotico che era al di là di ogni possibile misura, mentre nei luoghi più pacifici era riuscito a percepire qualcosa di molto più personale. A voler azzardare qualche ipotesi, pensò mentre sfiorava l’acqua resa blu-verdino dal riflesso del cielo, forse era un tentativo della strega  di ricreare luoghi in cui si era sentita serena e sicura, e che ormai per una ragione o l’altra non c’erano più, luoghi in cui gli estranei non erano ben accetti.
 
Se Stiria aveva un parco giochi tossico aperto a ogni tipo di visitatori e accadimento, le sue sorelle maggiori avevano una casa di bambole nella quale tutto doveva restare esattamente com’era, eccetto quel che a loro andava bene fosse caotico, come il paesello. Era sicuro che la strega avrebbe potuto riportarlo alla normalità se solo avesse voluto e che la campana rubata c’entrasse poco, o proprio nulla.
 
«Tarn!»
 
Tesarus stava indicando qualcosa al largo e, quando lui alzò gli occhi, vide quella che sembrava in tutto e per tutto una barca di media grandezza con un ampio ponte e una cabina di pilotaggio. Era un’ imbarcazione come quelle di certe specie organiche, del tipo che non volavano ed erano usate solo per viaggiare sull’acqua, ed era fatta di un materiale anch’esso fastidiosamente organico conosciuto col nome di “legno”.
Per quel che riusciva a ricordare, solitamente quei mezzi di locomozione primitivi sfruttavano l’olio di gomito, il vento -tramite vele- o la potenza di un motore per muoversi. Nel loro caso sembrava essere valida l’ultima opzione.
 
«Immagino dovremo salirci su e cercare di farla muovere» disse Tarn, saltando sopra l’imbarcazione senza usare la scaletta.
 
«Hai idea di come funzioni? È roba troppo primitiva, io non credo di capirci qualcosa» ammise Helex, raggiungendolo assieme a Tesarus «Non so neppure come si accende».
 
«Non serve. Ci stiamo già allontanando dalla riva» fece notare Nickel, cupa «Il motore si è acceso da solo appena ho messo piede qui».
 
«Abbiamo un minimo di controllo su questa nave? Quello somiglia a un timone» disse Tesarus, indicando… il timone, appunto.
 
«Lo è» confermò Tarn, avvicinandosi al timone e tentando una virata a sinistra.
 
La manovra ebbe successo, ragion per cui il gruppo concluse di avere almeno il “minimo” di controllo auspicato da Tesarus. Avrebbero preferito altro, come per esempio non trovarsi lì e basta, ma era sempre meglio di niente.
 
«La parte buona è che non dobbiamo perdere tempo a capire dove dobbiamo andare, perché la barca va da sé. La parte cattiva invece è che... beh, per l’appunto la barca va da sé e vattelappesca dove ci porterà» sbuffò Nickel, stringendosi nelle piccole spalle «Se non altro abbiamo potuto riparare un po’di danni prima di entrare qui».
 
Helex poggiò una delle sue mani immense sulla schiena della minicon. «Usciremo da questa cosa».
 
«Con quante code, considerando che ne ho già una?»
 
«Ti sei accorta allora. Almeno è prensile?» le domandò Tesarus.
 
«Mi è spuntata una coda e secondo te me ne sto a pensare se sia prensile o meno?!» sbottò lei.
 
«In questa situazione non puoi fare altro» le fece notare il Decepticon «È prensile o no?»
 
Nickel provò a muovere la sua nuova coda sottile da cyber scimmia, riuscendo ad avvolgerla attorno al polso destro. «Pare di sì».
 
Il viaggio procedette liscio per… una decina di minuti? Qualche ora? Nessuno di loro avrebbe saputo dirlo, anche in quel momento il loro orologio interno era del tutto sfasato.
 
Tarn dopo un po’ decise di lasciare il timone a Nickel, avvicinandosi alla prua per cercare di scorgere qualcosa a distanza. Avrebbe potuto farlo fare proprio a Nickel, che con la sua nuova appendice avrebbe avuto ancor meno difficoltà di lui a mantenere l’equilibrio sulla prua beccheggiante, però lui era più alto.
 
«Intravedo qualcosa» disse, socchiudendo i sensori ottici «Sembra una striscia di terra ma è ancora lontana e…»
 
Il rullo ritmico dei tamburi, ormai diventato familiare, lo interruppe.
 
«Ed è finita la pace» concluse «Prepariamoci a-»
 
«Tarn! Tornado a ore una» lo avvisò Tesarus.
 
«Due tornado a ore undici!» esclamò Helex.
 
«E ora ce ne sono quattro anche davanti a noi» aggiunse Nickel «E… ragazzi, non so se avete notato ma…»
 
Sollevò le braccia: su entrambe ora era installata una motosega, discorso che valeva anche per tutti gli altri.
 
«Cos…» Helex si guardò «Che me ne faccio di queste contro dei tornado?!»
 
«Che te ne fai di qualunque cosa, contro dei tornado?!» ribatté Nickel.
 
«Non contente di aver abusato del mio tempo, della mia pazienza e dei miei nervi, si sono permesse di sostituire il mio doppio cannone a fusione con una motosega».
 
Per qualche secondo, dopo aver sentito Tarn parlare così, nessuno proferì parola.
Il cannone a fusione non era solo un’arma, era un simbolo, un omaggio a quello di Lord Megatron con tutto il significato che c’era dietro -“la mia arma è il mio fardello”- e alla filosofia Decepticon stessa; rimuoverlo senza permesso forse era stata la goccia che aveva fatto traboccare un vaso già ricolmo per tutto ciò che avevano passato fino a quel momento.
 
I tornado si fecero un po’più vicini, e fu allora che Nickel notò un particolare. «C’è qualcosa in quei tornado!»
 
«Hai ragione! Sembrano…» Helex, dando un’ulteriore occhiata, allibì «Ma è possibile?»
 
«Mi stupisco del tuo stupore» disse Tesarus «Sharknoidi che vivono nei tornado. Non peggio delle cyberscimmie».
 
Precisamente: all’interno dei tornado c’erano degli sharknoidi vivi e in salute che aprivano e chiudevano le fauci a ripetizione nel farsi trasportare da quel vento furioso.
 
«Il fatto che siano dei tornado con degli sharknoidi dentro ne fa degli sharknado, secondo te?» tornò a domandare Helex.
 
«Chi se ne importa di come si chiamano, pensiamo a come fare per evitarli o per combatterli piuttosto, ce ne sono sette in arrivo!» esclamò Nickel, muovendo nervosamente la sua nuova coda e agguantando il timone.
 
Il rumore di due motoseghe messe in moto fecero sì che tutti smettessero di guardare i tornado e si concentrassero sul ponte, o meglio, su Tarn che aveva fatto svariati passi indietro come a voler prendere la rincorsa.
 
«Vogliono giocare?» disse il Decepticon, con i sensori ottici puntati sugli sharknado in arrivo a ore dodici «Sia! Giochiamo!»
 
Prima che chiunque potesse dire qualsiasi cosa, il comandante della Decepticon Justice Division corse lungo il ponte, fece uno dei salti più lunghi della propria esistenza e venne risucchiato dentro uno dei tre sharknado… il che era precisamente quel che voleva.
 
«Credo si sia rotto le scatole» commentò Helex.
 
Aveva ragione: Tarn si era rotto le scatole e il livello di voglia di sangue, pardon, energon, era arrivato ai livelli dei tempi in cui prendeva ancora il nucleon per potenziare le prestazioni.
Per fortuna Nickel era riuscita da qualche tempo a fargli accantonare almeno la dipendenza da quella roba, con un po’di fatica -com’era ovvio- ma non perché avesse dovuto insistere troppo. Aveva immaginato che Tarn avesse trovato qualche buon motivo per voler rimanere un po’più lucido.
 
«Magari ce ne lascerà qualcuno» disse Tesarus.
 
«Ce ne sono quanti volete per ora! Voi due proteggete la barca! Arrivano!» esclamò Nickel, rivolta a Helex e Tesarus cercando di virare per non andare a finire dritta in mezzo a uno sharknado, mentre una pioggia di bestie vive -portata dallo sharknado a ore undici- si abbatteva su di loro.
 
Ormai l’imbarcazione era in balia di onde piuttosto alte, e Nickel riuscì ad abbassarsi e alzare il braccio motosega-munito appena in tempo per sventrare uno sharknoide che altrimenti le avrebbe staccato la testa di netto.
 
 
“Shark!
  Shark!”
 
 
In quel disastro generale, con Helex e Tesarus che comunque sembravano aver iniziato a divertirsi un po’più del dovuto nel fare a pezzi gli sharknoidi -non che ci fosse di che stupirsi, visti i tipi- Nickel riuscì comunque a trasalire sentendo l’inizio di una canzone venire pompato fuori da casse audio della cui presenza non si era nemmeno accorta.
 
 
“Shark!
  Shark!”
 
 
«Come se ci fosse bisogno di ripeterlo!» sbraitò, virando a destra con tutte le proprie forze nel tentativo di evitare un cavallone.
 
Ancora una volta sentì la mancanza di Kaon: magari nel pilotare quella barca se la sarebbe cavata bene come nel pilotare la Peaceful Tiranny.
 
 
“Go, go, go, go, go, go, go
Run away from the sharknado
It's your greatest foe, foe, foe
Don't wanna get eaten by the sharknado
By air, by land, by sea
I see that sharknado coming for me
I can't run, I can't hide
I just don't wanna die
Sharknadooooooo!”
 
 
Evitò per miracolo un pezzo di coda di uno sharknoide che altrimenti le sarebbe caduto addosso, seguito da una pioggia di altri pezzi sempre provenienti dall’alto. Tarn si stava dando da fare, lassù.
 
“Sbaglio o lo sharknado dov’è lui sta diminuendo di intensità?!” notò Nickel “Allora magari la potenza è legata alla quantità di bestie vive che ci sono dentro!”
 
La sua teoria venne confermata quando vide Tarn, che aveva finito di massacrare ogni essere vivente presente, saltare nello sharknado più vicino sfruttando la potenza residua del tornado, che poi scomparve del tutto.
 
 
“SharknadOOOo!
Break and twist and you will shout
Those fish are gonna take you out
It's got teeth, it's got speed
Destruction is all it needs!”
 
 
Sì, riconobbe Tarn sentendo le parole di quella canzone, la distruzione e la violenza senza freni da sfogare tutta su quegli stramaledettissimi sharknoidi negli sharknado era esattamente quello di cui aveva bisogno in quel momento. Sentire le motoseghe affondare in loro, sentire il loro energon caldo sul corpo e sulla faccia, vedere le fauci di quelle bestie disarticolarsi ed essere strappate via: una goduria infinita che non avrebbe potuto generargli sensi di colpa neppure più tardi, neppure per sbaglio.
Non l’avrebbe mai ammesso ma, mentre sbudellava uno sharknoide a mani nude per poi gettarsi nel tornado numero tre, in quel momento stava quasi provando qualcosa di simile al… divertimento.
Forse.
 
 
“No, no, no, no, no, no, no
Run away from the sharknado
Blood is gonna flow, flow, flow
So warn that guy in the sharknado
Sharknadooooooo! (sharknado!)
Sharknadooooooo! (sharknado!)”
 
 
E non era il solo: gli sembrava di star sentendo in lontananza le voci di due femmes che si sbellicavano dalle risate.
Probabilmente il suo processore gli stava giocando un altro brutto tiro, perché difficilmente le sorelle di Stiria si sarebbero divertite vedendoli superare gli ostacoli da loro ideati.
Giusto?

 
«Questa pioggia di pezzi di sharknoidi e il fatto che tu ne stia bollendo uno mi ricorda la mia quartultima fidanzata» disse Tesarus mentre riduceva in poltiglia una delle bestie pressandola nel buco del proprio petto.
 
«Qual era?» gli domandò Helex, tranciando a metà due sharknoidi «Quella che voleva portare la luce nei tuoi occhi spenti?»
 
«No. Quella era Laminga, la tizia che dopo dieci ore mi ha piantato per un mech con gli occhi ancora più spenti ed è sparita, e non era la quartultima, era la octaultima… di dice octaultima?»
 
«No, non si dice!» gridò Tarn dall’interno dello sharknado.
 
Di nuovo, Tarn non poté evitare di pensare a Kaon e al fatto che a lui sarebbe piaciuto friggere quelle bestie mentre ascoltava le storie strampalate di Tesarus e i suoi fidanzamenti disgraziati.
Forse fu proprio perché pensava a Kaon che gli parve di sentirlo chiedere, ridendo, “Ma chi è questa tizia?” a due voci di femmes pressoché identiche che sentendo nominare Laminga avevano detto in coro uno stupito “Ma che cazzo stai a diiiii’?”.
 
«Allora la quartultima qual era?» tornò a chiedere Helex «Tarn! Tutto bene lassù?!... sì, direi che vada tutto bene» concluse, acchiappando al volo una testa di sharknoide.
 
«Era quella fanatica del sushi di energon in chicchi avvolto nell’alluminio e del rame-N» rispose Tess.
 
«Ora ricordo! Il rame-N che mi avevi fatto col suo fluido craniale lo sogno ancora, quella roba era troppo buona. Se usciamo da qui me ne devi fare un altro po’».
 
«Non ho fidanzate al momento» replicò il Decepticon «Nickel. Ti hanno mangiata?»
 
«No e non ti conviene che accada, non avresti più chi ti affila le lame!» esclamò la minicon, le mani salde attorno al timone «Gli sharknado stanno diminuendo d’intensità ormai, continuate a ucciderli tutti!»
 
Helex aprì la camera di scioglimento che aveva sul petto, espellendo il poco che restava dello sharknoide che aveva messo dentro. «Non c’è bisogno di chiederlo».
 
Continuarono così per un pezzo, massacrando tutto quel che si trovavano davanti come nella miglior tradizione, e infine dei sette sharknado che c'erano non restò alcuna traccia se non i pezzi di cadaveri galleggianti degli sharknoidi che li avevano abitati.
 
Nickel, con un sospiro di sollievo, si lasciò scivolare a terra appoggiando la schiena al timone. «Per fortuna è finita…»
 
«Per ora sì» disse Tarn, tornato a bordo «Hai fatto un buon lavoro nel cercare di governare la barca. Quelle onde non lo rendevano facile».
 
«Era la cosa più utile che potessi fare, le motoseghe sulle mie braccia sono più piccole delle vostre. Quindi… hai per caso trovato una chiave nel ventre di qualche squalonoide?»
 
Il Decepticon scosse la testa. «Purtroppo no. Però sono convinto che non manchi molto alla fine del livello, e dopo questo dovremo solo andare a prendere la benedetta campana e riportarla a posto, così da porre fine a questa faccenda».
 
«Sempre che la strega non decida di tenerci qui perché si sta divertendo troppo per lasciarci andare» sbottò Nickel, in un momento di sconforto, battendo il pugno contro il legno «Aveva detto che l’avrebbe fatto se avessimo messo a posto la campana, peccato che poco dopo abbia ucciso Kaon solo perché ha cercato di spiegarci come funziona questo tipo di giochi. Quanto ti sembra affidabile qualcuno che fa così? Ci terranno qui dentro mettendoci davanti un delirio dopo l’altro finché non si stuferanno, sempre che prima non diventiamo delle bestiacce senza memoria come sta già accadendo!»
 
«Nickel-»
 
«Sono diventata una Decepticon e ne sono fiera, così come conosco i rischi che comporta, ma essere Decepticon non può voler dire finire col diventare decorazioni di un paesino caotico… o delle sottospecie di cyberscimmie. Lo sopporteresti, Tarn? Lo sopporteresti davvero?!»
 
«Io credo che tu conosca la risposta» disse Tarn «Ma ne usciremo. Se c’è qualcuno che può riuscirci siamo noi».
 
«E credo che ormai ci siamo» s’intromise Helex.
 
Erano finalmente giunti fino alla striscia di terra che Tarn aveva visto. Ciò che Tarn invece non aveva visto era il ghiaccio di cui era ricoperta, così come non aveva visto le montagne di roccia scurissima che ora non solo apparivano chiare ai suoi sensori ottici e quelli di tutti, ma apparivano anche… immense.
“Nulla di strano” si sarebbe potuto dire, c’erano montagne gigantesche su svariati pianeti nell’Universo, ma quelle avevano un “che” di diverso, distorto e profondamente sbagliato sia nella dimensione, sia nella forma. A guardarle si aveva l’impressione di trovarsi davanti a qualcosa che, com’era per il paesello, non sarebbe potuto e dovuto esistere affatto.
 
Il fatto che la barca avesse imboccato da sola un largo fiume che scorreva tra quei monti non fece altro che acuire quella sensazione, e non solo perché l’acqua scorreva in senso opposto a quello normale. C’era un silenzio assoluto, un buio che non era totale solo grazie alle luci verdastre di cui era provvista la barca, e le pareti di roccia scura risultavano così opprimenti da dare la sensazione che si sarebbero chiuse su di loro da un momento all’altro.
Non aiutava neppure provare a guardare in alto: tutto quel che si riusciva a scorgere era un solo filo di luce continuo, più sottile di un cordoncino di rame.
Se loro si trovavano in fondo alla gola e quella che vedevano era la cima, quanto erano alte quelle montagne?
 
Dopo essersi avvicinata a una parete, l’imbarcazione rallentò e le luci aumentarono di potenza. All’inizio nessuno di loro capì il motivo, finché…
 
«Mi sembra di vedere un… cadavere con un braccio teso? Sbaglio? E ha qualcosa in mano» disse Nickel.
 
«Non sbagli» confermò Helex «E quel che ha in mano, anche se quella non è propriamente una mano, mi sembra una chiave identica alle altre due. Giusto, Tarn?»
 
Tarn non rispose: era troppo impegnato a guardare se stesso.
 
Nonostante l’illuminazione fosse scarsa e verde, guardando il cadavere non c’era possibilità di errore. Nessun altro se n’era reso conto perché nessun altro sapeva, ma quello era lui, o meglio, era Glitch.
Glitch, col suo unico occhio azzurro, col suo corpo color arancio parzialmente devastato dalla ruggine e avvolto da alghe e muffa tecnorganiche; Glitch, con le sue mani che non erano mani ma patetiche pinze che, ricordava, rendevano goffo ogni movimento; Glitch, un passato che si era lasciato alle spalle e ora gli veniva violentemente sbattuto in faccia all’improvviso, nel momento e luogo più inaspettato.
 
«Tarn?» tornò a interpellarlo Helex «Allora?»
 
«…sì. Sì. È la chiave che stavamo cercando» disse Tarn, cercando di riscuotersi «Prendila, così da poter proseguire».
 
Il gigantesco mech tese la mano ma, quando cercò di toccare la chiave, le sue dita riuscirono solo a passare attraverso di essa.
 
Helex fece una smorfia infastidita. «È uno scherzo o cosa? Tess, prova tu!»
 
Tesarus obbedì ma non ottenne nulla, esattamente come non aveva ottenuto nulla l’altro Decepticon. Stesso discorso valse per Nickel che, sollevata da Tesarus, fece un tentativo infruttuoso.
 
“Vogliono che lo faccia io. Stanno cercando di colpire me perché sono il leader della squadra, se cado io cadiamo tutti quanti” comprese Tarn, con lo sguardo puntato nel sensore ottico spento e morto del suo doppio, quel fantasma di tempi ai quali cercava di pensare il meno possibile.
 
Per qualche attimo pensò di dover modificare alcune cose che aveva pensato di aver capito riguardo la strega, il suo stile e la sua natura; poi ricordò una cosa fondamentale, ossia che la strega in questione aveva una sorella da far partecipare alla creazione del gioco.
Se nel paesino c’era una sua “nota” vagamente inquietante, in quel posto la nota era diventata un’intera melodia, composta in parte dal ricordo riaffiorato prepotente nel suo processore dei singhiozzi e delle suppliche notturne a ogni divinità conosciuta perché lo salvasse da ciò che l’avrebbe atteso il giorno dopo: quelle pinze al posto delle mani, quella testa inespressiva al posto della sua, una vita da scarto.
Nessuna supplica era servita ed era anche per quello che ormai, da tanto tempo, non credeva più in alcuna divinità.
 
Allungò la mano appena il resto della squadra lo lasciò passare e, come aveva immaginato, riuscì a stringere la chiave nel proprio pugno.
 
Fu allora che Tarn sentì il cadavere di Glitch, dall’occhio azzurro ora vivo e luminoso, stringere il suo polso con le pinze di entrambe le braccia e attirarlo a sé con un violento strattone.
 
«Puoi cambiare aspetto, ma non puoi nasconderti da quel che siamo!» furono le parole del “redivivo”, sputate nel suo recettore audio col un sussurro gorgogliante di una voce rovinata ma ancora orrendamente uguale alla sua « Deboli. Insicuri. Ossessivi. Dipendenti! Questo siamo! Questo sei! Questo sarai sempre!»
 
La risata malata che seguì fu udibile a tutti, l’eco si propagò per tutta la gola; poi, preda di un miscuglio di sentimenti e sensazioni alle quali non avrebbe voluto né saputo dare una definizione più accurata, Tarn afferrò la testa del suo “fantasma” e la schiacciò brutalmente contro la parete rocciosa, più volte, fino a quando la risata divenne prima un suono inconsulto e stridente, e poi silenzio.
 
Il comandante della Decepticon Justice Division, pochi istanti dopo che l’imbarcazione aveva ripreso il proprio corso, mise al sicuro la chiave e si voltò a guardare ciò che restava della propria squadra.
 
«Morti che parlano. Nulla di nuovo, ne abbiamo già una Lista» fu tutto quel che disse, cercando con successo di mantenere la voce ferma.
 
«Parole sante» annuì Helex.
 
Lui, come Tesarus, non avendo sentito le parole del cadavere non aveva notato nulla di strano, Nickel invece, pur non avendo sentito nulla a sua volta, non aveva impiegato molto a vedere che Tarn non era rimasto indifferente come avrebbe voluto far credere. In ogni caso non avrebbe mai chiesto al Decepticon chi fosse quel tizio e cosa gli avesse detto, anche perché sapeva che lui non gliel’avrebbe confidato.
 
«Pare che ora siamo a posto, abbiamo tutte e tre le chiavi» disse Tarn «Bisogna solo trovare l’uscita da questo livello, o la porta da aprire, e-»
 
Come molte altre volte era accauto nel corso di quella missione, non fece in tempo a finire la frase: la barca prese improvvisamente velocità e andò a schiantarsi contro un ammasso di roccia tagliente, finendo distrutta in mille pezzi. Il motore esplose, tutti e quattro caddero nell’acqua e vennero trascinati via da una corrente di potenza devastante che li mandò a sbattere contro ogni scoglio possibile e immaginabile.
 
Cercarono di aggrapparsi alle rocce o gli uni agli altri, cercarono di lottare, tutto senza risultato. Vennero spinti all’interno di una grotta e, pochi istanti dopo, risucchiati da un vortice ruggente che li trascinò in un mondo fatto di acqua scura, pressione insopportabile e buio.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
«Nickel?...»
 
«Nickel, svegliati!»
 
Nickel sentiva che qualcuno la stava scuotendo, anzi, shakerando come se fosse stata un mixer per i cocktail di energon. Avrebbe voluto sbraitare contro il cretino in questione, chiunque fosse, però aveva appena iniziato a riprendere conoscenza.
 
«Basta. Tesarus, so che sei più esperto nel distruggere le cose che ad aggiustarle ma anche tu dovresti capire che così facendo rischi di aggravare la situazione!»
 
Lo scuotimento finì e fu appoggiata a terra. Nickel di questo ringraziò il cielo.
 
«Spesso con i pezzi della Peaceful Tiranny funziona» si giustificò il colosso.
 
«Peccato che Nickel non sia un “pezzo”».
 
La minicon schiuse leggermente i sensori ottici. «Tarn…»
 
«Si è ripresa!» esclamò Helex, con un sospiro di sollievo «Per fortuna».
 
Erano tutti e tre chini su di lei, Tarn, Helex e Tesarus. Chiunque altro, o quasi, al posto suo se la sarebbe fatta sotto e avrebbe preferito non risvegliarsi affatto, forse sarebbe svenuto di nuovo o la Scintilla sarebbe collassata da sola per la paura, ma per lei quei tre volti -due volti e una maschera- significavano da tempo protezione, stabilità.
Significavano “famiglia”, a volerla dire tutta, non avendo più nessuno al mondo da quando Prion era stata ingiustamente distrutta.
 
«Tutto ok?» le domandò Tesarus.
 
«Tess…»
 
«Mh?»
 
«Prova a scuotermi in quel modo un’altra volta e ti ficco un cacciavite nelle ottiche che non hai».
 
«Sì, è tutto ok» concluse Helex.
 
«Sei rimasta incosciente per dieci minuti in più rispetto a noi» disse Tarn «Credo. Sai come funziona il tempo in questo posto».
 
«Come “non” funziona, vuoi dire» replicò Nickel, cercando di mettersi almeno a sedere «E a proposito, dove siamo… finiti?...»
 
Lo sguardo azzurro della minicon iniziò a percorrere tutto l’ambiente circostante, e quel che vide non la rassicurò.
 
Si trovavano all’interno di una stanza enorme, disturbante per le sue dimensioni esattamente com’erano state disturbanti le montagne e, di nuovo, con la stessa sensazione di “sbagliato”. L’architettura attorno a loro mostrava il lavoro e la mano di esseri senzienti, archi e ponti erano gli elementi che ricorrevano più spesso, ma con stili e forme diverse da qualunque cosa tutti loro avessero mai conosciuto. Si trovò a chiedersi se anche quello fosse frutto della mente delle sorelle di Stiria o se, piuttosto, avevano inserito scorci di aberrazioni che la strega era riuscita a vedere squarciando il velo della loro realtà in favore di… non avrebbe saputo dire cosa.
In alto riuscì a intravedere delle vetrate, decorate con disegni dal significato oscuro, che “lacrimavano” costantemente gocce d’acqua. Se voleva una prova del fatto che si trovassero in fondo al lago, l’aveva avuta.
 
«Il vortice ci ha portati qui. Quella da cui siamo sbucati fuori è una specie di… fontana? Sì, direi che sia così» disse Tarn, indicando un punto alle spalle di Nickel.
 
Lei si voltò a osservare. «La fontana stessa sembra un lago. Mi sento come se…» esitò «Sento che noi non dovremmo essere qui».
 
Tutti quanti, udite quelle parole, non poterono far altro che concordare.
 
«Questa è una buona ragione per iniziare a muoversi e cercare quello per cui siamo stati trascinati qui» disse Tarn.
 
«Tarn…»
 
«Niente commenti. Non è il momento» la bloccò il Decepticon, immaginando che Nickel volesse riferirsi al cumulo di piume che era spuntato sulla sua testa.  Aveva l’impressione che presto o tardi sarebbe diventato una henn o qualcosa di molto simile ma, se non altro, aveva riavuto indietro il suo doppio cannone a fusione.
 
«Sull’iniziare a muoversi hai ragione ma… hai qualche idea riguardo la direzione?» domandò Helex «Perché io non-»
 
«Mappa» sentirono dire Tesarus.
 
«Non l’abbiamo più, Kaon… no, aspetta, lui l’ha letta ma ero io ad averla!» esclamò Tarn, tirando fuori la mappa dallo scomparto dove l’aveva messa.
 
«Io mi riferivo a quella, ma se l’altra è d’aiuto va bene lo stesso» disse il colosso, indicando una parete.
 
Alzando lo sguardo riuscirono a vedere la mappa del palazzo dove si trovavano, ma non era molto d’aiuto: oltre a essere immensa non c’erano indicazioni su dove potesse trovarsi la campana, c’era solo un punto verde brillante che probabilmente indicava la loro posizione attuale.
In compenso a Tarn, memore di quel che Kaon aveva notato l’altra volta, saltò subito all’ottica un particolare.
 
«La costellazione dello Scorpionokor, di nuovo. A quanto pare alle sorelle di Stiria piace proprio» commentò, una volta notata la presenza delle stelle nella mappa.
 
«Sicuramente non è lì per caso» disse Nickel «Solo… quale dobbiamo raggiungere stavolta? La tua, di mappa, non dice nulla?»
 
Tarn dispiegò la mappa, scoprendo che non era più tale. Al posto delle possibili strade c’era solo un messaggio.
 
 
“Siete arrivati fin qui, niente male.
  Ho, anzi abbiamo, solo complimenti da farvi.
  Avete messo su
  Un bello spettacolo.
  La campana non è distante, ormai.
  Auguri”.
 
 
Nickel fece un’espressione infastidita. «Grazie tante».
 
«Molto utile, anzi, per niente» disse Helex, sarcastico.
 
«Forse c’è un messaggio nascosto in tutto questo» rifletté Nickel «Un indovinello? Un qualche gioco di parole? C’è un teatro qui da qualche parte in cui si potrebbe mettere su il “bello spettacolo”, magari?»
 
«Non vedo cosa c’entrerebbero le stelle» ribatté Tesarus.
 
Tarn lesse e rilesse più volte il messaggio. «Non credo di poter dare torto a chiunque di voi, per quanto mi sforzi non riesco a distinguere particolari enigmi o giochi di parole o indizi in queste frasi. L’ipotesi di Nickel non era sciocca, tuttavia anche Tesarus ha ragione nel far notare che non c’entrerebbe nulla con le stelle dello Scorpionokor. Io però ho l’impressione di avere sotto gli occhi qualcosa che cerca di sfuggirmi».
 
Tutto il gruppo lesse ancora il messaggio, anche con diverse intonazioni, senza cavare un ragno dal buco.
 
«Eppure ci dev’essere qualcosa, soprattutto nel punto dove il messaggio va a capo senza motivo» insistette Tarn, allontanando da sé il foglio «Ci dev’ess…»
 
 
“Siete arrivati fin qui, niente male.
  Ho, anzi abbiamo, solo complimenti da farvi.
  Avete messo su
  Un bello spettacolo.
  La campana non è distante, ormai.
  Auguri”.
 
 
Le maiuscole.
S- H- A- U- L-A: Shaula.
Shaula non era forse una stella dello Scorpionokor?
 
«Era talmente semplice che non ci ho pensato. Le maiuscole formano la parola “Shaula”, è lì che dobbiamo andare» concluse Tarn, indicando la mappa incisa nel muro «A “Shaula”».
 
«Quindi abbiamo una direzione! Ottimo» esultò Helex.
 
 «Nickel, vuoi che ti porti io?» si offrì Tarn «Puoi sederti sulle mie spalle. Ci sono anche i cannoni cui aggrapparsi, se mai fosse necessario».
 
Combattuta tra una risposta negativa dettata dall’orgoglio e la stanchezza dovuta allo svenimento che ancora non le era scivolata via di dosso, oltre alla consapevolezza di avere le gambe molto più corte delle loro, Nickel concluse che fosse meglio accettare.
 
Dopo aver studiato attentamente la mappa si incamminarono verso “Shaula”, sperando di aver interpretato correttamente il messaggio. Ogni stanza e ogni corridoio percorso li faceva sentire sempre più piccoli e insignificanti, però andavano avanti lo stesso, lasciando orme sul tappeto di polveri sottili che ricopriva il pavimento. I cybertroniani erano esseri di incredibile longevità, molto più di quanto potesse vantare la maggioranza delle specie presenti nel cosmo, tuttavia la sensazione di “antico” -un’ antichità decadente e inclassificabile- di quel posto riusciva a farli sentire giovani come protoforme e anche indifese come tali, sebbene non ci fossero minacce visibili in giro.
 
Da un certo momento in poi persero il senso del tempo più di quanto avessero già fatto, il che era tutto dire. Ore? Giorni? Settimane? Mesi? Avevano l’impressione di star camminando da un’infinità di tempo verso “Shaula”, senza sosta alcuna, spinti dal desiderio febbrile di trovare la campana e chiudere quella faccenda.
 
«Tarn» lo richiamò Nickel a un certo punto, rabbrividendo «Non senti anche tu questa corrente di aria ghiacciata?»
 
Proprio il freddo era stato ciò che aveva fatto rabbrividire Nickel, pur essendo abituata alle nevi di Messatine.
 
Tarn, dal canto suo, fece caso a quello strano fenomeno solo allora. «Hai ragione. Se non avessimo visto di tutto e di più, ti direi che è molto strano. Siamo in un palazzo in fondo a un lago, non dovrebbero esserci correnti».
 
Ai recettori uditivi di tutti giunse un suono, anzi, una moltitudine di suoni tutti identici uno all’altro: “Tekeli-li! Tekeli-li!”. Con esso aumentarono anche le correnti fredde, tali che Helex e Tesarus notarono le pareti iniziare a riempirsi di brina.
 
«Problemi in arrivo» affermò Tesarus.
 
Come se fosse stato necessario.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ringrazio con tutto il cuore l’esistenza di Sharknado e dei racconti di Lovecraft.
La canzone presente nel capitolo è “The Ballad of Sharknado”, la trovate su YouTube come… praticamente tutto, cos’è che non si trova sul Tubo, ormai? :’D
Grazie a tutti coloro che stanno resistendo insieme alla DJD. Forse la prossima volta riuscirò a concludere la storia per davvero :’D
 
_Cthylla_
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Transformers / Vai alla pagina dell'autore: _Cthylla_