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Autore: EleWar    24/01/2020    10 recensioni
Il passato torna sempre e, a volte, certe verità non avremmo mai voluto conoscerle.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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…E finalmente venne alla luce del web questa mia long. Ma, come sempre, prima di iniziare a postare, le fic le finisco e quindi… eccoci qua. Al solito spero che vi piaccia e vi ringrazio fin da ora per la fiducia che mi accordate. Buona lettura, vi aspetto per le rec…ah dimenticavo! Un grazie doveroso a chi legge in silenzioso, perché ovvio non siete obbligati a recensire e se leggete e basta mi fate felice lo stesso <3


CAP. 1 Un figlio
 
Kaori si girò su un fianco, allungò una mano e sentì che accanto a lei mancava qualcuno. Sospirò.

Poi si accorse di essere osservata: lentamente aprì gli occhi e mise a fuoco la figura che, rannicchiata, la stava fissando.

“Hai intenzione di passare lì tutta la notte? Perché non vieni a letto con me?”

“Non riesco a dormire… e di solito guardarti mentre dormi mi rilassa, mi calma. Ma stavolta non funziona”.

“Vuoi parlarne?”

L’uomo seduto per terra, con le spalle al muro, si mosse appena, ed entrò nel tenue fascio di luce che filtrava dalla finestra. Il suo viso era teso ed emaciato, sembrava che qualcosa lo tormentasse: i suoi occhi neri erano un tutt’uno con la notte, che avanzava lenta fuori da quella stanza.

La ragazza si tirò su, appoggiandosi ad un braccio; non ebbe bisogno di accendere la lampada per vedere il viso del suo uomo nella penombra. Con la mano gli fece segno di avanzare, battendo leggermente sul letto, come a intendere “vieni qui”. Gli disse:

“Dai, forza, o prenderai freddo” la voce della donna era dolce e traboccava amore. A lui si strinse il cuore: lei inconsapevolmente gli rendeva tutto più difficile. Però, allo stesso tempo, aveva un disperato bisogno di lei, non poteva più farne a meno; trattenne a stento un singulto.

Attraverso il buio poteva sentire gli occhi della sua compagna scrutarlo: erano occhi benevoli che quando si posavano su di lui, gli regalavano sempre comprensione, stima, amore, e anche quando sprizzavano rabbia e risentimento, nel profondo lui poteva scorgervi sempre il buono che era in lei. Kaori non era capace di odiare. E lui, che l’amava, era convinto che le stesse dando l’ennesimo dispiacere, e si malediceva per questo. E lei, ancora una volta, era lì, pronta ad accoglierlo fra le sue braccia, a prendersi cura di lui.

Mai prima d’ora si era sentito così totalmente sperso, nemmeno quando, bambino, si era ritrovato a vagare da solo nella giungla, dopo l’incidente aereo in cui aveva perso i suoi genitori. Eppure, la sua salvezza era lì, letteralmente ad un passo da lui, in quello che era diventato da poco il loro letto; solo la donna che viveva accanto a lui da quasi dieci anni, e che lo amava senza riserve, avrebbe potuto aiutarlo e alleviare le pene che affliggevano il suo cuore.

Combattuto e confuso, in preda a sentimenti contrastanti, si decise a raggiungerla. Si spogliò lentamente e s’infilò sotto le coperte con la stessa sensazione di quando si torna a casa dopo un lungo viaggio. Lei lo attirò a sé e lo abbracciò senza dire una parola. Lui sospirò affranto.

Quella era un’altra prova che dovevano superare, e come sempre lo avrebbero fatto insieme.

Kaori aspettò che lui si decidesse a parlare, mentre, impercettibilmente, lo cullava come fosse una mamma che consoli il suo bambino terrorizzato da un brutto sogno.

Ryo, che aveva affondato il viso nel suo collo, alzò finalmente il viso a guardarla e le sussurrò:

“Sugar, mi dispiace” con un tono di voce così carico di dolore che Kaori si sentì morire.

Anche lei stava soffrendo, certo, ma evidentemente non era niente in confronto a quello che stava passando il suo uomo, e l’intensità del suo sentimento la esaltò e spaventò allo stesso tempo, perché intuiva che gran parte di quel dispiacere fosse dovuto alla convinzione di starle facendo un torto, l’ennesimo, e proprio ora. In maniera assurda e contorta, Kaori constatava quanto lui l’amasse e tenesse a lei.

“Non devi dire così, non è colpa tua…” gli rispose lei, accarezzandogli i capelli.

“Kaori, ho sempre pensato che se mai avessi avuto un figlio, è con te che l’avrei fatto… Sei tu la mia famiglia. Lo sei sempre stata… Ma ora… ” non finì la frase.

“Ryo, non è cambiato proprio niente fra noi; io sono ancora la tua famiglia, sono la tua donna ormai, e a meno che tu non voglia lasciarmi, se vorrai un figlio da me, be’, potremmo sempre provarci lo stesso un giorno… Non sai che felicità mi stai dando, dicendomi queste cose”.

“Oh Kaori, ma come fai a non capire? È cambiato tutto, invece!”

“Ryo, ascolta…”

“No, fammi finire, ti prego. Ho aspettato tanto a dimostrarti i miei sentimenti, a dirti che ti amo più di me stesso; stiamo insieme da quando? Un mese? Il mese più bello della mia vita, ed ora arriva… arriva quello a rovinare tutto! Io non voglio un altro figlio! Non voglio lui!

A Kaori parve che una mano le stritolasse il cuore. Se da un lato era al settimo cielo, scoprendo la potenza del suo amore per lei, dall’altro lato doveva ammettere che, quel figlio ritrovato, poteva in qualche modo diventare una spina nel fianco nella loro storia d’amore appena cominciata. Era un peso a cui si sarebbe dovuta abituare, una realtà da accettare. Però più di tutto era turbata dallo spettro di quell’altra donna, la madre di quel ragazzino, che avrebbe potuto portarglielo via definitivamente, fosse anche solo per il senso di responsabilità che legava Ryo ad essa, e a suo figlio in particolare. Quella paternità inattesa cambiava di nuovo le carte in tavola. Kaori inghiottì quel nodo che le si era formato in gola; niente era facile per loro, mai. Ancora una volta avrebbe dovuto essere forte, per lei, e per entrambi. Invece, al contrario, avrebbe tanto voluto egoisticamente gridare che non era giusto, che quella era la sua storia d’amore, che era finalmente arrivato il suo momento di essere felice, che non c’era posto per gli altri, ma la sua bontà e la sua onestà non glielo avrebbero mai consentito; come sempre, del resto. Se quel Ryoichi era veramente il figlio di Ryo, la sweeper non avrebbe permesso che crescesse da solo, orfano di padre, anche se era il frutto dell’amore per un’altra donna. Ambedue sapevano molto bene cosa volesse dire essere orfani, e Ryo non poteva di certo tirarsi indietro.

Prima che il silenzio rivelasse più di quello che voleva far trasparire dal suo cuore, Kaori, con quanto più amore avesse dentro, gli sussurrò:

“Amore mio, nulla potrà cambiare il fatto che io ti amo, neanche la possibilità che… che tu sia il padre di un ragazzo avuto… da un’altra donna…”

“Non dirlo nemmeno!” l’interruppe lui, agitandosi a disagio; poi riprese più sommessamente:

“Non siamo sicuri che sia mio davvero, dobbiamo ancora scoprire cosa c’è sotto.”

“Ma Ryo, perché dici così? Che motivo avrebbe lui di mentire? E poi… ” e qui la ragazza fece una pausa, aspettando che l’ondata di tristezza e gelosia che l’aveva appena assalita, le passasse; riprese:

“Ryo, l’hai detto tu stesso che hai avuto un sacco di donne, perché… perché non potrebbe essere?”

“No, no e poi no! Me lo sentirei! E poi… ci sono stato sempre attento. Sarò anche stato un grande amatore, ma non un imprudente, io!” disse con veemenza. Poi si fece improvvisamente più titubante e aggiunse:

“E comunque… non ho avuto tutte quelle donne che ti ho fatto sempre credere… ci ho provato con tante quello sì, ma concluso…”

Kaori non riusciva a capire se con quell’ammissione lui cercasse di non farla soffrire, minimizzando il numero delle sue amanti, o se lui fosse realmente sincero. Decise che non le interessava scoprirlo, nonostante il tarlo del dubbio e della gelosia, provasse in tutti i modi a darle fastidio. Avevano cose più importanti da discutere.

“Ma Ryo, non vedi come ti somiglia? Siete due gocce d’acqua! Anche certi atteggiamenti sono uguali… a differenza tua però, con me ci ha provato fin da subito” ridacchiò infine, anche per allentare la tensione.

“Ah sì? Bene, allora vado subito di sotto a dirgliene quattro, a quello sconsiderato! Figlio o non figlio, non può insidiare la mia donna, e farla franca!” rispose lui, sforzandosi di scherzare, e accettando quel velato invito a stemperare i toni.

Lei ribatté:

“Tranquillo! So ancora piazzare delle belle trappole anti-visita notturna. Infatti, visto che mi hai lasciato sola, ho dovuto provvedere da me alla mia incolumità, e sono ricorsa ai vecchi metodi, che con te funzionavano sempre. Dopo i primi kompeiti e le prime esplosioni, ha lasciato perdere. Ora riposa beato, e rassegnato, nella camera degli ospiti”.

“La mia ragazzaccia!” rispose lui un secondo prima di baciarla, il primo bacio della serata.

Poi tornati seri, la ragazza disse:

“A parte gli scherzi, Ryo, dobbiamo accettare il caso e scoprire perché ti sta cercando. Che mi dici di sua madre? Te la ricordi?” chiese infine lei, cercando di ignorare quel sottile dolore, che la pungolava già dalla mattina.

“No, non me la ricordo, ecco perché dico che non può essere mio figlio. Io ricordo sempre una donna, soprattutto se…  e il suo nome comunque non mi dice niente, assolutamente niente, figurarsi farci un figlio!”

“Ma… magari è stata l’avventura di una notte!” le costava tantissimo dirlo, ma se non parlavano chiaro ora, una volta per tutte, non ne sarebbero più usciti.

“Ti ripeto che non sono io il padre, e che questa tipa non la conosco! Devi credermi, ti prego!” concluse in tono accorato.

“E va bene” finì per concedere la ragazza “e non ti obbligherò nemmeno a fare il test del DNA, se tu non vuoi, però promettimi che ci occuperemo del caso, e che faremo il possibile per scoprirne di più su questo Ryoichi Munemori e su sua madre Akiko”.

“E  va bene, tesoro!” sospirò lo sweeper.

“Bravo bambino!” lo canzonò lei ridendo, prima di stringerlo più forte, e baciarlo per tutto il viso; poi, fra un bacio e l’altro prese a dirgli:

“Ah… dimenticavo… il ragazzo… ovvio… starà in casa da noi… E dai! Non fare quella faccia!” E smise di baciarlo all’improvviso, poi guardandolo severamente proseguì:

“Non pretenderai che lo mandiamo in giro, così senza un tetto sulla testa? Si può dire che è scappato di casa per cercarti, è pur sempre poco più di un bambino!”

Ryo protestò mugugnando:

“Ok, ok, tu e la tua grande generosità…”

“Ma sentilo! Ah, un’altra cosa: quando oggi al Cat’s eye non ti sei presentato, e anzi te ne sei andato via senza salutare…” e gli tirò un orecchio.

“Ahia! Mi fai male!”

“Dicevo…” riprese lei “sono stata costretta a dirgli che… che sei mio fratello”.

“Che cosa????”

“Shhhh! Non urlare o ti sentirà!” lo redarguì la ragazza, poi riprese: “… quindi per il tempo della sua permanenza qui, lui dormirà nella stanza degli ospiti e tu… con lui” poi, posandogli un dito sulle labbra a prevenire le sue proteste, “Non possiamo certo farci vedere dormire insieme noi due!!”

“Quindi, mi vorresti dire che mi stai sfrattando dal mio stesso letto?” piagnucolò, “Che non potrò dormire con la mia innamorata nemmeno una notte?”

“Esattamente Mr. Makimura! Ah, il nome puoi mantenerlo se vuoi, ma il cognome… sarà il mio! ” gli disse lei strizzandogli l’occhio.

“Ma sei crudele!! Il povero Ryuccio costretto a dormire con una simil-replica di sé stesso, invece che con la sua dea dell’amoreeeeee! ” continuò a piagnucolare.

“E dai! Non fare l’idiota! Nemmeno a me fa piacere questa sistemazione… però… potresti sgattaiolare da me appena il bel pupo si addormenta, e ritornare a dormire da lui prima che si svegli” suggerì maliziosa.

“Ah, socia, questa proposta mi piace proprio!” e si sciolse sulle sue labbra, regalandole un bacio appassionato e dolcissimo; dopo un poco però, guardandola con fare sornione le disse:

“Hai ritirato fuori uno dei tuoi pigiamoni, vedo. Ne sentivo quasi la mancanza” commentò sarcasticamente.

“E certo! Se mi lasci andare a dormire da sola, poi sento freddo e devo coprirmi. Che ti aspettavi? Di trovarmi qui, discinta e pronta per te? Sei sparito dalla circolazione ore fa, e non ti sei fatto più sentire né vedere… non ti meriti troppe attenzioni”.

“Hai ragione tesoro, devo proprio farmi perdonare” rispose, riprendendo possesso delle sue labbra e iniziando a vagare con le mani sotto la casacca del pigiama.

La ragazza ridacchiò divertita, allora lui le soffiò all’orecchio:

“Non puoi lontanamente immaginare quanto ti trovi sexy con questi cosi addosso”.

“Ma smettilaaaa!” rispose sempre ridendo lei.

“Comunque, mi piaci di più senza…”

“Be’ a questo possiamo rimediare subito!” disse allegramente lei, e si sfilò velocemente casacca e pantaloni, aiutata da lui, in un groviglio di indumenti e lenzuola. Poi le risate cedettero il posto ai sospiri e ai gemiti, e per il resto della nottata non si parlò più, ma si giocò all’amore.

 
Quando parecchie ore dopo, sazi d’amore e appagati, si addormentarono, uno nelle braccia dell’altra, pensieri inconfessabili attraversarono per un attimo le loro menti:

Quello non è mio figlio, e lo proverò”.

Ryo ha un figlio da un’altra”.
   
 
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