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Autore: Ciuffettina    25/01/2020    3 recensioni
Come scoprire che Giobbe era davvero retto e giusto come tutti dicevano e non lo faceva per interesse? Ma con tre Prove!
Genere: Angst, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gabriel, Lucifero, Metatron, Michael, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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- Questa storia fa parte della serie 'Il dietro le quinte della Bibbia'
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Appena Gabriel arrivò in Paradiso, vide che era vuoto, persino l’atrio davanti all’ufficio di suo Padre era deserto. “Ma dove sono finiti tutti quanti?” si domandò.
Ebbe la sua risposta quando qualcuno di enorme, roseo e nudo gli piombò addosso e lo strizzò in una presa (quasi) micidiale, sollevandolo da terra.
«Perché, perché Giobbe mi odia?» si sentì strepitare nelle orecchie.
Oh cavoli!
Ciò che secoli dopo sarebbe stato chiamato radio angelica aveva colpito ancora: aveva fatto sapere al cupido Laylahel che cosa avesse detto Giobbe riguardo la sua nascita e questo spiegava il fuggi fuggi generale degli altri angeli: se un cupido allegro era irritante ma, tutto sommato, tollerabile, avere a che fare con uno depresso alla ricerca spasmodica di coccole, abbracci e rassicurazioni era qualcosa di assolutamente spaventoso.
«Non ce l’ha con te» biascicò Gabriel, cercando di liberarsi dalla sua stretta.
«E invece sì!» singhiozzò il cupido, stringendolo più forte. «Ha maledetto il giorno della sua nascita! Io ho fatto incontrare i suoi genitori proprio perché lui doveva nascere, quindi lui odia me! Perché? Perché?»
«Ma no che non ti odia…» farfugliò l’arcangelo, «ma ora mollami…» Fortuna che era un essere superiore, altrimenti sarebbe finito stritolato…
«Che cosa ho fatto di male? Ti giuro, io ho solo eseguito gli ordini, non ho agito di mia iniziativa…»
«Nostro Padre mi ha convocato nel Suo Ufficio e lo sai che non è mai consigliabile farLo aspettare… Suvvia lasciami andare…»
«Perché? È per quello che ha detto Giobbe?» continuò il cupido, sempre berciando e stringendolo. «Sono secoli che faccio incontrare le coppie e nessuno dei loro figli si era mai lamentato di essere nato e adesso arriva Giobbe e dice…»
«Adesso basta!» Gabriel capì che c’era solo un modo per liberarsi anche se avrebbe preferito non usarlo…
Laylahel si mise a strillare, mollò l’arcangelo che finì a terra e si strinse il braccio sinistro leggermente ustionato dal tocco arcangelico dell’altro. «Perché mi hai scottato?» piagnucolò. «Bastava che me lo dicessi e ti avrei lasciato andare!»
«Lo sai che noi arcangeli siamo bastardi» replicò Gabriel rialzandosi. «Senti Lay, Giobbe non ti odia, in questo momento l’unico passatempo che ha è grattarsi con un coccio ed è normale che si lamenti un po’…»
«Non è vero!» frignò il cupido, asciugandosi le lacrime. «Quando era in salute, mai, mai una volta che abbia detto che era felice di essere nato e adesso, solo perché sta poco bene, se la prende con me…»
Gabriel lo lasciò lì ed entrò alla svelta nell’Ufficio di Dio. «Signore del Mondo» disse entrando, mettendosi davanti alla Sua scrivania e sperando che nel frattempo non Si fosse spazientito per il suo ritardo: l’ultima volta che l’Onnipotente aveva perso la calma, ne avevano fatto le spese gli abitanti di Gerusalemme che erano stati quasi tutti sterminati da una pestilenza durata due giorni e mezzo.
«Ne ho abbastanza di questa storia, va’ giù e di’ a Metatron che Giobbe ha vinto» disse Dio, alzando appena lo sguardo dalle pergamene che aveva lì davanti.
«Vivo per servirTi…» A quel punto Gabriel avrebbe dovuto tornare subito sulla Terra ma esitò e domandò sommessamente: «Che… che cosa succederà ora a… a Lucifer?»
Erano millenni che quel nome non veniva più pronunciato in Paradiso, ma Gabriel ne aveva abbastanza di quell’ipocrisia: il nome del secondo arcangelo creato era “Lucifer” oppure “Helel” cioè “Splendente” e per lui sarebbe sempre rimasto “Lucy”, l’arcangelo che gli aveva insegnato a volare, non “Satana” o “Diavolo” o tutte quelle altre perifrasi e titoli denigratori che gli erano stati appioppati.
«Non era Giobbe quello che volevo mettere alla prova» si limitò a dire Dio. «Puoi andare.»
Fuori dall’ufficio c’era Laylahel ancora singhiozzante, seduto per terra.
Gabriel si sedette accanto a lui e gli disse: «Dai, fammi vedere la scottatura.»
Il cupido, esitante, allungò il braccio verso di lui.
Gabriel lo guarì e gli disse: «Nostro Padre mi ha detto di riferirti che stai facendo un ottimo lavoro e che è molto orgoglioso di te.»
«Dici davvero?» domandò l’altro, illuminandosi come un prato pieno di lucciole.
«Potrei mai mentirti?» gli rispose, cercando di sembrare convincente.
Per fortuna i cupidi sentivano solo quello che volevano sentirsi dire, perciò, dopo aver battuto le mani come un bambino si rialzò e se ne andò, svolazzando felice.

«Non era Giobbe quello che volevo mettere alla prova.»
La frase continuava a rimbombargli nelle orecchie mentre volava verso la Terra. “Era Lucy quello sotto osservazione! Papà voleva riammetterlo in Paradiso ma prima intendeva verificare fino a che punto si sarebbe spinta la sua spietatezza… Ecco perché al loro primo colloquio gli ha nominato subito Giobbe! Voleva vedere se avrebbe ingoiato la sua gelosia o no… E ora che cosa succederà?” si domandò Gabriel preoccupato. “Spero soltanto che Papà non decida di punirlo ulteriormente e che Si limiti a lasciare le cose come stanno: l’aver perso le sue bellissime ali e l’accesso al Paradiso mi sembrano una punizione più che sufficiente. Stupido testone! Aveva la possibilità di tornare e l’ha sprecata! Ed io che avevo sperato tanto che si ravvedesse! E ora come farò a dirglielo?
   
 
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