Capitolo 2) Ottobre 2019
‘Chris, mi stai angosciando, molla la presa’ erano settimane che il
collega tormentava Lysandra, tentando di convincerla a partecipare a un party
di Halloween, che lo avrebbe visto protagonista…era nato lo stesso giorno!
‘E’ perché sono gay? Non ti facevo tanto razzista, anzi, sessista’.
‘Non è per quello, non sono dell’umore’ ribadì, sbottando a ridere.
‘I miei amici lo penseranno e mi farai fare una figuraccia. Gli ho
parlato di te, ti vogliono conoscere…irlandese…per favore! E’ un compleanno
tondo!’ insistette, ancora.
‘Va bene, verrò, mi hai convinto. Ti avverto fin d’ora. Se mi dovessi
annoiarmi, mi dileguerò più veloce del vento!’ in fondo Halloween era la sua
festa preferita, cedette sull’intera linea.
‘Grazie, tesoro’ con un bacino, il collega pose fine alla discussione,
che lo aveva visto vincitore, appropinquandosi verso un cliente appena entrato.
‘Schifo i travestimenti, sono già eccentrica di mio e comunque ho
degli impegni per la sera incriminata. Strega, quindi?’ Scarlett, che aveva
ascoltato il loro dialogo, si impicciò della maschera che avrebbe indossato.
‘Esatto, sarò una strega celtica, come i miei antenati…ho un costume
particolare…lo vedrai, il giorno del party mi muoverò direttamente da qui…’ le
anticipò, leggermente contrariata di dovesi preparare nell’autosalone, ma, alla
luce degli orari, aveva ben poche alternative.
E fu così; era un vestito lungo di tessuto nero, con un bordino dorato
alla cintura, sul collo, sulle maniche ampie a pipistrello e sul cappuccio, che
tirato sulla testa, la faceva apparire davvero caratteristico, a contrasto dei
capelli rossi e del trucco carnevalesco, piuttosto accentuato. Una minuscola
borsetta a tracolla per l’indispensabile da recare con sé completava l’outfit.
‘Che ne dici?’ domandò proprio alla contabile, nel tardo pomeriggio
del trentuno ottobre.
‘Mi fai paura…secondo me, non ti darebbero nemmeno una mentina, credimi.
Hai un’aria minacciosa ed estremamente sexy. Sei la streghetta odiata dalle
donne ed idolatrata dai loro mariti’ le rispose l’amica.
‘Sei bellissima, invece!’ Joey - in un vestitino scamiciato composto
da un top nero e una gonna a campana di tulle color arancio, un cappellino
triangolare ornato da un fiocco arancione a pois scuri che richiamava i
collant, la cui base, al contrario era della nuance delle zucche con puntini
neri, e con una minuscola scopa di saggina - si stagliava accanto a loro…un piccola
e tenera strega.
‘Posso dire lo stesso di te…dove te ne vai, a far danni?’ la O’Neill
era curiosa, nonostante fosse evidente.
La bambina, infatti, nella mano destra, teneva un sacchetto di iuta
marrone, vuoto ‘Dolcetto o scherzetto?’ rise, mostrandolo, e continuò ‘Farò il
giro delle case del quartiere dove abito, coi miei amici di scuola; la mamma
aveva un appuntamento e non potrà accompagnarmi, lo farà papà…Lys…guarda che ho
preso per lui. Gli piacerà?’.
Dalla tasca della gonna tirò un fuori un serpentello di gomma verde e
glielo porse.
‘Diamine, sembra vero, è ben realizzato…eccome se lo gradirà’ con uno
sguardo furbetto, indicò la stanza del capo; le era venuto spontaneo, non era
riuscita a resistere. Mano nella mano con Joey, camminando lentamente, quatte
quatte, si diressero verso Jeremy, che era seduto alla scrivania, in trattative
con un fornitore.
Era talmente occupato dalla conversazione che non si accorse affatto
della loro presenza, fino a quando la rossa non lanciò il serpente al centro
del tavolo, gridando insieme alla bambina ‘Scherzetto’.
Renner saltò dalla poltrona, sussultando e fece cadere persino il
telefono a terra ‘Siete due cretine…è una chiamata importante…era!’.
Incavolato, afferrò il giocattolo e lo scagliò con Lysandra, centrandola in
testa.
Lei lo schernì, con una boccaccia, innervosendolo ancora di più…poi
l’uomo si arrese all’evidenza.
Le due davanti a sé si stavano sbellicando dalle risate, ed erano
stupende, una meglio dell’altra. Evitò altri rimproveri, tentando di recuperare
la cornetta dell’apparecchio e pure un contegno, minacciando ritorsioni con lo
sguardo, riuscendo a sbrigarsela in pochi minuti.
Parlò al telefono, riflettendo su altro.
Le settimane successive all’esordio della rossa, l’avevano vista
impegnarsi nel lavoro, in cui si era buttata a capofitto, approfondendo la
conoscenza coi nuovi colleghi, in particolar modo proprio con Scarlett e
Chris.
Venendo da una realtà professionale molto più grande, l'impatto con la
sua modesta attività era stato di immediato successo.
Nessun venditore aveva mai avuto risultati come i suoi, in precedenza;
conquistava gli acquirenti di ogni tipo ed età, come le ribadiva avrebbe
venduto ghiaccio agli eschimesi.
L'immensa conoscenza delle caratteristiche e prestazioni delle
vetture, i modi schietti e semplici la rendevano accattivante ed empatica
assieme, una commistione equilibrata e perfetta. Che fosse esageratamente
attraente, non guastava.
Insomma, la signorina O'Neill non dava fregature, nessun cliente si
era mai lamentato. Anzi, tornavano e consigliavano l'irlandese ad amici e
parenti, con sua somma soddisfazione...il grafico delle entrate aveva subito
un'impennata...rosso fuoco.
Così come la propria bramosia, il desiderio impellente di congiungersi
con la sua dipendente, per cui aveva un’evidente cotta e che lo evitava,
nell’ambito personale, come la peste bubbonica…segno dell'evidente feeling che
avevano percepito vicendevolmente, la strana elettricità e il lieve disagio che
compariva ogni volta che erano insieme, e che avevano considerato una sciagura
e non una fortuna.
Tensione emotiva a parte, sul lavoro erano affiatatissimi e il loro
connubio vincente, su tutta la linea, per cui il confronto quotidiano era
diventato inevitabile, accrescendo ulteriormente la stima reciproca e la
difficoltà a tenere sopiti i propri impulsi e le proprie emozioni…in maniera
inconsueta, data la presenza di Joey, la venditrice si era leggermente sciolta,
con lo scherzo dell’animaletto di gomma.
‘Era una burla, sei un antipatico, papino; mi avevi detto che ti
saresti mascherato, come i genitori degli altri…mica verrai così?’ la biondina,
in mano il famoso serpente, segnalò i jeans e la camicia azzurra che suo padre
indossava come fossero pattume.
‘Non ho fatto in tempo, non lo noterà nessuno’ si giustificò.
‘Importa a me…Lys, per piacere, vieni tu!’ con gli occhi questuanti,
la supplicò.
‘Soprassiedi, Joey…la signorina O’Neill ha un precedente impegno, non
vedi? Ha di meglio da fare che dedicare il suo tempo a una ragazzina’ acido, lo
sottolineò, rendendosene conto e biasimandosene. Era stato meschino, a dirlo in
quel modo, davanti a sua figlia, ma ad interagire con l’affascinante
dipendente, gli si chiudeva la bocca dello stomaco.
‘Verrò volentieri, invece, se tuo padre non ha nulla in contrario’
piccata e quasi offesa, l’irlandese fu lesta a sfidarlo.
‘Andate tutti e due. Jer, il negozio di fronte fa una svendita; sono
le sette della sera di Halloween, con dieci dollari prenderai un vestito
fantastico e farai felice la tua deliziosa pargoletta e forse non solo lei! Le
tue groupie al completo’ Scarlett gli mandò una frecciata, infilandosi la
giacca di pelle con le frange e uscendo, per evitare che ribattesse.
‘Uhm, avete vinto; ci vediamo alla macchina’ con un grugnito, l’uomo
sbuffò, spegnendo il pc e alzandosi, verso la porta posteriore.
Nel negozio segnalato dalla sua ragioniera erano rimasti ben pochi
abiti. Solamente uno gli calzava bene e gli piaceva, gli altri erano ridicoli.
Si cambiò, direttamente nel camerino della boutique, riponendo i propri vestiti
in una busta di carta bianca e si diresse alla Jeep, dove le streghe lo
aspettavano.
E fece la sua figura...aveva scelto di essere la morte spettrale,
anche lui con una tunica nera con le maniche a pipistrello e il cappuccio, un
bastone con una falce ed un’orripilante maschera in gomma sul viso, che teneva
a metà della testa, retta con l’elastico.
'Fai paura, papà...' Joey era entusiasta e non smetteva di ripeterlo,
seduta nel seggiolino agganciato al sedile posteriore.
'Avremo moltissimi dolci, grazie a te...' con uno sguardo
complimentoso, la rossa scrutò Jeremy. Le faceva un certo effetto,
adrenalinico; era la consapevolezza di non poterlo avere che la spingeva di più
verso di lui...questo pensò, con un vago richiamo morale alla storiella della
volpe e l'uva.
'Irlandese, tutto ok?' si era imbambolata, e Renner si incuriosì sul
perché avesse accondisceso a partecipare al giro per la questua dei dolciumi,
era evidente che avesse un altro impegno. Seguirli nel pellegrinaggio alla
ricerca della caramella o del marshmallow perduto era stata una mossa
inaspettata.
'Sì...' come gli leggesse la mente, spiegò 'Mi faceva piacere
accompagnarvi, da bambina il dolcetto o scherzetto mi entusiasmava e avevo un
pochino di tempo, adesso. Più tardi raggiungerò Chris, alla festa che ha
organizzato; con la sfiga che si ritrova a essere nato il giorno di Halloween,
non potevo mancare’.
L'uomo la studiò, irrequieto 'Anche io ci vado; non credevo ti avesse
invitato'. Strano, che Evans non glielo avesse minimamente accennato.
Lei, meravigliata, ribatté 'Davvero vieni?' Era un locale per gay e il
capo non avvezzo a familiarizzare troppo coi dipendenti.
'Mi ha perseguitato e credevo che lo avesse chiesto soltanto a me, in
ufficio, nemmeno a Scarlett. In effetti, voi avete legato moltissimo' stavano
sempre insieme, avrebbe dovuto ipotizzarlo. Se lo avesse saputo, avrebbe
declinato la proposta...rifletté, amaramente, per un verso. Per quello opposto,
si rallegrò all'idea di trascorrere un’intera serata con lei.
'Chris è una persona eccezionale, un caro amico. Non ho lo spirito per
festeggiare, in questo periodo, ma non volevo che scontasse le mie paturnie,
non lo merita'.
Quali, si domandò lui, evitando approfondimenti. 'Ecco, iniziamo da
lì...è il gruppo degli amichetti di Joey coi genitori...' le segnalò un
capannello di persone, mascherate e festanti, sganciando dal seggiolino la
piccola, che si precipitò dai suoi compagni di scuola, come un fulmine, tirando
la mano della O’Neill.
'Piano...piano...' la stava trascinando, letteralmente. Si trovò,
faccia a faccia, con le mamme degli altri bimbi che la squadrarono, curiose,
senza nemmeno salutarla. Si aspettavano Samantha e lei di certo non lo era, né
le somigliava. E i loro mariti, come previsto dalla ragioniera, la mangiarono
con gli occhi, con un po' di invidia nei confronti di Jeremy, che si era
appropinquato a seguirle e che percepì, subito, la sgradevolezza degli altrui modi
'Che si sono messi in testa? Ora li sistemo io...paesani e maleducati'. Lo
sibilò, affinché lo udisse esclusivamente lei.
'Lascia correre, siamo qui per Joey, per lo zucchero' gli sussurrò,
sfiorandogli l’avambraccio, e incamminandosi, intanto che i piccoli, in
gruppetti, suonavano alle porte delle villette del vicinato, i cui proprietari
si affacciarono per riempire i loro sacchetti di prelibatezze. Li aspettavano
ed era un rito piacevole e divertente, gioioso.
I vialetti erano ornati di decorazioni di zucche intagliate,
illuminate dall’interno da candele di cera.
‘Sapete che l’uso di intagliare zucche con espressioni spaventose o
grottesche è di provenienza irlandese?’ spiegò ‘I miei antenati intagliavano
rape, per fare lanterne con cui ricordare le anime bloccate in Purgatorio. Gli
immigrati in Nord America usarono le zucche, invece, originarie del posto,
poiché erano disponibili in grandi quantità e di maggiori dimensioni,
facilitando così il lavoro di intaglio stesso’. Mentre lo illustrava, Joey e i
bambini con lei, l’ascoltavano, come raccontasse una fiaba, incantati dalla sua
bellezza.
Jeremy la spizzava, contorniata dai pargoli, con sguardo
imperscrutabile.
‘Cos’è il Purgatorio?’ domandò la biondina.
Il luogo mentale dove sono incastrata…pensò Lysandra ‘E’ un posto in cui le anime di coloro che muoiono in
uno stato di grazia sono preparate per andare in Paradiso, tesoro, a cantare
con gli angeli…gli mettono un bel vestito, truccano le donne, e gli danno un
sacchettino colmo di cioccolatini e caramelle. Così possono offrirne agli
angeli, appena arrivano in Paradiso…’ sparò l’invenzione del giorno.
‘Ottima idea…diventeranno amici con facilità’ commentò la ragazzina,
distratta due secondi dopo dall’ennesimo campanello da suonare.
‘Direi piuttosto che è un’idea fantastica, oratrice. Pendevano dalle
tue labbra e la spiegazione è stata quasi poetica…certo, farebbe rabbrividire
un cattolico irlandese ligio ai dettami della Bibbia, ma sono piacevolmente
stupito. Mica per nulla sei la venditrice del mese…degli ultimi tre, per la
verità. I colleghi giocano a freccette, usando un bersaglio con la tua foto
appiccicata sopra e a Natale non ti regaleranno nulla’ segnalò il capo.
‘Mi stai facendo un complimento o prendendo in giro? Mi sfugge la tua
sottile ironia e stasera non sono in vena, te l’ho detto…’.
‘Entrambe, credo…’. Non era in vena perché era con lui…quello era il
problema, ipotizzò, sfortunatamente. Almeno era la compagnia più piacevole che
potesse desiderare, soprattutto nel frangente in cui i genitori degli amichetti
di scuola di sua figlia lo osservavano, in cagnesco.
‘I tuoi concittadini sono molto inospitali’ commentò la rossa, al suo
indirizzo. La tensione fra gli adulti era palpabile e, in fondo, era un momento
di divertimento. Jeremy le spiegò il motivo.
‘Ai loro occhi sono lo stupido del villaggio che a stento legge e fa
di conto, lo snaturato che ha dilapidato la fortuna paterna, ha spezzato il
cuore al caro genitore e ora mantiene con difficoltà il tenore di vita della
famiglia, tentando di non perdere l’ultimo autosalone rimasto. Eravamo al liceo
insieme, siamo coetanei. All’epoca avevo una decappottabile blu, odiavo la
scuola per via delle difficoltà della dislessia e di conseguenza non studiavo,
uscivo con una ragazza diversa ogni sera e mi vedevano come un’idiota e
superficiale figlio di papà, perché lo ero…’ le confidò, malinconico. Era una
grande sconfitta e gli bruciava, confessione compresa.
‘Jer, ognuno ha i suoi demoni. Mio padre e mia madre litigavano
continuamente, davanti a me e mio fratello. C’era sempre qualcosa che non
andava; pochi soldi, o la cena messa in tavola, eccetera. Era perché non si
amavano…detestavo le grida e dover dipendere da loro, economicamente. Non
potevano pagarmi gli studi e mi sono cercata un lavoro a sedici anni, per
emanciparmi. Ho fatto la lavapiatti, la cameriera, volantinaggio e mi sono
diplomata alle scuole serali.
Sono riuscita a andare via di casa e, casualmente, ho letto un
annuncio su internet in cui cercavano un venditore di auto; mi sono presentata,
per gioco, perché Chris, il mio fratellone, aveva una fissazione per i motori
e, alla fine, mi aveva trasmesso la sua passione. Ho avuto il posto, però è
stato molto faticoso… Morale: ognuno è diverso dall’altro ed è il bello o il
brutto della vita…comunque, non credere di aver fallito, hai Joey, che vale più
del resto e nessuno potrai mai portartela via’ aveva parlato a lungo, intanto
che erano giunti all’ultima casa e la compagine tornava indietro.
‘Concordo, hai ragione! E tuo fratello?’ avevano avuto una vita
profondamente diversa e preferì chiederle di lui, che commentare il racconto.
Per due motivi; primo, l’aveva fatto sentire più debosciato del solito;
secondo, le si erano illuminati gli occhi, parlando di Chris.
‘E’ un magistrato piuttosto in gamba. Si è trasferito in Irlanda da
alcuni parenti, diversi anni fa, per studiare legge; il diritto anglosassone lo
affascinava, sai, stare in Tribunale con toga e parrucca. Purtroppo ci vediamo
raramente, ora è a Londra. Detesta gli Stati Uniti. In realtà, siamo
fratellastri, fa Hemsworth di cognome, e suo padre è stato il primo marito di
mia mamma. Morì a due anni di distanza dalla sua nascita e mamma si risposò con
mio padre, in seconde nozze. E’ più di un fratello per me, tuttavia ci
assomigliamo poco. Dall’albero genealogico paterno, si porta in eredità anche
il colore dei capelli, biondi come un raggio di sole…’.
‘E i tuoi genitori?’.
‘Sei il re degli interrogatori, stasera! Sono morti…mio padre era più
devoto alla santa birra che alla Madonna e la cirrosi epatica non l’ha
risparmiato, mia mamma è andata via qualche mese successivo, per un infarto…’
spiegò, fissando Joey trottare verso di sé, con il sacchetto di iuta stracolmo
di leccornie ‘Ora sai quasi tutto di me’.
‘Ho fatto il pieno…posso mangiare qualche dolcetto, sulla strada di
casa?’ salendo in macchina, la bambina già frugava cercando i pezzi di cui era
più ghiotta.
‘A patto di far scegliere prima la strega irlandese, che si è
consumata i piedi a starti dietro’ Renner senior le fece l’occhiolino e lei
passò il sacco a Lys.
‘Che gradisci, Jer?’ gli dette un buffetto sul ginocchio…su, ce n’era
per tutti.
‘A te l’onore, ciò che prendi tu’ un calore lo percorse, irradiandosi
dal punto della rotula dove lo aveva sfiorato. Nemmeno da adolescente si era
sentito così vulnerabile davanti a una ragazza!
‘Barrette ai cereali e cioccolato al latte, sono le mie preferite’ ne
trovò una soltanto ‘i residenti della zona sono stati avari…ce ne faremo una
ragione e la divideremo’ scartò la stagnola e spezzò a metà la cioccolata,
poggiandogli i quadratini spettantigli, direttamente sulle labbra, per evitare
di farlo distrarre dalla guida, in un gesto forse un po’ troppo intimo. Lo
sfiorare la sua bocca con le dita le provocò uno strano brivido.
Lui masticò, con estrema goduria, vedendola fare altrettanto e
succhiarsi l’indice sporco di cioccolato; quel gesto erotico lo mandò su di
giri ma tentò di concentrarsi sulla strada ‘E’ delizioso, lo ammetto’.
‘Mamma non c’è…’ la piccola, arrivati in pochi minuti davanti al
cancello della villetta dove abitava, indicò la tata che la attendeva, una
signora ispanica di mezza età, rotondetta, con i capelli lunghi raccolti in una
crocchia, indosso una salopette di jeans e una felpa con la zip e il cappuccio.
‘Aveva un precedente impegno, si è scordata di avvisarti; ora cena, se
riesci a mangiare ancora, date le schifezze che hai ingurgitato, e vai a nanna.
Ti chiamerò domani mattina’ Jeremy le dette un bacino sulla guancia e Lysandra
un abbraccio stretto, da cui parve non volersi staccare ‘Grazie di essere
venuta…e buona continuazione…tu e papà, divertitevi’ le sussurrò, all’orecchio,
con un tono eccessivamente malizioso, per appartenere a una bimbetta di quattro
anni.
‘Rimane spesso con la baby sitter…’ la O’Neill si morse la lingua, non
avrebbe dovuto intromettersi; le venne spontaneo, osservando Joey che la
salutava con la manina e un’occhiata malinconica.
‘La mia ex moglie ha importanti affari personali da gestire’ ribatté,
allusivo, facendole intendere che avesse delle relazioni sessuali, circostanza
di cui l’aveva già resa edotta, durante il dopo cena in piscina.
Dal vano portaoggetti del cruscotto, prese il pacchetto di sigarette
e, apertolo, una bionda direttamente con la bocca per accenderla con
l’accendisigari dedicato e dare la prima aspirata, con rabbia; a finestrino
abbassato, gettò fuori il fumo a pieni polmoni ‘Scusa…so che ti dà fastidio, ma
ogni volta che abbandono Joey nelle sue grinfie, o peggio, alla solitudine di
un villino vuoto…beh, mi pare di impazzire…’.
‘E’ la tua macchina e sto approfittando di un passaggio al locale,
visto che ho lasciato la mia Mustang a casa, per cui non posso oppormi. Capo,
mi spiace tantissimo. Per te e soprattutto per Joey...però te ne devi fare una
ragione. È ancora piccola e dovrai sopportare la situazione per parecchio'
'Sono cresciuto senza madre, è morta che avevo due anni e, credimi, ho
imparato, a mie spese, che essere allevato da un solo genitore non sia il
massimo…e ora sono io stesso genitore a metà, sarà la legge del contrappasso. È
facile giudicare, tu non hai figli' commentò, attaccandosi alla sigaretta come
un'ancora di salvezza, una boccata di vita.
'No, non li ho e forse non li avrò mai. Per me, il mondo non si
compone di chi ha figli e chi non li ha, ma di persone che ragionano e persone
che non lo fanno' non era offesa, cercò di farlo riflettere sul serio 'a meno
che tu non abbia la possibilità di chiederne la custodia esclusiva, sarai
costretto a dividere Joey con sua madre, per lungo tempo. Non avrà un istinto
materno spiccato, rimane la mamma...'.
'Non voglio parlarne, Lys, smettila!' alzò il tono della voce,
voltandosi verso di lei e schiacciando il mozzicone nel portacenere,
incavolato.
La rossa lo fissava, mordendosi il labbro inferiore coi denti,
inquieta e dispiaciuta.
Ci capitava sempre di mezzo lei, Jeremy fece una sorta di ammenda 'Non
voglio coinvolgerti nei miei casini, perdonami’.
'Sono già coinvolta perché voglio bene a tua figlia...tanto, lo sai'
era stata sincera e l'affetto che nutriva era evidente, palpabile, particolarmente
spontaneo e ricambiato.
'E lei ne vuole a te' sottolineò 'e Samantha lo ha capito, e ne è
infastidita, mi ha dato un paio di battute, sia per il legame che stai
instaurando con Joey, sia per...' non concluse la frase, in leggero imbarazzo
ma lei ne comprese il significato.
La megera pensava che saltasse nel letto del suo capo, per sesso e
carriera, come tutti quelli che li vedevano assieme 'Vivono del nulla, di
chiacchiere'.
‘Del nulla? Sei sicura?' diavolo, irlandese, non senti proprio
niente per me? Perché i tuoi occhi dicono il contrario...lo tenne per sé,
ascoltandola annuire, parcheggiando nei pressi del locale, affollato persino
all’ingresso.
Uomini, ovviamente, per lo più mascherati in maniera vistosa e
colorata. Li esaminarono peggio che i genitori dei compagni di Joey, per più di
un motivo. Lysandra era l'unica donna che avesse varcato la porta del disco
pub, e spiccava, splendida, nel suo abito raffinato, circostanza che intrigò
gli spettatori.
E Jeremy era un ospite inatteso ed etero come pochi; incuriositi, lo
avevano puntato, era una possibile conquista diversa, per concludere in
bellezza una serata particolare come Halloween.
Le loro espressioni interessate fecero vacillare la testosteronica
preda, che afferrò la mano della sua collaboratrice, istintivo.
Il che attirò ancora più gli sguardi dei presenti, che si chiesero se
facessero coppia fissa, viste le chiacchiere sentite fra i paesani.
'Jer, tranquillo...non ti salteranno addosso' minimizzò lei,
schernendolo, poiché l'aveva arpionata e quasi le stritolava la destra,
camminando all’interno del locale, caratteristico per l’architettura dalle
linee morbide, la scelta di due soli colori che le mura e i complementi
d’arredo ovvero il dorato e il blu elettrico; un bar di forma ellittica al
centro della sala dava un tocco di modernità, al limite dell’estrosità
estrema…poco da Chris, meditò la sua amica.
'Che razza di locale...' sibilò Renner, quando un ragazzo moro,
vestito da Joker, coi capelli dipinti di viola e uno spolverino verde, gli fece
l'occhiolino in modo lascivo.
La O'Neill si sporse, con la testa indietro, alzandogli la cappa ed
esaminando le natiche sode del suo principale, ironica 'Non ci giurerei, eh eh,
che non ti stuprino...attento al culetto, in bagno'.
'Cretina...' con uno strattone, l’attirò a sé, minaccioso ‘Vuoi che ti
dimostri quanto sia maschio? Stai giocando col fuoco, non provocarmi!’.
‘Mi sfidi, sapendo che sarai tu a perdere, sei masochista’ sussurrò,
con voce appositamente arrochita, come una micetta licenziosa, gli occhi di
brace nei suoi. Capì di essere sull’orlo di un pericoloso precipizio, e il suo
sangue freddo vacillò.
Alla stretta micidiale e più intensa che aveva fatto incollare i loro
corpi, gemette ‘Jer…lasciami…’. Avrebbe resistito poco, si sarebbe trattenuta
con difficoltà dal buttargli le braccia al collo, le sue labbra erano
vicinissime e invitanti.
Una scarica elettrica attraversò Renner nelle parti bassi, al contatto
con la magnifica donna di cui si era invaghito, e come previsto, non ribatté,
mollando la presa.
Grazie a Dio, la figura familiare di Evans gli si fece incontro ‘Ben
arrivati’. Il festeggiato era nella veste di Dracula in persona, probabilmente
non originalissimo nella scelta, tuttavia con un abito di gran pregio,
noleggiato in un negozio di materiale per cinema e teatro: un mantello, nero
all’esterno e di seta rossa scura all’interno, pantaloni scuri, camicia bianca
ricamata, un panciotto di velluto bordeaux, un ciondolo a forma di croce
agganciato al collo con un nastrino color sangue e gli immancabili denti, lo
rendevano estremamente credibile.
‘Auguri, e complimenti per il vestito, sei favoloso’ Lysandra gli
dette un bacio sulla guancia, e Jeremy una stretta vigorosa.
Gli amici di Chris gli andarono incontro per presentarsi; erano simpatici,
allegri e molto naif. Troppo, per qualcuno di sua conoscenza.
‘Irlanda…’ Jer le parlò, a bassa voce ‘c’è uno vestito da suora che è
pure truccato; ha il rimmel e il rossetto, ne sono certo’.
‘E’ un festa mascherata, capo…’ lei tentò di riderci su, in effetti
qualche ospite era stravagante, non spiacevole.
‘Non sono abbastanza ubriaco per tutto questo…’ la lasciò in
chiacchiere, sedendosi al bancone del bar, su uno sgabello di legno chiaro,
ordinando il solito whisky, poggiando al contempo la falce a terra.
Evidentemente lo aveva guardato troppo a lungo o con troppa intensità:
il ragazzo con la tonaca - piuttosto attraente, gli occhi azzurro ghiaccio e i
capelli castani scuri, la barba di qualche giorno e la bocca carnosa - gli si
approssimò. Da vicino era ancora più impressionante; nella destra, teneva un
rosario dalle dimensioni giganti, e sotto la veste, indossava la sola
biancheria, sopra gli anfibi scuri.
Aprì la gonna dalla parte dello spacco e gli mostrò un cuore rosso e
giallo di stoffa, che aveva agganciato sulla parte anteriore della coscia nuda,
come fosse una giarrettiera, interloquendolo ‘Mi offri da bere, bell’uomo? Mi
chiamo Seb!’.
Era un evidente approccio! Renner deglutì, in estrema difficoltà. Lo
aveva lasciato senza parole, e non era facile. Si aspettava che qualcuno ci
provasse, anche palesemente, ma ora che si trovava faccia a faccia col tipo,
tentava di trovare il modo per sganciarsi, senza offenderlo.
Sentì una mano sulla schiena e una voce suadente…una voce amica…Lys,
che gli veniva in soccorso, rivolgendosi al rivale ‘Sloggia, tesoro; il
bell’uomo è già occupato, ed è proprietà privata. La mia’.
Jer si voltò, immensamente grato della sua iniziativa, per
ritrovarsela a un palmo da naso, col viso accanto al suo; fu un solamente un attimo
e le loro bocche si fusero in un emozionante e coinvolgente bacio a fior di
labbra, che convinse il pretendente, in via definitiva, a rinunciare al
corteggiamento, con la coda fra le gambe ‘Peccato’ mormorò la suora, dandogli
le spalle.
Era stata questione di due secondi, forse tre…i tre secondi più belli
della sua vita, pensò Jeremy, che non riusciva a smettere di togliere gli occhi
dalle pozze azzurre della O’Neill. Le sfiorò i capelli rossi con la mano, a mo’
di ringraziamento, chiedendo al barista un analcolico per lei, che gli si era
accomodata di fianco, sullo sgabello limitrofo, muta come un pesciolino.
Alla donna parve di avere le vertigini. Lo aveva fatto senza pensare,
era stato un gesto spontaneo, le era venuto da dentro, e non si era riuscita a
tenere, né era pentita…anzi, lo avrebbe rifatto, ancora e ancora, in maniera
meno casta.
Represse il proprio desiderio, concentrandosi sul bicchiere che il
cameriere le pose innanzi. Giocherellò con la cannuccia, mangiucchiò la mezza
fettina di arancia di decorazione ed alla fine lo bevve, a piccoli sorsi. Si
trattava di ingannare il tempo e se stessa. Sperò che il suo capo le parlasse
per un chiarimento, ma era impegnato nella medesima
attività…riflessione…meditava, in realtà, per riprendere il controllo, facendo
dei respiri profondi. Era una conoscenza che entrambi desideravano diventasse
altro, senza il coraggio di trasformare le proprie intenzioni in realtà. Il
piatto del gioco che avevano iniziato era consistente, nelle poste: il lavoro, Joey,
le profonde cicatrici delle precedenti relazioni fallimentari.
‘Che fate qui, soli soletti? Non vi buttate nella mischia?’ Chris, lupus
in fabula, si era piazzato alle loro terga, per spronarli a seguirlo. Aveva
indicato uno spazio della pista da ballo, riempitosi degli amici che gli aveva
presentato in precedenza, che si dimenavano, allegri.
‘Vi raggiungo, appena finito il drink’ Renner alzò il bicchiere ancora
mezzo pieno; mentì, sapendo di mentire. Disdegnava ballare - figurarsi fra quei
soggetti strampalati - e stare al centro dell’attenzione, che non gli era
mancata, tra la ricchezza del patrimonio paterno e i propri disturbi di
apprendimento.
‘Vengo io’ la rossa si affilò. Evans era l’unica persona, in città,
con cui avesse un vero legame, oltre Scarlett; con lei, si era dimostrato
gentile e disponibile in ogni circostanza, non desiderava deluderlo.
‘Il capo è rigido…’ commentò quello, dimenandosi come un’anguilla.
‘Lo conosci da più tempo di me, non devo confermartelo io’.
‘Lys, vi ho visti, mano nella mano e un attimo fa… vi baciavate’ le
rivelò, con tranquillità.
Lei si mise sulla difensiva ‘Non era nulla’. Ripeteva al collega il
concetto espresso in auto al diretto interessato…nulla.
‘Anche un cieco vedrebbe l’attrazione che c’è fra di voi. Hai paura di
soffrire e lo comprendo, dato ciò che hai vissuto a Los Angeles e i casini
della tua famiglia. Perché non ti dai una possibilità, una soltanto? Lo dico
per il tuo bene, sono tuo amico’ Chris insisteva, coi suoi modi garbati.
Diamine, li aveva invitati entrambi, senza informarli della presenza
dell’altro, confidando di avere, per una volta, il ruolo di Eros, il Dio
dell’amore!
Avrebbe perorato di più la causa in cui si era imbarcato, se non fosse
stato trascinato in uno sfrenato passo rock dallo stesso ragazzo mascherato da
suora, che ci aveva provato con Renner…Seb, ovvero Sebastian!
La lasciò a ballare, con il consiglio disinteressato nelle orecchie e
nella testa, e lo sguardo indagatore del suo capo che la spizzava, di
sottecchi, come un felino impigrito e sonnolento.
L’irlandese era uno spettacolo, per gli occhi; sprizzava femminilità
da ogni poro della pelle e calamitava l’interesse, persino nel locale in cui
era l’unica ragazza, per di più etero.
La sua scarsa consapevolezza dell’effetto che provocava su chi gli era
accanto o l’ammirava rendeva il tutto più tenero e amabile. Jeremy sospirò,
dispiaciuto. Avrebbe voluto sul serio unirsi a lei; soprassedette, per evitare
imbarazzi, rimanendo appollaiato sullo sgabello.
Lysandra si era divertita, fra i conoscenti di Chris; l’avevano messa
a suo agio e, fra una battuta e l’altra, la serata era volta al momento clou,
l’arrivo della torta del festeggiato, enorme, composta di tre strati circolari
di pan di spagna al cioccolato, ricoperti di una crema ganache fondente,
di decorazioni a forma di pipistrello, lateralmente, e di piccole zucche oltre
ad una più grande sulla cima con un cappellino anch’esso di cioccolato.
Spiccava sul disco posto alla base, la frase, realizzata in pasta di zucchero
‘Tanti auguri, Chris’.
Tra grida e fischi di giubilo, il coro degli amici intonò il classico
‘Happy birthday’ sulle note della base della canzoncina messa su dal dj e Evans
soffiò su un’unica candelina nera, giacché il fatto di aver raggiunto i
quaranta non gli andava molto giù.
‘E’ spettacolare e sembra buonissima’ col piattino di carta arancione
in mano, Lys commentò, a voce alta, quasi parlando fra se, mettendosi in fila
per accaparrarsi una fetta del prelibato dessert.
‘Irlandese…’ Jeremy era finito, non troppo casualmente, dietro di lei.
Era stato indirizzato da un magnetismo poco controllabile. Guardava incantato
la pelle nivea e morbida del collo e il rosato delle sue labbra, poteva vedere
con chiarezza le sue efelidi sul naso, le avrebbe potute contare. Sentiva
l’odore del suo profumo e avrebbe giurato che la nota olfattiva dell’ambra e
della cannella gli avesse acceso i sensi, maggiormente. L’incendio interiore
divampava ed estintori, a vista, non ce n’erano.
Le poggiò le mani sulla vita, sentendola sussultare e, lentamente, le
spostò sul suo ventre, per unirle all’altezza dell’ombelico, con il viso nei
suoi capelli e la bocca sopra l’orecchio ‘Lys…Lysandra…vieni via con me, ora…ti
comprerò tutte le torte che vorrai…’. Era una confessione dettata dall’istinto,
per nulla mediata dal cervello.
Il brivido delle sue labbra sul lobo dell’orecchio, il soffio del suo
alito furono più convincenti delle parole; la rossa fu persuasa, in un secondo,
a seguirlo, come una novella Cenerentola che fuggiva via col suo principe ed
entrambe le scarpette ai piedi. Si girò, leggermente, di tre quarti, annuendo,
senza controbattere verbalmente, attaccando gli occhi di zaffiro ai suoi e
unendo le loro falangi.
Il capo avrebbe voluto baciarla, ma non nel caos del disco pub festaiolo…in
quel preciso frangente, desiderò esclusivamente allontanarsi, per stare con
lei.
Scapparono via insieme dal party; la O’Neill - abbandonato il piattino
di plastica sul tavolo dei regali unitamente al proprio presente, un
pacchettino con una cover e una penna usb di Capitan America, per cui il suo
amico festeggiato aveva un debole sin da ragazzino - fu la protagonista della
sua favola personale, rammaricandosi, in seguito, di non aver avvertito e
salutato Chris, certa, tuttavia, che avrebbe compreso il motivo del suo
allontanamento anticipato.
Si ritrovò, in pochi secondi, a fianco dell’auto di Jeremy, che le
aprì lo sportello, e poi seduta accanto a lui che mise la mano destra sulla sua
sinistra, in maniera da riuscire a guidare comodamente.
Avviato il motore, gliela aveva tenuta salda, portandola alla bocca
per baciare l'incavo del suo polso, dove, nuovamente, si era inebriato della
fragranza della sua acqua di colonia. Ogni volta che la lambiva, nella striscia
di pelle fra l'avambraccio e la mano, oppure sulla base del palmo di
quest’ultima, percepiva un leggero brivido e il desiderio di entrambi.
‘Vado a casa tua, è più vicina’. Non suonava affatto come una domanda;
lei annuì, come in precedenza, inebetita.
‘Lys? Tutto a posto?’ Renner non l’aveva più sentita parlare; la
O’Neill non aveva detto una sillaba e sì che avevano imboccato la Statale da
almeno cinque minuti.
Gli rispose con un gesto, afferrando lei la sua mano e sfiorandola con
le labbra, dolcemente.
Jeremy, intenerito e accaldato, non di sudore, si calmò un pochino,
perché l'ultima cosa che auspicava era saltarle addosso, come un animale in
calore. Si stava tenendo, e, atteso tanto, voleva che tutto fosse
perfetto.
E ci riuscì, complimentandosi con sé stesso, nel momento in cui
parcheggiò la macchina sul vialetto della villetta dell'irlandese, dietro la
Mustang rossa.
Lysandra si diresse verso la porta di casa, aprendola ed entrando, con
il suo principale alle calcagna che la tallonava, e fece uno scatto in avanti,
voltandosi, a mo’ di sfida.
Nel piccolo soggiorno - curato nei dettagli eleganti e moderni, in cui
accedeva per la prima volta - Jeremy tentò di acchiapparla per la veste, ma lei
gli sfuggì, continuando la corsa fino alla camera da letto, dove si lasciò,
finalmente, prendere, non prima
di aver acceso il paralume da comodino in metacrilato beige, che illuminava
l’ambiente di una luce calda e soffusa.
Di spalle, come al locale, Renner la cinse a sé, stavolta con
un’intenzione diversa, più carnale.
Le mani sfiorarono la stoffa dell'abito sopra i seni teneri che si
tesero, immediati. Li massaggiò, tastando i boccioli turgidi che premevano sul
cotone, attraverso il reggiseno, con la stessa intensità della smania che si
irradiava nel proprio ventre.
La rossa si scostò, leggermente, per liberarsi della borsetta
minuscola e dell’abito, dalla testa, come fosse una maglietta, e abbandonare le
scarpe ai piedi del letto, dove, spostate le lenzuola, si stese con un mezzo
sorriso, indosso l’intimo di pizzo floreale grigio perla, indicando la testa di
Renner ‘Quella…toglila…e pure il resto…’.
L’altro si toccò la fronte, avvertendo la gomma della maschera, che
levò prontamente, poggiandola su una poltroncina imbottita attigua ‘Ho scordato
la falce al locale…’ ridacchiò, nervoso. Si slacciò gli stivaletti e si spogliò
della tunica nera della morte spettrale, che fece la stessa fine del
travestimento del viso.
Coi boxer blu scuro di Dolce e Gabbana, le si accoccolò vicino,
sfiorandole il fianco, per poi abbracciarla.
Si mosse su di lei, con dolcezza, facendole sentire il proprio
desiderio, spingendosi col bacino sul suo.
Le sganciò la bralette di pizzo, con un sussulto davanti alle sue
mammelline perfette, piene e rotonde, connotate dalla pelle candida e da
qualche efelide in ordine sparso, e dai capezzolini rosei, stupendi come
lamponi maturi.
Abbassò il capo, inspirando ancora il suo odore, per trattenerlo il
più possibile nelle narici, poggiando le labbra sull’apice del frutto più
limitrofo, che si indurì ulteriormente, al loro contatto. ‘E’ il cibo degli
dei’ commentò, coinvolto.
Le aveva strappato un gemito, sommesso, provocandole un’accelerazione
dei battiti ed uno struggimento interiore; si stava sciogliendo di piacere, nel
grembo, divenuto infuocato e stava allentando le maglie delle proprie difese.
La tortura gradita continuò con l’altro capezzolo, a cui Renner si
dedicò con la stessa devozione, con le braccia femminili che lo avevano
stretto; percepiva le carezze di Lysandra sulla schiena e sul petto, come se,
coi palmi delle mani, volesse scoprire il segreto del suo corpo. Lo sagomava e
lo sfiorava, in ogni anfratto e lo stava facendo impazzire.
Lo aveva lasciato quasi senza fiato ma continuò. Le sollevò le
natiche, per liberarla del perizoma, rimanendo incantato a guardarla lì, in
mezzo alle gambe, ove spiccava un curato boschetto del colore delle zucche
simbolo della giornata appena volta al termine, della stessa nuance dei
meravigliosi capelli che la caratterizzavano…rosso irlandese ‘Felice Halloween’
sussurrò, delicato, insinuando le sue dita dentro di lei, nella soffice e umida
fessura del paradiso che si stava aprendo per lui…realizzò di stare
dimenticando la cosa più importante, ciò che bramava maggiormente, l’errore più
imperdonabile che potesse commettere, soggiogato da un vero e proprio
incantesimo.
Sporgendosi con il viso verso il suo, le chiese umilmente ‘Dammi un
bacio, per favore’.
‘Felice Halloween, Jer' replicò lei, di rimando, travolta dal suo
impeto, traendolo a sé, con le falangi fra la chioma castana, incollando le
labbra alle sue.
Lo sapeva, dall’inizio, che sarebbe stato così, così bello...si era
trattenuta, con tutte le forze, a respingere ciò che sentiva, fino alla strenuo;
oramai la passione aveva spezzato il suo argine interiore, il limite che si era
imposta.
La vorace bocca maschile si impossessò della sua…la lingua di Jeremy
era calda, esperta, entusiasmante. Alternava dei baci profondi, alla francese,
che le toglievano l'anima a bacini adolescenziali, quasi casti, in un vortice
di estremo delirio, lasciandole un sapore maschio, il retrogusto delle
sigarette e del whisky di malto, insieme al proprio personale.
E il modo in cui pronunciava il diminutivo, con cui era solito
chiamarla, le faceva accapponare la pelle 'Lys...' ripeteva, concitato, con la
mano sinistra che proseguiva le carezze erotiche all'interno delle sue cosce,
alternandosi sui punti più sensibili della sua femminilità, che stava
scoprendo, come in un labirinto turbinoso.
Lysandra si fece più audace, vezzeggiando il compagno fra la stoffa
dei boxer e le natiche, nella linea dei glutei, per eliminare l'ultima barriera
che separava la nudità completa dei loro due corpi.
'Oddio, Lys...' alla presa della tenera ed affusolata manina sulla
propria rigidità, Renner reagì con un’espressione spontanea, staccandosi, per
un secondo, dalle sue labbra morbide, per guardarla con le palpebre socchiuse
sulle pupille dilatate e tornare a tormentarle il sorriso, senza tregua, il
momento seguente.
Usata una torsione del polso, la ragazza lo stimolò in maniera
veemente, ritrovandosi, stante una mossa spontanea e sincrona, sotto di lui
che, con un mezzo giro, l'aveva spostata nella più classica delle posizioni
amorose, la più tradizionale.
Il capo desiderava unirsi alla dolce compagna più del resto e il suo
stimolo, come quello di un diavoletto tentatore, l'avrebbe condotto, in fretta,
al culmine di una brama che preferiva condividere.
'Lys...sei sicura?' lo chiese, con una certa galanteria; doveva,
confidando in una risposta positiva, giacché una differente lo avrebbe ucciso,
seduta stante. Lysandra non lo deluse.
'Felice Halloween, Jeremy' ripeté, strusciandosi come una micetta al
suo uomo; allargò le gambe e le incrociò dietro le sue, in un gesto pieno
dell’unica certezza che lo colpì.
Gli si stava offrendo, donando e sarebbe stata sua, tenera e sensuale,
con le dita della mano destra poggiate sulla sua guancia, affettuose e
rassicuranti, nella medesima posa della serata in piscina; i suoi gemiti
fluivano dalle labbra carnose, la sua lingua attorcigliata alla propria danzava
nelle bocche di entrambi, il suo volto si muoveva, da un lato all’altro, per
agevolare i baci che le dava.
All’ingresso del suo scrigno - del colore della folta chioma che stava
inanellando fra le dita…di brace - scivolò fra i petali della sua orchidea,
ricolmi di nettare prezioso, che si schiusero definitivamente al suo ingresso.
Avvertendo i muscoli dell’irlandese tesi e irrigiditi, assecondò, con
naturalezza, il movimento dell’essere umano che stava possedendo; l’attrito fra
i loro due sessi era perfetto, il quid sul perché dell’amore, l’Eden che si
poteva condividere con una donna, la sua donna!
Affrettò la velocità e la profondità dell’incastro, con un cambio di
ritmo gradito a entrambi, udendo in Lysandra dei gemiti più forti e
frequenti…eloquenti!
La rossa si aggrappò, con le mani, alle sue cosce, stringendo le
gambe, emettendo un urlo di godimento assoluto, mentre tendeva il corpo allo
spasmo e inarcava la schiena ‘Jer’ sussurrò, all’acme del piacere, percependo
che lui si squagliasse della medesima cupidigia, ripetendone il nome ‘Lys’.
Si rilassò, fra le sue braccia, con la pelle d’oca addosso e le membra
guizzanti, attraversate dalla corrente elettrica dell’acme della lussuria, che
aveva appena finito di coglierla.
Renner, ansante e sudato, spense la luce della lampada sul comodino,
la bocca accostata alla sua, i fisici ancora aggrovigliati 'Lys...' le prese la
mano e la baciò, balbettando.
'Jer...non c'è bisogno che tu dica nulla, è stato eccezionale'. Non
riusciva a respirare, per ciò che aveva provato e provava. Si raggomitolò su di
lui, con la testa sulla sua spalla, sentendo le sue carezze fra i capelli e le
labbra sulla fronte; trascorsi pochi minuti delle affettuose coccole, si
assopì, serena.
Il suo capo proprio no, l'adrenalina lo aveva intossicato, non poteva
placarsi. Per non disturbarla, rimase immobile, inanellando le ciocche color
zucca, fra le dita, e stampandosi, nella memoria, il profilo del suo viso, che
si stagliava nel buio della stanza.
L'aveva rimirata fino al mattino seguente, per poi alzarsi, in punta
di piedi. Infilati i boxer, era andato alla propria macchina, per recuperare
gli abiti che aveva riposto nella busta, quando si era cambiato, al negozio
dove aveva acquistato il costume per la festa.
Nel vialetto, fra le aiuole curate del piccolo fazzoletto di prato,
aveva notato delle margherite selvatiche. Ne aveva colta una soltanto, la più
bella, e l’aveva portata in camera da letto, poggiandola sul cuscino accanto
alla rossa che ancora dormiva, prima di abbottonarsi la camicia bianca e
trafficare in cucina, per preparare almeno il caffè.
I pensili erano in ordine e trovò l'occorrente con facilità. Su un
vassoio, poggiò due tazze ed un piattino, con delle fette di pane in casetta
che aveva tostato, imburrato e spalmato di marmellata di albicocche.
Fece del proprio meglio; le sue doti culinarie erano scarse e le
provviste del frigo della O'Neill limitate, si capiva che non mangiasse molto a
casa, fra il lavoro e la vita sociale.
Con attenzione, portò il tutto in camera da letto, sul comodino dal
proprio lato 'Lys...irlandese…sei una dormigliona'.
Con i petali della margherita, le fece solletico sul nasino.
'Capo...' bisbigliò, scrutandolo, ancora assonnata e con le membra
intorpidite. Si toccò il naso che le prudeva 'Mi fai i dispetti, Jer?' chiese,
ridacchiando. Che meraviglia, destarsi in un modo simile!
'Mai, sei la cosa più incredibile che mi potesse capitare' romantico,
le dette un bacio sulle labbra che la ragazza contraccambiò, subito. Non appena
le loro lingue si unirono, una vibrazione li disturbò.
Lui prese il cellulare dalla tasca della camicia, sbuffando, non
appena vide il numero chiamante 'È la mia ex moglie, scusami, debbo
rispondere'. Sedette sul letto e iniziò una breve ed antipatica conversazione.
La rossa ne comprese il tenore. Samantha aveva il solito impegno
imprevisto e non poteva tenere Joey. Sentì il capo promettere che, di lì a un
quarto d'ora, sarebbe passato a prendere la figlia, con sguardo avvilito e
mortificato. Terminò il dialogo con la controparte, mesto 'Irlandese, speravo
di trascorrere la giornata con te...invece...'.
'Non preoccuparti' era dispiaciuta da morire, provò a non manifestarlo
'Joey viene prima del resto'.
‘A meno che tu non voglia stare assieme a noi, più tardi; ci
raggiungesti, per un tuffo in piscina e una grigliata? Ho in ostaggio il bikini
rosso che hai indossato la volta scorsa…non ho mai scordato come lo riempissi…’
lo domandò, con lo sguardo appassionato.
‘Perché no? Mi preparerò con calma e verrò a casa tua!’.
'Sei speciale, Lys! Lo penso, sul serio! Ti aspetteremo' le dette un
bacio mozzafiato, indossò pantaloni e scarponcini, indicando il vassoio
'Mangia! Ti chiamo dopo!'.
Andò via, lasciandole l'amaro in bocca e pensieri a non finire. Si
buttò sul cuscino, addentando un pezzo di pane, con gli occhi che le caddero
sulla margherita, colta per lei. La tenne tra le dita, per riporla sul
comodino, stringendo il guanciale fra le braccia. Annusò il cotone della
federa; le note del dopobarba maschile e della sua pelle le ricordavano la
notte appena trascorsa. Ciò che riteneva non dovesse accadere, una gatta da
pelare, piuttosto forastica.
Si crogiolò, fra le lenzuola, per qualche ora, leggendo e guardando la
tv, fino a quando non udì il campanello suonare.
Si infilò al volo il kimono di seta a fiori lilla, che teneva accanto
al letto, per andare ad aprire, con la vana speranza fosse Jeremy, di
ritorno...niente di più sbagliato.
La signora anziana, che viveva nella villetta accanto la sua, e con
cui aveva scambiato qualche frase nei limiti di un rapporto di buon vicinato,
molto agitata, la avvertì 'Lysandra, ho notato un uomo che gettava del liquido
sulla tua auto...pareva un poco di buono, aveva una tuta scura da ginnastica e
indossava una maschera di gomma...'.
Non la fece finire e corse verso la Mustang. Si sentì venire meno,
davanti allo scempio che le si presentò alla vista...non era un liquido
qualsiasi. Era impropriamente detto olio dei freni; in realtà, la sostanza più
corrosiva che esistesse. E la persona che l'aveva presa di mira lo aveva
versato, con perizia, sul cofano, su entrambe le fiancate e sul retro...la
vernice rossa era stata mangiata dalla sostanza acida, la carrozzeria
scarnificata fino ad arrivare al metallo sottostante.
Si accasciò sulle ginocchia, intanto che la vecchietta tentava di
confortarla 'Forse è stato un ragazzino, ieri era Halloween, ti ha fatto uno
scherzo stupido'.
'No, non credo...grazie, di avermi avvisato' rientrò, gli occhi colmi
di lacrime di dispiacere e di rabbia. Non era per il valore intrinseco
dell'auto, comunque notevole. Era per ciò che rappresentava per lei; l'aveva
acquistata con grandi sacrifici e mantenuta perfettamente, l'unica cosa che si
fosse portata dietro dalla sua vita precedente, l'unico bene materiale a cui
tenesse sul serio.
Si prese il volto fra le mani, dando sfogo alla tensione, per
provare a calmarsi. Piangere fu liberatorio, una leggera medicina al malessere
atroce che l’aveva colpita. Inspirò profondamente, bevve un bicchiere d'acqua e
compose il numero della Polizia locale, spiegando l'accaduto e pregando la
centralinista di farla raggiungere da una pattuglia.
Che arrivò in cinque minuti esatti, nei quali si era affrettata a
indossare jeans blu stone washed e felpa sportiva viola e gialla dei Los
Angeles Lakers.
Sperava che le forze dell’ordine potessero rilevare elementi utili per
scoprire il colpevole.
'Signorina, è praticamente impossibile prendere eventuali impronte,
dato il tipo di danno sul guscio metallico della vettura...si tratta di un atto
vandalico' il Vice Sceriffo che si era presentato, Clark Gregg - di mezza età,
alto quanto lei, magro, capelli castani radi con evidente stempiatura,
viso simpatico - era stato laconico 'mirato, a mio avviso. Non mi pare la
stupidata di un adolescente, che ha bevuto una birra di troppo. Chi ha rovinato
la sua auto aveva con sé una quantità di liquido corrosivo fuori dall'ordinario
ed era un esperto del campo; sono appassionato di macchine sportive come la sua
e so bene che avrà un congruo risarcimento dalla sua assicurazione ma pure che
nessun carrozziere al mondo potrà far tornare la Mustang come prima...sono
spiacente...'. Era desolato.
Lei annuì, silenziosa.
'Almeno è marciante, potrà utilizzarla ancora, per gli spostamenti; so
che lavora all'autosalone di Jeremy Renner, magari l’acquisto di un futuro
veicolo sarà una mera formalità'.
'Sì, vero' borbottò.
'Signorina O'Neill, mi scusi se mi permetto; ha un'idea di chi possa
avercela con lei? Si tratta di un gesto di odio, personale...non so, un collega
o un ex fidanzato?' l'agente tentò.
'Veramente no, non credo di avere nemici ' fu sincera nel dirlo.
L'altro tolse il capello marrone dalla testa e se lo pose in grembo,
fra le mani, in imbarazzo 'Sa, le voci corrono, è stata vista col suo capo più
volte'.
'Che vorrebbe dire? È il mio principale...' non riusciva a capire dove
volesse arrivare.
'Ieri sera ha accompagnato Renner al giro del ‘dolcetto o scherzetto’
con sua figlia, ha partecipato con lui ad un party in un locale promiscuo e la
macchina di Jeremy era parcheggiata dietro la sua, fino a stamattina, il che
vuol dire che avete trascorso la notte insieme; l'ho notata io, che facevo il
giro abituale di controllo e non sarò stato il solo. Non vi sto giudicando, ci
mancherebbe altro; ma la ex signora Renner non è nota per il carattere docile,
tutto qui...'.
Lysandra emise un gemito, era tutto chiaro, ora, lapalissiano
'Gra-grazie...ho capito...'.
Il Vice Sceriffo continuò 'Indagherò ugualmente, nonostante sia un
reato minore. Mi mandi le foto e copia della denuncia all'assicurazione e mi
chiami, per qualsiasi necessità, sono a sua disposizione...e Lysandra...si
guardi le spalle...' le consigliò, rimettendosi il cappello e facendole un
cenno di saluto, con la mano sulla falda.
Lei, in preda ad un tremito, sedette, affranta, sui gradini del
vialetto, con gli occhi sulla Mustang oramai rovinata per sempre, udendo
squillare il cellulare, che aveva poggiato sul tavolo del soggiorno.
Consapevole di chi fosse la chiamata in entrata che mancò, rimase
accovacciata, con la testa fra le ginocchia, un leggero senso di nausea alla
bocca dello stomaco.