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Autore: Lady I H V E Byron    27/01/2020    2 recensioni
"Shredder, Stockman, Hun, i Dragoni Purpurei, gli Utron, i Triceraton, Savanti Romero, Karai, Bishop, Sh'Okanabo, Viral, Khan… tutti nomi che ormai appartenevano al passato."
Sono passati quattro anni dalla battaglia finale contro lo Shredder virtuale, ma non è ancora finita, per le Tartarughe Ninja. Presto si troveranno coinvolti in una nuova avventura, che riguarderà una coppa di fattura umile, Cavalieri Templari, Dimensioni Mistiche, visioni di un passato lontano, un nuovo nemico e un nuovo alleato.
Quale destino attende le Tartarughe Ninja?
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Note dell'autrice: scusate, forse questo capitolo mi è riuscito male... E... sono presenti spoiler sulle stagioni "Fast Foward" e "Back To The Sewer"; quindi leggete a vostro rischio e pericolo... XD


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Leonardo si risvegliò di soprassalto.
Non era più nella sua stanza.
Era in un bosco. Un bosco desolato. Divorato dal fuoco, a giudicare dai tronchi scuri, distrutti a metà.
Qualunque cosa fosse avvenuto lì, aveva lasciato solo miseria e desolazione.
E tutto era circondato da una nebbia, grigia a causa della cenere lasciata dal fuoco.
Quel luogo incuteva angoscia e malinconia.
Leonardo non sapeva dove osservare: quel luogo era vuoto.
E non brillava nemmeno il sole. Tuttavia, notò un’ombra nel terreno.
L’ombra non era la sua. Avanzava, allontanandosi sempre di più dal ninja.
Ma lui, come ipnotizzato, la seguiva. Non sapeva perché.
-Segui la mia ombra…- sentiva, nell’aria. O nella sua mente. –Solo seguendola potrai essere salvo.-
Non sapeva se credergli: quell’ombra poteva portarlo in un luogo sicuro. O verso morte certa.
Ma lui continuava a seguirla.
Svaniva e compariva. Non era un’ombra normale.
-Dove mi trovo…?- domandò Leonardo, con un filo di voce, ancora con lo sguardo basso, come fosse ipnotizzato.
Quella stessa forza lo obbligava ad alzare lo sguardo: qualche passo più avanti, una sagoma.
Una figura umana incappucciata.
Leonardo non ne vide accuratamente la fisionomia.
Ma notò che gli stava porgendo la mano.
-Non devi avere paura, Leonardo…- disse la figura misteriosa; era una voce giovane, di un ragazzo qualche anno più giovane di lui –Devi fidarti di te stesso.-
Leonardo si avvicinava sempre di più, allungando la sua mano.
Ancora non riusciva a vedere in faccia il suo interlocutore.
Ma gli toccò la mano.
In un bagliore, un’altra visione: un’altra figura, avvolta in un mantello, lontano da lui, che gli dava le spalle.
Un lampo.
Sussultò. Si svegliò, ansimando.
Era nella sua stanza. Nel suo letto.
Il cuore gli batteva molto velocemente.
Si mise seduto. Si osservò di nuovo la mano.
A causa della visione del giorno prima, aveva faticato a prendere sonno.
Osservò la Tarta-Sveglia: erano le 5:45 del mattino.
Aveva dormito solo due ore.
Tuttavia, era ancora troppo agitato per provare a dormire ancora per un’ora.
Si alzò, si lavò il volto e si posizionò al centro del ring, con le sue katana strette in mano.
Decise di concedersi la sua solita sessione di allenamento del mattino.
Per scacciare ogni timore, ogni dubbio.
Era da una settimana che faceva il solito sogno: il bosco desolato, l’ombra e quel ragazzo incappucciato che gli porgeva la mano, dicendogli di non avere paura…
Quella notte, però, qualcosa era cambiato: fino ad allora, si svegliava sempre prima di toccare la mano del ragazzo.
Non ne aveva mai parlato con i suoi fratelli, tantomeno con Splinter. Non voleva che si preoccupassero per un semplice sogno.
Fino ad allora, non vi aveva dato particolare peso: poteva capitare di fare lo stesso sogno più notti. Per tutta la settimana il suo pensiero era fisso sul Nexus Battle; questo lo aveva sottoposto ad una condizione di stress tale da portarlo a fare lo stesso sogno.
Forse, appena finito il Nexus, tutto sarebbe tornato alla normalità.
Ma non fu così: la visione, il bagliore… cosa potevano significare?
E poi quel seguito del suo sogno…
Non potevano essere un caso.
“Ti ho trovato!”
Più di ogni altra visione che aveva avuto in tutta la sua vita, quella voce lo stava tormentando, dall’interno.
Risuonava nella sua testa. Continuamente.
Era una voce familiare, confortante.
Non era una frase minacciosa, quanto di sollievo. Esattamente lo stesso tono di una persona che aveva ritrovato una persona a lui cara, dopo anni e anni che la cercava.
“Ti ho trovato!”
Sembrava non sentire altro; esasperato, si mise le mani sulle tempie.
-No, basta! Esci dalla mia testa!- esclamò.
Per un attimo, nella sua mente regnò il silenzio.
Si rese conto di essere a casa sua, nelle fogne di New York. Ed era ormai l’alba.
Infatti, cominciò a sentire i primi sbadigli provenire dalle stanze dei fratelli.
Michelangelo fu il primo ad uscire dalla sua, infatti.
-Yaaawn. Ehi, Leo, ma ti sembra il modo di urlare a quest’ora?- lamentò, ancora nei fumi del sonno –E io che volevo dormire un po’ di più, oggi…-
Leonardo si morse il labbro inferiore, imbarazzato: aveva urlato inconsciamente. Aveva permesso ai suoi timori di prevalere su di lui.
Scosse la testa.
-Forse è solo scarico di nervi…- disse a se stesso, per sollevarsi il morale e darsi coraggio. Non doveva avere esitazioni nel suo percorso di ninja. Meglio per lui mettere l’angoscia provata nel sonno da parte e concentrarsi sulla realtà.
-Scusatemi tutti.- disse, rinfoderando le katana –Ho dormito male e avevo bisogno di allenarmi per distrarmi un po’.-
-E non solo con le spade, a quanto pare…- aggiunse nuovamente Michelangelo, sarcastico; si stirò le braccia –Oh, beh, visto che siamo tutti svegli, vado a preparare la colazione. Uova strapazzate per tutti.-
Splinter bloccò la sua strada con il bastone.
-No, Michelangelo.- disse, secco, e serio in volto.
La tartaruga sbuffò, rassegnato, come se costretto a fare qualcosa controvoglia.
-Oh, andiamo, Maestro Splinter, dobbiamo proprio? Ci dobbiamo ancora riprendere da ieri…-
Nonostante il Nexus fosse finito e Leonardo ne fosse uscito vincitore, per Splinter non era una buona scusa, per i figli, sedersi sugli allori e oziare.
Il miglior riposo di un guerriero era l’allenamento, soleva dire.
Non ai livelli della preparazione al Nexus, si intende.
Si trattò di un semplice allenamento basato sull’equilibrio: erano stati sistemati dei paletti alti due metri e mezzo nella sala addestramento. Paletti su cui le tartarughe dovevano stare sopra con una gamba sola e saltare da uno all’altro, senza cadere.
Un allenamento semplice, giusto per tenere il corpo allenato, e non farlo cadere nel torpore dell’ozio. Niente armi.
Solo equilibrio.
Leonardo eseguì senza obiettare; a Raffaello scocciò non poter combattere; Donatello sbuffò per esprimere il suo disappunto, senza farsi vedere, avendo pianificato, quella mattina, di tornare ad operare nel suo laboratorio; e, ovviamente, Michelangelo si lamentò, dicendo che non si era ancora ripreso dal Nexus e gli serviva ancora riposo.
Ma tutti eseguirono ugualmente l’esercizio: nessuno osava obiettare Splinter. Sapeva essere alquanto severo con le punizioni. E nessuno di loro era in vena di punizioni o ramanzine.
Passarono due ore. Il sole era ormai sorto a New York.
Ma le tartarughe erano ancora sopra i pali, facendo il possibile per non cadere.
-Più fluidi quando saltate, figlioli!- diceva Splinter, per correggerli –In tutti questi anni non lo avete ancora imparato…-
-Ci siamo appena svegliati, Sensei!- chiarì Michelangelo.
-Non voglio sentire scuse!-
I tre fratelli sospirarono: per tutto il tempo non aveva fatto altro che sbuffare e lamentarsi.
E “mi sono appena svegliato”, e “il prossimo lo farò meglio”, e “mi fanno male le braccia da ieri”… per tutta la durata dell’esercizio.
Splinter si innervosiva ad ogni lamentela; si stava allenando anche lui a mantenere la pazienza e combattere l’istinto di prendere il figlio a bastonate.
Poi, drizzò un orecchio e annusò per aria: una presenza nelle fogne.
Dei passi. Di tre persone.
Qualcuno stava entrando nel loro rifugio.
-E’ permesso? C’è nessuno?-
Una voce maschile a loro ben nota. E ben gradita.
Dall’ombra apparvero un uomo alto e muscoloso in compagnia di una donna incinta con indosso un abito lungo di lana.
-Casey!- esclamarono le quattro tartarughe, in coro –April!-
Dove andava Casey, April lo seguiva. E viceversa. Un’altra persona era con loro.
Corse verso Splinter, sorridendo.
-Nonno Splinter!-
Un bambino era entrato nel rifugio insieme ai coniugi Jones, tenendo la donna per mano, per poi correre verso il ratto: un bambino di tre anni dai corti capelli corvini e occhi color giada che brillarono alla vista delle tartarughe e del ratto.
Splinter lo prese in braccio, sorridendo.
-Hop!- il bambino era a pochi centimetri dal suo volto: assomigliava in modo impressionante a Casey, se non fosse stato per il colore degli occhi –Ah, piccolo Arnie. Come stai diventando grande!- parlò ai figli –Bene, figlioli, per oggi basta così.-
Le quattro tartarughe saltarono giù dai paletti, eseguendo delle acrobazie.
Raffaello si avvicinò al padre-maestro, che ancora teneva il bambino in braccio: quasi lo strappò dalle sue braccia, facendolo roteare per un paio di volte.
-Ehi, giovanotto, e a me non si saluta?- disse, facendo finta di essere offeso.
Arnie non pianse per essere stato separato dal ratto: anzi, rise.
Anche il resto delle tartarughe salutò il piccolo.
Splinter sorrise a quello spettacolo.
Si rivolse ai coniugi: –A cosa dobbiamo la vostra visita?-
Casey stava trasportando su una spalla una grossa scatola da asporto e nell’altra mano un vassoio di carta con vari bicchieri per bevande calde d’asporto.
-Beh, ieri Don ha inviato un messaggio ad April dicendo che siete tornati dal Nexus e che Leo ha vinto per la seconda volta.- spiegò Casey -Quindi, per festeggiare, avevamo pensato di fare colazione tutti insieme. Abbiamo preso i vostri dolci preferiti nella pasticceria dell’altra volta.-
-E poi questo ragazzone non vedeva l’ora di tornare a casa.- aggiunse April; se con la mano destra teneva la manina di Arnie, sul braccio sinistro teneva Klunk –Non tralasciando che Arnie desiderava tanto rivedere nonno Splinter e i suoi zietti preferiti.-
Il gatto rosso scivolò dal suo braccio, procedendo, miagolando, verso Michelangelo.
-Klunk!- salutò questi, mettendosi in ginocchio; il gatto si mise supino, mostrando la pancia che fu grattata –Ma chi è questo bel micione? Hai visto? Papino, nonno e zietti sono tornati a casa. Hai fatto il bravo con April e Casey?-
-Se ha fatto il bravo?!- tagliò corto Casey, tra l’imbarazzato ed il furioso –Per tre giorni mi ha impedito di toccare mia moglie! Stava tutto il giorno sul suo pancione! Soffiava e drizzava il pelo non appena mi avvicinavo a lei.-
-Sì, non mi è dispiaciuto avere una guarda del corpo a proteggermi da un idiota…- ribatté April, quasi ridendo.
-Ehi, è questo il modo di rivolgerti a tuo marito?-
Anche da sposati, ogni momento era buono per discutere o litigare.
Per fortuna, Donatello si mise tra i coniugi.
-Ragazzi, calma.- disse, con tono da pacificatore –Tutto questo nervosismo non fa bene al nascituro.- osservò la pancia di April; era davvero grande; si permise di toccarla –A proposito, come andiamo, qui? Spero vada tutto bene.-
La donna rise.
-Sì, stai tranquillo.- rassicurò -Sono entrata adesso nel settimo mese. Il bambino è in salute e nella norma.- anche lei mise le mani sul pancione –Amore, lo hai riconosciuto? Questo è zio Don.-
-Davvero non volete conoscere il sesso di vostro figlio? O figlia?- aggiunse Leonardo.
-Sì, stavolta vogliamo tenerci la sorpresa. Le tutine di Arnie si possono sempre utilizzare sia che sia maschio o femmina.-
-Se sarà una femmina, potrebbe anche venir su come mia madre…- mormorò Casey, rabbrividendo al pensiero di avere una figlia uguale alla nonna, anche caratterialmente. Ottenne un calcio sugli stinchi dalla moglie, come risposta.
Arnie era ancora con Raffaello: era salito sulle sue spalle. Gli piaceva stare lì.
-Avete preso qualche cattivone a calci nel sedere?- domandò, con la sua vocina dolce ed entusiasta nello stesso tempo.
-Arnie!- rimproverò April –Chi ti ha insegnato questi termini? Certo non tua madre…-
Rivolse nuovamente uno sguardo severo al marito: lui alzò le braccia.
-Non guardare me. Sei tu che insisti nel portarlo da mia madre nei weekend!-
Quella risposta provocò una risata generale.
-Oh, insomma, che facciamo ancora qui?- disse Michelangelo, sfregandosi le mani –Sento una voce dentro quella scatola che ci sta dicendo “Mangiateci! Mangiateci!”.-
C’era un vasto assortimento di dolci, all’interno di quella scatola: cookies, cupcakes, bignè, eclairs, brownies, shortcakes, dounut, persino due code di aragosta giganti ripiene di crema.
Splinter sospirò, alla loro vista.
-Questo va contro ogni dieta ninja esistente…-
Una colazione insieme alla famiglia riuscì a far distogliere Leonardo dalla visione del giorno prima, dal sogno e dalla voce misteriosa, anche più dell’allenamento mattutino.
Osservò la famiglia Jones: era incredibile quanto April e Casey fossero cambiati in quattro anni.
Tre mesi dopo il matrimonio, April era rimasta incinta. Nessuno fu più felice delle tartarughe e di Splinter, quando ne vennero a conoscenza. Donatello si era persino permesso di sollevarla da terra, abbracciandola.
Avevano chiamato il loro primogenito Arnold Casey Jones III, come il padre e come il nonno. Ma per tutti era Arnie.
Assomigliava al padre, esteticamente, ma aveva anche ereditato la curiosità e l’intelligenza della madre, oltre agli occhi color giada. A nove mesi aveva già pronunciato la sua prima parola. E a un anno e tre mesi aveva percorso i suoi primi passi.
La prima volta in cui April e Casey lo avevano portato nelle fogne per fargli conoscere gli “zii” ed il “nonno”, Arnie era scoppiato a piangere, spaventato. O semplicemente perché “zio Mickey” si era avvicinato troppo velocemente a lui, urlando di gioia, felice di vedere il figlio dei suoi amici.
Ma era stata questione di un attimo.
I grandi occhi verdi fissavano curiosi quelle strane creature. Poi sorrise a tutti loro.
Splinter, mosso da tenerezza e da profonda nostalgia, gli aveva persino allungato un dito e Arnie lo aveva stretto nella sua manina: non aveva più paura. Li aveva accettati nella sua sfera.
Si divertiva con i suoi zii rettili, ma, nonostante l’età, aveva già instaurato un rapporto di affetto profondo nei confronti di “nonno Splinter”, ed era ricambiato: per il ratto era come rivivere l’infanzia dei suoi figli. Si rese conto di avere nostalgia di quel periodo, ed era impossibile, per lui, realizzare quanto fossero cresciute le sue tartarughe, fisicamente e mentalmente.
Casey, ormai divenuto padre, aveva deciso di diventare più responsabile e cercarsi un vero lavoro. Quando le Tartarughe lo avevano conosciuto, era un ragazzo impulsivo, talvolta immaturo ed irresponsabile. Un bambino cresciuto, insomma. Faceva uno strano effetto vederlo seduto composto e, soprattutto, pulire la bocca del figlio dalla glassa del donut, oltre a riprenderlo lievemente per aver lanciato delle briciole di cupcake a Klunk, per fargliele mangiare. Sei anni prima non lo avrebbero ritenuto capace di farlo.
Aveva superato il concorso per entrare nella SWAT, superando a pieni voti la prova fisica. April lo aveva aiutato nella preparazione della prova accademica, e anche lì riuscì ad ottenere l’idoneità. Avrebbe continuato a combattere contro il crimine, e, nello stesso tempo, poteva mantenere la sua famiglia. Inoltre, poteva seguire da vicino le mosse delle numerose bande criminali ed intervenire all’istante. Indossare la divisa d’assalto, diceva, lo faceva sentire potente ed importante, tanto quanto la sua maschera da hockey e le sue mazze. Lottare per anni contro i Dragoni Purpurei al fianco delle Tartarughe lo aveva rafforzato fisicamente e formato in quell’ambiente. Persino il suo capo era orgoglioso dell’entusiasmo e la determinazione che mostrava nel suo dovere.
Aveva persino rinunciato ai suoi capelli lunghi, per mostrare più “professionalità” in quell’ambiente: da un paio d’anni, infatti, li portava corti, tagliandoli mensilmente con il rasoio elettrico.
Sembrava un’altra persona con i capelli corti. Ma, sotto sotto, era lo stesso Casey. Non aveva, però, rinunciato alla passione per l’hockey. Passione che stava gradualmente trasmettendo al figlio.
April, invece, stava procedendo con l’attività in negozio, anche durante la gravidanza e con un figlio piccolo. Gli affari andavano discretamente, ma, dentro di sé, sentiva di dover dare al mondo molto di più che semplici oggetti di antiquariato. Aveva pur sempre una laurea in matematica; da qualche anno stava ideando di metter su un laboratorio tutto suo, mettendo le tecnologie Utron a disposizione per l’umanità, a scopi benevoli e pacifici. Tutto con l’aiuto di Donatello, s’intende.
Ovviamente, solo le Tartarughe e Splinter sapevano che quel progetto sarebbe andato a buon fine e avrebbe portato progresso e beneficio al pianeta Terra.
Nessuno aveva ancora detto nulla ai coniugi, per non turbare il continuum spazio-temporale, nemmeno il fido robot Serling: dopo mesi di esperimenti, riparazioni, tentativi, Donatello era riuscito a costruire un portale spaziotemporale per riportare il robot nel 2105, da Cody.
Sentivano la sua mancanza, ma almeno non dovevano più subire le sue continue lamentele sul comportamento delle tartarughe, sulla rozzezza di quel periodo, su quanto le fogne fossero in disordine e altre cose.
Era meglio per lui tornare nel suo periodo.
-Ragazzi, vi conviene essere svelti nel prendere i dolci.- aveva avvertito Casey –Con la scusa di essere incinta, April mangia tutto quello che tocca, nemmeno fosse un misto di Flash e Pac Man.-
Infatti, lei stava già mangiando, da sola, un’intera coda di aragosta gigante: l’area intorno alla bocca era già sporca di crema e zucchero a velo.
-Che guardate?- ribatté, quasi offesa –Ne avete un’altra, lì. E’ tutta vostra.-
L’appetito di una donna incinta non aveva eguali: era persino superiore a quello di Michelangelo e Raffaello messi insieme.
-Dunque…- Casey cambiò argomento –Ci stavate raccontando del Nexus… Diamine, ragazzi, la prossima volta vorrei partecipare anch’io!-
Le tartarughe ridacchiarono a quella frase.
-Meglio di no, Casey, ci faresti perdere il primo incontro.- fece notare Raffaello.
Casey serrò le labbra e strizzò gli occhi, offeso, mentre April ed Arnie ridevano insieme al resto dei presenti.
Vennero messi a conoscenza delle eliminatorie, dei singoli tornei, della scenata di Michelangelo alla sua eliminazione. E, ovviamente, dei cavalieri templari.
Non dissero nulla riguardo la sensazione di Leonardo sull’incolumità della Terra e le parole di Usagi.
Non volevano farli preoccupare.
-Templari?! Addirittura?!- si stupì April –La loro storia mi ha sempre affascinata. E’ davvero incredibile che le loro idee abbiano ispirato la nascita di un nuovo gruppo. Non sapevo ne conoscessi uno, Splinter.-
Il ratto stava bevendo il suo tè, mentre April parlava.
-Il suo ritorno è stato improvviso e inaspettato, ma non per niente spiacevole.- spiegò –Non lo vedevo da quindici anni. E’ stato interessante mettere di nuovo a confronto i nostri stili.-
-Ah, a chi importa?- tagliò corto Casey, alzando la sua tazza di caffè come per fare un brindisi –Barbaro, cavaliere o altro non so, ma fatto sta che il nostro Leo gli ha fatto i connotati! Giusto, Leo?-
-Sì, i connotati!- gli fece eco Arnie, entusiasta.
La tartaruga citata abbassò lo sguardo e si grattò dietro la nuca, sorridendo quasi imbarazzato.
-Beh, ammetto che non è stato facile.- ammise –Quel templare era davvero tosto… Mi ha messo in difficoltà più volte.-
-Ma tu hai vinto e lui no.-
L’uomo si alzò, avvicinandosi al trofeo di vetro: era stato messo in soggiorno, non in camera di Leonardo.
Effettivamente, abbelliva la stanza.
-E’ questo?- chiese, mentre beveva il suo caffè –Bello. Ehi, era già rotto o lo hai avuto così? E poi c’è qualcosa… non riesco a vedere bene.-
-CASEY, ATTENTO!-
L’urlo della moglie non evitò ciò che avvenne in seguito: nel tentativo di vedere ciò che si celava dentro il vetro del trofeo, Casey aveva goffamente preso la base, e, improvvisamente, il trofeo scivolò, cadendo per terra.
Leonardo temette per l’incolumità del trofeo e si coprì gli occhi, per non assistere allo spettacolo.
Cadde facendo un gran tonfo. Ma non si udì nulla che fosse anche minimamente vicino al rumore di un oggetto in frantumi.
Con stupore generale, scoprirono che non si era rotto. Era solo caduto, senza spiacevoli conseguenze.
Il trofeo era ancora intatto. Non vi furono ulteriori incrinature, oltre a quelle che già portava.
Il vetro, di natura, aveva la struttura fragile. Quello vinto da Michelangelo sei anni prima era stato distrutto da un proiettile.
Ma non quello vinto da Leonardo.
Donatello osservò quel trofeo con uno strano sguardo e una mano sotto il mento; lo stesso sguardo che assumeva quando qualcosa faceva scaturire la sua curiosità, e una voce dentro di lui dicesse “Analizzalo”.
La caduta provocò un silenzio imbarazzante tra i presenti.
Il più imbarazzato era Casey, essendo stato il reo della caduta.
-Casey, sei il solito imbranato!- rimproverò Raffaello, dopo aver sospirato.
-Scusate. Non l’ho fatto apposta.- disse, tentando di rimetterlo a posto, senza provocare altri danni –Sentite… stasera vi va di venire da noi, per cena? Stasera ho il turno libero e passa sempre un’eternità prima che ci vediamo di nuovo, tra il mio lavoro e il vostro dovere di “giustizieri ombra” di New York. Vorremmo goderci questa giornata, finché siamo in tempo. Possiamo ordinare cinese.-
-Sì, sì!- rispose Michelangelo, senza pensarci due volte –Ah, è da quando siamo tornati che non ambisco ad altro che al cibo cinese!-
-Quando si tratta di mangiare, non dici mai di no…- commentò, divertito, Raffaello.
-Sapete, ora la mia mogliettina, per cena, vuole sempre mangiare orientale, anche se non so perché.-
-Casey, non posso controllare le mie voglie e lo sai bene!-
-Ora sta anche mangiando un sacco di cibi piccanti e sembra non le facciano effetto.- aggiunse l’uomo, sottovoce, alle tartarughe –Le donne sono strane.-
Le quattro tartarughe ridacchiarono.
Anche Splinter si unì alle risate.
-Accettiamo volentieri il vostro invito.- decise, alzandosi in piedi.
Casey non aveva torto, in effetti: lui era costantemente impegnato con le operazioni della SWAT, con tutte le bande criminali che ormai avevano preso il controllo della città, e non raramente aveva sventato qualche tentativo di compiere azioni terroristiche. Le tartarughe agivano dove le forze dell’ordine non erano state in grado di agire. Limitarsi a sedare le guerriglie, tuttavia, non era sufficiente: dovevano trovare un modo per terminarle per sempre.
Ma loro non erano Shredder. Non erano un capo forte e carismatico in grado di ergersi tra di loro.
Senza trovare soluzioni, continuavano a fare ogni notte la stessa routine: stava tormentando le Tartarughe, ma anche Casey.
La cosa migliore da fare, in quel momento, era godersi il piccolo attimo di serenità tra amici e famiglia. E pensare al futuro delle nuove generazioni.
-Forse è meglio per noi andare. Devo presentarmi in centrare tra mezz’ora.-
L’uomo aveva osservato l’orologio che aveva al polso; poi osservò suo figlio, che stava giocando con Klunk. Il gatto era supino e si lasciava accarezzare dal bambino: erano diventati ottimi amici. Anche durante l’assenza delle tartarughe avevano giocato tanto assieme.
-Su, ometto, è ora di andare all’asilo.- disse, prendendo Arnie in braccio.
Il bambino protestò: -No! Voglio rimanere con nonno Splinter e gli zii!-
-Lo so, lo vorrei anch’io. Ma loro devono allenarsi. Sai, essere dei supereroi è faticoso e richiede tanto, tanto lavoro.- Casey aveva detto a suo figlio che i suoi “zii” erano supereroi; da un certo punto di vista, lo erano -Facciamo così, se torniamo nel weekend, potrai stare qui tutto il giorno, va bene?-
La risposta fu affermativa, con un grande sorriso.
Anche April si rialzò, a fatica: fu aiutata da Donatello.
-Sì, io devo anche andare dal dottore.- si ricordò –Ennesima ecografia. E poi ci saranno di nuovo l’elettrocardiogramma, l’ecocardio del bambino, l’emocromo…-
-Mondo Pizza, April, così tanti esami?- si stupì Michelangelo, dopo aver salutato Arnie –Ma perché?-
-E’ la procedura, Mick. Un modo per sapere che il bambino sta bene.-
-Vuoi che ti accompagniamo?- domandò Donatello, premuroso.
-No, non è necessario, grazie. Vado a piedi. Tanto è vicino.-
-Come vuoi.- la tartaruga dalla benda viola mise il volto vicino al pancione –Torna a trovarci anche tu, ok? Dai un calcetto alla mamma, se hai capito. Così la convinci a trovarci spesso.-
April rise.
-Non è così che funziona, Don.- fece notare; rimise le mani sul pancione –Non lo ascoltare, amore. Torneremo presto dagli zii. Ma basta con i calcetti. Ne abbiamo già discusso l’altro giorno.-
La visita dei Jones giovò al morale di Splinter e le Tartarughe.
Erano sempre felici di vederli: così sapevano che stavano bene ed erano ancora vivi.
Con le guerriglie che scoppiavano nelle strade, non passava momento senza che le Tartarughe fossero preoccupate per i loro amici. I coniugi Jones, i senzatetto, Angel…
Il pensiero che capitasse loro qualcosa… non se lo sarebbero perdonato.
Michelangelo si mise di nuovo seduto sulla poltrona, sbuffando.
-Mondo Pizza, sono pieno.- disse, mettendosi una mano sullo stomaco –Se ci rimettiamo ad allenarci, giuro che vomito.-
-Con tutti i dolci che ti sei divorato, mi sorprende che tu non sia ancora svenuto per iperglicemia…- commentò Donatello, ridacchiando.
Anche Leonardo si unì alla risata.
Poi, rivolse nuovamente lo sguardo al suo trofeo, avvicinandosi ad esso.
La caduta non lo aveva scalfito, o danneggiato ulteriormente.
C’erano solo le crepe che aveva riportato nel viaggio di ritorno dal Nexus, ma niente più.
Era ancora intatto.
Picchiettò sopra il vetro.
Per sopravvivere ad un impatto subito come quello di poco prima, doveva essere alquanto resistente, pensò, accennando una risata.
Si fece immediatamente serio: notò qualcosa sul vetro.
Era stato fulmineo. Non aveva fatto in tempo a squadrarlo completamente.
-Fratelli! Maestro Splinter! Guardate qui!- chiamò.
Si riunirono intorno a lui.
-Che c’è, Leo? Cosa hai visto?!- si allarmò Raffaello, pronto a sguainare i suoi sai.
-Nel trofeo! Ho visto un’ombra!-
Aguzzarono lo sguardo: non videro nulla, al di fuori delle crepe e della strana tazza all’interno del vetro.
Ma niente che assomigliasse ad un’ombra.
-Un’ombra?- disse Michelangelo, con tono cinico -Quei dolciumi ti hanno dato alla testa, fratello.-
-No, ve lo giuro. Ho visto un’ombra. E’ stata improvvisa, ma giuro di averla vista. Dovete credermi!-
-Sull’ombra non saprei, Leo…- aggiunse Donatello, assumendo nuovamente lo sguardo che aveva ogni volta che si trovava di fronte ad un oggetto a lui sconosciuto e di cui doveva assolutamente conoscerne la struttura cellulare –Ma questo trofeo ha qualcosa che non va. Se permetti, vorrei analizzarlo. Non è possibile che non si sia frantumato o almeno scalfito con quella caduta. Magari potrei scoprire qualcos’altro su quello che ha al suo interno-
Ebbe il permesso di analizzarlo.
Passò l’intera mattina e l’intero pomeriggio nel suo laboratorio a scannerizzare il trofeo, mentre i suoi fratelli si dedicavano o all’allenamento o ai loro passatempi preferiti.
Aveva persino tentato di prendere un campione, ma era impossibile. Provò con le pinze, il martello, la fiamma ossidrica, persino gli ultrasuoni.
Niente. Niente lo scalfiva. Le crepe rimanevano le stesse.
Inoltre, era impossibile definire cosa vi fosse all’interno del vetro: le immagini dello scanner erano confuse.
Sembrava che qualcosa stesse impedendo agli attrezzi di scoprire cosa nascondeva il trofeo.
Ma era impossibile che fosse così, era fuori dal reale.
Donatello ne studiò accuratamente la composizione cellulare, la struttura molecolare, sempre più confuso.
Anche facendo paragoni con altri risultati, non otteneva niente.
-Non ha senso, non ha senso…- mormorava, incrociando le dita e serrando le labbra.
Non aveva mai visto niente di simile.
-Cosa, Don?-
Era ormai sera quando i suoi fratelli si riunirono intorno a lui. Erano preoccupati per Donatello: aveva passato l’intera giornata di fronte al computer. Avevano intenzione di “rapirlo” e fare una piccola fuga notturna sui tetti di New York.
Lui sospirò, storcendo la bocca. Si mise con la schiena eretta, restando seduto.
-C’è qualcosa che non quadra con il vetro che compone il trofeo… Guardate qui.- spiegò; era cosciente che i suoi fratelli non avrebbero di nuovo compreso il suo linguaggio, ma tentò ugualmente di spiegare le sue perplessità; accese due monitor; furono trasmesse due sagome che ricordavano i trofei del Nexus –Questa che vedete è la composizione cellulare del trofeo vinto da Leo tre anni fa. E quest’altra è la composizione cellulare del trofeo che Leo ha vinto nell’ultimo Nexus. Sono completamente differenti l’una dall’altra. E prima che possiate dire qualcosa, ho paragonato i risultati con un frammento di vetro del trofeo di Mickey, e i risultati sono stati uguali a quelli del trofeo del Nexus di tre anni fa. Voglio dire, non ha senso. Le cellule che compongono il vetro sono completamente diverse da quello che si vede qui. Sono ferme, stabili, come un corpo, sia animato che inanimato, quando raggiunge gli zero gradi Kelvin, quindi dovrebbe essere di struttura fragile. Ma ciò non spiega perché non si sia frantumato quando Casey lo ha fatto cadere. Se fosse stato vetro normale si sarebbe frantumato. Invece, non ha nulla. Solo le crepe con cui è tornato dal Nexus. Queste cellule sono strane, mai viste prima d’ora. Guardate, non sono come le cellule che compongono composti inorganici, sono circondate da questa misteriosa aura bianca, che pare faccia loro da scudo. E’ come se… scusate, non mi capita spesso di dirlo, ma è come se fossero alimentate da un qualche tipo di magia.-
Vi fu il silenzio nella stanza. Nessuno sapeva cosa dire. Forse erano stupiti della scoperta di Donatello. O forse, di nuovo, non avevano compreso il suo linguaggio.
-Cioè…- commentò Michelangelo –Vuoi dire che per tutto questo tempo TU HAI CONSERVATO UN FRAMMENTO DEL MIO TROFEO DEL NEXUS?!-
Il suo commento scoraggiò i fratelli ed il maestro. Donatello, per poco, non affondò la testa sulla tastiera, dall’imbarazzo.
-Sul serio?- sospirò Raffaello, dando al fratello minore un colpetto sul cranio –Con tutta la spiegazione di Don, tu ti soffermi su un frammento del tuo vecchio trofeo?!-
-Ehi! E’ un ricordo di quando ho vinto il Nexus, bello! Per me è importante!-
Per fortuna intervenne Leonardo.
-Ok, adesso basta, voi due. Don, vuoi dire che c’è della magia nel vetro del mio trofeo?-
-Una teoria che va al di là di ogni legge scientifica. Ma non vedo altre spiegazioni. Ho consultato libri scientifici, fatto esperimenti, tentato lo stesso approccio con i cristalli degli Y'lintyas, niente. Quel vetro è indistruttibile.- spiegò, sempre più nervoso e confuso, lo stesso atteggiamento che aveva quando non trovava soluzione o spiegazione per certi fenomeni; stava persino intrecciando le dita; non si era sentito in quello stato dal loro viaggio nel mondo virtuale per ricostruire Splinter -Credo sia la stessa magia che impedisce allo scanner di analizzare la tazza che ha al suo interno. Guardate, le immagini sono confuse e completamente distorte. Normalmente, gli oggetti appaiono distorti nel vetro a causa della rifrazione, ma questo è diverso. E’ come se qualcosa lo stesse proteggendo e credo sia la stessa magia cui è impregnata questo strano vetro.-
Quella spiegazione fece insospettire persino Leonardo. Nemmeno Donatello sapeva dare una risposta concreta alla struttura di quel trofeo. Se era coinvolta la magia, non era molto quello che potevano fare. Ma la magia poteva, quindi, giustificare la sua piccola visione, l’ombra dentro il vetro. Un’ombra di una sagoma snella. Era stata fulminea, ma si era insidiata nella mente di Leonardo.
-E dell’ombra cosa mi dici?- domandò, sperando di ottenere delle risposte.
-Leo, non c’era nessuna ombra.- rispose, dopo un sospiro, Donatello –E anche analizzandola, non ho visto nessuna ombra. Te la sarai immaginata.-
-No, io l’ho vista! Lo giuro!-
-Visto, fratello? Noti qualcosa di insolito e nessuno ti crede.- aggiunse Michelangelo, alludendo al suo salvataggio di una settimana prima, offeso –Da sui nervi, vero?-
Raffaello, per riportare i fratelli all’ordine, come al solito, batté un pugno sulla mano.
-Comunque!- esclamò –Non è per questo che siamo venuti qui, Don! Tutto il giorno di fronte al tuo aggeggio malefico ti ha fatto fondere il cervello! Avevamo pensato di rapirti e fare una passeggiata al chiaro di luna, prima di andare da Casey e April!-
Michelangelo si leccò i baffi.
-Oh, sì. Il mio stomaco anela ad una bella cenetta cinese…-
-A cosa non anela il tuo stomaco, Mickey?- fece notare, ironico, Leonardo.
Si misero tutti a ridere.

Era appena tramontato il sole, quando le tartarughe uscirono. La loro solita gara tra tetto e tetto, alternando corsa ed acrobazie.
La luna era crescente, ma illuminava ugualmente la già illuminata New York.
Splinter aveva fatto chiarire che lui sarebbe andato direttamente dai Jones, quindi non si era unito ai figli.
E non mancava molto all’ora di cena, il tempo per Casey per prendere il cibo e portarlo a casa e fare il possibile per tenere a bada gli impulsi della moglie di mangiare tutti i contenitori prima dell’arrivo degli amici.
O così credevano.
Donatello ricevette una chiamata sul Tarta-Cellulare. Era Casey.
-Pronto, Casey? Noi siamo già fuori. Tempo dieci minuti e siamo da voi.- disse, mettendo in vivavoce.
-Ragazzi, mi dispiace, ma ho ricevuto una chiamata dal lavoro.- rivelò l’uomo; sembrava davvero triste -Purtroppo c’è una sommossa nella trentesima, organizzata da una banda di veri invasati, i Thai Weasels, ed è richiesto il mio aiuto. E quindi la cena è rimandata.-
-Oh.- fu la sola reazione delle tartarughe –Non importa.- rispose Leonardo, in nome dei fratelli –Sarà per un’altra volta.-
-Mi dispiace, ragazzi, davvero. Ma se vi va di aiutarci e tenere occupati quegli invasati finché non arriviamo, ve ne sarei davvero grato.-
Raffaello sorrise: lui non diceva mai di no ad una lotta. I suoi fratelli, invece, sospirarono: per un attimo si erano illusi di poter avere una sera libera da sommosse, liti, guerriglie…
La loro routine era tornata con il loro rientro a New York.
Non potevano dire di no a Casey.
-D’accordo, dacci le coordinate e noi faremo il possibile.- decise Donatello.
-Eccellente. Siete i migliori. Dovrebbero esservi arrivate in questo momento sui vostri Tarta-Cellulari.-
Leonardo osservò il suo Tarta-Cellulare: era arrivato un messaggio di Casey, con le coordinate del luogo dove si stava tenendo la sommossa.
-Andiamo.- ordinò, serio, prima di saltare sul tetto adiacente quello su cui avevano sostato.
-Mi dispiace, ragazzi, so che ci tenevate a venire a cena da noi, stasera.-
-Il più dispiaciuto è Mick.- rispose Raffaello, accennando una risata –Tornati a casa dovremo sorbirci le sue scenate da persona in crisi di astinenza.-
-Ah. Ah. Ah. Spiritoso…- commentò, sarcastico, Michelangelo –Comunque, sì. Il mio povero stomaco resterà senza cibo cinese chissà per quanto altro tempo…-
Anche Casey ridacchiò.
-Su, su, Mick! Se completiamo questa missione velocemente faremo un bel banchetto per festeggiare!-
-Dici davvero?! Allora perché ci muoviamo così lentamente! Forza, ragazzi! Chi arriva primo si mangia il primo raviolo!-
Michelangelo aveva improvvisamente aumentato il passo, con la promessa di cibo.

Ma i suoi fratelli riuscirono a tenere il passo con lui.
Le indicazioni fornite da Casey li condussero in un magazzino abbandonato.
C’erano delle luci, all’interno. E si sentivano delle urla.
Doveva essere il luogo della sommossa.
-Sapete tutti cosa fare.- mormorò Leonardo, ancora serio in volto. Anche i fratelli erano seri e concentrati.
Potevano scherzare su molte cose, ma non sulla sicurezza di New York.
Entrarono dall’alto, dal lucernario, senza fare rumore. Atterrarono sulla piccionaia. Da lì, ebbero una chiara visione della situazione: non era una sommossa. Era un torneo. Un torneo clandestino.
Ma dagli schiamazzi percepibili persino all’esterno, era normale che qualcuno l’avesse presa per sommossa.
La piccionaia non era molto distante dal pavimento: usando delle volgari transenne, era stato improvvisato un ring; chi era fuori dalle transenne urlava come se stesse assistendo ad un torneo di wrestling; all’interno, tre uomini muscolosi stavano girando intorno ad una persona, meno robusta e meno alta di loro, che stava immobile, in posizione di combattimento. Aveva una sbarra di ferro, tra le mani. I suoi avversari avevano dei tirapugni, invece. Ad animare il combattimento c’era della musica di assalto: c’era una consolle per DJ, in un punto all’angolo, lontano dal ring, infatti. Un giovane sulla trentina, con gli occhiali da sole, nonostante fosse sera, e le cuffie alle orecchie, incitava la folla a tifare, i combattenti a dare il loro massimo nel combattimento, con un entusiasmo degno di un DJ.
-Uno contro tre? Non è corretto.- commentò Raffaello.
Leonardo aguzzò la vista, come i fratelli, sul combattente al centro; indossava una felpa larga a quadri rossi e neri, jeans larghi con qualche strappo sulla parte delle ginocchia; i capelli erano a caschetto, castano chiaro sopra e castano scuro sotto; due colori a loro noti.
-Aspettate un attimo! Ma quello è Eliseo!- fece notare, stupito –Il Templare che ho affrontato in finale!-
Anche i fratelli riconobbero il templare, nel combattente solitario: aveva già deviato un attacco di uno dei suoi avversari con la sbarra di ferro, nello stesso modo in cui aveva deviato i colpi di Leonardo, al torneo, e poi aveva contrattaccato, colpendolo dietro alle ginocchia. Uno di loro cercò di bloccarlo da dietro, mentre il terzo avanzava per colpirlo. Ma Eliseo, tenendosi stretto all’avversario, riuscì a dare un calcio a chi aveva di fronte, poi si sbilanciò di lato, facendo inciampare chi lo bloccava.
Riusciva a tenere testa a tutti e tre, senza difficoltà.
-Perché sta affrontando quei tizi?- domandò Donatello, sospettoso –Perché i suoi confratelli non sono con lui?-
Michelangelo spalancò gli occhi, sgomento, incrociando di nuovo lo sguardo con Eliseo, a sua insaputa. Aveva avuto un’epifania. La soluzione ai suoi pensieri che lo stavano quasi divorando da una settimana, dal ritorno al Nexus.
-Aspettate! Ora ricordo!- esclamò –E’ lei! La ragazza che ho salvato una settimana fa!-
Di nuovo fu osservato in modo strano dai fratelli.
-Ma che stai dicendo…?- commentò Raffaello.
-Eliseo! E’ la ragazza che ho salvato la settimana scorsa, quando facevamo la gara per andare in pizzeria! Eliseo è una ragazza! Ecco perché al torneo mi sembrava di averlo già visto! No, di averla già vista! Insomma, avete capito?!-
Vi fu un silenzio imbarazzante, nonostante la musica a palla, la voce del DJ e le grida di tifo.
-Aspetta un attimo…- cercò di sintetizzare Raffaello, premendo la parte della testa che sta in mezzo agli occhi –Vorresti dire che Eliseo, in realtà, è una ragazza?-
-Sì, ne sono sicuro!-
-Ma se così fosse, perché fingere di essere un ragazzo?- domandò Donatello.
-Ha davvero importanza?- Leonardo cercò di riportare i fratelli sulla missione; aveva già sguainato le sue katana –Ragazzo o ragazza che sia, non possiamo permettere che affronti quella gente da solo! Siete d’accordo?-
I suoi fratelli, come risposta, sguainarono le proprie armi. Erano pronti.
-Allora andiamo!-
-POTERE TARTARUGA!-
Leonardo, Donatello e Raffaello caddero di fronte ai tre omoni, con le spade sguainate.
Michelangelo atterrò vicino Eliseo, o meglio, Elisabetta.
-Bon soir, ma chérie. Nous nous rêvons encore.- disse, con aria da gentiluomo.
Gli occhi scuri di Elisabetta lo osservarono quasi scioccata. Abbassò persino un sopracciglio.
-Qu’est que vous fait ici?!- rispose, come se non gradisse l’intervento delle tartarughe.
-Oh, non sapevo sapessi parlare francese, chérie.-
I più scioccati furono, ovviamente, il resto dei presenti. I Thai Weasels.
Il DJ aprì la bocca, sorpreso.
Uno si alzò da un trono improvvisato, una poltrona che avevano circondato di lucine natalizie, un giovane sulla trentina, pelato, fisico magro e muscoloso, completamente coperto di tatuaggi e un paio di orecchini sulle cartilagini delle orecchie.
Doveva essere il capo dei Thai Weasels, Anthony.
-Cosa sono queste creature…?- mormorò, allarmato, ma anche infastidito; come osavano interrompere il torneo? Non sopportava le interruzioni; poi serrò le labbra e soffiò dal naso –Amici! Liberatevi di quelle cose, qualunque cosa essi siano! E toglietegli quei ridicoli costumi!-
Eseguirono l’ordine: scavalcarono o spostarono le transenne e marciarono contro le tartarughe.
Il DJ sorrise.
-Qui ci vuole una bella musica di assalto!- annunciò. Cambiò musica. Effettivamente cambiò.
Molto più ritmata. Conforme al combattimento che stava per avvenire.
Leonardo, Donatello e Raffaello avevano già le armi sguainate. Ne stesero un paio a testa.
Erano troppi. Ma dovevano tenerli impegnati fino all’arrivo della SWAT. Leonardo pregò che arrivassero in tempo.
Poi guardò indietro: anche Michelangelo ed “Eliseo” stavano combattendo contro alcuni Weasels.
-Mick!- esclamò, dopo aver spintonato un altro Weasel –Porta via la ragazza! Noi terremo occupati questi tizi fino all’arrivo di Casey! Ci vediamo al rifugio!-
-D’accordo!- approvò Michelangelo, senza pensarci due volte; prese la ragazza per il punto vita –Il Michelangelo Express di nuovo disponibile per lei, chérie. Prego astenersi dagli urli.-
Elisabetta era confusa.
-Da cosa…?- domandò.
La tartaruga saltò in alto, facendo scontare due omoni l’uno contro l’altro, intenti in una carica contro la tartaruga e la templare. Lei, però, urlò, presa alla sprovvista.
Tornarono sulla piccionaia.
Michelangelo teneva la ragazza tra le sue braccia, come fossero una coppia sposata.
Lui le sorrise.
-Bon soir.-
Lei non sembrò apprezzare il gesto: cominciò a dimenarsi, ad agitarsi, per tornare con i piedi per terra.
-Laissez-moi! Mettimi giù!- esclamò.
Lui eseguì, adagiandola sulla ringhiera, sorpreso.
-Va bene, va bene. Che modi.- commentò, quasi offeso. Lei gli diede le spalle, incrociando le braccia.
 Nel piano terra, intanto, Leonardo, Raffaello e Donatello stavano combattendo senza sosta contro i Thai Weasels.
Anthony, però, non aveva perso d’occhio la templare e la tartaruga dalla benda arancione.
-Che aspettate?! Inseguiteli!- ordinò, a gran voce. Alcuni salirono le scale, per raggiungere i fuggitivi; li circondarono su entrambi i lati.
Non erano molti, ma erano comunque troppi per due persone.
E nel volo, Elisabetta aveva perso la sbarra di ferro.
Si aggrappò di nuovo a Michelangelo, saltandogli letteralmente addosso.
-No! Tirami su! Tirami su!- esclamò.
La tartaruga non si sbilanciò, nonostante la ragazza non fosse proprio un fuscello, ma la prese ugualmente tra le sue braccia.
-Va bene! Va bene!- esclamò, scappando da alcuni Weasels, talvolta saltando proprio sopra le loro teste per tornare al lucernario –Certo che sei volubile, chérie.-
Salirono sul tetto, chiudendo la finestra.
-Bene, chérie, ora reggiti forte, perché dovremo fare parecchi voli, prima di arrivare al rifugio.-
-Rifugio?-
-Certo. Non vorrai mica che ti abbandoni per strada?! Non sarebbe carino.-
Esattamente come era successo la sera del “salvataggio”, Elisabetta si tenne stretta a Michelangelo, per non rimanere impressionata dall’altezza. E Michelangelo sorrise alla sua stretta. Oltre ad April ed Angel, nessuna altra donna abbracciava o tentava un contatto fisico con le tartarughe.
Nel frattempo, Leonardo, Donatello e Raffaello stavano continuando a combattere contro i Thai Weasels. Il loro stile di combattimento si basava in gran parte sul muai thai, come indicava il loro nome. Tanto coordinato, quanto brutale. Ma non era nulla a cui non potessero tenere testa con le loro abilità.
C’erano uomini di stazza enorme, quanto di struttura esile. Uomini e donne. E ognuno di loro aveva almeno un tatuaggio.
Come i Dragoni Purpurei. Fu come un tuffo nel passato, per le tartarughe. Non piacevole.
Due Weasels tentarono di dare un pugno simultaneo a Raffaello, che bloccò con entrambe le mani, incrociando i polsi. Due contro uno. Fu una prova di forza. La tartaruga stava per cedere.
-Ma quando chiama, quell’imbranato…?!- mormorò, a denti stretti, cercando di resistere il possibile contro i due uomini.
Anche Anthony aveva preso parte alla sommossa: si mise di fronte a Leonardo, non appena questi respinse un uomo e una donna con un doppio calcio a spaccata frontale.
Il ninja venne quasi preso alla sprovvista: si spostò lateralmente appena in tempo, evitando il calcio frontale del capo.
Anthony non aveva armi, neppure un tirapugni: continuava ad attaccare, senza sosta. Leonardo schivava e indietreggiava. Non trovava una falla nella sua difesa, neppure un momento per contrattaccare. Poi, il guscio toccò qualcosa: una transenna.
Era con le spalle al muro. No, era una possibilità. Attese il nuovo colpo di Anthony per saltare indietro, facendo leva sulla transenna, per poi usarla come scudo.
Notò con stupore l’effetto della gomitata destinata a lui su di essa: aveva piegato il ferro!
Nonostante la corporatura, Anthony era molto forte.
Si osservarono negli occhi: c’era qualcosa nei suoi occhi che inquietò la tartaruga. Uno sguardo freddo, serio, concentrato.
Il Tarta-Cellulare di Raffaello suonò in quel momento. Era Casey.
Lui respinse il suo avversario con un calcio e rispose.
-Casey? Saremo leggermente occupati, qui.-
-La mia squadra è nei paraggi! Potete scappare, ragazzi!-
La squadra SWAT stava per fare irruzione. Non potevano farsi vedere.
-Ragazzi!- esclamò, appena riattaccò -Via libera!-
Donatello colpì con il bastone i suoi avversari. Poi prese qualcosa dalla sua cintura.
-Ok, copritevi gli occhi!-
Prese una piccola torcia; emise una luce così forte ed accecante che costrinse i Weasels a fermarsi e coprirsi gli occhi.
Il bagliore durò poco, per fortuna. Quando si dissolse, però, le tartarughe erano sparite.
Anthony batté un piede per terra: per poco l’edificio non tremò.
-Maledizione! Ci sono sfuggiti!- imprecò –Cercate quelle creature e riportate il templare qui!-
-No! Non è necessario!-
Il DJ si era allontanato dalla consolle, avvicinandosi al capo dei Thai Weasels. La musica si era fermata.
Aveva l’aria seria. Si tolse gli occhiali, mostrando i freddi occhi scuri.
Anthony cambiò atteggiamento, nei suoi confronti.
-Ma, signore…- mormorò, quasi balbettando; sembrava lo temesse.
-Giacomo è stato molto chiaro con voi.- tagliò corto il DJ, Andrea –Il piano era preciso e voi avete fatto la vostra parte. Quindi, non crucciatevi per questo inconveniente. Voi limitatevi a eseguire gli ordini, al resto pensiamo noi, avete capito? O potete scordarvi il nostro denaro.-
Nessuno osò obiettare, tantomeno il capo; si limitò ad un cenno della testa.
-Sì, signore…-
Un rombo improvviso allarmò tutti i presenti. E nell’edificio entrarono uomini vestiti con divise mimetiche con caschi protettivi e scudi antisommossa.
-Gli sbirri!- esclamò Anthony, sorpreso.
Andrea si rimise gli occhiali.
-Porta i tuoi fuori di qui! Ci penso io!- ordinò.
Nessuna obiezione.
Uno dei poliziotti si fece avanti. Casey-
-Squadra SWAT! Che nessuno si muova!-
Andrea rimase impassibile; e non dava cenni di timore o intenzione ad eseguire l’ordine.
Strinse i pugni, allargò le gambe e curvò leggermente la schiena in avanti. Poi, aprì la bocca, urlando.
Ma non era un urlo normale, quello che uscì dalla sua bocca. La squadra SWAT sentì un vento potente, una forza misteriosa sbilanciarli all’indietro, facendoli scaraventare contro il muro.
E Casey fu il primo. Niente di rotto, per fortuna. Ma, quando riaprì gli occhi, quell’uomo non c’era più.
Non era una forza misteriosa. Era la voce di Andrea. Erano onde sonore.
Ma come era possibile…?

Elisabetta non mollava la presa su Michelangelo, per tutto il tempo in cui saltava da un tetto all’altro, in direzione del cosiddetto “rifugio”. Nascondeva la testa sulla sua spalla, per non guardare il paesaggio che si muoveva intorno a lei.
-Ok, quasi arrivati, chérie.- annunciò la tartaruga, atterrando nei pressi di un tombino.
Avrebbe potuto concedere alla ragazza di scendere dal suo guscio, ma non lo fece. Era così raro, per lui, avere un contatto ravvicinato con una ragazza. Non poteva e non voleva perdere quella occasione.
Lei percepì un notevole cambio di temperatura, non appena si rese conto che stavano scendendo delle scale.
Alzò la testa solo quando udì Michelangelo dire: -Tadaaaa! Benvenuta nel rifugio, chérie! Mi casa es tu casa. Grazie per aver scelto il Michelangelo Express per la tratta magazzino dei brutti ceffi-Tartarifugio. Non dimenticate oggetti personali sul guscio.-
Lei lasciò la presa dal collo della tartaruga, atterrando delicatamente sul pavimento di pietra. Per poco non scivolò: era umida.
Si guardò intorno, indecisa se confusa, sgomenta o disgustata.
-Ok…- mormorò, in inglese –Dalla padella… alla ghiacciaia… e la ghiacciaia in questione è umida e puzza di muffa e fogna…-
-Forse volevi dire: “Grazie per avermi salvata e portata al sicuro, signor Michelangelo”.- fece notare la tartaruga, con un lieve inchino –Ma se dalle tue parti si usa dire così, per ringraziare, io rispondo “Non c’è di che”.-
La ragazza si voltò verso di lui, frustrata.
-Tanto per cominciare, nessuno ti ha chiesto di salvarmi. Nemmeno l’altra volta.- disse, acida.
E Michelangelo ne fu oltremodo offeso.
-Ehi! Bel modo che hai di ringraziare chi ti ha salvato la pelle! Che dovevo fare?! Lasciarti in balia di quei ceffi?-
-Me la stavo cavando benissimo, prima del vostro arrivo. E anche l’altra volta potevo tenere a bada quei tizi, non serviva il tuo aiuto.-
-Ma se ti ho sentito urlare!-
-Non ero io.-
Quella rivelazione sconvolse Michelangelo: se non era lei ad aver gridato, allora chi…?
-Aspetta… che?!-
-Prima che mi “salvassi”, ne avevo già stesi due. Uno l’avevo colpito in mezzo alle gambe e l’altro l’ho reso cieco. Non so chi dei due abbia urlato…-
Si rese conto che il salvataggio si era rivelato inutile e fuori luogo: se lo avesse saputo prima, avrebbe vinto la gara e non sarebbe stato vittima degli scherni di Raffaello per tutta la sera.
Ma il suo istinto da ninja e da supereroe aveva prevalso: di certo non poteva lasciarla da sola a combattere dei delinquenti.
-Cos’è questo casino?-
Splinter era uscito dalla sua stanza, dove stava meditando. Si stupì alla vista di Elisabetta. E lei cambiò espressione appena notò il topo gigante.
-Maestro Splinter…?- il suo tono si era fatto più gentile e più dolce; si inchinò –Quod Deus tecum ambulat.-
-Salute a te. Tu devi essere Eliseo, uno degli allievi di David.- salutò Splinter, invitandola ad alzarsi; si lisciò il pelo sotto il mento, come un vecchio maestro con la sua barba –Non mi aspettavo una tua visita. Michelangelo, dove sei stato? E dove sono i tuoi fratelli?-
La tartaruga dalla benda arancione si grattò una tempia, sorridendo imbarazzato.
-Ehm…-
Per fortuna, Leonardo, Donatello e Raffaello entrarono nel rifugio proprio in quel momento.
-Ragazzi, che serata!- commentò l’ultimo, stirandosi le braccia –Certo che quei tizi fanno concorrenza ai Dragoni Purpurei, in quanto a botte.-
-E il tuo ultimo giocattolo ha fatto il suo dovere, Don.-
-Per l’ultima volta, Leo, non è un giocattolo, è una torcia a fotoni. Ma sì, ne sono comunque fiero.-
-Ehi, vedo che Mick è tornato sano e salvo con il templare.- notò Leonardo, sorridendo alla vista di Elisabetta.
Lei non sapeva cosa fare: era confusa, disorientata, in un luogo che non conosceva e, soprattutto, che non le piaceva.
Ed era strano, per lei, rivedere il suo avversario del Nexus.
-Spero che Mick non ti abbia strapazzato troppo mentre ti ha riportato qui.- disse, premuroso.
-No… sto bene…-
Splinter stava alternando gli sguardi tra la templare ed i figli.
-Figlioli, potete ragguagliarmi su quello che è successo? April mi ha chiamato poco fa, dicendomi che la serata è annullata. E tu…- si rivolse ad Elisabetta, sorridendo gentilmente, per non metterla a disagio, tantomeno indesiderata –Non sei davvero un ragazzo, vero?-
Gli sguardi erano puntati su di lei, come tanti interrogatori di fronte ad un sospettato.
I grandi occhi scuri li scrutarono uno per uno. Non si sentiva con le spalle al muro; ma sospirò.
-D’accordo.- ammise -Credo proprio di dovervi delle spiegazioni. E’ il minimo, dopotutto, dopo quello che avete fatto per me. E’ vero, ho mentito sulla mia identità. In realtà, non mi chiamo Eliseo. Il mio vero nome è Elisabetta.-
La rivelazione non stupì i presenti: dopotutto, Michelangelo lo sapeva e lo aveva rivelato ai fratelli e Splinter lo aveva intuito.
-Beh, immagino che non ci siamo presentati come si deve. Io sono Leonardo.-
-Donatello.-
-Raffaello.-
-E io Michelangelo.-
La invitarono a sedere sul divano e Splinter le offrì una tazza di tè.
-Dicci, perché eri in quel ring?- domandò Leonardo.
Elisabetta bevve un piccolo sorso di tè. Appariva delusa, in volto. Ma non per il tè.
-Al nostro ritorno dal Nexus, il Magister mi ha detto che lo avevo deluso. Che tutti noi lo avevamo deluso, ma io più di tutti, perché ero arrivata in finale. Quel torneo significava molto per lui. Per questo mi ha scomunicata, esclusa dall’ordine.- la notizia sconvolse soprattutto Splinter, ma anche le Tartarughe ne furono sorprese -Di norma, dovevo essere condannata alla fustigazione e poi camminare, nuda, trasportando una croce di legno, in mezzo ai miei confratelli, mentre mi lanciavano pietre ed escrementi. Ma il Magister ha detto che, date le mie abilità di cavaliere, poteva ancora fare buon uso di me. Per questo mi ha inviata in quel magazzino, a combattere da sola contro quei tizi. Mi ha resa un oggetto di scommesse per lotte clandestine, come un animale. Diceva che era un modo più umiliante di far morire un cavaliere templare.-
Pronunciò le ultime parole quasi piangendo. Abbassò lo sguardo. Delle lacrime caddero persino sul suo tè.
-E’… è incredibile…- continuò, singhiozzando e ridendo nello stesso momento –Io mi fidavo del Magister. Lo rispettavo. A volte era severo, ma non mi ha mai mancato di rispetto, era comprensivo con me e mi ha sempre supportata. Uno passa una vita ad obbedire agli ordini del suo superiore, senza obiettare, e al primo sbaglio viene abbandonato per strada. Non pensavo fosse capace di farlo… Come ha potuto…?-
Anche Splinter si mostrò oltremodo deluso da quanto aveva appena udito. Deluso dal suo vecchio amico.
-Ah, David…- sospirò –Non mi aspettavo un comportamento del genere da parte sua…-
-I tuoi confratelli lo sanno che sei una ragazza?- domandò Donatello –Ho letto che non erano ammesse donne, nell’ordine templare…-
Elisabetta si asciugò le lacrime e tirò su con il naso.
-Sì, lo sanno. Ma è meglio se vi racconto tutto dal principio.- prese fiato, per riordinare i pensieri –Come hai detto tu, nell’ordine templare non sono ammesse donne, perché esse sono emissarie del demonio, in quanto Eva, la prima donna, fu tentata dal serpente a mangiare il frutto proibito e causato la cacciata dal Paradiso Terrestre di lei e Adamo, il primo uomo. Lo stesso motivo per cui i templari non possono avvicinarsi alle donne, tantomeno avere figli.-
-Che pensiero retrogrado!- commentò Donatello; e i fratelli erano d’accordo con lui.
-Non ero nessuno prima di unirmi ai templari. Volevo far parte di qualcosa di importante. Ma per farlo, dovevo rinunciare alla mia vecchia identità. Nascosi il mio aspetto, mi tagliai i capelli e mi presentai al loro cospetto con il nome di “Eliseo”, come un profeta della Bibbia, successore di Elia.-
-E nessuno ha sospettato qualcosa?- domandò Leonardo.
-No. O almeno così credevo. Superai tutte le prove. Io ed altri candidati fummo sottoposti ad un allenamento simile a quello militare, per rafforzare il nostro corpo. E a questo viene alternato l’apprendimento dell’arte della spada, seguendo le tecniche raffigurate nel libro “Flos Duellatorum”, “Il Fiore dei Duelli”, il nostro testo guida per le battaglie. Il nostro allenamento è concentrato soprattutto sulla forza e sulla resistenza.-
Infatti, sia Leonardo che Raffaello, che avevano affrontato due templari, al Nexus, lo avevano notato nel loro modo di combattere.
-E poi c’è la Veglia, un’intera notte dedita al digiuno e alle preghiere.-
-Digiuno?!- si stupì Michelangelo –Mondo Pizza! Non dire queste cose! Mi viene fame al solo pensiero! Io non resisterei un’intera notte al digiuno…-
-Tu non resisteresti un’ora senza mangiare, Mick…- borbottò Raffaello.
-E superata la Veglia, c’è l’investitura a cavaliere. Eravamo in cinque, ed eravamo sopravvissuti tutti alla Veglia. Con me c’era anche il figlio di David, Federico. Anche lui era al Nexus.-
Splinter ricordava ancora il volto di Federico: ricordava soprattutto come era stato trattato dal padre David.
-Aspetta un attimo…- fece notare Donatello -Non avevi detto che i templari non possono avvicinarsi alle donne e nemmeno avere figli?-
-Questo se sono già parte dell’ordine.- spiegò la ragazza –E’ concesso concepire dei figli prima di entrare nell’ordine. A patto che anche loro diventino templari, quando raggiungono l’età giusta.-
Questo spiegò la presenza del figlio di Luigi, Carmine, pensò Splinter. E ringraziò il cielo che non fosse prepotente e arrogante come suo padre.
-Tornando a me… i primi mesi da templare erano abbastanza tranquilli. Riuscivo a nascondere la mia vera identità senza problemi. Ma poi, Andrea, il secondo del Magister lo scoprì…-
Non seppe come ci riuscì: probabilmente aveva notato dei comportamenti strani da parte di “Eliseo”. O l’aveva scorta mentre rimuoveva la benda che copriva i suoi seni. Ma un giorno l’aveva presa per un braccio e trascinata nel salone principale.
-Abbiamo un impostore tra noi!- aveva annunciato, a gran voce; il resto dei Templari era già riunito –Un fraudolento! Un ingannatore! O meglio, un’ingannatrice!- senza scrupoli, prese un pugnale e stracciò la tunica monacale di “Eliseo”, e con essa le bende che nascondevano la verità, mostrando il suo corpo per intero –Fratello Eliseo è una donna!-
Alcuni si stupirono, ma nessuno sguardo di sgomento per la nudità della ragazza. Lei aveva fatto il possibile per coprirsi con le mani, ma l’Andrea anziano, nonostante l’età avanzata e la corporatura magra, riusciva a metterle dietro la schiena, mostrando i segni della vergogna al resto dei templari.
Luigi si era alzato in piedi, il più sconvolto di tutti.
-Una donna… all’interno dell’Ordine?!- esclamò –Quale affronto! Un’emissaria del demonio venuta a noi per corromperci tutti! Sarà venuta qui per prosciugare le nostre casse, adempiere alle sue voglie sfrenate e privare i nostri giovani del loro voto di castità! E magari lo avrà già fatto! Meretrice!- aveva preso un gatto a nove code, una frusta con nove cordicelle di pelle; l’Andrea anziano l’aveva messa in ginocchio, mentre lei strizzò gli occhi e iniziò a piangere –Per aver ingannato l’Ordine, ti condanno a cento frustate!-
-Ferma la tua mano, fratello Luigi!-
Luigi eseguì l’ordine.
David era entrato nella sala: l’accusa era iniziata senza di lui. L’Andrea anziano e Luigi avevano erroneamente fatto le sue veci.
-Io… Gran Maestro David…- cercò di giustificarsi Luigi, abbassando la frusta e inchinandosi –Stavo punendo questa ingannatrice. Ha mentito a tutti noi sulla sua identità. Merita di essere punita. -
-Ho sentito tutto.- rivelò David, mantenendo lo sguardo di ghiaccio –E’ vero, costei ci ha ingannati, mentendo sul suo nome, sulla sua identità, sul suo aspetto. Ma non ha mai fatto del male a nessuno, le nostre casse sono ancora integre e non mi risulta abbia mai tentato i nostri giovani.- si rivolse agli adepti –Qualcuno di voi ha mai ricevuto compromettenti visite notturne da questa fanciulla, ora umiliata di fronte a tutti voi?-
Scossero tutti la testa.
-No, Magister.- risposero.
Ed era vero: “Eliseo” non aveva mai fatto nulla di maligno o peccaminoso. Il suo unico peccato era stato solo mentire.
-Visto? Nulla di compromettente. Inoltre, ha superato tutte le prove, ed è portata per l’arte della spada. Non merita questa umiliazione.-
-Ma, Magister...!- protestò l’Andrea anziano.
-Cosa ne sarà di questa fanciulla, lo deciderò io.- tagliò corto il Gran Maestro, con aria severa, rivolto persino a Luigi –E con questo, il discorso è chiuso.-
Elisabetta era ancora in ginocchio, in lacrime, coprendosi le parti intime con le braccia e con le gambe.
David si era tolto il mantello, con cui coprì la ragazza.
-Vieni con me, figliola…- le disse, con la premura di un padre, mettendole una mano sulla spalla.
La condusse nel suo ufficio, facendola sedere su una sedia di fronte alla scrivania. Lei si teneva stretta il mantello, coprendosi il possibile. Aveva lo sguardo spento, privo di lume. E il lume era la speranza. Al suo posto era subentrato il timore, la sensazione di vuoto, come se il mondo le stesse crollando addosso.
-Mi manderete via, non è vero…?- mormorò, con un filo di voce, senza osservare in faccia il Magister.
Lui si voltò: era tranquillo, sereno. Non appariva minimamente turbato.
-Mandarti via?- disse, sorpreso –Non sia mai. Tutto dipende dalle risposte che darai alle mie domande.-
Un interrogatorio: Elisabetta stava di nuovo per scoppiare a piangere.
-Ti hanno fatto male?-
-Solo nell’animo e nell’orgoglio.-
-Lo vedo nel tuo volto che non sei una tentatrice. Luigi ragiona come se vivesse ancora nel secolo scorso, quindi ti chiedo scusa per il suo comportamento. Tuttavia, una domanda me la sono posta, su di te. Tu sapevi che le donne non sono ammesse fra i Templari: perché vi hai preso comunque parte?-
-Perché ho sempre ammirato le storie che si raccontano sui templari. Volevo sentirmi parte di qualcosa di importante. Non volevo più essere una nullità. Volevo mettermi alla prova e dimostrare al mondo il mio valore. Volevo scappare dal mio mondo, dalla mia vecchia vita. E quale modo migliore se non rinascere sotto la luce di Dio, come Abramo, come Paolo di Tarso?-
David sospirò, tornando in posizione eretta e osservando di nuovo fuori dalla sua finestra: c’era luna piena, quella sera, velata da qualche nuvola.
-Anche io ho qualcosa da confessarti, figliola. L’ho sempre saputo che eri una donna.-
Elisabetta riprese il lume nei suoi occhi, stupita da tale rivelazione.
-Cosa, voi…? E da quanto?-
-Da molto tempo. Un cavaliere che una volta al mese è febbricitante, non combatte come dovrebbe e deve andare spesso in bagno, non è cosa comune in un uomo. Non sono divenuto Gran Maestro solo per le mie doti in battaglia.-
Elisabetta ridacchiò, ma poi tornò seria e preoccupata.
-Allora perché non lo avete rivelato agli altri? Perché non mi avete mandato via?-
-E rinunciare così ad un dono di Dio?- con quella frase, David aveva eliminato il dubbio nel cuore di Elisabetta -Hai talento con le armi, ogni arma che impugni diventa letale e tieni testa persino a fratello Giacomo. Senza dimenticare la tua passione per l’arte, storia e letteratura medievale. Sarebbe un peccato mandarti via. Inoltre, i tuoi confratelli ti rispettano. Non è facile essere rispettati, senza essere costretti.-
-Ora che sanno che sono una donna, non mi tratteranno più come prima.-
-Non se io lo proibisco. Ma a questo proposito, mi permetto una nuova domanda: qual è il vero nome di fratello Eliseo?-
Era passata poco meno di mezz’ora da quando David aveva condotto Elisabetta nel suo ufficio: si ripresentarono, insieme, nel salone. Elisabetta aveva di nuovo la tunica monacale addosso.
-Fratelli templari…- annunciò il Gran Maestro –Ho avuto un colloquio con il qui presente fratello Eliseo, che ha rivelato di chiamarsi Elisabetta. Sono a conoscenza che il nostro ordine prevede di non ammettere donne, ma, come voi stessi potete testimoniare, Elisabetta ha dimostrato forza, resistenza e valore pari a quelli di un uomo. Per questo ho deciso di non scacciarla dall’ordine, ma, piuttosto, di tenerla.-
Il radicale e misogino Luigi si sconvolse e si alzò in piedi, come se avesse assistito ad uno spettacolo scandaloso. E, per lui, quell’annuncio era stato uno spettacolo scandaloso.
-Gran Maestro, non potete dire così! E’ contro il codice templare!-
-I tempi sono cambiati, fratello Luigi. E non è saggio contestare le decisioni di un Gran Maestro.-
Quelle parole misero l’uomo a tacere. L’Andrea anziano non osò controbattere. Come il resto dei confratelli.
-Tuttavia, ci saranno delle clausole da rispettare.- aggiunse David -Ella ha deciso di intraprendere il percorso da Templare, ben cosciente dei rischi cui andava incontro. Per questo ha accettato la condizione di continuare a vestirsi e atteggiarsi da uomo. E, d’ora in avanti, vi rivolgerete a lei con il suo vero nome, Elisabetta, poiché il nostro Signore Dio e suo Figlio Gesù accettano chiunque sotto la loro luce. Ma fuori da queste mura e in presenza degli altri ordini Templari la chiamerete di nuovo “Eliseo”. Sono stato chiaro?-
Tutti annuirono.
-Bene. Ora mi aspetto che vi comportiate come se tutto questo non fosse mai accaduto. Comportatevi con sorella Elisabetta come avete sempre fatto. Se qualcuno oserà mancarle di rispetto, ne risponderà a me.-
Osservava Luigi, mentre lo diceva.
Le tartarughe e Splinter ascoltarono la storia della templare con interesse e stupore.
-Mondo Pizza, che storia…- commentò Michelangelo, a bocca aperta.
-Spero almeno gli altri abbiano mantenuto la parola…- aggiunse Leonardo, preoccupato.
-Sì, lo facevano. Non era cambiato molto da quando mi fingevo Eliseo. C’era solo Luigi, che mi lanciava spesso occhiate di disprezzo, ma gli altri continuavano a trattarmi come prima, alcuni persino meglio di prima. Uno dei ragazzi che aveva fatto la Veglia con me, Francesco, un giorno mi disse: “Sai, sono contento che tu sia una ragazza.”. Ma anche io dovevo fare la mia parte. Infatti, continuavo sempre ad indossare abiti maschili e accettai la condizione di farmi chiamare Eliseo, fuori dal nostro ordine. Per gli altri non fu così complicato chiamarmi “Elisabetta”. Anzi, sia da Eliseo che da Elisabetta, alcuni di loro continuano a chiamarmi “Eli”.-
-Se vuoi, possiamo chiamarti anche noi così.- propose Leonardo, sorridendo.
Elisabetta non rispose: si limitò ad alzare le spalle. “Fate come volete” sembrava voler dire.
Anche Raffaello, a modo suo, si interessò alla storia della templare.
-Quindi sei fuori, adesso…- sintetizzò, con tono indifferente –Cosa hai intenzione di fare, adesso, ragazza?-
-Raph, non è il modo di rivolgersi ad una ragazza, anche se è un cavaliere. Specie per lei. Non vedi che è sconvolta?- fece notare Michelangelo, rimproverandolo.
-Non lo so…- rispose lei, divenendo apatica; il tè, ancora nelle sue mani, stava diventando freddo.
Leonardo storse la bocca: non potevano certo abbandonarla per strada a morire di fame. Non era nella loro morale, tantomeno nel codice del Bushido. E vederla in quello stato… confusa, dispersa, vuota… la costante sensazione che il mondo si fosse frantumato sotto i suoi piedi… anche lui aveva provato una sensazione simile, in passato, dopo la battaglia contro lo Shredder Utron, Ch’Rell, e quando avevano perso Splinter nel mondo virtuale, nel loro viaggio di ritorno dal futuro.
Se non avesse avuto il sostegno dei fratelli, sarebbe stato perso.
Elisabetta aveva perso il suo mondo, i suoi amici. Sentì il dovere di aiutarla.
Le mise una mano sulla spalla.
-Se vuoi, puoi stare da noi.- propose.
La proposta fu approvata dai presenti; Michelangelo addirittura sorrise. Raffaello era quello più scettico.
La ragazza inclinò la testa di lato, quasi confusa.
-Cosa…?-
-Sì, perché no? Inoltre, io sono rimasto oltremodo colpito dal tuo modo di combattere. Se me lo permetti, mi piacerebbe allenarmi con te e migliorare le mie abilità.-
-Sono d’accordo con Leonardo.- aggiunse Splinter –Confrontarsi con altri stili migliora le vostre abilità e capacità di adattamento. Io dico che potrebbe essere vantaggioso per entrambe le parti. Tu cosa ne pensi, Elisabetta?-
La ragazza rifletté. Poi fece un lieve sorriso. In fondo, non aveva altra scelta.
-Accetto la vostra ospitalità.-
Il sorriso di Michelangelo si allargò sempre di più.
-Davvero?! Grande! Cioè, ma certo. Ti permettiamo di stare da noi.-
-Tuttavia…- Elisabetta si era alzata in piedi, posando la tazza di tè ormai freddo per terra –Se volete che rimanga per allenarmi con voi, devo chiedervi di scortarmi alla base dei Templari, qui, a New York, per prendere i miei oggetti personali.-
Raffaello sospirò.
-Ecco, e ti pareva che non partisse il favore…-
-Dobbiamo proprio andare dai Templari? Puoi tranquillamente usare le nostre armi.- domandò Donatello, un po’ titubante –E, aspetta, perché voi Templari siete qui a New York?-
-Dettagli più tardi. E sì, dobbiamo. Non posso allenarmi senza le mie armi e le vostre non credo siano adatte per me, con tutto il rispetto. Inoltre, avrò bisogno di vestiti, se starò con voi.-
Aveva la sua logica. Non c’era da biasimarla. Come un trasferimento.
-D’accordo, si farà.- decise Leonardo –Quando suggerisci di partire.-
-Adesso. Tra mezz’ora partiranno i Vespri e poi si recheranno nella mensa per la cena. Per tutto quel tempo, i corridoi saranno sgombri e noi avremo via libera.-
-A-adesso…?- balbettò Michelangelo, toccandosi lo stomaco –Ma il mio pancino reclama la cena, adesso.-
Elisabetta rise.
-Tranquillo, se faremo abbastanza presto, vi offro la cena.-
-Sì, ce ne devi una, signora cavaliere…- borbottò Raffaello -Visto che la serata cinese è saltata per colpa dei tuoi amichetti muai thai…-
-Allora che stiamo aspettando?!- tuonò la tartaruga dalla benda arancione, salendo sul divano e ponendosi come un supereroe; la promessa di cibo lo faceva sempre distogliere dalla sua pigrizia –Andiamo!-
Di nuovo, dovettero saltare sui tetti di New York, per raggiungere l’hangar divenuta la base temporanea dei Templari.
Elisabetta continuava a tenersi stretta a Michelangelo.
-E’ questo?- domandò Leonardo.
-Esatto. E l’edificio accanto lo abbiamo reso nostro dormitorio.-
-Scusa se te lo chiedo, Eli…- fece notare Donatello –Ma tutto questo non è un tantino abusivo?-
-Devi chiedere ai quattro capi, io eseguo solo gli ordini.-
-Quattro capi?-
-Sebbene il vero capo sia David, l’organizzazione del nostro ordine è tetrarcale. David è il Gran Maestro, poi c’è Andrea, il suo secondo, Giacomo, lo stesso che hai affrontato tu, Raffaello, è il braccio destro di David, e per ultimo Luigi, il castigatore.-
Michelangelo quasi impallidì.
-Mondo Pizza. Certo che voi fate sul serio…-
-E’ così. Presto, se riusciamo a prendere la mia roba prima che finiscano i Vespri sarà già qualcosa.-
-Giusto. Qual è la tua camera?- fece Leonardo.
-Quella laggiù.-
Si diressero verso una finestra situata in un punto esterno dell’edificio. Era chiusa.
-Maledizione!- imprecò Elisabetta, nella sua lingua, l’italiano; poi tornò a parlare inglese –Certo, non potevano sapere che sarei tornata a prendere la mia roba. Sarebbe troppo strano…- borbottò, sarcastica –Ma se rompessi la finestra, desterei sospetti.-
-Spostati, cavaliere.- si fece avanti Raffaello.
Stando attento a non rovinare il legno, infilò il sai nella fessura che divideva le due ante della finestra. Poi si udì un clack! e la finestra si aprì.
-Voilà.- annunciò.
Entrarono tutti e cinque nella stanza, stando bene attenti a non fare rumore.
-Ok, e adesso?- sussurrò Donatello.
-Due di voi restino alla finestra, mentre altri due sorveglino la porta.- ordinò Elisabetta, aprendo l’armadio, dove teneva i suoi vestiti. Vi prese anche un borsone.
-Sorvegliare la finestra? Sorvegliare la porta? E perché? Non avevi detto che erano tutti riuniti per la messa serale?- domandò, sospettoso, Raffaello.
-La sicurezza non è mai troppa. A volte capita che mandino qualcuno ad ispezionare le camere.- spiegò lei, prendendo degli oggetti e mettendoli nel borsone; non aveva molti abiti; e le scarpe che indossava erano le uniche scarpe che possedeva, eccetto per un paio di anfibi neri che mise nel borsone -Allora, mi serve questo, questo… oh, questo soprattutto! E anche questo!-
Aveva preso un libro dalla copertina rigida e una specie di collana con dei grani e una croce in mezzo.
-E quello cos’è?- domandò Leonardo, curioso. Insieme a Raffaello, stava sorvegliando l’esterno della porta, ma ogni tanto rivolgeva lo sguardo alla ragazza.
-E’ la Bibbia, il nostro testo sacro. Non posso viaggiare senza.-
-E l’altro?-
-Il mio rosario. Mi serve per pregare.-
-Che cultura beota…- commentò Raffaello, sottovoce. Ricevette un calcio sugli stinchi dal fratello. Per poco non urlò –Ma sei scemo?!-
-Impara a rispettare le altre culture, Raph.-
Dall’armadio, Elisabetta corse verso il comodino situato accanto al letto.
-Oh, ti prego, fa’ che ci sia, fa’ che ci sia…- lo aprì e tirò un sospiro di sollievo; estrasse un anello con il simbolo templare inciso sopra, che mise al dito –Ah, ti adoro, Fede!- disse, in italiano.
Chiuse il borsone e lo mise sulle spalle.
-Allora, hai finito?-
-Con i miei vestiti sì, Raffaello. Ora dobbiamo andare in armeria per prendere le mie armi e la mia armatura.-
-Altra roba?!-
-Certo! Devo attrezzarmi per bene, per allenarmi con voi!-
-Dove si trova l’armeria?- domandò Leonardo, intromettendosi nel discorso.
-Nell’hangar. Ma è meglio passare dall’esterno. C’è una finestra che da sul cortile posteriore.-
Dovettero uscire dalla finestra del corridoio per recarsi all’esterno dell’edificio, per non farsi scoprire.
Da una finestra del piano terreno, furono in grado di entrare nell’hangar. Leonardo e Donatello rimasero nel cortile, per fare la guardia. Con Elisabetta erano entrati Raffaello e Michelangelo.
Entrarono in una stanza illuminata da una luce fioca. Intorno a loro, spade, scudi, pugnali, lance, azze, asce, archi e frecce…
L’armeria templare.
Raffaello restò a bocca spalancata dallo stupore. E da un’improvvisa crisi di Stendhal.
-Questa è… la vostra armeria?! Io… io credo… che sto per svenire…-
Barcollò davvero all’indietro: Michelangelo fu abbastanza rapido da spingere contro il guscio posteriore.
-No! Non svenire!- schioccò le dita –Resta con noi! Quante sono queste, Raph? Di che colore è la mia benda?-
-Shhh! Fate silenzio.- stava cercando qualcosa, tra le armi –Deus mi, dove me l’hanno messa…? Ah, eccola!-
Estrasse una spada con l’impugnatura nera e il pomo con il simbolo templare.
-Salutate Hesperia, la mia spada.-
Credendo si trattasse di uno scherzo, Michelangelo fece un lieve cenno della testa, a mo’ di inchino e sorrise: -Ciao, Hesperia.-
Ma Raffaello non fece la stessa cosa.
-Ora non mi dire che date dei nomi alle vostre spade…- commentò, quasi divertito –Cioè, sarebbe troppo ridicolo.-
-Perché no? Quando scegli una spada, diventa parte di te. E’ una parte della tua anima che si incarna nell’arma che impugni. E’ giusto che tu dichiari che una spada è tua dandole un nome.-
Anche Michelangelo si mise a ridere.
-Ah, e io credevo che fosse uno scherzo. Ah! Ah! Ah!- rise insieme a Raffaello.
Elisabetta storse la bocca e aggrottò le sopracciglia.
-Badate bene che Hesperia è la stessa spada che avrebbe messo a tappeto Leonardo.-
-Già, ma non l’ha fatto.- fece ricordare Raffaello.
-Ah, giusto…- tornò ad osservare tra le armi, specialmente tra gli scudi; ne estrasse uno, bianco sopra e nero sotto, con al centro la croce templare rossa –Ah, ed eccoti qui anche tu. E sei anche risistemato. E questo è il compagno di Hesperia, Hellas.-
-Ciao, Hellas.- salutarono, di scherno, le due tartarughe.
Elisabetta non rise alle loro reazioni, ma non reagì. Mise lo scudo alle spalle, con la cinghia legata al collo, e tornò a cercare altro, tra le armi.
-Bene, ora mi serve anche questo, questi e questo.- aveva preso un’azza, due coltelli, un mazzafrusto e un arco con delle frecce, che consegnò alle due tartarughe, per far loro smettere di ridere –E poi mi serve anche questo.- prese qualcos’altro dalle armi, che mise dentro il bordo dei pantaloni.
-E quello cos’è?- domandò Raffaello, incuriosito.
-Un gatto a nove code.-
-Un cosa a nove code?!- domandò Michelangelo.
-Non è importante per voi. Ah, ecco qui anche la mia armatura.- oltre alle armi, su appositi manichini, erano sistemate delle armature, con le relative cotte di maglia e gambeson. E sotto delle armature vi stavano delle valigie, dentro cui sistemarle.
-Ci vorrà un po’ per sistemare ogni pezzo.- avvertì la ragazza, mettendo i primi pezzi nella valigia –Voi due controllate che non entri nessuno.-
Le due tartarughe sbuffarono, soprattutto Raffaello.
-Di nuovo ordini…-
All’esterno, intanto, Leonardo e Donatello stavano attendendo quasi impazienti il ritorno di Elisabetta e dei due fratelli.
-Spero non sia capitato nulla di grave…- mormorò il secondo, quasi preoccupato –Ci stanno mettendo un po’.-
-Stai tranquillo, Don. Non sono dei principianti. Avranno i loro motivi per metterci tanto. Dobbiamo avere pazienza ed avere fiducia in loro.-
C’era un’altra finestra, accanto a quella dove erano entrati Elisabetta, Raffaello e Michelangelo, decisamente più piccola e da cui si udiva un continuo mormorio. Probabilmente era la predica della messa serale. In italiano e in latino.
Un breve silenzio.
Poi, una voce maschile.
-Salve…-
La mente di Leonardo subì una specie di scossa elettrica, a quel canto.
A quella voce, seguirono altre voci.
-Regina…-
Di nuovo un bagliore.
-Mater misericórdiae,
vita, dulcédo et spes nostra, salve.-
Una visione. Un’immagine sfocata, dell’interno di una chiesa, con delle persone che intonavano quel canto, quelle stesse identiche parole.
Una sensazione di deja-vu.
Come se avesse già sentito quella melodia, in passato.
Osservò la piccola finestra, in alto, da cui venivano quelle voci.
Spinto dalla curiosità, si avvicinò, e si arrampicò sul muro, con le ventose.
-Leo! Che stai facendo?!- esclamò Donatello, sottovoce –Così ti vedranno!-
-Rilassati, Don. Do solo un’occhiata. E poi così posso vedere se qualcuno sta uscendo dal salone e avvertire gli altri.-
Vide l’intero gruppo templare di David.
Indossavano le vesti monacali, tuniche bianche con una croce rossa sul petto.
Ascoltò tutta la canzone.
-Ad te clamámus,
éxsules filii Evae.
Ad te suspirámus geméntes et flentes
in hac lacrimárum valle.
Eia ergo, advocáta nostra,
illos tuos misericórdes óculos
ad nos convérte.
Et Iesum, benedíctum fructum
ventris tui,
nobis, post hoc exsílium, osténde.
O clemens, o pia, o dulcis Virgo María!-

La sensazione di déjà-vu non lo abbandonava: aveva già ascoltato quella canzone, in passato. Ma non sapeva quando.
Insieme ad essa, crebbe in lui un sentimento di angoscia, nostalgia, malinconia: sentì il suo cuore spezzarsi e sciogliersi in lacrime di commozione.
“Perché mi sento così?” pensò, cercando di reprimere quelle sensazioni. Non riusciva a controllarle. Era come se non fossero sue. Come se un’altra persona, attraverso lui, fosse entrata nel suo cuore e preso possesso dei suoi sentimenti.
-Psst! Leo! Sono tornati!-
La voce di Donatello lo distolse dai suoi pensieri. Rapido, scese dal muro.
Michelangelo faceva il possibile per non mollare la presa sulle armi scelte da Elisabetta.
Raffaello, invece, stava portando la valigia con l’armatura. Il borsone con gli oggetti personali della ragazza era rimasto all’esterno. Fu preso da Leonardo.
Elisabetta aveva solo la spada nel fodero e lo scudo alle spalle.
-Trasferimento completato.- annunciò Michelangelo, con tono da vincitore -Congratulazioni, Elisabetta, ora ti sei ufficialmente trasferita nel Tarta-Rifugio!-
-Ah, lasciamo perdere queste frivolezze!- tagliò corto Raffaello, infastidito –Piuttosto, tagliamo la corda, che questa roba pesa!- poi osservò Leonardo in faccia, insospettendosi –Ehi, Leo, tutto bene? Stai… piangendo?-
Leonardo non comprese cosa insinuasse il fratello.
Poi si passò una mano sulla guancia e la osservò: una lacrima.
Non si era accorto di star lacrimando.
Le lacrime stavano scendendo dai suoi occhi senza il suo volere.
La sua reazione fece incuriosire gli altri due fratelli e anche Elisabetta.
-Io… scusate.- disse, asciugandosi gli occhi, con il dorso della mano –Non so cosa mi sia preso…- tirò su con il naso –Ma non perdiamo tempo. Torniamo subito al rifugio.-
Aveva dato un ordine, con tono e sguardo sicuro, ma il suo cuore era pieno di domande e dubbi: quel canto… lo aveva commosso. Come era possibile? E cos’era quella visione?
Non doveva mostrare dubbi di fronte ai fratelli. Decise di passarci sopra, come faceva con il suo solito sogno.
Michelangelo passò le armi a Donatello, caricando la ragazza sul suo guscio.
Nessuno, all’interno dell’hangar, aveva sospettato qualcosa.
Il ritorno al rifugio si rivelò più difficoltoso dell’andata, a causa del carico che le tartarughe stavano trasportando.
-Capolinea! Siamo tornati a casa!- annunciò Michelangelo, facendo scendere Elisabetta dal guscio.
Donatello si sdraiò sul pavimento, lasciando cadere le armi.
-Oh, grazie al cielo!- sospirò, stremato –Ancora un passo e crollavo.-
-Beh, lo hai già fatto, fratello…- notò Raffaello, ridacchiando e Leonardo si unì a lui.
Elisabetta si avvicinò a lui, o meglio, alle armi.
-Mi dispiace tu abbia portato questo peso, Donatello.- si scusò, prendendole; notò l’armeria delle tartarughe, dove furono posizionate.
Splinter era sintonizzato sul telegiornale. Distaccò lo sguardo, appena udì la voce dei figli.
-Ah, bene, vedo che siete tornati.- notò le armi portate da Elisabetta –Mia cara, domani metterò alla prova le tue capacità di combattimento con le tue armi contro i miei figli.-
La notizia allietò la ragazza, che si inchinò.
-Ne sarò oltremodo onorata, Maestro Splinter. E grazie ancora per la vostra ospitalità.- osservò alla sua sinistra; notò il trofeo del Nexus, osservandolo con aria sospetta –E’ il trofeo del Nexus, questo? Cosa gli è successo?-
-Beh, diciamo che l’irruenza di Raph lo ha fatto incrinare.- rispose Leonardo, dando un lieve scapaccione al fratello.
-Ahi! E te lo ripeto, non l’ho fatto apposta!- si rivolse, poi, ad Elisabetta -Ehi, tu, avevi promesso che ci avresti offerto la cena! Cosa fai ancora qui?!-
Lei alzò le mani, in gesto di resa.
-Va bene, va bene, messere. Ai vostri ordini.- disse, sarcastica -Prima di dirmi dove prendete di solito il cibo cinese e darmi le vostre ordinazioni, sapreste dirmi se c’è un centro per il cambio delle monete, nelle vicinanze?-

Dieci minuti dopo, la ragazza era fuori, per strada. Osservò, seria, da entrambi i lati, per assicurarsi che non passasse nessuno.
Si nascose in un angolo buio. Poi strofinò l’indice ed il medio sinistro sulla croce dell’anello che teneva sull’anulare destro.
“David… David… David…” pensò, tenendo gli occhi chiusi.
I suoi occhi girarono; era visibile solo il bianco.
Era entrata nella dimensione mistica.
Di fronte a lei notò il Gran Maestro David.
-Elisabetta…-
Lei si mise composta, con le mani dietro la schiena e la testa alta.
-Prima fase del piano completata. Sono entrata nel rifugio delle Tartarughe e sono rientrata in possesso dei miei beni.-
-Bene.- annuì David –Ora non ti resta che passare alla prossima fase. Devi fare in modo di ottenere la fiducia di Splinter e le Tartarughe, con ogni mezzo. Noi ti daremo una mano, quando ne avremo occasione. Dobbiamo ottenere il Graal a tutti i costi.-
-Ho un aggiornamento che potrebbe interessarti, Magister.- aggiunse la templare –Il trofeo sembra aver subito danni. Era incrinato e trasparente. E ho notato un oggetto al suo interno.-
Quell’informazione fece riflettere David.
-Il Graal. O qualcosa collegato a esso. Qualunque cosa si tratti, non staccargli gli occhi di dosso, Elisabetta.-
-Ricevuto.-
-E c’è un’altra cosa che dovresti sapere…- si era fatto più cupo –Sembra che anche i nostri nemici siano interessati al Graal. E non mi sorprende se fossero già alle sue tracce, o, peggio, fossero già a New York per trovarlo. Noi procederemo con la nostra parte del piano, ma vedremo di investigare a proposito. Ma tu tieni gli occhi aperti e stai attenta a non compromettere la tua posizione.-
-Sarò prudente, Magister.-
-E, Elisabetta… vedi di non deludermi di nuovo.-
-No, non lo farò, Magister.-
Uscirono entrambi dalla dimensione mistica.
Elisabetta era tornata nel vicolo buio.
Rifletté sulle parole di David. Se il trofeo era davvero il Graal, doveva trovare un modo per toglierlo da quell’involucro di vetro.
“Non deludermi di nuovo”
No, non poteva deluderlo. Era la sua seconda occasione.
Non era stata scomunicata. Era ancora una templare.
-Potrei ancora fare buon uso di te…- aveva sibilato David, il giorno del ritorno dal Nexus –Una settimana fa, hai rivelato che una tartaruga gigante armata di nunchaku è corsa in tuo aiuto, mentre cercavi di reclutare i Thurgh, giusto?-
-Sì, Magister.-
-Se non erro, la tua descrizione corrisponde a uno dei “figli” di Splinter. Quello dalla benda arancione. Michelangelo, mi pare.-
-Credo di sì, Magister.-
-Ottimo. Sfrutteremo questa “conoscenza” a nostro vantaggio.-
Era tutto parte del piano di David.
-Devi entrare in contatto con le Tartarughe, rendertele amiche, e, nel frattempo, cercare di impossessarti del Graal e portarlo a noi.-
-Ma come facciamo a farla incontrare con quegli abomini, David?- aggiunse l’Andrea anziano, serio –Non possiamo lasciare al caso.-
David, a tal proposito, si voltò verso Giacomo.
-Giacomo, contatta i Thai Weasels. Devono organizzare una sommossa e combattere contro Elisabetta. E non dimenticare di chiamarla Eliseo.-
Lui annuì.
-Certamente. Chiamo subito Anthony e lo avverto.-
-E tu, Salterio…- stava parlando all’Andrea DJ –Farai da supervisore. Prepara la tua copertura. Per ogni imprevisto, pensaci tu. Avvisaci, quando una parte del piano è compiuta.-
-Obbedisco.-
-Andrea…- tornò a parlare al suo secondo –Consulta i tuoi contatti. Vedi cosa altro puoi scoprire sulle “Tartarughe Ninja”.-
-Mi metto subito all’opera.-
-E dobbiamo preparare una storia anche per te, Elisabetta. Una storia che li convinca a tenerti sotto la loro ala. Devi far loro credere di essere stata scomunicata e cacciata dall’ordine. Questo ti metterà in posizione di vantaggio. Se quelle Tartarughe sono come Splinter, non ci penseranno due volte ad aiutarti. E tu farai il possibile per graziarteli e far finta di fare amicizia con loro.-
-Sì, Magister.-
-E non dimenticarti di riprendere possesso dei tuoi oggetti personali, soprattutto dell’anello. Non lasciar loro credere che sia un’azione programmata. Fai in modo che sia un caso. Se vieni durante i Vespri, non dovreste avere problemi.-
-Sì, Magister.-
-Questa è la tua seconda occasione. Non sprecarla.-
La sua seconda occasione.
Non poteva deludere David.
Non importa quanto tempo avrebbe impiegato, il Graal sarebbe stato nelle mani dei Templari, a qualunque costo. Ma, al momento, la missione consisteva avvicinarsi alle Tartarughe, ottenendo la loro fiducia e amicizia. Doveva concentrarsi solo su quello.
Nell’hangar, anche David era uscito dalla dimensione mistica.
L’Andrea anziano, Giacomo e Luigi erano con lui, impazienti di venire a conoscenza degli aggiornamenti.
-Elisabetta è ormai dentro il rifugio di Splinter e delle Tartarughe.- annunciò, naturale –La prima parte del piano è andata a buon fine.-
La notizia sollevò i tre tetrarchi templari.
-Bene, allora non ci resta che aspettare.- commentò l’Andrea anziano –Sperando sia all’altezza della situazione.-
-E’ la sua seconda occasione.- fece notare David, sicuro di sé -Sa benissimo che non può sprecarla. Altrimenti è la scomunica. E lei tiene al suo posto.-
-Solo una domanda, David.- riprese l’Andrea anziano -Come sapevi che il Graal era nel Nexus?-
David sorrise.
-Semplice. Mi è apparso in sogno.- rivelò; si sentiva appagato, importante, come un profeta biblico -Un messaggio del Signore, mi piace pensare. Egli mi ha mostrato il Graal, emerso dalle acque. Il giorno seguente sono venuto a conoscenza del nuovo torneo del Nexus. Non poteva essere una coincidenza. E se quello che ha detto Elisabetta è vero, allora il Graal è il trofeo del Nexus. O meglio, è dentro il trofeo.-
-Affascinante…- commentò l’Andrea anziano –Una reliquia cristiana recuperata in un mondo pagano e protetta da un materiale di un altro mondo… Spero troverà un modo per recuperare il Graal.-
-L’hai avvertita dell’altra cosa?- aggiunse Luigi, serio e preoccupato, ma non per la ragazza.
-Sì, l’ho messa in guardia dai nostri nemici. Mi aspetto, comunque, che non restiate con le mani in mano, se Spettro o un altro dovesse avvistarli. Dovete fare anche voi la vostra parte, se il nostro piano dovesse essere compromesso.-
-Sì, David.- risposero tutti.
-Anche se dovesse tornare il Rinnegato?- domandò Giacomo.
-Soprattutto se dovesse tornare il Rinnegato.- anche David tornò cupo –Quando avverrà, mi aspetto che sarete tutti pronti per portarlo al mio cospetto e dargli la giusta condanna. Intanto, proseguiamo con il piano generale.-
La porta che portava ai dormitori era semi aperta: dallo spiraglio, Federico, il figlio di David, aveva ascoltato tutto, preoccupato e anche inquieto. Non era chiaro perché.
Sospirò dal naso, tornando nella sua stanza.
Fu quando chiuse la porta che notò la croce del suo anello illuminarsi. Qualcuno lo stava chiamando.
Poggiò le dita indice e medio della mano sinistra e, improvvisamente, entrò nella dimensione mistica.
-Ciao, Fede.-
Era Elisabetta. Aveva chiamato anche lui.
Lui sorrise, sollevato di vedere la consorella.
-Eli. Ero preoccupato. So che il piano ha avuto successo. Ora sei a casa delle Tartarughe.-
-Sì.- storse la bocca -Chiamarla “casa” è un eufemismo. Vivono nelle fogne. L’hanno arredata come una casa. E ognuno di loro ha allestito un angolo personale. Non è così male, ma ancora non hanno fatto niente per l’odore e l’umidità. Mi dovrò adattare. Domani mi allenerò con loro.-
-Beh, dai, devi stringere i denti. Si tratterà solo del tempo necessario per… prendere il Graal…-
Federico sembrava triste.
Elisabetta se ne accorse.
-Ehi, Fede, tutto bene?- chiese, preoccupata –Ti vedo pallido. Ancora non riesci a dormire?-
-Dormire è diventato difficile per me. E’ come se la mia mente fosse assediata da mille pensieri, inoltre, continuo a fare quel sogno…-
-Da quanto fai quel sogno?-
-Più di una settimana. E’ una tortura…-
Federico ed Elisabetta erano molto legati. Sia nell’identità di Eliseo che nell’identità di Elisabetta. Non era cambiato nulla. Non aveva reagito come Luigi, quando aveva scoperto la vera identità di “fratello Eliseo”. Non gli importava.
Cercavano costantemente di farsi forza l’un l’altra, nei momenti di dubbio e incertezza. Erano l’uno il pilastro dell’altra.
-Ehi, Fede…- riprese la ragazza, distogliendo l’amico dai suoi pensieri; mostrò la mano destra –Grazie per aver messo l’anello nel comodino.-
Federico sorrise di nuovo. Forse per non far allarmare ulteriormente l’amica.
-Figurati. Non potevo non farlo. Sapevo che saresti tornata.-
-E per un po’ di tempo non ci vedremo…- in quel momento fu lei ad essere triste; porse la mano destra, allungando il dito mignolo –Prometti che ci chiameremo ogni sera, prima di andare a letto? Mi sento già molto sola…-
Lui non ci pensò due volte a stringere il mignolo della ragazza con il suo.
-Certo che lo prometto.- dichiarò. Anche lui si sentiva solo; per fortuna, avevano modo di tenersi in contatto.
-Buonanotte, Fede.-
-Buonanotte, Eli.-
Uscirono entrambi dalla dimensione mistica.
Elisabetta era nel bagno. L’unico luogo in cui poteva comunicare nella dimensione mistica, senza allarmare nessuno.
Poi uscì, notando Michelangelo mettere una coperta piegata sul divano del salotto. Gli altri erano andati a dormire.
-Ehi, Eli, sei sicura che ti vada bene dormire sul divano?- domandò, premuroso –L’offerta di cederti la mia stanza è ancora valida…-
-Non temere, Michelangelo.- rispose lei, sorridendo –Starò bene, non preoccuparti.-
-Smetterò di preoccuparmi solo se mi chiamerai Mick.-
-Va bene, Mick. Così va meglio?-
-Decisamente.- le mise una mano dietro la schiena e la fece camminare -Senti, visto che starai qui per un po’ di tempo, ti faccio fare un giro turistico del rifugio. Questo è il salotto, dove ogni sera guardiamo un film, sei già entrata nel bagno…-
Anche Federico, nella base provvisoria Templare, era uscito dalla dimensione mistica.
Vedere e parlare con l’amica gli aveva sollevato l’animo. Almeno stava bene, questo era l’importante.
Poi, qualcuno bussò alla porta.
-Federico? Sei ancora in piedi?- era Carmine –Muoviti, gli altri ci stanno aspettando di sopra.-
-Arrivo, Carmine.-
Uscì dalla stanza. I figli di David e di Luigi camminarono fianco a fianco fino alle scale.
-Senti, Carmine, durante i Vespri, non hai avvertito una strana sensazione?- domandò il primo, sospettoso –Come se qualcuno ci stesse osservando?-
Carmine fece spallucce.
-Non che io sappia. Ma durante tutti i Vespri?-
-No, mentre cantavamo il Salve Regina. Ho visto qualcosa, alla finestra dell’hangar. Ed è stato come se avessi visto un’ombra.-
Carmine sospirò; picchiettò leggermente la schiena del ragazzo accanto a lui.
-Mio caro Federico, ma stai dormendo? La tua insonnia ti fa fare brutti scherzi. Vedi di rimanere lucido di mente per il gioco delle imitazioni.-
Nella mansarda, infatti, si erano riuniti tutti i confratelli. Tranne i tetrarchi. Erano un gruppo di età varia. Adulti e adolescenti insieme.
E l’Andrea DJ faceva da arbitro e organizzatore.
-Bene, le regole le conoscete. Iniziate!- fece suonare una campanella.
A iniziare fu un uomo di nome Marco, capelli rossi corti e barba folta dello stesso colore, fisico massiccio, polpacci grossi.
-Aspetta, è un albero.-
-No, una casa.-
-Una montagna.-
L’Andrea DJ suonò la campanella.
-Tempo scaduto!-
-Cos’era?-
-Il triangolo stradale.-
Tra i confratelli si alzò un urlo di disappunto.
-Il prossimo è il nostro Federico. Vai!-
Federico si alzò dal pavimento, pescando un biglietto da un cappello.
Lo aprì e si mise in posizione.
Cambiò espressione: appariva quasi pallido in volto, allarmato.
-Preoccupato?-
-Impaurito?-
-Timoroso?- dicevano i confratelli.
Lui non rispondeva: addirittura osservò fuori dal lucernario. Non stava giocando, era davvero preoccupato.
-Scu-scusatemi, io…- balbettò, muovendo la testa nevroticamente intorno -Io non me la sento di giocare, non posso. Devo… devo andare. Scusatemi!-
Scappò dalla stanza, quasi sbattendo la porta, lasciando i confratelli perplessi.
Carmine storse la bocca, scuotendo la testa.
-Avrà avuto un altro attacco di panico…- mormorò –Tipico, quando si sente inadeguato per qualcosa, ovvero sempre. Prendo io il suo posto.-
Non era chiaro il motivo della reazione di Federico. Era da più di una settimana che si comportava in quel modo. Ogni scusa era buona per ritirarsi in camera sua. I confratelli lo prendevano spesso in giro per questo. L’unica a preoccuparsi per lui era Elisabetta. Ma, in quel momento, lei non c’era.
E lui era solo contro i suoi stessi confratelli.
Ma presto si sarebbero riuniti contro i loro nemici.
Infatti, in tre zone differenti del mondo, tre spie avevano chiesto di vedere i propri capi.
Una donna bionda, un uomo mulatto e un caucasico.
Stesso messaggio, stessa reazione.
-Il Graal è a New York…?-
Culture diverse, stesso desiderio.

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Quindi Elisabetta ha mentito alle Tartarughe? Non è stata davvero scomunicata?
Il Trofeo del Nexus contiene davvero il Graal?
Perché il vetro del trofeo sembra così resistente?
E chi sono i nemici dei templari? Perché anche loro desiderano il Graal?
Come si spiega l'onda d'urto scatenata da Andrea?

Cosa significherà il sogno di Leonardo?
E perché si è commosso al "Salve Regina"?

 

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Note finali: Scusate se non ho proprio usato il linguaggio scientifico, con Donatello. Abbiate pazienza, la scienza ed io non andiamo molto d'accordo: studio Scienze Umanistiche... XD E per il potere di Andrea mi sono ispirata a Black Canary. E, in ultimis, "Hesperia" e "Hellas" non sono nomi messi a caso; sono i nomi antichi dell'Italia e della Grecia; in greco antico, appunto. Piccola nota storico-patriottica. C-:
   
 
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