Storie originali > Soprannaturale > Licantropi
Segui la storia  |       
Autore: BabaYagaIsBack    28/01/2020    0 recensioni
●Book I●
Aralyn e Arwen anelano alla libertà. Fin dall'alba dei tempi quelli come loro sono stati emarginati, sfruttati, ripudiati, ma adesso è giunto il momento di cambiare le cose, perché nessun licantropo ama sottomettersi, nessun uomo accetta la schiavitù. Armati di tenacia e coraggio, i fratelli Calhum compiono la più folle delle imprese, rubando a uno dei Clan più potenti d'Europa l'oggetto del loro potere. In una notte il destino di un'intera specie sembra cambiare, peccato che i Menalcan non siano disposti a farsi mettere i piedi in testa e, allora, lasciano a Joseph il compito di riappropriarsi del Pugnale di Fenrir - ma soprattutto di vendicarsi dell'affronto subìto.
Il Fato però si sa, non ama le cose semplici, così basta uno sguardo, un contatto, qualche frecciatina maliziosa e ogni cosa cambia forma, mettendo in dubbio qualsiasi dottrina.
Divisi tra il richiamo del sangue e l'assordante palpitare del cuore, Aralyn e Joseph si ritroveranno a dover compiere terribili scelte, mettendo a rischio ciò che di più importante hanno.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



65. My life for you


Aralyn si ritrovò congelata, incapace sia di avanzare sia di tornare indietro. In lei non vi era altro che sorpresa, ora.

Era lì.

Lui era esattamente davanti ai suoi occhi, eppure, mentre ne seguiva la scia, le sembrò terribilmente lontano. 
Ne percepiva l'odore, i versi. Vedeva i suoi muscoli contrarsi, il pelo muoversi nel vento come se tante piccole mani avessero deciso di passarvi attraverso. Le sue iridi di ghiaccio brillavano sul muso contratto in un'espressione di pura ferocia, mentre le zanne baluginavano minacciosamente a destra e manca, provando a impaurire e allontanare Arwen.
Era bello e maestoso persino più dell'ultima volta che lo aveva visto combattere in quella forma e nonostante le costasse ammetterlo, non poté evitarsi di paragonarlo a Manàgmar stesso - era vero, infondo, che i Puri fossero diversi da loro, più imperiosi, eleganti e brutali; e ciò la lasciava senza fiato. Ogni suo movimento pareva far parte di una danza eseguita sulle note baritonali e profonde di un canto di guerra, la stessa che anche suo fratello stava sentendo.
La silhouette di uno si susseguiva all'altro, mentre i loro artigli cercavano della carne in cui conficcarsi per strappare, ferire, martoriare.
Più lei guardava, più sentiva il cuore gonfiarsi di meraviglia per poi esplodere di dolore, così in un circolo vizioso che le parve non poter avere più fine. 

Erano lo spettacolo migliore a cui si potesse assistere, ma al contempo il peggiore. E inaspettatamente, la giovane si trovò a sentire nel petto anche un lieve sollievo nel saperlo reale. Per giorni aveva cercato di tenersi lontana da lui e dal suo ricordo - fallendo diverse volte -, arrivando persino a credere che Joseph non fosse altro che un sogno; ma adesso lui era lì, concreto. Se si fosse spinta un po' più in là avrebbe addirittura potuto sfiorarlo, avvertirne il calore.
Gli era mancato in un modo difficile da descrivere a parole: silenziosamente e con costanza, come una goccia che a furia di cadere crea un solco nella roccia - ed erano stati lontani solo una settimana, come sarebbe successo se fosse stata una vita intera?

La lupa mosse una zampa in avanti, incantata dal pensiero di essergli così vicina da poterlo finalmente toccare, ma fu un nuovo guaito a spezzare la malia in cui si era ritrovata prigioniera. 
Facendo scattare il capo, portò la propria attenzione dall'altra parte dello spazio visibile, notando Fernando venir preso in contropiede da quello che lei riuscì a identificare come Gabriel Menalcan, il primogenito di Douglas, il fratello di Joseph e, soprattutto, il suo aguzzino - ricordava perfettamente il suo viso nella camera dell'albergo che per una sola notte aveva condiviso con il traditore, esattamente come la sua voce, che prese a rimbombarle nella testa al pari di un fastidioso latrato.

L'istinto animale, nel momento esatto in cui realizzò tutto ciò, parve riaffiorare in lei con una violenza inaspettata, divenire un geyser. Quell'uomo improvvisamente si tramutò nel suo unico bersaglio, mentre il resto rimase sospeso fuori dalla sua mente - anche se, purtroppo per lei, non era immobile come avrebbe sperato. Né Arwen, né il suo avversario, avrebbe smesso di puntare alla trachea l'uno dell'altro.

Aralyn puntò le zampe a terra, fletté gli arti anteriori e in meno di qualche istante si ritrovò lanciata verso l'energumeno nero che stava mettendo in difficoltà il suo compagno.
Sentì l'aria sferzarle il viso, il pavimento farsi sempre meno consistente sotto ai polpastrelli e le ci volle poco meno di una manciata di secondi per balzare addosso al purosangue con le fauci spalancate. Gli si riversò addosso convinta di avere la medesima forza di uno tsunami, certa di star facendo qualcosa di utile, ma dovette rivalutare le sue aspettative.
Azzannò la prima porzione di pelle che le capitò a tiro, senza studiare alcuna strategia; una premura che si rimproverò presto di non aver preso. Se lo avesse ferito a una zampa avrebbe limitato - o quantomeno rallentato - i suoi movimenti; se gli avesse morso un orecchio sarebbe riuscita a stordirlo a sufficienza per permettere a Fernando di rimontare; se avesse colpito il collo avrebbe potuto procurargli una lesione che, con l'andare dello scontro, sarebbe potuta risultargli fatale, ma invece si ritrovò a sprecare il suo unico vantaggio: l'effetto sorpresa.

Non era né possente, né forte, tanto meno poteva dirsi resistente - tutto ciò che l'aveva sempre caratterizzata erano la velocità e la scaltrezza, in casi rari la rabbia; nulla che in quel momento avesse potuto contrastare Gabriel, un vero e proprio macigno se paragonato a lei.

Fu quando gli si ritrovò addosso che si pentì di quella fretta, della stupidità con cui aveva infine agito, sopraffatta da una sé che era rimasta nascosta fino all'ultimo.

Sotto ai denti la giovane poteva ben sentire la carne di lui, molto più dura di quanto si fosse aspettata e il cui sangue era tanto dolce da nausearla, ma la cosa non parve consolarla affatto. Sì, perché il figlio dell'Alpha resistette meglio di come aveva immaginato, ritrovandosi a compiere solo qualche passo vacillante lateralmente. Il contraccolpo con il corpo di lei lo spostò poco e soprattutto non lo stordì a dovere - inoltre, dalla sua gola non emerse altro verso se non un ringhio gutturale. E il cuore prese a batterle forte nel petto.

Cosa aveva fatto? In che guaio si era cacciata?

La lupa mollò immediatamente la presa, si acquattò a terra e facendo leva sulle gambe provò a colpirlo in qualche punto più critico, ma lui si fece trovare ancor più preparato. Era vero che gli eredi di quell'Alpha Puro erano bestie inarrestabili e con spiccate doti per lo scontro; i loro geni avevano una marcia in più rispetto a quelli di un qualsiasi altro mannaro, anche di lei.

Il Menalcan arretrò, poi caricò il colpo. Aralyn dovette scartare inaspettatamente di lato per evitare di venir afferrata dalle tenaglie che erano le sue arcate dentarie, scivolare sul pavimento e mettere qualche centimetro tra loro - perché non poteva fare altrimenti, non era abbastanza addestrata per far fronte a un licantropo del genere e, di quel passo, le sue tanto elogiate qualità offensive sarebbero diventate inutili. Gabriel sembrava invincibile.

Con il muso rasente terra, la lupa ringhiò, pregando dentro di sé di trovare un'idea abbastanza buona da permetterle di scampare al guaio in cui si era volontariamente immischiata; la mente però era vuota, non riusciva a mettere insieme nulla di efficace.

Dannazione!, si disse con lo stomaco stretto in una morsa ferrea. Nessuno le aveva mai detto che avrebbe dovuto affrontare un nemico tanto difficoltoso in una situazione così critica. In più non era lucida, affatto. Se la sua sé animale era rivolta verso quello scontro, come le aveva dimostrato la foga di soccorrere un compagno, la parte umana non riusciva a pensare ad altro che a ciò che stava accadendo alle sue spalle.

Chi stava avendo la meglio? Chi, invece, stava rischiando di perdere per sempre?

D'improvviso, oltre la sagoma del bestione che aveva di fronte, vide comparire Fernando. Si era ripreso giusto in tempo per evitarle un male assicurato e come era giusto che fosse era tornato a reclamare il suo sfidante.

Con la bocca spalancata e i denti in bella mostra si avventò nuovamente su Gabriel, riuscendo dove lei aveva fallito.

Un peso le si levò dal petto.

La stazza dell'amico gli conferiva una forza nettamente superiore a quella di lei e, grazie al cielo, il suo tempismo era altrettanto repentino - quante volte le aveva salvato la pelle in quell'ultimo periodo? Ormai Aralyn ne aveva perso il conto.

Una volta scampati a quella battaglia avrebbe dovuto ringraziarlo fino allo sfinimento. Sempre se fosse riuscita a restare tutta intera.

I due maschi ruzzolarono a terra con un tonfo, allontanandosi da lei in modo rassicurante, ma subito si rimisero a quattro zampe e presero ad azzuffarsi con più foga di quanta ne avessero mostrata prima. L'odio reciproco trapelava da ogni verso che si riversava fuori dalle fauci.

I loro artigli fendettero l'aria, permettendogli di colpirsi a vicenda, anche se mai in maniera preoccupante. Erano graffi che non sarebbero riusciti a mettere k.o. l'uno o l'altro licantropo, ma solo a rallentarli.

Il pelo di entrambi si scurì maggiormente in alcuni punti, mentre il sangue prendeva a colare giù dalle prime ferite. Piccole gocce rosse caddero a terra, venendo subito dopo calpestate dai polpastrelli e trasformate in lunghe scie carminie. 
I loro grugniti percossero più e più volte le orecchie della ragazza, ma nonostante il fastidio che le stavano arrecando il suo sguardo si perse altrove, dall'altro lato della stanza - lì dove Arwen tentava senza freni di sopraffare Joseph.

Mentre suo fratello assaliva e si spingeva sempre più vicino all'avversario con unghie e denti, il Puro non faceva altro che difendersi e ringhiare, quasi non avesse alcuna intenzione di reagire alle offese del nemico. Perché? 
Voleva forse farsi ammazzare? 
Come poteva ignorare il fatto che l'albino non l'avrebbe lasciato andare finché non fosse stato a un passo dalla morte?

Poi, senza che potesse realmente rendersene conto, Aralyn si sentì sbalzare lontano e le immagini davanti a lei diventarono parte di un turbinio quasi psichedelico. 
Il terreno sotto le sue zampe scomparve per interminabili secondi, mentre il vuoto allo stomaco le fece salire un conato di vomito in gola. 
Non fece in tempo a realizzare la gravità della situazione che, con una fitta lancinante al fianco, si ritrovò a sbattere sul granito del pavimento. Fu un colpo che le mozzò il fiato, tanto intenso da stordirla.

Cosa stava succedendo?

Svelta sollevò il capo, puntando gli occhi nella direzione in cui si trovava prima. Seppur con qualche secondo di totale confusione, lentamente vide avvicinarsi a sé la figura ripugnante e minacciosa di un lupo che aveva sperato non si preoccupasse mai di lei e della sua presenza lì: Douglas Menalcan, l'Alpha.

Il cuore di Aralyn smise di battere, facendola rabbrividire.

No.

Non poteva davvero essersi preso la briga di attaccare proprio lei.

Cosa avrebbe fatto ora? Un conto era tentare di sfidare un licantropo giovane e con poca esperienza, un conto era diventare il bersaglio del capobranco stesso. 
Il panico divenne una specie di cappio alla gola, così stretto da farle improvvisamente sentire l'urgenza di boccheggiare. Non aveva mai dovuto fare i conti con un licantropo di tale importanza, nemmeno si era permessa il lusso di sognare così in grande. 
Nonostante nelle sue vene scorresse lo stesso sangue di Arwen, Aralyn non aveva neanche una volta osato definirsi al pari di un Alpha. 
Come poteva sperare di tenere testa a quel tizio? Persino Carlyle aveva preferito rintanarsi in chissà quale angolo d'Europa piuttosto che affrontare a viso aperto il capofamiglia Menalcan, il possessore del Pugnale e il capo del Concilio. E se anche il Duca temeva la sua forza, lei come pensava di riuscire a sopravvivere?

Senza attendere oltre, la ragazza si rimise sulle proprie zampe, ignorando il dolore alle ossa che sentiva essersi ormai incrinate sotto alla carne del fianco. Provò a scattare in una qualsiasi direzione, ma prima che riuscisse realmente ad allontanarsi, Douglas le fu addosso, graffiandole il lato della coscia posteriore. 
I suoi artigli le penetrarono la carne, ma non abbastanza da lacerare in modo serio muscoli o nervi.

Aralyn guaì, per un attimo temette di perdere l'equilibrio, ma non demorse e spinse ancora sulla zampa infortunata, riuscendo a correre nei pressi della scrivania riversa a terra.

Vi si rifugiò dietro al pari di un animale in trappola, cercando di nascondere sé stessa oltre il legno: ma cosa credeva di ottenere così? Il suo avversario non era certo uno stolto, men che meno i suoi occhi erano rovinati dall'età - doveva certamente averla vista rintanarsi lì, doveva quindi sbrigarsi a decidere come agire, più tempo trascorreva in balìa della preoccupazione, meno ne avrebbe avuto per trovare una soluzione.

Se il capoclan nemico si fosse mosso con la lentezza di prima, forse sarebbe riuscita a trovare una via d'uscita da quella situazione, ma se invece le fosse piombato addosso con la furia tanto decantata dai suoi nemici, allora, non avrebbe avuto altra scelta che provare a respingerlo - come, era ancora una terribile incognita.

La lupa diede svelta un'occhiata alla ferita, trovandosi il manto sporco di sangue e la carne viva a spuntare tra i peli pallidi. Osservò quel taglio con circospezione, certa che se avesse stretto i denti e lasciato correre l'adrenalina in corpo non le avrebbe dato alcun problema.
Sì, doveva fidarsi della propria sé animale, era l'unica soluzione.

Contraendo la mandibola alzò nuovamente lo sguardo oltre la scrivania, scrutando la stanza. Le orecchie irte e in ascolto, ma a parte Gabriel e Fernando intenti a correre fuori dallo studio e i grugniti di suo fratello e Joseph, non vi fu altro capace di catturare la sua attenzione.

Perchè Douglas non c'era? Dove si era cacciato?

Il panico la prese alla gola, il cuore iniziò a battere senza sosta e, quando poi si volse, ne vide l'enorme muso a pochi centimetri da sé.

Volle gridare, ma anche se fosse stata umana si sarebbe trovata la gola secca. Desiderò stringere le palpebre e riaprirle altrove, ma le venne impossibile staccare gli occhi da quelli di lui, così diversi da quelli del licantropo che amava, eppure altrettanto profondi.

Mossa dalla paura provò a spingersi indietro con le zampe, ma il piano in legno le si schiacciò contro la schiena ammonendola: nessuna via di fuga.

Era spacciata.

Morta!

Si era condannata da sola.

Le fauci di Douglas si aprirono e rivoli di bava scesero lungo le zanne. Era così vicino che il suo alito le riempì il naso e la paura le ottenebrò la mente.

Che fare?

Ora che Fernando era corso all'inseguimento di Gabriel, chi l'avrebbe salvata?

Nessuno.

Erano tutti troppo occupati a sfamare la propria vendetta personale per occuparsi di lei. Non c'era più alcun membro del clan pronto a difenderla - e fu proprio questo a far scoppiare il suo istinto di sopravvivenza, quello che nelle ultime ore non aveva fatto altro che scattare a intervalli irregolari.

Giusto qualche istante prima che le fauci dell'Alpha provassero a stringersi sul suo collo, Aralyn s'acquattò a terra, coda tra le gambe, orecchie basse e torace contro il pavimento, scivolando tra le zampe di lui il più velocemente possibile, ma soprattutto, mutando.

Mentre il muso di Douglas andava ad azzannare del legno duro e privo di vita, lei tentava il tutto per tutto pur di non morire a quel modo.

Le sue ossa si ruppero talmente alla svelta che nemmeno riuscì a sentire dolore, riassemblandosi poco prima che lui potesse rendersene conto. Era nuovamente umana, un bersaglio mobile nettamente più facile da trovare e colpire, ma se il suo corpo avesse retto ancora qualche trasformazione, forse sarebbe riuscita a fuggir via da lui e mettersi in mezzo a Joseph e Arwen prima che... le sue pupille incontrarono lo scenario che meno avrebbe desiderato scorgere.

I denti di suo fratello erano ben ancorati nella spalla del secondogenito di Douglas che, visibilmente riluttante e sofferente, provava in tutti i modi a levarsi  di dosso l'albino.

Quell'immagine le fece accapponare la pelle e la necessità di andare in suo soccorso divenne tanto intensa farle venire il vomito.

Non poteva essere vero.
Non voleva che lo fosse.

Tra tutti gli incubi che aveva fatto nelle ultime notti nulla era paragonabile alle sensazioni che si sentiva smuovere ora nel ventre. Una sorta di baraonda, un inferno racchiuso tra le viscere del suo corpo.

Grugnendo si mise in piedi.

Doveva liberarsi di Douglas prima che lui potesse avere la meglio su di lei e poi, precipitarsi da Joseph il più in fretta possibile.

Se Arwen doveva davvero ripudiarla, almeno con quel gesto lo avrebbe fatto per un buon motivo - lo stava per tradire ancora, ma almeno non sarebbe stato doloroso quanto perdere l'uno o l'altro uomo e sopravvivergli.

Con i piedi sporchi di sangue si mise a correre per la stanza alla ricerca di un qualsiasi oggetto contundente da poter usare per difendersi, lasciando dietro di sé tracce di un intenso rosso. Arrancò verso una parete su cui se ne stavano due spade incrociate, i cui foderi mostravano in tutta la loro opalescenza il valore di quei monili. Quella visione fu una specie di lampo che le squarciò i pensieri, portandola inevitabilmente a fiondarcisi addosso.
Erano la sua arma più potente in quel momento e se ne stavano lì, a qualche manciata di centimetri sopra alla sua testa, quasi aspettandola.

Aralyn, sbattendo contro il muro, allungò il braccio nel disperato tentativo di raggiungerle. Tese ogni muscolo fino allo spasmo, sentendo i polpacci bruciare, le dita irrigidirsi pur di toccare il cuoio, eppure non sembrava mai essere abbastanza vicina. Nemmeno saltare sembrava essere sufficiente e, più cercava di far veloce, più i passi di Douglas le rimbombavano nelle orecchie.
Erano alle sue spalle, lo percepiva chiaramente.
Il suo fiato era vicino, lo sentiva viaggiare per la stanza e graffiarle la schiena.

Ormai l'aveva puntata, era la sua preda - e seppur non la temesse, come dimostrava la sua lentezza nell'andarle incontro, non le avrebbe lasciato scampo.
Dopotutto era pur sempre un'Impura.

Il cuore della ragazza martellava sempre più nel petto, dandole l'idea di essere sul punto di spaccarle il torace e uscire. Avvertiva il dolore con molta più lucidità di quanto non sentisse tutto il resto, ma nonostante il terrore, provò comunque a perpetrare nel suo ultimo e disperato piano - perché era certa che qualsiasi tentativo di fuga sarebbe stato vano, ma soprattutto, se lei gli fosse sfuggita, lui si sarebbe vendicato su...

Arwen!

Nel momento esatto in cui lo pensò, suo fratello fece capolino nella scena, parandosi tra lei e Douglas a denti sguainati.
Fu un istante di totale sorpresa, in cui la ragazza non seppe se si stesse trattando di un'allucinazione o della realtà. L'uomo però era lì, riusciva a percepirne l'odore, il calore, ogni cosa.

La sua presenza non era frutto dell'immaginazione, ma qualcosa di concreto - poteva sentirlo con ognuno dei sensi.
Era tornato da lei, pronto a prendersene cura a dispetto di tutto ciò che le aveva detto in quegli ultimi giorni. Gli occhi di Aralyn si riempirono di lacrime, una gioia amara le invase il corpo. Alla fine aveva scelto di perdonarla, giusto? Non poteva essere altrimenti. L'avrebbe lasciata in balìa di Douglas se non avesse cambiato idea!

I due licantropi si fissarono con astio, presero a ringhiarsi contro più minacciosamente che mai e, d'un tratto, osservando la silhouette scura dell'Alpha nemico, un sussulto la fece tornare con i piedi per terra. Non c'era più la gioia per il perdono di suo fratello a riempirle la mente, men che meno le due spade appese al muro che con tanta fatica aveva provato a prendere. Tutto ciò che la sua mente riuscì a concepire fu il viso di lui.
Se Arwen era lì voleva dire un'unica cosa: il suo vero nemico era... No! Non poteva essere vero - ma allora perché la sua testa non voleva girare in alcuna direzione? Perché d'improvviso ogni cosa pareva essersi rarefatta? Come mai nel punto dove prima sentiva palpitare con tanta insistenza ora c'era solo silenzio?  
Ma soprattutto, per quale motivo le sembrava di aver perso per sempre qualcosa?



 

Yaga:

Avete presente il disagio? E' ciò che ho provato io nello scrivere questo capitolo.
Nel momento esatto in cui ho concluso la prima frase si è scatenata in me una guerra: la consapevolezza di non saper scrivere questo genere di parti e il bisogno di dover pubblicare, arrivando così a un passo dalla fine.

Lo trovo orribile, eppure necessario.

Penso che quando sarò più lucida e avrò preso le distanze dal primo volume proverò a riscriverlo, ma davvero, so di aver deluso buona parte di voi con questo aggiornamento.

Nella mia testa è tutto molto più chiaro, lineare e pronto per essere raccontato - poi metto mano alla tastiera e ciò che riverso su word mi pare l'esatto contrario di ciò che dovrebbe essere. 

Detto ciò, aspetto di sentire le vostre opinioni; sicuramente saprete farmi vedere/notare cose che mi sfuggono.

Al prossimo capitolo.
All'epilogo.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Licantropi / Vai alla pagina dell'autore: BabaYagaIsBack