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Autore: Roiben    29/01/2020    0 recensioni
[Arsène Lupin (Maurice Leblanc) – Sherlock Holmes (Arthur Conan Doyle)]
Quando si ha per le mani un caso delicato e la concreta possibilità di fallire, nella migliore delle ipotesi, o di venire arrestati nella peggiore, in che modo risolvere un problema che sembra non avere sbocchi? A chi chiedere un estremo aiuto? Quando un uomo probo è disperato, prende decisioni disperate.
|Revisionata 11.08.2020|
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, John Watson, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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27 - E di nuovo con i piedi per terra 

 

 

 

 

 

Accomiatatosi dalla signora Hudson, il dottor Watson si decide a rientrare nel loro appartamento così da tentare di fare breccia, almeno in minima parte, nell'attenzione del suo coinquilino. Con sua sorpresa, tuttavia, dopo aver varcato la soglia scopre che l'amico non si trova più nei paraggi, o per lo meno non è più sprofondato nella sua poltrona, né si trova in salotto. Lancia un'occhiata incerta alla porta della sua camera da letto e riflette sulla possibilità di entrare per capire se per caso abbia deciso di recuperare un poco del sonno perduto. Si mordicchia le labbra, nervoso, poi scuote la testa, pensando che sarebbe piuttosto sconveniente entrare per scoprire che effettivamente era intenzionato a prendere sonno e, in quel modo, distoglierlo dal suo obiettivo. Così decide di attendere per un po', augurandosi che al suo ritorno si decida a mettere qualcosa di nutriente nello stomaco. Nel frattempo pensa bene di preoccuparsi del proprio di sostentamento e si mette a tavola per fare onore al pranzo preparato dalla padrona di casa. 

 

 

 

Mentre il dottore si trovava sul pianerottolo a bisticciare e tramare con la signora Hudson, Holmes ha accarezzato l'idea di dare alle fiamme i giornali degli ultimi giorni, soprattutto quello odierno. Ma nel tempo in cui ha gli occhi fissi sul fuoco del camino, indeciso sul da farsi, un suono indistinto, a malapena un insignificante fruscio, sembra provenire dalla sua camera da letto. A quel punto, dimentico dei propositi piromani, volta lo sguardo sulla porta che dà verso il suo giaciglio e cruccia le sopracciglia, passando quasi in automatico alla sua versione più sospettosa e intransigente. I topi di appartamento non vanno a genio a nessuno, ma in particolar modo a Sherlock Holmes. Quindi si rimette in piedi con un poco di fatica, considerando che è rimasto raggomitolato nella sua poltrona per ore, e a passi decisi si dirige incontro al suono misterioso che lo ha distratto dai propri crucci e che attualmente è scomparso, quasi non fosse mai esistito. 

 

Incurante di quel dettaglio che al momento ritiene di poco conto, si avventa sull'uscio e lo spalanca con forza, lanciando occhiate sospettose in ogni singolo angolo della camera, deciso a scovare l'intruso, foss’anche il gatto dei vicini. Quello che trova nella sua ispezione, tuttavia, non è per nulla un gatto, ma un uomo, vestito di tutto punto in abiti eleganti: una redingote blu scuro, pantaloni in tinta e dal taglio impeccabile, lo sparato della camicia di un candore abbacinante e, sopra, una cravatta blu chiaro. Solleva lo sguardo e si trova a sua volta esaminato da un paio d'occhi grigi e attenti. Da quasi un minuto è fermo sulla soglia, ogni movimento bloccato dalla sorpresa e dallo sgomento, non trova nemmeno il fiato sufficiente a emettere una parola qualsiasi, resta solo attonita incredulità. 

 

«Posso spiegarvi. Non è come sembra» lo anticipa la voce stranamente mite dell'inatteso visitatore. 

 

Storce le labbra in una smorfia sarcastica. «Ma davvero? State forse cercando di farmi credere che, contrariamente a ciò che deduco, voi non siete salito lungo il mio cornicione, non avete forzato la serratura della mia finestra, e non siete entrato senza permesso nella mia camera da letto, di nuovo?». 

 

«Ehm... Biend'accord, forse è effettivamente come sembra» tentenna, apparendo imbarazzato. «Ma, davvero, vi assicuro che ho una buona spiegazione per questo». 

 

Soffia un piccolo sbuffo. «Naturalmente, come sempre del resto». Incrocia le braccia e prende a fissarlo con insistenza. 

 

«Siete adirato. Posso comprenderlo, e me ne rammarico profondamente» soffia, deglutendo e distogliendo un momento lo sguardo. «Non immaginavo che si sarebbe concluso in questa maniera. A dire il vero, speravo che... non so, forse che si trovasse un modo per comprendersi e accomodare la faccenda» tentenna. 

 

«Vi posso assicurare oltre ogni ragionevole dubbio che ho capito alla perfezione le vostre intenzioni. Perfino uno stolto le avrebbe comprese, a quel punto». 

 

Lupin, fattosi d'un tratto pallido, scuote la testa con vigore. «No. No! Perché non sono riuscito in alcun modo a mostrarvi quello che desideravo? Tutto ciò che volevo era attirare la vostra attenzione. Ma voi travisate ogni volta i miei gesti, e in luogo della vostra considerazione ottengo disprezzo. Che altro posso fare? Cosa devo inventarmi per avere un minimo di apprezzamento? È perché sono un ladro? Per questo non merito d'esser preso sul serio, per questo vengo giudicato colpevole ancor prima di conoscere l'accusa? Ditemi voi: che cosa volete da me?». 

 

«Avevate detto di voler fare ritorno a Parigi, se non vado errato. Pur tuttavia siete ancora qui» ragiona Holmes, studiandolo con interesse. 

 

Sgrana gli occhi, si tira indietro, come colpito da un dardo. «Era quel che pensavo vi potesse far piacere. Forse sbagliavo, a volte mi capita. Ma ora non so più quel che c'è da fare» mormora, sperso. 

 

«Considerando il biglietto da visita che avete lasciato alla villa di sir Dominick ieri notte, non credo vi restino molte alternative». 

 

Si abbandona a una risata che ha un’inflessione di disperazione«Le mie risorse non sono certo illimitate, ma sembrate del parere che non possa permettermi di rimanere in un luogo in cui i tutori dell'ordine sanno che mi trovo. L'ho fatto per anni: ho passeggiato in tutta tranquillità per le strade della Francia, persino per quelle della sua capitale, mentre la Sûreté rivoltava il paese da cima a fondo senza vedere quel che aveva sotto il naso. Credete forse che non saprei fare altrettanto qui, nel vostro paese? Scotland Yard non è migliore della gendarmerie, anzi, direi tutt'altro. Ma non è questo il punto. Il punto è: ho motivo per rimanere, indipendentemente dai rischi?». 

 

«Questa, signor Lupin, è una decisione che spetta solo a voi. Di certo non è a me che dovete rivolgervi per trovare una nuova strada da percorrere, sempre che non intendiate insediarvi a Londra e intraprendere a tempo pieno l'attività del criminale» soppesa, infastidito da quella prospettiva. 

 

Stira le labbra in una smorfia amareggiata. «Non avete capito proprio nulla. A quanto sembra non sono l'unico a commettere errori di valutazione. C'est bon, è confortante saperlo. Ma si può sempre migliorare, dopo tutto» sputa velenoso. «Bien, sono qui per una questione che ritengo di una certa importanza, e che mio malgrado deve avere priorità sui miei problemi e aspirazioni personali. Pertanto, se voleste concedermi qualche altro minuto, desidero mostrarvi un paio di ritrovamenti che ho potuto fare ieri notte». 

 

Detto questo estrae dalla bisaccia che ha portato con sé e posato in attesa accanto alla finestra il cofanetto di metallo e l'involto di velluto. L'investigatore, malgrado le premesse, non riesce a fare a meno di incuriosirsi e quindi osserva con trepidazione il ladro che, con una cautela che somiglia quasi a dolcezza, posa il contenitore metallico rovinato dalla ruggine sulla sua scrivania e ne sblocca e solleva il coperchio, portando alla luce qualcosa di sfavillante. Si accosta di qualche passo, volendo dare un'occhiata più da vicino a ciò che contiene, e scopre trattarsi di un rettangolo irregolare di un materiale che, così a prima vista, sembra oro. Senza riflettere, allunga una mano, quasi a volerlo raccogliere e guardare con più agio ma, impreparato e sbigottito, se la vede allontanare con un gesto secco di Lupin. Irritato, solleva lo sguardo, già più che disposto a protestare per quel trattamento poco dignitoso. 

 

«Non potete toccare un oggetto simile come se nulla fosse» lo anticipa Lupin. «È delicato. Maneggiarlo senza i necessari riguardi potrebbe facilmente danneggiarlo, considerata la quantità di secoli che con tutta probabilità si porta dietro». 

 

«Secoli?» trasecola Holmes, strabuzzando gli occhi. 

 

«Sono stato ottimista, con tutta probabilità. Non sono un archeologo e potrei aver ringiovanito il reperto senza volerlo» ribatte 

 

«E questo... di qualunque cosa si tratti, si trovava nell'abitazione di sir Dominick?». 

 

«Ben nascosto, in effetti. In quel genere di luoghi che si scovano solo con dei mirabili colpi di fortuna. Io sono stato spesso molto fortunato, nel caso ve lo steste chiedendo» tiene a precisare. 

 

«Non ne dubito» bercia, infastidito. «Ma cosa poteva farsene l'ex-segretario di quel pezzetto di metallo?». 

 

«Oro, Monsieur Holmes. Con incisa un'epigrafe di dubbia provenienza, ma di certo appartenente a un qualche alfabeto non più in uso da molto tempo. Per questa ragione va dato in mani appropriate». 

 

«Vale a dire?». 

 

«Bisogna assolutamente che sia consegnato a uno studioso accreditato, che abbia un'idea chiara di come lavorarci sopra. In poche parole, e considerato che non ho nessunissima intenzione di trasportarlo oltremanica con me, è necessario portarlo al vostro British Museum, assieme a quest'altra scoperta» spiega con una certa ansia nella voce. 

 

Una ruga solca la fronte dell'investigatore. «Scherzate? E vorreste presentarvi là come se niente fosse con il vostro bottino sottobraccio, sperando che uno dei loro studiosi vi riceva?». 

 

Lupin arriccia il naso. «Niente affatto. Convengo che avrei qualche problema nell’agire in tal senso, nonostante le mie risorse. Sono appunto venuto da voi per chiedervi di presentarvi al museo al posto mio, e spiegare la situazione». 

 

Schiude le labbra, colto da un istante di smarrimento, e scuote la testa. «State vaneggiando. Non solo pretendete che me ne rimanga in silenzio e con le mani in mano mentre vi appropriate di oggetti preziosi che non vi appartengono, ora state cercando di mettermi in mezzo a questa storia assurda e incresciosa. Come supponete possa spiegare il modo in cui sarei entrato in possesso di questi reperti ai responsabili del museo? Nel migliore dei casi finirei in manette con l'accusa di ricettazione» protesta vivamente. 

 

Con la mascella serrata e lo sguardo affilato, Lupin richiude il cofanetto con delicatezza e lo infila di nuovo nella bisaccia. «Molto bene, avete ragione voi. Troverò una soluzione per entrare nel museo e lasciare questi oggetti a qualcuno di affidabile, assieme a un mio biglietto di spiegazioni» asserisce in tono secco. 

 

«Che cosa dite?» boccheggia Holmes. «Siete impazzito? Non...». 

 

«Non sono pazzo!» grida Lupin, facendo un passo verso l'investigatore. «Smettetela di dirlo. Credete di risolvere tutto con una stupida parola? Se fossi pazzo vi avrei riportato quella lettera? Se fossi pazzo avrei trovato la maniera di incastrare l'ex-segretario? Se fossi pazzo avrei alleggerito la sua villa dei preziosi in una notte sola dopo averlo annunciato? No. E quindi smettete di trattarmi come se fossi un povero demente. Io sono Arsène Lupin, e voi mi dovete qualcosa. Se non volete entrare in quel museo, pretendo che almeno abbiate rispetto per ciò che sono» esclama con lo sguardo fiammeggiante. 

 

Volge le spalle all'investigatore e prende la strada per la finestra, dalla quale è entrato e attraverso la quale uscirà senza un nulla di fatto, a quanto pare. Holmes annaspa e, vedendolo deciso a levare il disturbo, cerca di riagguantarlo, afferrandolo per un braccio. In quel momento, malauguratamente, ai due uomini si unisce il dottor Watson, entrato nella camera del coinquilino attirato da urla che in teoria non avrebbero dovuto esserci in quella stanza. La sua sorpresa è molta quando inquadra la situazione, trovandosi di fronte all'amico che cerca invano di trattenere il ladro, che peraltro credeva già ben lontano, intento a far vela per il continente. 

 

«Cosa accade?» domanda confuso, a chi dei due non ne ha la minima idea. 

 

Lupin coglie al volo l'opportunità e si scrolla di dosso la presa dell'investigatore, guadagnando velocemente il davanzale e iniziando già la discesa. Holmes si precipita alla finestra, tentando ancora di fermarlo, ma senza successo. Allora si volta, ritrovandosi osservato da un Watson che non sembra in grado di raccapezzarsi. Digrigna i denti, gli si fa incontro con decisione e lo scosta con poco garbo, infilando la porta e precipitandosi oltre il salotto e giù lungo le scale che lo conducono all'uscita. 

 

Giunto in strada si affretta a raggiungere l'angolo del palazzo e a svoltarlo senza prendersi il disturbo di assicurarsi che nessuno dei personaggi appostati di fronte a casa sua lo stia tenendo d'occhio. Sollevando lo sguardo alla propria finestra scopre che Lupin non è più lì, ma deve aver già completato la sua discesa, allora si mette a perlustrare il vicolo, purtroppo immerso nell'ombra dei palazzi dirimpetto, nella speranza che abbia proseguito a piedi in quella direzione. Nei pressi della sua abitazione non ne trova traccia, per questo si mette a correre deciso a scovarlo prima di perderlo definitivamente e, per sua fortuna, ne scorge la silhouette che sta svoltando proprio in quel momento oltre un altro edificio più basso e tozzo che conduce all'ennesimo vicolo in ombra. Sacramentando e maledicendo quelle sue gambe giovani e svelte, stringe i denti e accelera l'andatura. 

 

Il ladro si volta, a un certo punto, probabilmente attirato dallo scalpiccio provocato dai passi rapidi dell'investigatore. Una smorfia, forse di fastidio, non è in grado di stabilirlo a quella distanza, ne distorce i lineamenti. Punta gli occhi in alto e l'investigatore si fa pallido quando comprende le sue intenzioni. Infatti un momento dopo Lupin prende a scalare il largo muro di cinta di un'abitazione, evidentemente intenzionato a liberarsi della sua coda sgradita. 

 

«Fermatevi. Aspettate, ve ne prego» affanna, nella speranza un po' ingenua che decida di accontentarlo com'è già accaduto in occasioni precedenti. Ma perché dovrebbe farlo, in questo caso? Che cosa potrebbe impedirgli di dargli il benservito e lasciarlo bloccato in quel vicolo a corto d'aria e con le mani vuote? Proprio nulla. Nonostante ciò, stordendolo ancora una volta, il giovane uomo tentenna in cima alla cinta muraria e guarda in basso, puntando su di lui i suoi occhi indagatori e attendendo che gli offra una buona ragione per restare. Holmes appoggia i palmi delle mani al muro, poi la fronte. «Penserò a trovare una storia convincente che spieghi la presenza di quei vostri reperti. Non... Per carità, non potete presentarvi al museo. Provate a ragionare» supplica sconvolto. 

 

«Posso fare qualunque cosa, se lo desidero davvero. L'avete già dimenticato?» ribatte, affatto conciliante. 

 

«Non l'ho dimenticato, no. Solo...». Rabbrividisce. «Sarebbe semplicemente troppo pericoloso. Credo che la sola idea mi dia gli incubi perfino da sveglio». 

 

«Se mi travestissi, per esempio, non potrebbero mai riconoscermi» obietta. 

 

«No, è vero. Ma non necessariamente ciò sarebbe un bene. Un perfetto sconosciuto, in possesso di oggetti come quelli che intendete portar loro, credete forse non sarebbe visto come sospetto? Vi prometto che me ne incaricherò io al più presto. A patto che ve ne restiate in disparte». 

 

Seduto in cima al muro, con le gambe a ciondoloni, osserva interessato l'investigatore fermo nel vicolo. «Quanto in disparte? Ho la fastidiosa tendenza ad annoiarmi in fretta» replica, un sorrisetto storto e dispettoso dipinto in volto. 

 

Sospira, esasperato, eppure inspiegabilmente più leggero. «Posso immaginarlo senza difficoltà. Abbastanza in disparte da non finire in mezzo a una marea di guai per, diciamo, i prossimi due giorni» propone accomodante. 

 

Annuisce, sembrando convinto solo in parte. «Che cosa mi offrite, in cambio, se ve ne concedo tre?». 

 

Holmes strabuzza gli occhi, ma si scopre incapace di trattenere un lieve riso divertito. «Siete sfrontato in maniera sconveniente. Avete il mio rispetto, Arsène Lupin, senz’altre condizioni». 

 

«Per cominciare può bastare» commenta, atteggiandosi in maniera altezzosa. Poi si rimette in piedi e dà segno di volersi congedare. 

 

«Un momento. E quei vostri ritrovamenti da consegnare al museo?». 

 

«Tornerò questa sera. Devo mostrarvi il secondo, e parlarvi di ciò che ne ho dedotto. A patto che non vi disturbi la mia presenza, naturalmente» completa con sarcasmo. 

 

L'investigatore scuote la testa. «Sfortunatamente, no. Devo avere seri problemi; avevate ragione voi, dopo tutto». 

 

Lupin ride e scrolla le spalle. «Gente comune non potrebbe certo raggiungere i nostri traguardi, non credete?». 

 

Poi senza attendere replica, con un salto leggero, scompare dalla parte opposta della recinzione, lasciando Holmes da solo nel vicolo. 

 

«Sì, è proprio così» mormora fra sé, riprendendo la via di casa con il petto più leggero e mille pensieri in testa. 

  
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