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Autore: Lely1441    04/08/2009    5 recensioni
Questo era indubbiamente molto, molto più stronzo, senza alcun dubbio. Con un sospiro, si chiese perché Madre Natura amasse tanto il connubio tra bellezza maschile e stronzaggine; incontrarne uno, uno ogni tanto, eh!, bello ma non stronzo era ormai impossibile. Anzi, bello, ma non stronzo né gay.
Anche se a volte ci scappava pure il trinomio, e lì erano veramente guai seri per le sventurate di turno che venivano a conoscenza delle tre qualità troppo tardi.
[SasuSaku, NejiTen e NaruHina, dedicato a Sisya]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Neji Hyuuga, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Tenten
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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En train (de)



A Sisya
Ti voglio un bene dell'anima, ricordatelo.
E perdona ancora il ritardo, tesoro.



In viaggio verso Shirahama, Kansai, 13 luglio 2008, 09.56 a.m.


Sasuke Uchiha era un attraente uomo di circa ventiquattro anni, mese più, mese meno, il classico genere di ragazzo che farebbe impazzire una qualsivoglia appartenente del gentil sesso di età compresa tra i quattordici ed i quaranta anni (ovviamente, le statistiche potrebbero subire delle variazioni a seconda dei futuri soggetti intervistati).
Comunque, come stavamo dicendo, Sasuke Uchiha era in viaggio per raggiungere i suoi amici in una delle note località turistiche balneari giapponesi; non che lui fosse tipo da spiaggia, mare e costume, per intenderci; considerava totalmente futile e fastidiosa una distrazione di quel genere, la quale gli sottraeva oltretutto del tempo prezioso che avrebbe dovuto impiegare in ben altro modo.
Aveva accettato solo perché il suo migliore amico – quel dobe rompiballe che l’aveva chiamato alle quattro di mattina per informarlo – aveva minacciato che sarebbe venuto a prenderlo personalmente nel lussuoso ufficio di suo fratello, ad Osaka, dove lui stava terminando il suo praticantato di avvocato penale, e l’avrebbe trascinato con sé se non avesse acconsentito volontariamente.
Sasuke Uchiha non era una scolaretta, aveva una reputazione da difendere; farsi vedere in giro con quella testa gialla per tutto il ventitreesimo piano del grattacielo, davanti alla segretaria di suo fratello, Karin, non era decisamente la sua più grande ambizione.
Addirittura sotto il sorriso vagamente sarcastico di Itachi.
No.
Ecco perché ora si trovava seduto in quel treno diretto a Shirahama, mentre leggeva attentamente il file che la zelante – fin troppo – Karin gli aveva appena inviato, grazie alla connessione wireless del note-book davanti a lui. D’un tratto, un tonfo lo distrasse dalla lettura; alzò gli occhi, diede una breve occhiata in giro e riportò la sua attenzione al display con aria vagamente seccata. Una sequela di scuse ed inchini – ma questi ultimi poteva solo supporli – seguì il rumore sentito poco prima; Sasuke appoggiò il volto sul pugno chiuso e si impegnò ad analizzare con calma un cavillo di un contratto dal significato oscuro; non per niente però, la prestigiosa famiglia Uchiha era da sempre una delle più ricercate del Paese proprio per l’innata capacità di analisi ed oratoria dei suoi componenti.
«Ehm, mi scusi... Scusi, dico a lei».
Sasuke alzò nuovamente lo sguardo, ma questa volta vide proprio accanto a lui la fonte del baccano molesto di poco prima, che consisteva in una ragazza – ad occhio e croce avrà avuto la sua età – con dei corti – ed alquanto improbabili – capelli rosa (“Rosa?”, pensò, scioccato) tenuti lontano dalla fronte da una larga fascia blu, e che indossava un vestito giallo lungo fino a poco sopra il ginocchio con una fantasia azzurra floreale stampata sulla stoffa leggera. Era piena di bagagli – tanto che persino Sasuke arrivò a domandarsi come un qualunque essere umano, lanciatori di giavellotti et similia esclusi, riuscisse a sollevare un simile numero di valigie tutte in una volta – e continuava a sistemarsi un’enorme borsa rossa che le scendeva di continuo dalla spalla al gomito piegato.
Insomma, un’accozzaglia di colori che avrebbe fatto urlare di terrore e raccapriccio qualsiasi stilista al mondo.
Poiché Sasuke si era limitato ad osservarla con un vago cipiglio annoiato senza emetter suono di risposta alcuno, l’altra si schiarì con aria imbarazzata la voce.
«Scusi, non è che mi darebbe una mano a tirar su le valigie?», chiese gentilmente. Se la ragazza si aspettava una reazione galante da parte del giovane uomo, o quantomeno di frigida cortesia, rimase delusa: il viaggiatore restò seduto dov’era, limitandosi a dirle:
«Le valigie sono sue, poteva pensarci prima di portarsi dietro tutto il campionario primavera-estate del suo guardaroba», osservò per poi aggiungere, dopo un ulteriore sguardo al volume delle valigie, «e probabilmente anche quello autunno-inverno».
La donna arrossì furiosamente, e non sapendo dove guardare si accinse a sistemare le borse sul portabagagli strettissimo sopra i sedili. Il treno, che fino ad allora era rimasto fermo in attesa di fagocitare nelle sue pareti d’acciaio i molti passeggeri di quella fermata, si mosse nell’istante preciso in cui stava sollevando la terza valigia e stava per inserirla nell’ultimo spazio rimasto. Il movimento improvviso la fece barcollare e si accorse con orrore, in un frangente di pochi secondi, che non sarebbe riuscita ad evitare la caduta.
Sasuke guardò impassibile il rovinoso crollo del binomio formato da ragazza-più-valigia, e mentre la giovane donna si massaggiava un ginocchio dolorante nel punto dove l’infame bagaglio aveva deciso di cadere, lui si alzò sospirando e finì con precisione il lavoro che l’altra aveva iniziato.
«Mi spiace, le altre dovrà lasciarle nel corridoio, qui non c’è rimasto più spazio», la informò, senza preoccuparsi minimamente di aiutarla ad alzarsi e tornando quindi al suo posto.
La ragazza si sedette davanti a lui, sul sedile accanto al finestrino; per il primo quarto d’ora si impegnò seriamente nel tentare di non guardare il suo compagno di viaggio, ma il suo sguardo veniva sempre attratto da quella figura di fronte a lei. Ad osservarlo meglio, assomigliava molto al bambino di cui lei e la sua amica Ino si erano prese una cotta una volta, alle elementari. Certo, l’altro sorrideva di più, e magari dimostrava un minimo di interesse verso la socializzazione. Però c’era qualcosa che glielo portava insistentemente alla memoria.
Questo era indubbiamente molto, molto più stronzo, senza alcun dubbio. Con un sospiro, si chiese perché Madre Natura amasse tanto il connubio tra bellezza maschile e stronzaggine; incontrarne uno, uno ogni tanto, eh!, bello ma non stronzo era ormai impossibile. Anzi, bello, ma non stronzo né gay.
Anche se a volte ci scappava pure il trinomio, e lì erano veramente guai seri per le sventurate di turno che venivano a conoscenza delle tre qualità troppo tardi.
«Assomigli ad un bambino che conoscevo da piccola», sospirò poi, appoggiando la guancia contro la mano e guardandolo attentamente. L’altro iniziò a pigiare velocemente i tasti in una mail di risposta.
«Non sapevo che si usasse passare dal lei al tu così facilmente, da queste parti», si limitò a commentare, chiedendosi che fine avessero fatto quelle cose chiamate “regole di cortesia base”. La ragazza, per tutta risposta, ridacchiò e si sistemò meglio la fascia sui capelli.
«Scusa, sono da poco tornata dai miei studi in America e non mi sono ancora riabituata bene alle formalità giapponesi. Io mi chiamo Sakura Haruno, tu?», domandò, porgendogli la mano ed aspettando che lui gliela stringesse di rimando. Rimase delusa quindi, quando Sasuke fermò il suo picchiettare sulla tastiera per fissare quella mano tesa alcuni istanti prima, per poi tornare al suo lavoro senza dar segno di calcolarla.
«Mi spiace, non stringo la mano agli sconosciuti. Germi, batteri, non si sa mai...»
«Strano, in tutti questi anni di medicina non ho mai sentito parlare di morti a causa di strette di mano... Non si smette mai di imparare. Senza contare che anche tu sei passato al tu ora, se permetti il giro di parole», rispose allegramente l’altra, e Sasuke sentì i muscoli facciali rispondere involontariamente a quel tono scherzoso; le sue labbra si stiracchiarono suo malgrado, e qualcosa dentro sé si mosse, a disagio.
«Mi sono adeguato al tono del mio interlocutore, da bravo avvocato quale sono», disse. Sakura lo fissò esterrefatta, e lo strano silenzio della ragazza fece insospettire Sasuke, che si ritrovò ben presto a fissare il volto sgomento dell’altra. «Ho detto forse qualcosa che non va?», chiese prima di darsi dello stupido; perché preoccuparsi per una perfetta sconosciuta incontrata su un treno e che non avrebbe più rivisto, dopo essere scesi?
«Un... Un avvocato», sillabò questa, mentre una smorfia - di disgusto? - prendeva luogo sulle sue labbra.
«Sì, un avvocato... C’è forse qualcosa di strano nell’esserlo?»
Ma perché, perché continuava a farle domande? Si chiese se in lui fosse remotamente nascosto un animo masochista. Oppure autolesionista. Una cosa del genere, insomma.
«Be’, nulla. Assolutamente nulla. Niente di niente».
Sakura agonizzò lentamente dentro di sé. E ti pareva, un avvocato. Lo stronzo per definizione. Perché doveva interessarsi sempre agli uomini sbagliati? Era una cosa genetica, una malattia? Avrebbe dovuto farsi curare da un medico? (Oh, che sciocchezza, lei era un medico. Allora avrebbe potuto scoprire un vaccino! Avrebbe vinto un nobel per la scienza (e la pace nel mondo? Ma no, lei non era uno scienziato...)!
«Si può sapere cosa trovi di tanto sbagliato nell’essere un avvocato?», domandò Sasuke con una punta di divertimento nella voce, sapientemente mascherata dal tono sarcastico. Sakura roteò gli occhi al cielo e borbottò, sottovoce:
«Oh, andiamo. Lo sanno tutti. Chi è in grado di difendere un uomo colpevole pur sapendolo tale, non può essere un uomo onesto».
«Ed è una questione così importante?», chiede l’altro sottovoce, guardandola con uno strano scintillio negli occhi. Sakura lo fissò seriamente.
«Certo che lo è. Come ci si potrebbe fidare di qualcuno del genere?»
«Quindi non ti fideresti neanche di me», concluse Sasuke, senza ombra di ironia o altro, come se stesse tirando le conclusioni di un qualsiasi discorso sul paesaggio marino. La ragazza lo fissò stupita, arrossendo appena.
«Non ho mai-»
«Sì che lo hai detto. E chissà, magari hai anche ragione, non c’è da fidarsi di me. Non che questo abbia molta importanza, visto che scesi di qua non ci vedremo più».
C’era qualcosa di terribilmente sbagliato in tutto quello che stava accadendo, Sakura lo sentiva. Eppure non riuscì a far altro che rimpicciolirsi nel suo sedile, profondamente turbata, mentre l’unico suono che sentiva, oltre al condizionatore d’aria, era quello che le dita dell’altro producevano sulla tastiera nera, così seria...
Già, non si sarebbero più visti. Non aveva importanza.
Però che sfiga, eh.


Shirahama, Kansai, 13 luglio 2008, 02.34 p.m.


Il sole batteva talmente forte sulle strade di Shirahama che le quattro ragazze erano state costrette a socchiudere gli occhi e a portarsi una mano a proteggerli a causa del riverbero accecante.
«Allora, conosciuto qualcuno di interessante in treno?», le chiese Ino, mentre sbuffando si passava una valigia nella mano sinistra, per far riprendere sensibilità all’altro arto. Sakura arrossì lievemente ed alzò lo sguardo verso l’alto, osservando pensosamente le punte degli alberi sul ciglio della strada.
«Ero seduta davanti un avvocato...», rispose, rimanendo sul vago. Ino sbuffò di nuovo.
«Un avvocato? E lo chiami interessante? Povera te, sai che barba di viaggio...», rispose, mentre TenTen salutava una coppietta all’altro lato della strada. «Piuttosto, sai che la piccola Hinata ha fatto conquiste?», continuò poi, e TenTen ridacchiò piano quando Hinata diventò violacea in volto.
«Hinata!», strillò Sakura sorpresa, voltandosi verso l’amica.
«Sì, sì, i sintomi ci sono tutti: non riesce nemmeno a respirare se lo vede passare di sfuggita! E non fa altro che svenire. In continuazione».
Sakura fece schioccare la lingua contro il palato, ammirata.
«N-non è come dite voi! I-io non...», TenTen le passò comprensiva un braccio intorno le spalle, come a voler dire di farsi forza; quel gesto però ebbe la capacità di mandarla ancor più in crisi ed Hinata richiuse bocca, troppo imbarazzata persino per giustificarsi.
«E la cosa migliore è che il tipo sembra persino interessato!», continuò Ino, gettando un’occhiata di sbieco a Sakura, che ridacchiò. «Un idiota fatto e finito, eh, ma almeno su questo sembra aver fatto un’ottima scelta», sentenziò quindi, mentre Hinata non sapeva più dove guardare.
«L’importante è che le voglia bene...», sospirò TenTen, con un sorriso sognante. Ino si girò e la squadrò ben bene con un piccolo risolino.
«Parla quella che se la fa con il cugino della timidona qui. Ancora devo capire come tu sia riuscita a conquistare un tipo così apatico...»
Era vero; Hinata conosceva di vista TenTen già prima dell’estate, era una compagna di corso di Neji e ogni tanto passava per l’albergo insieme a quel loro strano amico, Rock Lee. Ma era stato solamente dopo l’invito fatto alle due amiche e l’arrivo di Ino che le aveva timidamente proposto di uscire tutte insieme, piuttosto che lasciarla aspettare da sola il termine dei turni di part-time che Neji svolgeva nell’hotel di suo zio.
«Comunque, siamo arrivate», commentò Ino, fermandosi davanti l’enorme complesso a quattro stelle di proprietà della famiglia Hyuuga. Sakura spalancò gli occhi, sorpresa.
«Alla faccia dell’alberguccio, Hinata», commentò, provocando una piccola risata nel gruppo.
«Dai, entriamo, queste valigie mi stanno uccidendo. Ci hai infilato dentro tutto l’armadio?»
Sakura sbuffò, pensando che, conoscendola, l’amica dovesse avere come minimo il doppio dei suoi bagagli.
«Le valigie sono sue, poteva pensarci prima di portarsi dietro tutto il campionario primavera-estate del suo guardaroba... E probabilmente anche quello autunno-inverno».
Sakura decise di entrare, dando una spallata un po’ troppo violenta alla porta d’ingresso di vetro.

Sasuke aveva passato gli ultimi venti minuti ad ascoltare un alquanto esagitato Naruto mentre declamava le doti della figlia del gestore di quell’albergo, una povera sventurata che aveva avuto la sfortuna di incappare nelle grazie dell’amico (e Sasuke, per un minuto, si era sentito veramente dispiaciuto per la ragazza... Almeno fino a quando non aveva pensato che se lei avesse ricambiato il sentimento – pura fantascienza, ma si dà a tutti una chance per dimostrare la propria ingenuità –, il suo amico avrebbe passato più tempo con lei e avrebbe stressato meno lui. Tutto di guadagnato, insomma).
«Devi vederla! Devi-»
«Naruto, ho capito; prima o poi sono sicuro che la vedrò. Ora, lasciami entrare in camera e fammi fare una doccia, sono qui da solo mezz’ora e già sei riuscito a sfinirmi», esordì Sasuke, dopo tutto quel monologo che aveva seguito solo per metà. L’amico lo guardò per un attimo con la sua migliore espressione abbattuta, ma in due secondi era tornato con il solito sorriso di sempre.
«Ma certo che la vedrai! Ci penserò io!»
Sasuke aggrottò le sopracciglia e prese le chiavi dalla concierge che lo stava fissando con uno sguardo languido decisamente allarmante; sentì dietro sé delle voci femminili concitate che lo avvisavano che le legittime proprietarie erano in avvicinamento e si affrettò a prendere le chiavi prima di girarsi, deciso ad andarsene il prima possibile dalla hall e filarsela in camera.
«Ma vuole fare attenzione a dove mette i piedi?», sbraitò, dopo che un qualcosa di decisamente morbido l’aveva urtato ed era successivamente caduto a terra. La ragazza lo fissò da sotto in su e sbiancò. Sasuke boccheggiò nel riconoscere i capelli rosa e lo sguardo verde dell’altra, e si schiaffò una mano in fronte.
«Dimmi che non mi stai pedinando, ti prego», disse, senza preoccuparsi di aiutarla a rialzarsi.
«Cosa?! Al massimo sei tu quello che sta pedinando me», precisò Sakura, rimettendosi in piedi da sola e guardandolo senza ombra di imbarazzo, mentre l’altro rimuginava con un lieve sorriso su quanto potesse cambiare quello sguardo quando era arrabbiata. «E non ridere!», strillò ancora lei, interpretando erroneamente quella piega delle labbra.
«Non sto ridendo», ribatté lui con calma, ma uno strano scintillio negli occhi smentiva ciò che in realtà stava pensando, tanto che anche Sakura se ne accorse e gli tirò un lieve pugno sul braccio.
«Eh-ehm, Sakura, non ci presenti?», domandò Ino, che aveva notato, nel frattempo, lo strano scambio di sguardi tra i presenti.
«Ah, sì, certo... Ino, lui è-»
Un tonfo non le fece finire la frase; si voltarono e videro Hinata stesa a terra, Naruto chino su di lei nel tentativo di farla rinvenire.
«Visto?», sibilò Ino, tutta contenta, a Sakura. «Ormai è andata. Cotta a puntino».
Naruto rivolse su di loro uno sguardo smarrito.
«Le avevo solamente chiesto se voleva venire a prendere il ramen insieme a me!»
«Razza di baka», sospirarono insieme Sasuke e Sakura, accorgendosi poi dell’accaduto e sorridendosi appena, complici.

Un anno dopo...

Shirahama, Kansai, 13 luglio 2009, 05.33 a.m


TenTen era intenta a godersi il venticello che stava spirando da qualche minuto a quella parte sul tratto di spiaggia davanti all’hotel Hyuuga, osservando divertita le due coppie davanti a sé, il mento posato sul palmo della mano.
«Ecco il suo tè freddo, signorina», le disse qualcuno alle sue spalle. TenTen si voltò e sorrise al suo affascinante cameriere.
«Neji, almeno quando siamo da soli puoi trattarmi come la tua fidanzata, no? So che tuo zio è molto rigido, ma qui non può vederci...»
Vide uno sguardo di avvertimento passare negli occhi chiarissimi dell’altro, ma non fece in tempo a chiedersi a cosa dovesse stare attenta che una nota figura in verde spuntò da dietro le spalle alte dell’altro e si piazzò con un mezzo saltello ed una giravolta sulla sedia accanto a quella di TenTen.
«Ciao Ten! Come va?»
«Ciao... Lee? Ma tu non dovevi essere in vacanza?», chiese la ragazza, mentre Neji posava l’alto bicchiere di vetro davanti a lei con espressione impassibile; TenTen però lo conosceva bene, sapeva che sotto quella maschera neutra stava un’aria alla “io ti avevo avvertita”. Si ficcò in bocca la cannuccia e cominciò a bere la sua bevanda ghiacciata.
«Sì, ma poi ho scoperto che Gai-sensei ha in mente di proporre un corso estivo proprio qui e sai, non potevo assolutamente mancare!», rispose Rock Lee, come se la cosa fosse del tutto ovvia. TenTen mugolò affermativamente in risposta, mentre fissava Neji sedersi con loro e sfiorarle leggero un piede con il suo.
Un altro segno di avvertimento. Ma per cosa?
«E quindi mi stavo chiedendo...», proseguì quindi Lee, «se vi andasse di unirvi a me. Così, giusto per riunire il nostro meraviglioso gruppo anche...»
«No».
«Neji, non fare sempre l’asociale! Lascia decidere TenTen, no?»
La povera ragazza fu colta da un brivido di panico, mentre si rendeva conto che tutta la sua estate insieme a Neji sarebbe dipesa da ciò che avrebbe detto in quei pochi istanti.
«Sarà no e basta», continuò Neji, cocciuto. La ragazza sospirò e lasciò momentaneamente da parte il battibecco degli altri due (o meglio, il lungo monologo di Lee e le occhiate assassine di Neji) per tornare ad osservare le due coppie che prendevano il sole davanti a loro. Hinata stava fissando con uno sguardo che non avrebbe potuto etichettare se non con il termine innamorato il suo Naruto, che stava facendo – come al solito – lo stupido dentro l’acqua; quando tutto ad un tratto riemerse dai flutti, andò dalla sua fidanzata e la sollevò ridendo tra le braccia ignorando le sue proteste, buttandosi a peso morto in mare insieme a lei.
Sulla spiaggia invece si stava svolgendo un litigio tra gli altri due innamorati, tali Sakura Haruno e Sasuke Uchiha; la ragazza stava urlando qualcosa contro di lui, visibilmente scocciato. Dopo qualche istante però, visto che lei non era intenzionata a smetterla, lui si girò e la baciò per farla stare zitta. TenTen sorrise nel pensare che quei quattro erano perfetti insieme, volgendosi poi verso i suoi due “uomini”.
«Be’, penso che sarebbe bello partecipare», disse serenamente. «Ricongiungere il gruppo, intendo; dopotutto, è un sacco di tempo che non abbiamo occasione di riunirci tutti insieme come una volta».
Lee la guardò in adorazione, mentre gli occhi gli si inumidivano per la commozione.
«Ohhh, questo sì che è il frutto del puro e vivido sentimento di amicizia che, come il timido seme di un fiore, non si arrende neanche se gettato sul cemento e germoglia meravigliando tutti della sua bellezza! Gai-sensei sarà felicissimo di saperlo, corro ad avvertirlo!»
E mentre si allontanava correndo e saltando nel suo stile lungo il litorale, TenTen si premurò di rincuorare Neji:
«Dai, vedrai che sarà divertente... Sarà come tornare ai vecchi tempi!»
«È proprio questo quello che mi preoccupa...», rispose Neji, ma accolse di buon grado la mano dell’altra nella sua.
E guardando i loro amici ridere spensierati sulla spiaggia, pensarono che a volte bastava un’estate per cambiare tutto, proprio come era accaduto a loro.





Un ringraziamento speciale alla mami (_ _) Thank you! X3

Sì, ‘sta cosina dovrebbe riportare la dicitura: caustico, maneggiare con cura.
Perché tu sei la gemy del dolce, io dell’aspro (-demenziale x°D) e non sono in grado di farti una cosa dolciosa come sai fare tu ç_ç Sono felice però di dedicarti la mia prima (e per vostra somma letizia, ultima X°D) SasuSaku. La coppia mi piace, ma sinceramente non sono portata, punto XD
So, so che ci ho messo un sacco di tempo, ma ero in uno stato depressivo non indifferente, non riesco tutt’ora a scrivere nulla. Scusa per questa cosa, ovviamente non è quella che avrei voluto scriverti =.=
Ti voglio bene, ciuccellosa, almeno questo!! XDDD


Spiegazione del titolo: “en train” non significa, ovviamente, “in treno”. Interessante notare che in francese potrebbe essere considerato una parte di un gallicismo (questo è uno dei tre, il presente continuo), basta aggiungere un verbo all’“en train de” che questo prende l’idea dello svolgimento nel momento di cui si parla (Ex. Je suis en train de faire => Sto facendo). In inglese corrisponderebbe, più o meno, al present continuous ^^ Mi piaceva dare l’idea di una cosa in via di sviluppo (être en train de tomber amoureux de quelcu’un? Massì *-* => Starsi innamorando di qualcuno). Sì, sono una personcina complicata, I know X°D

Poi... È cosa nota e risaputa che i giapponesi siano delle personcine estremamente cortesi ed educate. Fare una cosa come quella che ha fatto Sakura (passare d’improvviso dal lei al tu) è orrendo in Italia (almeno, secondo la mia concezione di cortesia), in Giappone credo ci siano i cecchini appostati sui tetti degli edifici per rimuovere tali elementi che inneggiano all’insubordinazione. Piccola licenza poetica xD

Ah, e non so se il Giappone sia dotato di un sistema wireless in tutto il Paese ^^” In Francia di solito è così, e visto che il Giappone è molto avanzato ho pensato che fosse possibilissimo. Chissà XD


"Shirahama, sulla costa sud occidentale del Kii-hanto, è la località balneare-termale più importante del Kansai, con tutte le caratteristiche di un'ambita meta turistica giapponese: grandi alberghi, acquari, parchi divertimenti etc. Tuttavia dato che i giapponesi amano comportarsi secondo le regole (e in questo caso esse prevedono che l'unico periodo per fare il bagno nell'oceano va da fine luglio a fine agosto) fuori stagione la località è pressoché deserta.

Shirara-hama la spiaggia principale è famosa per la sua sabbia bianca che a qualcuno potrebbe ricordare le spiagge australiane: in effetti la città ha dovuto importare sabbia proprio dall'Australia dopo che quella originaria era stata portata via dall'acqua dell'oceano." (http://www.lonelyplanetitalia.it)
   
 
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