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Autore: HikariMoon    29/01/2020    1 recensioni
Temporaneamente al sicuro nel Regno di Smeraldo, manca solo il Guerriero Giallo per rendere ancora una volta completo il gruppo dei Maestri della Luce. Mentre Yuuki torna sulla Terra alla sua ricerca, e con un altro compito che sente di doversi assumere, Mai, Hideto, Kenzo e Dan hanno una diversa missione. Per avere un vantaggio sui propri nemici, varcheranno il portale per il futuro in cerca dei Brave. E un’unica domanda rimane fissa nella loro mente: cos’è diventato il futuro del Guerriero Giallo?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clackey/Clarky Ray, Dan Bashin, Moonlight Barone/Barone Chiaro di Luna, Yuuki Momose
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Battle Spirits Resurgence - I Guerrieri della Luce'
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CAPITOLO 7

Dan non registrò neppure il tragitto dal campo di battaglia all’ancoraggio sulla piattaforma della colibrì. L’unica cosa che vide fu la sfera luminosa svanire, gli anelli dei sei colori spegnersi nel cielo.

Nella sua testa, le immagini degli spirit, dei loro attacchi, ghiaccio, fiamme e roccia continuavano a riaffiorare. Era impossibile pensare ad altro, anche se aveva perso: ma aveva importanza con un duello che lo aveva entusiasmato tanto da fargli dimenticare ogni altra cosa?

Dan si ritrovò a sorridere: l’unica cosa che gli impediva di mettersi a ridere, di mettersi a urlare a tutti per scaricare tutta l’energia che si sentiva in corpo.

Il sordo rumore dell’aggancio finale e il successivo silenzio, niente più vibrazioni o rumore elettronico, fu quello che gli permise di arrestare quel turbine di emozioni.

Chiuse gli occhi, allora, e posò la testa contro lo schienale. Attorno al suo corpo, l’armatura dorata era svanita, tornata a essere una lista di comandi in un computer. Ma la colibrì era ancora lì. Le sue dite erano ancora strette al volante.

Fino all’inizio del duello si era sentito sbilanciato, perso.

Ora, per la prima volta, sentiva veramente di aver ritrovato qualcosa di sé. Si sentiva finalmente ancorato a quella realtà che un tempo aveva chiamato sua.

Dan riaprì gli occhi, si slacciò dall’armatura e uscì dalla colibrì.

Barone era fermo sulla piattaforma. Lo fissava con le braccia conserte, gli occhi leggermente socchiusi e un’espressione impenetrabile.

Il rumore dei suoi passi rimbombò nel silenzio. Era difficile abituarvisi, dopo le esplosioni, i ruggiti. Infilò la mano in tasca e sfiorò il mazzo di carte.

I loro sguardi si incrociarono e rimasero immobili a fissarsi. Poi, il mazoku fece un passo in avanti e allungò la mano.

“Otto anni.”

Dan corrugò la fronte, spostando lo sguardo dalla mano al volto di Barone, la propria mano sollevata a mezz’aria.

“Sono otto anni che aspetto questa stretta di mano.”

Il Guerriero Rosso non riuscì a impedire al proprio sorriso di allargarsi e gli strinse la mano, venendo subito ricambiato.

“Ti ringrazio, Barone. Non mi dimenticherò mai di questo duello.”

“Ti prendo sulla parola.” Anche il mazoku sorrise.

“Comunque, è stato davvero un bel duello.”

Dan e Barone avevano percorso in silenzio buona parte dei corridoi. Silenzio interrotto soltanto dai saluti delle persone che incrociavano, che spesso si allontanavano bisbigliando, e dal messaggio di Clarky che comunicava loro il luogo dove li stavano aspettando.

In quel lasso di tempo, il Guerriero Rosso non aveva fatto altro che ripensare al duello.

“Le combinazioni di carte che hai usato sono state davvero interessanti. E non mi sarei aspettato, dopo la distruzione di Pheonix-Siegwurm, l’evocazione di Strike-Apollodrago. Immagino tu abbia scelto di abbinare rosso e bianco per sopperire ai rispettivi punti deboli, vero?”

Barone rallentò fino a fermarsi. Dan fece un paio di passi prima di realizzare che il mazoku non era più al suo fianco. Fermatosi a sua volta, si voltò corrugando la fronte.

“C’è qualcosa che non va?”

Barone lo fissò per un istante lunghissimo, con quel suo sguardo sottile e imperscrutabile. E riprese a camminare. Dan tornò a riaffiancarlo, continuando a guardarlo perplesso.

“In un certo senso, posso dire che ci sia quello alla base della mia scelta.” Inclinò la testa verso di lui, la stranezza di poco prima scomparsa dal suo volto. “Anche la tua scelta di strategia è stata interessante. Mi hai dato filo da torcere.”

Dan rise. “Posso ritenermi soddisfatto, allora. Per essere il mio ritorno sul terreno di gioco, non è andato male.”

Barone tornò a guardare avanti, uno strano sorriso che piegava le sue labbra. Dan si ritrovò a chiedersi se fosse la stessa malinconia e nostalgia per il suo vecchio sé che sentiva spesso nelle parole dei Maestri della Luce, che vedeva nei loro sguardi e nei loro gesti.

“No, davvero non male.”

Per il resto del tragitto discussero di carte e strategie, quel piccolo episodio ormai alle spalle. Sulla porta della sala indicata da Clarky, Barone lo lasciò solo e si allontanò per occuparsi di impegni legati all’HUMAA.

“Ho duellato con te. Mi pare doveroso lasciarti un po’ anche a Clarky e agli altri.”

Una volta aperta la porta, Dan venne accolto da Plym che gli corse incontro e si afferrò al suo braccio, ridendo e ripetendo come quel duello fosse stato mecha-fantastico. Yus alzò gli occhi al cielo e le suggerì di lasciarlo almeno sedere prima di tormentarlo con le domande.

Nonostante quel rimprovero, però, fu proprio Yus il primo e il più assiduo a fargli domande sul duello. Dopo i complimenti di Mai, Hideto e Kenzo, le cui parole ancora una volta furono cariche di emozione, e di Clarky e Angers, Plym cominciò a punzecchiare Yus e fare bruschi cenni del capo verso Dan. Il giovane uomo sbuffò e arrossì sempre di più dopo ogni ditata contro il fianco, finché non scattò in piedi e si inchinò bassissimo, parlando velocissimo.

“Mi faresti l’onore di fare un duello con me?”

Plym scoppiò a ridere, scuotendo la testa.

Dan accettò con entusiasmo. I due si sistemarono al tavolo, circondati dagli altri, con i tappetini e i nuclei che uno dei robot di Plym, apparso fuori quasi dal nullo tanto da far quasi sobbalzare Clarky, porse loro.

Ben presto fu evidente che la sfida sarebbe stata tra il mazzo rosso di Dan e quello rosso-blu di Yus.

“Non immaginavo che il rosso fosse un colore così usato.”

Il Guerriero Rosso alzò lo sguardo sul gruppo e la reazione fece svanire il divertimento dal suo sguardo, sostituito da confusione. Yus balbettò e fissò le carte in mano con fin troppo interesse. Clarky, Mai, Hideto, Kenzo e Plym si scambiarono un’occhiata terrorizzata.

Il primo si passò la mano tra i capelli, ridacchiando nervosamente. “Già, chissà come mai.”

La Guerriera Viola lo fulminò con lo sguardo e passò un dito davanti al collo.

Rassegnandosi al fatto che fosse un altro di quei riferimenti ad avvenimenti di cui non aveva memoria, Dan riprese a concentrarsi sul duello.

La successiva interruzione della tranquillità ci fu quando Clarky si allontanò per accettare una comunicazione nella ricetrasmittente.

“Ho appena ricevuto un messaggio da Barone,” esordì tornando verso di loro.

Sui volti di Angers, Plym e Yus sfrecciò velocissima un’ombra. Solo un brevissimo cenno di Clarky tornò a farli rilassare. Tutto fu così rapido che Dan si chiese se non se lo fosse immaginato.

“Sembra che En e Fant siano venuti a sapere che siete qui.”

Fu il turno di Mai, Hideto e Kenzo di sgranare gli occhi e impallidire.

“Sanno che-”

“Anche di Dan, ma sembra non abbiano scoperto che ha perso i ricordi.” I tre Maestri della Luce tirarono un sospiro di sollievo. “Vogliono assolutamente parlarvi e vedervi, ma la regina Gilfam ha promesso che glielo permetterà solo con la vostra approvazione.”

Dan tornò per l’ennesima volta a ritrovarsi gli sguardi di tutti addosso, a sentire la loro incertezza sulla sua pelle. Se avesse detto no, nessuno degli altri si sarebbe opposto. Ma non se la sentiva di impedire loro di rivedere persone a cui tenevano.

Non era giusto far loro perdere quell’occasione solo per semplificargli la vita.

“Se per voi non è un problema, non vedo perché no.”

Mai, Hideto e Kenzo si scambiarono occhiate preoccupate. Per lunghi istanti, sembrarono portare avanti un intero discorso con soltanto occhi, sopracciglia e muscoli facciali. Alla fine, il Guerriero Blu annuì verso Clarky.

“Possiamo provarci e sperare che vada tutto bene.”

Plym saltò su con aria determinata, i pugni contro i fianchi. “Qui ci vuole un aggiornamento rapido della memoria!”

La Guerriera Viola sospirò e posò la fronte contro il palmo della mano, scuotendo lentamente la testa.

La sua reazione non scalfì minimamente l’energia con cui la giovane donna portò avanti il proprio piano. Trascinò Dan su una sedia, allontanò via tutti quelli che potevano fungere da distrazione e gli piazzò davanti alla faccia il proprio cellulare.

Clarky e Angers si sistemarono in un angolo della sala, nascondendo le proprie risate dietro le mani.

La prima foto che gli venne presentata era quella di due bambini mazoku seduti dietro a un enorme piatto di riso al curry.

“Questa è di poco prima la cerimonia tenuta da Clarky e Barone otto anni fa. Non so come abbiano resistito per tutto il discorso. Hanno finito in massimo cinque minuti una volta dato loro il via libera.”

“L’hanno mangiato? Gli è piaciuto? Voglio vedere!” Mai si fiondò accanto alla ragazza.

Kenzo e Hideto la seguirono a ruota, l’ultimo sghignazzando. “Visto che sono ancora vivi, potevi essere sicura di aver cucinato almeno qualcosa di commestibile.”

“Zitto tu!” replicò Mai dandogli una pacca sul braccio. “O il prossimo è per voi!”

Clarky, dall’angolo in cui si trovava, rabbrividì e si spostò impercettibilmente verso Angers stringendole un braccio attorno ai fianchi.

Hideto inorridì e si affrettò a chiedere perdono. Kenzo sbuffò. “E io che cosa c’entro?”

Plym alzò gli occhi al cielo e riprese a fargli scorrere davanti agli occhi una foto dopo l’altra.

“E crescono così veloce! Tu non te lo ricorderai, ma erano così piccoli.” Si piegò fino a portare la mano all’altezza delle sue ginocchia. “Ora invece non riesco più quasi a sollevarli. Fant soprattutto.”

Dan abbozzò un sorriso, più che altro divertito dal pensiero che Plym fosse in grado di sollevare il piccolo mazoku.

“Qui invece…”

Hideto le strappò il telefono dalle mani, scoppiando a ridere e voltando lo schermo verso gli altri due Maestri della Luce.

“Cieli, guardate questa!”

“Non ci posso credere,” Mai biascicò tra le risa. Kenzo sembrò sul punto di soffocare.

Dan dovette alzarsi per scoprire quale fosse la fonte di tanta ilarità. Sullo schermo, c’era Fant in piedi su una sedia, quasi proteso sopra un tavolo, che dava l’impressione di aver appena vinto una sfida di braccio di ferro con un uomo, l’istruttore Zolder gli ricordò Plym, con gli occhi stralunati e la faccia rossa dallo sforzo. En esultava a lato di Fant mentre dietro a Zolder una mazoku, Flora gli ripeté Yus, si copriva il volto con le mani.

“Dovevate vederlo la settimana successiva,” proseguì Yus dopo aver gettato un’occhiata alla foto. “Viveva in palestra. Continuava a ripetere che non poteva farsi battere da un bambino.”

“E com’è finita?” Dan non riuscì a resistere dal chiedere.

“Il decimo giorno, Flora ha praticamente sfondato la porta con un calcio e l’ha trascinato via sul terreno di gioco.” Plym fece una smorfia ed esagerò un brivido. “Quel giorno faceva davvero paura.”

La sua risposta non fece altro che dare il via a un nuovo scroscio di risate. Mai si afferrò al braccio di Hideto, quasi piegato in due. La risata di Kenzo cominciò a essere interrotta da acuti singhiozzi. In disparte, Clarky e Angers si scambiarono un’occhiata complice.

Dan guardò il gruppo, guardò i due coniugi, guardò Plym che si era rimpossessata del telefono e Yus che aveva ripreso in mano il suo tablet e cercava in tutti i modi, fallendo, di non ridere a sua volta.

E un po’ dell’invidia che aveva provato tornò a farsi largo dentro di lui. Ma la ricacciò via con maggior facilità. Doveva solo avere pazienza.

“Allora, la prossima…”

Foto dopo foto, Plym e gli altri gli raccontarono aneddoto dopo aneddoto sulla vita di En e Fant, dal giorno in cui erano stati trovati, dalla loro presenza nel viaggio nello spazio, fino a quello che stavano facendo a Nova Octo. I loro cibi preferiti, i loro passatempi, quello che stavano studiando.

“Mi dispiace interrompervi, ma la Regina Gilfam chiede se è possibile attivare le comunicazioni ora.”

Plym lanciò un’occhiataccia a Clarky e, borbottando, infilò il cellulare in tasca. “Ne avevo ancora da mostrare.”

Yus la guardò con un sopracciglio alzato. “Tu hai sempre altre foto da mostrare. I tuoi robot ci inseguono dappertutto.”

“Non voglio rischiare di perdermi qualcosa. Giusto, Mai?”

La Guerriera Viola annuì ridendo. “Giustissimo.”

“Riepilogando,” si intromise Hideto, “di tutta questa roba, ti riuscirai a ricordare le informazioni più importanti?”

Dan ridacchiò imbarazzato, conscio che, di quell’ammasso di informazioni, ben poche erano riuscite a consolidarsi nella sua memoria senza essere un groviglio confuso.

“Salvati da un gruppo di umani che voleva usarli come ostaggi. Mi si erano affezionati. Adorano mangiare. Sono venuti di nascosto nello spazio con noi.”

Mai si morse un labbro e sospirò, sedendosi al fianco del Guerriero Rosso. “Dovrà essere sufficiente.”

“Noi saremo comunque nella videochiamata con te,” si intromise Kenzo posizionandosi alle spalle di Dan. “Non è che sarai da solo. Saremo in grado di coprirti le spalle.”

“Grazie.”

Al cenno di Hideto, Plym attivò lo schermo del computer e avviò la videochiamata. Poi, si allontanò in silenzio alzando verso di loro i pollici in segno di incoraggiamento.

I quattro Maestri della Luce rimasero in silenzio, guardando con trepidazione l’inizio della comunicazione. Gli altri avevano lasciato a uno a uno la stanza, chi per necessità chi semplicemente per dar loro un po’ di privacy, con la promessa di tornare per salutarli prima della loro partenza.

La schermata di attesa scomparve e al suo posto apparve il volto della regina Gilfam.

“Maestri della Luce, ne è passato di tempo.” La mazoku posò il mento sul dorso della mano. Il suo sguardò si soffermò su ciascuno di loro.  “Come dicevo a Shinomiya, ho appreso con particolare interesse delle vostre ultime imprese. Non credevamo ti avremmo rivisto, Bashin Dan.”

Le sue parole furono seguite da un attimo di silenzio, poi Gilfam si sollevò dalla sedia.

“Non vi farò perdere altro tempo. Vi auguro il meglio nelle vostre future missioni, Maestri della Luce.”

E uscì dal campo di vista della telecamera. Il suo posto venne subito riempito. Una sedia apparve dal bordo superiore, affiancandosi con un tonfo sordo a quella già presente. La testa di En fu la prima a comparire, seguita a ruota da quella di Fant. Entrambi avevano un sorriso che mostrava tutti i loro denti.

“Mai! Dan! Kenzo! Hideto!”

I due piccoli mazoku quasi schiacciarono le loro facce contro la telecamera, strillando i loro nomi con entusiasmo. Si strattonarono e spintonarono per alcuni istanti prima di arretrare, sempre sorridenti.

E iniziarono a parlare.

Il racconto di tutto quello che En e Fant ritenevano importante, dalla scuola che frequentavano a Nova Octo allo strappo nei loro berretti preferiti, seguì un filo logico a cui solo i due piccoli mazoku riuscirono davvero a stare al passo. Saltavano da un discorso all’altro, anche a metà della frase, con sempre la stessa eccitazione dirompente e dando l’impressione che qualcuno, probabilmente la regina Gilfam, li avesse avvisati che la chiamata avrebbe avuto un tempo limitato. En e Fant sembravano davvero intenzionati a condensare in ogni minuto gli argomenti di un’ora.

A un certo punto, i due balzarono giù dalla sedia e scomparvero dalla visuale. I quattro Maestri della Luce si sporsero in avanti, piegandosi di lato quasi nella speranza che lo schermo potesse catturare un pezzetto in più della stanza.

Rumori di passi affrettati.

Una porta che sbatteva contro il muro.

Altri passi di corsa.

La voce severa di Gilfam.

“Scusaci!”

La porta che tornava a chiudersi.

Passi frettolosi e i due mazoku riapparvero con in mano un grosso foglio arrotolato. En e Fant si guardarono e ridacchiarono.

“Guardate!”

E spalancarono il foglio.

Era un disegno, neanche troppo elaborato o accurato. Le linee erano rozze, le figure semplici, i colori quasi sparpagliati sul foglio. Ma i Maestri della Luce si ritrovarono comunque senza fiato.

“Questi siamo noi.”

“Noi.”

En indicò con enfasi le due figure in primo piano, riconoscibili soprattutto per i due codini rosa e i capelli verdi. Poi la piccola mazoku spostò il dito su alcune figure sulla sinistra, elencandole una dopo l’altra.

“Questa è la Regina Gilfam.” “Gilfam.” Aveva i capelli viola, il vestito scuro e un’improbabile corona dorata sulla testa. “Gaspard.” “Gaspard.”

“Poi ci sono Plym, Yus…”

Codini arancioni e chiave inglese in mano, capelli blu e una riga dritta al posto della bocca.

“Barone, Clarky e Angers con il bambino.”

“Con il bambino.”

I Barone e Clarky del disegno sembravano star duellando attorno a un rettangolo marrone. Angers era quasi tonda, con due riccioli a spirale arancioni.

“E questi siete voi!”

“Voi!”

Lo annunciarono con ancora maggior orgoglio di prima, voltandosi verso di loro con enormi sorrisi, e schiacciando il foglio contro lo schermo.

I Maestri della Luce, come gli altri, erano a mala pena riconoscibili, più che altro grazie al colore dei capelli. Mai aveva un rettangolo viola alle spalle e in mano un ovale bianco e marrone. Kenzo era più occhiali che altro, con un rettangolo grigio stretto tra le mani. Hideto era seduto su due cerchi collegati da una linea spessa e i capelli blu erano nascosti da un cappello. Dan aveva spuntoni rossi al posto dei capelli, un rettangolino nero stretto tra le mani e una colonna multicolore che lo circondava.

“Qui è come Dan è tornato. Con un lampo di luce, come quando è andato via.”

“Come Dan è tornato.”

Dan piegò le dita della mano sulla gamba, le strinse a pugno senza distogliere lo sguardo da quei due entusiasti e ingenui bambini. No, non era tornato. Non come loro credevano. Quel Dan era ancora nei colori luminosi che avevano disegnato. Il nuovo Dan stava appena cercando di capire chi fosse.

“Ma è bellissimo!” La voce di Mai tremò di commozione.

“Ci siamo davvero tutti.” Hideto rise, ma senza alcuna traccia di derisione.

“I miei occhiali non sono così grandi,” bofonchiò Kenzo. Ma anche lui sorrideva.

Erano tutti felici. Era l’ennesima riunione di cui lui faceva parte di default, ma di cui non riusciva davvero a sentirsi parte. Gli avevano raccontato tante cose su loro due e non faticava a immaginarsi di potersi affezionare a loro. Era difficile non adorarli anche avendoli appena incontrati.

“Ti piace, Dan?”

“Ti piace?”

Il Guerriero Rosso trasalì e si ritrovò gli occhioni speranzosi ed eccitati dei due bambini fissi su di lui. E si scoprì a sorridere anche lui. Se non ci si soffermava troppo, poteva credere di averli davvero trovati in una piccola stanza di pietra, di aver passato tempo con loro, di averli visti scorrazzare come fulmini nei corridoi di un’astronave. Almeno per qualche minuto, per loro, poteva credere che fosse tutto vero.

“Valeva la pena tornare anche solo per questo disegno.”

En e Fant esultarono, saltando e battendo il cinque. Per poi saltare di nuovo giù dalla sedia e tornare con due mucchietti di carte. Hideto si illuminò non appena le vide.

“Abbiamo cominciato a giocare.”

“A giocare.”

I due sparpagliarono sul tavolo davanti a loro le carte, un ammasso costituito principalmente da carte rosse e viola. En afferrò una delle carte e la schiacciò contro lo schermo, imbronciata.

“Usiamo anche Bladra. Ma noi siamo più buoni con lui.”

“Più buoni.”  Sottolineò Fant con solennità.

Mai, Hideto e Kenzo si sbellicarono dalle risate. Dan alternò lo sguardo tra En e Fant, che lo fissavano con tale rimprovero da metterlo a disagio, e i tre che lo circondavano. Privo di aiuto da parte dei suoi ricordi e da parte dei traditori seduti al suo fianco, quasi piegati in due per l’ennesima battuta che lui non riusciva a capire, alzò una mano a strofinarsi la nuca.

“Che ho fatto?”

Quella domanda non fece altro che accentuare l’ilarità generale. En e Fant scossero la testa in sincro, sospirando con rassegnazione.

“È per questo che lo tratti male.”

“È per questo.”

Dan si agitò sulla sedia, sempre più in difficoltà, e rivolse loro un sorriso tirato. “Mi dispiace?”

Alla fine, fu Mai ad avere pietà di lui. Ancora ansimante per le risate, passandosi le dita sugli occhi e con una mano sullo stomaco, la Guerriera Viola attirò l’attenzione dei due mazoku.

“E come avete costruito i vostri mazzi?”

La domanda non distrasse solo i due mazoku. Anche Hideto si rizzò e tornò a fissare lo schermo, protendendosi in avanti sopra alla ragazza. Anche Kenzo si infilò tra le due sedie su cui lui e Mai erano seduti per intromettersi nei consigli del Guerriero Blu.

Dan si posò contro lo schienale e rimase a guardare il gruppetto attorno a lui, i due bambini che presentavano le carte da loro scelte e i tre Maestri della Luce che si alternavano nel dar loro consigli, con Hideto che si presentava come l’esperto di creazione dei mazzi.

E si sentì sereno.

Forse non ricordava l’amicizia che un tempo lo aveva legato a tutti loro, ma poteva ripartire da zero, ricrearla come aveva fatto con il proprio mazzo.

Nel frattempo, poteva sempre godere di momenti come quelli, finché, un giorno, non ne avrebbe fatto parte davvero.

Elisabeth aveva parlato con i suoi nonni, per così tanto tempo che erano sembrate ore. Aveva sperato che servisse a schiarirle la mente, a placare l’ansia e i dubbi sulla scelta che Yuuki le aveva messo davanti. Ma, anche se aveva letto nei loro sguardi e nei loro gesti la scelta che avrebbero voluto prendesse, non ne avevano fatto parola, pregandola ancora e ancora di riflettere bene. E i dubbi erano rimasti, lasciandola divisa a metà.

Chiuse gli occhi, obbligandosi finalmente a distogliere lo sguardo dalla tenue macchia scolorita del soffitto. Per poi posarlo d’istinto sulla piccola mensola nell’angolo, con le foto di suo padre e suo fratello. Il pallido filo di fumo dell’incenso ne confondeva appena i contorni.

Elisabeth sorrise nel vedere la foto di suo fratello. Era una di quelle che più le piacevano, lui tutto sorridente e con la faccia sporca di torta di compleanno.

E, come ogni volta, il suo sguardo si spostò un po’ più a destra, sulla mensola vicina, dove c’erano le foto di sua madre. Erano solo ritagli di giornali, stampe del suo volto prese dai servizi televisivi, vicino all’ultima foto che le aveva ritratte insieme felici. Il suo primo giorno di scuola delle medie, ancora con l’apparecchio e ancora così cieca davanti alla frattura sempre più grande tra i suoi genitori.

Non c’erano più state molte occasioni per foto felici per loro due.

Dopo il divorzio, dopo che aveva lasciato il Giappone, l’aveva rivista solo due volte di persona. Al funerale di suo fratello e un paio di mesi dopo il funerale di suo padre. L’aveva incontrata per caso al cimitero, silenziosa e inaspettata presenza di fronte alla lapide del padre.

Perché così tanti momenti miliari della sua vita si erano svolti al cimitero?

Elisabeth distolse lo sguardo, coprendosi il viso con le mani e zittendo così l’amara risata che le salì alle labbra.

“Non avrei sopportato gli sguardi, il loro giudizio, il ribrezzo per quello che ho voluto essere.”

Aveva voluto gridare quel giorno, dirle che non le importava niente, che continuasse a viaggiare quanto voleva, a fare i suoi servizi d’inchiesta, a mostrare le ingiustizie con le sue interviste. Per lungo tempo aveva provato rancore verso la sua famiglia, verso suo padre e i suoi nonni che l’avevano obbligata a scegliere, verso sua madre che aveva rinunciato a lei. Ma poi sua madre aveva ripetuto quanto assomigliasse a suo padre. E lei era stata zitta, l’aveva lasciata andare via.

Suo padre era stata la goccia che corrode la pietra, i suoi gesti piccoli ma costanti.

Sua madre era un fiume in piena che voleva cambiare il mondo con la sua forza. Suo fratello le aveva assomigliato tanto.

Elisabeth si morse un labbro e si alzò dal letto con un sospiro. Raggiunse lentamente la scrivania, gettando appena uno sguardo all’armadio aperto e lo zaino rovesciato a terra, resti del primo quarto d’ora di puro entusiasmo, e si sedette davanti al computer.

Attivò il software delle videochiamate chiedendosi che cosa si aspettasse dal parlare con sua madre. Non si era opposta alla scelta di studiare archeologia, ma non ne era stata neppure entusiasta. Andare a Gran RoRo sarebbe stata un’azione sufficientemente risoluta per lei? Lo sarebbe stato combattere a fianco dei Maestri della Luce?

Cominciò a tamburellare sul mouse.

Al terzo tentativo fallito di instaurare una connessione, Elisabeth chiuse il computer e si inclinò in avanti, posando la fronte al tavolo. Lacrime le pizzicarono le ciglia.

Lei non era capace di grandi gesti plateali.

Non avrebbe mai avuto il coraggio di gettarsi da una finestra.

O viaggiare sola per il mondo.

O guidare un gruppo di scienziati senza neanche essere adolescente.

O coordinare l’evacuazione di un intero popolo.

Lei portava riso e coperte ai senzatetto. Aiutava a raccogliere fondi. Sognava di portare alla luce dettagli del passato per chiarire convinzioni che fossero errate.

Elisabeth tornò ad alzare il busto e guardò ancora una volta le foto della sua famiglia. Poi, prese un profondo respiro e si alzò bruscamente dalla sedia, avviandosi con passo deciso verso l’armadio.

Avrebbe dimostrato che anche una goccia poteva fare la differenza.

Yuuki si fermò ai piedi della scalinata e si guardò attorno. Strada e marciapiede erano poco trafficati e le persone più vicine erano un gruppetto di ragazzini davanti alle porte del centro di Battle Spirits.

Alzò lo sguardo verso le siepi che riempivano la sua terrazza.

Era di nuovo lì, dopo appena pochi giorni.

Il ragazzo inspirò e salì con passo lento e misurato, pronto a reagire a qualunque minaccia. Era un’abitudine che, a volte, diventava opprimente. Si infilò in uno dei vialetti, quello che lo avrebbe portato alla meta con la strada più lunga. Si fermò dietro l’ultimo angolo e si sporse appena.

Kaoru e Andrew erano lì, in piedi a pochi metri da lui. La donna era seduta sul muretto e l’uomo di fronte a lei. Ai loro piedi c’erano dei borsoni. Stavano discutendo tra di loro, animatamente nonostante il basso tono di voce, muovendo le mani e ogni tanto sfiorandosi le braccia. Erano soli.

Rassicurato, Yuuki controllò un’ultima volta attorno a sé e uscì sul vialetto. Andrew si accorse immediatamente della sua presenza e si voltò verso di lui, Kaoru lo imitò e, riconosciutolo, balzò giù dal muretto. L’uomo intrecciò immediatamente le sue dita con quelle della compagna, impedendole così di fiondarsi contro Yuuki.

Kaoru riuscì a contenersi appena il tempo necessario che il Guerriero Bianco fosse a un passo da loro.

“Dov’è Mai? Come sta?”

“Sta bene. Stanno tutti bene. Sono a Gran RoRo.”

La tensione lasciò in un soffio il corpo di Kaoru che si appoggiò al fianco di Andrew, che subito le passo un braccio attorno alle spalle e le sfiorò una tempia con le labbra.

“Mai vi aspettava per le festività del nuovo anno.”

Andrew ridacchiò e la punta delle sue orecchie avvampò. “Ecco, in realtà, c’è stato un piccolo cambio di programma. Stavamo per imbarcarci quando abbiamo ricevuto il vostro messaggio.”

“Tempismo impeccabile,” borbottò la donna.

“Kaoru voleva che abusassi del mio grado per ottenere un trasporto più veloce.”

La donna lo colpì sul fianco con una gomitata. “Abbiamo capito che era una pessima idea. Era la tensione, ok? Possiamo parlare di cose più importanti?”

Sapevano tutti e tre benissimo che, la sorella della mia fidanzata e i suoi amici sono tornati di nuovo a Gran RoRo senza preavviso, non sarebbe stato un motivo sufficientemente valido per richiedere un volo militare privato per Tokyo. Anzi, Andrew avrebbe rischiato di perdere il proprio grado, e la propria faccia, con una richiesta del genere.

“Ad esempio, come mai tu sei qui e loro no.”

Yuuki posò la schiena contro una delle siepi e incrociò le braccia.

“Solo temporaneamente. È un caso che siate riusciti a incontrami. Sono venuto per mettermi in contatto con un nuovo Maestro della Luce.”

“Qualcuno che conosciamo?” scherzò Andrew.

“In effetti sì, Mai credo ve ne abbia parlato. Nakano Elisabeth, la ragazza che mi ha soccorso quattro anni fa.”

I due sgranarono gli occhi e non riuscirono a trovare parole. Il Guerriero Bianco fece un cenno verso i borsoni.

“Il vostro bagaglio? Da quante ore siete arrivati?”

Andrew si riscosse e si avvicinò alle borse. “In realtà no. Siamo atterrati l’altro ieri. Queste sono cose per voi.”

Kaoru lo affiancò e sollevò un borsone grigio e viola, un pupazzetto dalle somiglianze di Mai appeso al manico.

“Dopo il vostro messaggio, i nostri genitori si sono messi in contatto con le altre famiglie, con gli Hyoudo e i Suzuri. Eravamo tutti un po’ fuori di testa in queste ultime ore, ricevere il messaggio che il tuo numero era tornato contattabile ci ha veramente salvato.”

Andrew lanciò uno sguardo cospiratorio verso Yuuki e usò un tono di voce che fingeva soltanto di essere sussurrato.

“Era come il giorno prima delle ferie in cui la sveglia non funziona e le valigie sono ancora vuote.”

“Ray Andrew, stiamo cercando di fare un discorso serio noi.”

L’uomo le rivolse un sorriso smagliante e le prese la mano per portarsela alle labbra.

“Chiedo perdono, mia diletta.”

Kaoru alzò gli occhi al cielo, ma le labbra si piegarono in un evidente sorriso. Poi, la donna fece cenno ad Andrew di smetterla e tornò a voltarsi verso Yuuki.

“Abbiamo pensato che almeno in questo modo potevamo aiutarvi. Mamma ha detto che Mai era in spiaggia l’altra mattina, dubito che possa avere granché con sé. È veramente andata a Gran RoRo in infradito?” Kaoru scosse la testa abbozzando una risata. “Non è molto, ma-”

Yuuki afferrò il manico del borsone e fece un cenno con il capo. “Sarà molto per tutti.”

La donna annuì e gli lasciò il borsone. Andrew aveva già in mano gli altri due.

“Cercate di non cacciarvi in guai più grossi di quelli in cui siete già.”

Yuuki prese lo zaino che gli passava Andrew, così consumato dall’uso che poteva solo essere uno di quelli di Hideto, e se lo mise in spalla. Sistemò anche quello di Mai in spalla.

“Yuuki.”

Kaoru aveva estratto dalla borsa una grossa busta e la continuava a stropicciare tra le mani. I loro sguardi si incrociarono e la donna gliela porse bruscamente, gli occhi improvvisamente umidi.

“Dalla a Mai. Per favore.”

Il Guerriero Bianco afferrò la busta. Kaoru, non appena l’involto lasciò le sue mani, deglutì e gettò le braccia al suo collo, cogliendolo di sorpresa.

“Tienili d’occhio, ti prego,” mormorò la donna con il volto premuto contro la sua spalla. “Non possiamo perdere nessuno di voi.”

“Farò di tutto per proteggerli.”

Kaoru annuì e si separò da lui, venendo subito accolta dalle braccia di Andrew. Poi, i due lo guardarono con determinazione, nonostante le lacrime e le espressioni rassegnate.

“Vi aspettiamo. Tutti.”

Yuuki afferrò l’ultimo borsone, quello di Kenzo. “Non so ancora cosa ci aspetterà, ma non permetterò a nessuno di far loro del male. Ve li riporterò.”

Kaoru si morse un labbro, distogliendo lo sguardo e voltandolo verso l’alto.

“Anche tu, cerca di non metterti a sacrificarti. Dovete proteggervi a vicenda. Vi rivogliamo tutti a casa,” ripeté Andrew stringendo con più forza la compagna a sé.

“Torneremo.”

Dopo, non ci fu più molto altro da dire. Yuuki sistemò la busta al sicuro e salutò i due. Il momento in cui Aileen avrebbe riaperto il varco per il futuro si stava avvicinando. E, con o senza Elisabeth, Gran RoRo lo aspettava. Ma, prima di quel momento, c’era un ultimo posto in cui doveva andare.

Yuuki posò i borsoni ai piedi della lapide che ancora lo ritraeva e superò i pochi metri che lo separavano dalla sua meta. Arrivato davanti a essa, si lasciò scivolare a terra. E rimase così, immobile, inginocchiato, a fissare il volto nella foto, il volto della sorella che era morta per proteggerlo e che, non soddisfatta, era tornata anche a riportarlo fuori dal coma.

Il Guerriero Bianco allungò la mano e le sue dita sfiorarono appena il vetro che proteggeva la foto dalle intemperie. La allontanò subito, come se ne fosse stato scottato, e distolse lo sguardo. Sul suo volto apparve una smorfia sofferente e le sue ciglia si inumidirono.

Aveva sempre creduto che il torto più grande che le avesse fatto fosse stato non riuscire a salvarla, a non darle il futuro che le aveva promesso. Anche uscito dal coma, il suo più grande rimorso e rimpianto era stato quello.

L’avrebbe continuato a pensare per il resto della sua vita, ma era tornato a Gran RoRo e aveva incontrato Aileen Dealan.

Aveva sempre immaginato si sarebbe finalmente sentito in pace una volta mantenuta la sua promessa, una volta che l’avesse ritrovata.

Invece, la Guerriera Verde, con la sua determinazione nel difendere con unghie e denti la propria individualità, l’aveva messo davanti all’amara realtà.

A morire in quel giorno d’estate, tra cespugli di rose avvizzite, era stata Momose Kajitsu, la sua amata sorellina. Era lei che aveva perso per sempre sei anni prima.

Rivoli di lacrime gli bagnarono le guance.

“Ti ho mai davvero conosciuta, sorellina?”

Perché Aileen aveva ragione. Quella vita, quei ricordi non erano loro. Erano dentro di loro, ma non erano loro. Ma non riusciva a farne una colpa ai due bambini che erano stati, ritrovatisi all’improvviso senza una famiglia, una famiglia che mai davvero li aveva accettati. Si erano aggrappati a quelle che avevano potuto, a quell’unica cosa che dava loro una speranza per il futuro, alle strane favole raccontate da una voce di bambina.

Ma, da iniziale conforto, era diventata una spirale da cui non erano più riusciti a uscire. E, giorno dopo giorno, Momose Kajitsu e Momose Yuuki erano scomparsi, assorbiti da un passato che avevano fatto diventare il loro presente.

Era stata solo Aileen a rispondergli con rabbia? O nelle sue parole si era celato il mai espresso rancore di quella bambina che non aveva mai potuto sbocciare sotto il fardello di un’altra vita?

Era stato uno sprovveduto.

Yuuki si avvicinò ancora alla lapide, posandovi la fronte contro la superficie ruvida e fredda. E, per la prima volta, non pianse la perdita di colei la cui vita si era intrecciata alla sua in una diversa era, pianse la sorella che aveva perso, la sorella che non aveva mai conosciuto.

La bambina che aveva costruito castelli di sabbia con lui.

La bambina che rideva sempre quando giocava con lui.

La bambina che gli portava il proprio orsacchiotto quando era triste.

Perdonami.”

Strinse le dita attorno ai petali appassiti.

Perdonami.”

Una sottile brezza gli sfiorò il viso, spazzò via le briciole di petali scivolate tra le sue dita. Fu il silenzio a spingerlo a staccarsi dalla lapide, a guardare la foto che non riusciva davvero a dare giustizia alla sua sorellina.

Yuuki allungò la mano e staccò uno dei petali dalle rose ancora in fiore. Lo sfiorò con il polpastrello e lo infilò nella tasca della propria felpa.

“Non farò lo stesso errore. Anche a costo di non averti al mio fianco.”

Il Guerriero Bianco sfiorò ancora una volta la foto, una carezza fredda su un volto che avrebbe dovuto essere morbido e caldo. Ma non poteva cambiare il passato, per quanto soffrisse, per quanto rimpiangesse non aver preso decisioni diverse. Si alzò in piedi ed estrasse dalla tasca Ragna-Rock, senza che i suoi occhi si staccassero dal volto sorridente immortalato nel vetro.

“Ti voglio bene, sorellina. Mi manchi.”

E si allontanò. Afferrò i borsoni e se li mise in spalla, lasciò che i sentierini lo guidassero all’uscita. Neanche una volta permise che la nuova ferita aperta nel suo cuore lo spingesse a voltarsi.

Un tempo, non era stato in grado di proteggerla dalla crudeltà del suo regno, implacabile e gelida come le tormente, e non era stato in grado di proteggere sua sorella dalla crudeltà del mondo e dalla folle ambizione del Re del Mondo Altrove, dal Nucleo Progenitore e dalla sua stessa stoltezza.

Non avrebbe permesso che succedesse un’altra volta.

Era arrivato il momento di scoprire il futuro. Il suo futuro.

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Salve a tutti! Non è il solito giorno da update, ma non volevo farvi aspettare ancora fino a lunedì.

Siamo tornati a uno dei capitoli “classici” (il che fa un po’ ridere a dirlo, visto che questo è Battle Spirits… e uno potrebbe pensare che i duelli dovrebbero essere l’elemento “classico”) tutto incentrato su personaggi ed emozioni. E forse dovrei chiedervi scusa per essere passata dalle parti iniziali a quella finale di Yuuki? Mio fratello quando l’ha letta ha detto che era come “rivivere una seconda sparizione di Dan”… e se è così, devo essere sincera, la scrittrice in me non è nemmeno tanto pentita.

Comunque, stiamo arrivando verso la fine dell’episodio e sia nel futuro sia sulla Terra si stanno tirando le somme. Il duello è finito, Yus ha avuto il duello che tanto aveva desiderato (e no, non dirò nulla su come possa essere finito… sta a voi immaginarlo), abbiamo rivisto En e Fant (ho esagerato con la dolcezza?), Elisabeth ha preso la sua decisione.

Per quanto riguarda Yuuki e in particolar modo la scena nel cimitero, penso sia un passo necessario per il suo personaggio e il suo sviluppo. Flora e Zolder hanno dimostrato nella serie come avere i ricordi delle vite passate non cambia in alcun modo la propria personalità (il “gentil” modo che caratterizza i loro comportamenti è decisamente poco legato ai loro ricordi). Ripensando a come Yuuki e Kajitsu hanno sempre parlato della loro situazione, mi ha fatto pensare che fin da bambini abbiano usato quei ricordi come un rifugio sicuro, qualcosa che li spingesse ad andare avanti nella situazione tragica in cui erano. Ma, penso che siano andati troppo oltre e il loro legame con le loro vite passate sia diventato “malato”. Questo Yuuki aveva bisogno di capirlo e penso che l’incontro con Aileen (e il suo diverso atteggiamento verso questi ricordi) sia stato quello che ha fatto scattare qualcosa e glielo ha fatto realizzare.

Finite queste mie elucubrazioni, grazie a tutti quelli che leggono (pochi ma buoni) e il solito grazie speciale a ShawnSpenstar (per le sue sempre lunghissime recensioni)!

Come sempre, per qualunque cosa, dubbio e commento, io sono qui e se volete potete lasciarmi una recensione (corta o lunga che sia, per me non ha importanza) per dirmi cosa ne pensate.

A presto,

HikariMoon

P.S. con il prossimo capitolo (oltre a mazzi e turni del duello) ci sarà una grandissima sorpresa per voi che spero vi piacerà! Io sono stra emozionata! Era già da tempo che volevo farvi questa sorpresa, ma come vedrete è alquanto laboriosa. Qualcuno di voi indovinerà che cos’è?

  
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